David Mann, commesso viaggiatore, sorpassa con la sua auto un'enorme autocisterna. Sarà l'inizio di un incubo, con il misterioso conducente di questa intenzionato a dargli la caccia e ad ucciderlo.
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Geniale opera prima di Spielberg, che seppur giovanissimo già fa vedere di cosa sia capace: prende un'idea tanto semplice quanto geniale e riesce con due lire ed una tecnica incredibile a riempirla di una tensione insostenibile a tratti, riuscendo a tirarne fuori 1 ora e mezza di film.
Una cosa mi sono sempre chiesto: chissà se mentre girava Duel, Spielberg era consapevole di stare riscrivendo per sempre la storia del cinema.
Media un po' troppo alta a mio avviso per un film discreto che forse risente troppo degli anni che sono passati Parte abbastanza bene,poi però diventa un po' troppo lento e ripetitivo.... Qualche scena un po' più di tensione ,non avrebbe guastato ...invece la tensione è sempre al limite e ci si trova davanti ad un film più di azione che altro.... Diciamo che mi sarei aspettato qualcosa in più anche se nn è un brutto prodotto.... Spielberg avrà tempo per sfornare capolavori nel proseguire della sua grande carriera.... Voto 6+
Bell'esordio di Spielberg in un thriller on the road quasi in tempo reale. Molto minimale ma io l'ho trovato più che altro un ottimo esercizio di stile. Tecnicamente ineccepibile, manca di ritmo causa anche una certa ripetitività nelle situazioni. Non urlo al miracolo comunque "Duel" è da vedere.
film girato da un giovanissimo spielberg,per la tv americana e praticamente passato innosservato. poi alcuni anni dopo fu rimontato con l'aggiunta di scene tagliate e fu riproposto nelle sale con discreto successo,e cio' permise a spielberg di girare lo squalo. un road movie che parte in sordina,per poi esplodere in un escaletion di tensione,fino allo splendido finale. girato con pochi spiccioli per un esame universitario,quando c'e' talento bisogna solo inchinarsi
Meraviglioso esordio di Spielberg. 90 minuti di pura tensione in un' atmsfera rozza e inquietante, da cui sembra impossibile salvarsi. Tra le migliroi pellicole del regista e sicuramente superiore ad altri suoi sopravvalutati lavori.
Debutto col botto per Spielberg. Film nato per la televisione che, con l'aggiunta di alcune scene, è passato nel circuito cinematografico. Un thriller inquietante divenuto vero e proprio cult, in cui il talento acerbo del regista americano è già ampiamente visibile.
Nonostante l'assoluto, trasparente realismo della storia, "Duel" è chiaramente un film metaforico, è la lucida e kafkiana trasposizione di un incubo portato alle sue più estreme conseguenze, la allucinata descrizione della discesa agli inferi di un cittadino americano medio (con famiglia, lavoro e valori medi, vale a dire piccolo-borghesi), inopinatamente chiamato a fare i conti con un'Entità Ostile e costretto per avere la meglio a far ricorso ad un selvaggio e primordiale istinto di sopravvivenza (come il Dustin Hoffman di "Cane di paglia", ma con ben altre implicazioni allegoriche). David Mann, il protagonista, è – secondo le stesse parole dell'autore – "una persona ordinaria in circostanze straordinarie", cioè un personaggio il quale, messo di fronte a una situazione che lo sovrasta, scopre per la prima volta la sua vera natura, fino ad allora sepolta e resa impotente dalle regole e dalle convenzioni sociali. Se accantoniamo per un attimo la tentazione di dare un significato a questa Entità Ostile, è interessante osservare la progressione inesorabile, e narrativamente efficacissima, attraverso la quale David viene fatto precipitare nell'incubo. Egli passa gradualmente, con la sua auto, dalle affollate vie cittadine a strade sempre più deserte, la sensazione di normalità creata dalla musica della radio, dalla guida regolare e rilassata, dai rettilinei privi di traffico viene incrinata dalla fastidiosa comparsa dell'autocisterna, il montaggio si fa impercettibilmente più serrato (il ritmo è più spezzato, diventano più frequenti le inquadrature dagli