Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
Dramma interessante sulla storia di un paramedico che diventa noto per le sue reazioni durante i suoi interventi. Fa riflettere anche su quanto la gente si faccia facilmente influenzare dai media.
Informazione doverosa (e piccolo appunto alla redazione): questo non è un thriller, ma un drammaticone - tra l'altro anche abbastanza pesantuccio. Nella mia valutazione pesa quindi anche il fatto che è un genere che non apprezzo (se l'avessi saputo avrei visto altro), anche se mi sto sforzando comunque di essere obiettivo. Per prima cosa non mi è piaciuta la caratterizzazione del protagonista: troppo forzata e innaturale. Nella mia vita ne ho conosciute tante di persone, ma tante, e di tutti i tipi, e mi spiace ma non posso fare a meno di pensare che i comportamenti del buon Max esistano solo nei film. E viste le pretese di realismo e denuncia di quest'opera, ciò non va bene. Molto poco credibile quindi tutta l'ultima parte. Discutibile anche il modo in cui viene trattata la tematica del "reagire o subire", essendo le motivazioni e le circostanze dei 2 episodi troppo diverse per poterle accostare o confrontare (personalmente ritengo ineccepibile il comportamento di Max nel primo episodio, mentre avrei voluto vedere molto più evidenziata la coglionaggine del tipo col microfono. Direi peraltro che tutta quella scena ha del surreale. Forse in Olanda funziona così? Mah!). Infine, e termino con le critiche, ho trovato abbastanza stereotipato il modo in cui viene gestito il tema del razzismo. Solite cose viste mille volte. Molto interessante invece il personaggio del divo della TV, grazie al quale viene a mio parere descritto molto bene un altro tema abusato, e cioè quanto sia facile condizionare l'opinione pubblica, e quanto questo possa essere redditizio nell'ambito di un certo business... Nota di merito anche alla realizzazione tecnica, forse anche per il fatto che essendo una produzione olandese, e per di più ambientata a Eindhoven, tutto (musiche, dialoghi, ambienti, regia) è abbastanza particolare e diverso da ciò cui siamo abituati. Insomma, alla fine un 6 e via.
Da una parte l'incontrollabile entusiasmo di una nascita miracolosa,dall'altra l'afflizione per una morte assurda.Max,gigante buono ed autista di ambulanze,si ritrova tra due fuochi tremendamente contrastanti,ancora non consapevole che i fatti dell'ultima notte gli sconvolgeranno la vita. Reagire sempre o subire passivamente?sembra chiedersi questo il regista olandese Pieters Kuijpers che con "Doodslag" punta in alto,ragionando sulla società attuale mostrandosi volenteroso nell'affrontare argomenti di forte impegno civile ,costellati di sfumature tra il melodramma e il revenge-movie. Molta carne al fuoco quindi, ahimè non sempre sviscerata a dovere,a partire da una serie di eventi intavolati con intelligenza ma poi lasciati sovente in sospeso. Le conseguenze di un gesto dettato dall'insofferenza e dall'esasperazione mettono in moto quesiti che scuotono le coscienze,portati a galla in modo per lo più lucido,con il rifiuto sociale e la perdita di contatto con la realtà, concedendo momenti che pur intrisi di grande drammaticità non sempre colgono nel segno. Suddiviso in quattro capitolo-di cui il secondo è girato in un funereo bianco e nero-di certo riesce nell'evidenziare la facilità con cui un esperto affabulatore riesce a circuire l'opinione pubblica e a indirizzare il pensiero della massa.In questo caso non un consumato politico ma un commediante in stile "Zelig",tanto per rimarcare il decadimento in corso. Un pellicola interessante,in cui la narrazione prende forma circolare sino ad una chiusura che non dispiacerà ai più romantici e lascerà qualche dubbio di troppo riguardo l'estrema catarsi del protagonista.
Doodslag, ovvero omicidio colposo. La storia rappresentata certamente è un caso limite a cui la stessa sceneggiatura tende a giocare ad estremizzare gli atteggiamenti del fattaccio. Diviso in tre parti ben distinte e caratterizzate dallo stile di fotografia usato. Si passa dal tono realistico della prima parte, af forte contrasto del bianco e nero della seconda, per ritornare ai colori molto accesi dell'ultima parte. Il protagonista suo malgrado diventa una cassa di risonanza delle tensioni sociali, prigioniero di quell'evento ben oltre la condanna scontata. Così fra manipolazione dei fatti, rimorsi e ricerca di espiazione abbiamo un protagonista alla deriva, sempre più marginalizzato e strumentalizzato. Il film non è esente da difetti, ma regala due o tre momenti di ottimo cinema di denuncia.