specchietti retrovisori). Quando in una manovra di sorpasso David per poco non rischia la vita, egli esclama: "Non ci posso credere! E' assurdo!". Egli è ancora legato agli usuali schemi di ragionamento, continua a pensare all'appuntamento di lavoro e al ritorno a casa, e non si accorge che invece è irrevocabilmente entrato in un'esperienza in cui non valgono più le regole comuni, e in cui, oltretutto, è completamente, irrevocabilmente solo. La gente attorno a David progressivamente scompare: durante la sosta al bar egli scopre che tutti gli avventori calzano gli stessi stivaletti del suo misterioso persecutore (quasi a sancire una sorta di indifferenziata ostilità del prossimo), mentre la benzinaia e la coppia in automobile, potenziali soccorritori del protagonista, vengono allontanati con brutalità dall'autocisterna. Alla fine David rimane solo contro il terrificante avversario, e accetta finalmente l'ineluttabilità della sfida all'ultimo sangue. Ma cosa rappresenta la diabolica autocisterna? Quale significato deve essere attribuito a questa inquietante presenza? La geniale trovata di Spielberg di non dare alcun volto all'autista ha come effetto, oltre a quello di accrescere la suspense del film, quello di metafisicizzare il deuteragonista. David è perseguitato da qualcosa che non capisce, che sfugge al suo controllo, alla sua razionalità. Si tratta di Dio? o del Destino? o di un complesso di colpa di proporzioni titaniche (la moglie gli ricorda per telefono un episodio imbarazzante avvenuto la sera prima)? o della Macchina tecnologica? o dell'Irrazionale che sconvolge la routine della quotidianità? Spielberg non lo dice apertamente. Tutte le interpretazioni sono plausibili, ma quello che conta è che la polisemantica ricchezza del film non ha bisogno di celarsi all'interno di una struttura criptica e fumosa, da nouveau roman, giacché qui il materiale simbolico è tradotto in termini perfettamente e limpidamente realistici (in fondo la storia può essere legittimamente circoscritta al mero inseguimento tra due automezzi per le strade della provincia americana, anche se poi, per fare un esempio, il tubo di scappamento dell'autocisterna rimanda inevitabilmente allo sfiatatoio di una balena, autorizzando così l'identificazione del camion con l'immagine biblica del Leviatano). "Duel" è imbevuto di classicità. In esso si possono ritrovare ad esempio atmosfere tipicamente western: in una sequenza "David è ripreso da sotto il corpo dell'autocisterna, esattamente come in tanti western l'eroe veniva ripreso da sotto le gambe dell'antagonista" (La Polla: "Steven Spielberg", La Nuova Italia), mentre i due autoveicoli si fronteggiano ieraticamente come in "Mezzogiorno di fuoco". Per contro non si possono nascondere i debiti di Spielberg nei confronti del cinema di avventura. L'inseguimento e la resa dei conti finale sono descritti secondo i tradizionali stilemi del genere: la tensione via via crescente portata gradualmente all'apice (soprattutto per mezzo del montaggio, come si è già detto, o di stratagemmi come l'alternanza tra la musica dell'autoradio e il rumore dei veicoli sulla strada a seconda che la sequenza sia ripresa all'interno o all'esterno dell'abitacolo), i momenti di rilassamento che preludono a un aumento dell'intensità del dramma, i contrattempi improvvisi e inattesi, persino la presenza di animali come ragni o serpenti. Infine, "Duel" è un road movie: anche se più che un film "di strada" alla "Easy rider" o alla "Punto zero" può essere definito un film "su strada" (in cui la strada e il viaggio sono tutto sommato lo sfondo all'azione, ancorché uno sfondo non meramente accessorio e casuale), esso conserva tutti i topoi del road movie, soprattutto nella scelta delle inquadrature (la strada vista dagli specchietti retrovisori, le inquadrature del volante, del contachilometri o della spia dell'olio, le riprese del cofano, i campi lunghi che fanno interagire il veicolo nel paesaggio circostante). Pur essendo il lungometraggio d'esordio di Spielberg, "Duel" fa già intravedere una personalità registica fuori del comune. Il giovane regista trasforma una storia di matrice televisiva in un qualcosa di squisitamente cinematografico. Non c'è in "Duel" la standardizzazione delle inquadrature e la piattezza fotografica di un TV movie, bensì una varietà di soluzioni stilistiche (angoli di ripresa, lunghezza dei campi, successione delle sequenze) davvero impressionante. E originale, perché, a distanza di tanti anni, si può dire che "Duel" è un film inconfondibilmente spielberghiano. Si consideri la scena seguente. L'auto di David è ripresa a distanza col teleobiettivo; ad un certo punto la vediamo sbandare e fermarsi in mezzo alla strada: una zoomata all'indietro, che fa entrare in campo le ruote dell'autocisterna, rivela allora inaspettatamente la presenza del temuto nemico. Il tutto in un'unica sequenza, grazie a un personalissimo montaggio "in macchina". D'altra parte, l'inquadratura del tunnel in fondo al quale si staglia l'autocisterna ha un precedente nel cortometraggio "Amblin'", la ripresa del treno e del camion che viaggiano paralleli esprime l'amore del regista per un cinema dinamico e in perpetuo movimento (non a caso Wim Wenders la citerà in "Nel corso del tempo") e il finale con la silhouette di David contro il sole al tramonto rivela la sua ben nota fascinazione per l'illuminazione naturale. Manca, è vero, in "Duel" la perfezione spettacolare delle opere successive (dove abbondano i dolly, gli effetti speciali e in genere l'impiego di tecnologie sofisticate), ma ad essere sinceri la freschezza, l'originalità e la forza inventiva di questo primo film, in cui il contributo del pro-filmico è ancora abbastanza marginale e la narrazione viene risolta soprattutto a livello di tecniche di ripresa, sono preferibili alla fastidiosa e falsamente ingenua maniera di altri film della maturità del regista.
Capisco che è il primo di Spielberg, capisco che ci sono elementi interessanti, ma alla fin fine resta un mediometraggio palesemente imbottito di filler per arrivare alla canonica ora e mezza. Troppo noioso e monotono per i 90 minuti, probabilmente anche per i 74 originali.
Tra l'altro, capisco il budget ristretto ma le scene d'azione sono alquanto banali, da un road movie mi aspettavo qualcosa di più arguto.
Il film che lanciò Spielberg nel mondo del cinema . Punto ! Duel è uno di quei prodotti che quando lo vedi , capisci perchè un regista così sia arrivato in alto . Con un budget striminzito ci si affida alle inquadrature ai tempi e alla capacità del protagonista di creare la giusta dose di suspence che cattura lo spettatore. Un gioco folle , un duello tra l uomo e un gigante di ferro inquietante e cattivo . Camion che fu scelto dallo stesso Spielberg attraverso un vero cast di camion americani d epoca per essere ricordato nei tempi . D.Weaver è l anima di questa pellicola , i suoi pensieri , i suoi timori... le sue paure di dover far qualcosa , prendere una decisione , lo porteranno quasi forzatamente a non darla vinta al suo antagonista . Fotografia curata , peraltro con la versione che ho visto in bluray si nota dannatamento la bellezza dei paesaggi , che non annoiano affatto . Unico neo per chi volesse prendere la nuova versione , il doppiaggio italiano è stato cambiato per un qualcosa di molto meh . Per il resto rimane una pietra miliare , e un film che ha ottenuto numerose citazioni negli anni , basti pensare a film come Brivido di King o Jeppers Creepers .
Geniale "road thriller" che ha avuto nei tempi successivi, svariati tentativi d'imitazione.Girato con pochi mezzi, ma con grande intelligenza e sapiente utilizzo della macchina da presa, è efficacissimo nel creare, con semplicità disarmante, un'atmosfera di tensione e di suspense crescente. Spielberg è un grande maestro
Thriller on the road che nonostante si riveli una pellicola grezza sotto alcuni punti di vista mette in mostra il talento (troppo spesso puramente tecnico) di un esordiente Spielberg già in grado di far vedere al pubblico cosa sia la tensione (lo farà in maniera molto più potente con "Lo Squalo").
Considerando diversi fattori (l'epoca in cui è stato realizzato, l'esordio alla regia di Spielberg, il tempo limitatissimo per girarlo) questo film è davvero ben riuscito. La suspence è sempre altissima
(contando anche il fatto che il nemico del protagonista praticamente non si vede mai)
e l'autocisterna ha qualcosa di inquietante. Certo, in alcuni commenti che ho letto si dice dell'illogicità del protagonista: perché non gira i tacchi e basta? Perché non chiama la polizia subito? La spiegazione non mi sembra così complessa: innanzitutto non se n'è andato dalla parte opposta perché l'avrebbe seguito anche lì. E non chiama la polizia subito perché è chiaramente preso dal panico, non sa ragionare in modo razionale, e preso dall'agitazione era convinto che non gli avrebbero creduto. Davvero bello, consigliato a tutti.
"Duel" è un altro di quei prodotti impossibile da valutare senza adeguatamente collocare. A rivederlo in un contesto quale quello odierno, dove è stato mostrato quasi tutto e dove di conseguenza si è sempre meno influenzabili, se ne potrebbe constatare alla lunga la monotonia e in aggiunta, l'illogicità in certi punti
(impossibile che i due a una certa si accostino e non si scambino neanche una parola, al giorno d'oggi scenderebbero e si spaccherebbero le capocce a colpi di cric, si è immediatamente portati a pensare),
tuttavia bisogna tener presente che allora, in pieni anni '70, esso recava autentiche ed incondizionate dosi di angoscia e di tensione, tracciando altresì (ed è forse questa la cosa più importante) il ritratto di colui che da lì a venire sarebbe diventato uno tra i migliori registi di tutti i tempi, sor Steven Spielberg. Dato l'enorme successo, le citazioni in futuro saranno non poche, ad esempio "Jeepers Creepers" del 2001, la prima che mi viene in mente. Assolutamente da vedere, dal momento che il suo contributo, decisamente lo apportò.
Uno (se non il) dei capolavori di Spielberg. Ansiogeno e adrenalinico fino alla fine, senza un attimo di tregua. Fortemente empatico. Duel, nella sua "semplicità" (perlomeno dell'idea, non per come è girato) è esempio di Cinema, con la C maiuscola.
Film per la TV che si eleva decisamente dalla media dei prodotti di questo mezzo. Tutta tensione e azione sulla strada! Il buon vecchio Steven mostrò come ci sapeva fare con la macchina da presa!
discreto thriller che risente forse un po' del peso degli anni anche se all'epoca deve essere stato qualcosa di veramente notevole. non mi sono fatto prendere più di tanto forse per l'eccessiva "stupidità" del protagonista che pareva proprio andarsela a cercare
Predecessore di una metodologia costruttiva nel genere thriller, ideata radicalmente da Spielberg col successivo capolavoro "Jaws", lo stesso regista compone con DUEL, suo esordio cinematografico, un insieme di sistemi ed elementi essenziali al fine di ingegnare una tipologia di suspance di nuova ricerca e dal ritmo innovativo. La bellezza tecnica, funambolesca e dinamica, incamera melodicamente l'andatura della pellicola, cinica e misurata, fino al pregevole risultato dall'atmosfera torrida, misteriosa e soffocante, dalla storia suggestiva e da cardiopalma, similare ad un incubo senza uscita.
Rivisto ieri per la ventesima volta credo, ma a differenza delle altre, questa volta in lingua originale. Girato nel 1972 in soli 13 giorni…e con un budget ridottissimo… ma da un regista che dimostrava fin da subito un talento impressionante!!! Stiamo parlando di storia del cinema!
Mi sono trovato a ragionare su due fattori. Il primo è il tempo. Da quando il film è stato girato sono passati 42 anni, che praticamente equivale…alla metà del tempo che ci è concesso di vivere quaggiù. Il secondo, che va di pari passo col tempo, è il cambiamento. Chi vede oggi DUEL per la prima volta (ma anche chi lo rivede per l'ennesima volta come me) non può che rimanere un po'…perplesso dal comportamento del protagonista, e chiedersi, ad esempio: "Ma perché non fa retromarcia e non se ne torna a casa?! Perché non passa una notte in albergo e riparte il giorno dopo quando l'autocisterna sarà ormai lontana? Perché non chiede aiuto a qualcuno quando è fermo alla stazione di servizio?" Tutto vero, domande legittime! Il problema è che DUEL è uno di quei film che non può essere attualizzato. Il mondo è troppo cambiato. La tecnologia ha fatto passi da gigante e con essa anche la mentalità. Oggi, già dalla primissima scorrettezza compiuta dall'autocisterna, qualsiasi automobilista afferrerebbe il cellulare per denunciare la cosa…e la brutta avventura si concluderebbe ad un posto di blocco qualche chilometro più avanti. Ma 40 anni fa non c'erano i cellulari…e forse anche la soglia di sopportazione di fronte ad un sopruso era un po' più alta, magari anche proprio a causa della mancanza di questo strumento di connessione con il mondo civile che sta sempre nella nostra tasca. Come pure erano più alte l'indifferenza - e quindi la soglia alla quale si poteva sperare di ottenere l'interessamento o l'aiuto da parte di altre persone. Infine, sempre per restare in tema di progresso, a quell'epoca un appuntamento di lavoro era meno procrastinabile rispetto ad oggi…perché non potevi di certo sostituirlo con una videoconferenza su skype! Aggiungiamoci l'ultimo ingrediente, quello fondamentale per spiegarci il comportamento di David: la schizofrenia. David è un piccolo borghese, fa una vita tranquilla e non vuole problemi, ma lì su quella strada, nel bel mezzo del nulla, si trova di colpo proiettato nella giungla di un milione d'anni fa, dove le regole non valgono più, dove si trova davanti un nemico che non scherza e che sembra disposto a tutto, a morire, ma anche ad uccidere. Tutto ciò destabilizza completamente l'equilibrio mentale di David, trascinandolo in un loop schizofrenico: egli ingigantisce il problema perché non lo conosce e non se lo sa spiegare, pertanto non riesce ad affrontarlo. Non riesce a prendere la decisione corretta. Addirittura, non riesce nemmeno a comunicare agli altri il proprio stato di frustrazione ed il proprio bisogno di ricevere aiuto (emblematica la scena dell'autogrill, dove si immagina le reazioni che gli astanti potrebbero manifestare di fronte ai suoi tentativi di richiesta d'aiuto). Allo stesso tempo, però, David non riesce a rinunciare a quello che percepisce come un diritto inviolabile: percorrere quella dannata strada, senza che un pazzo qualunque pretenda di rovinare i suoi piani. Proprio nel bel mezzo di questa schizofrenia, in lui, piccolo borghese, si realizza qualcosa di magico: Il richiamo della foresta, che però prende una strada tutta sua: non un richiamo di violenza che allontana l'uomo dalla civiltà, ma un richiamo al trionfo della civiltà a costo di usare la violenza. Lui è la scimmia civile che elimina la scimmia violenta, usando i suoi stessi mezzi, cioè la violenza, il Duello, senza esclusione di colpi, per un fine che giustifica qualsiasi mezzo.
Un profondo affetto è quello che provo per DUEL. E' il primo film della mia epoca…che mi pare un film di un'altra epoca! DUEL è come una persona cara, alla quale col passar del tempo son spuntate le rughe sul viso. Ma io non le vedo…anche se le guardo, il bene che gli voglio mi impedisce di vederle.
Genialata di Spielberg che merita decisamente un voto alto perche riesce a creare interesse in un film in cui gli unici protagonisti sono un automobile (di chi lo guida) e un autocisterna..(e il tutto girato nel giro di soli 13 giorni!!!!!! roba da pazzi complimenti Steven!!!!)
Troppo "affascinante" questo "Duel"...penso che un film come questo o piace o non piace..difficile che ci sia una via di mezzo..io l'ho apprezzato tantissimo!!!
Mi è sempre rimasta una folle curiosità di capire o di vedere chi ci fosse alla guida dell'autocisterna..ma ammetto che la genialata di questo film è anche questo particolare..rimarrà per sempre un mistero
Geniale. Spielberg già in giovanissima età mostra il suo grandissimo talento da regista. Girato in 13 giorni, è il primo film del regista e non deluderà per niente, la regia perfetta riesce a farti stare incollato alla poltrona dall'inizio alla fine, ma la coa vella è che l'80% del film si svolge all'interno di un'autovettura. il miglior thriller on the road di mia conoscenza, geniale.
L'esordio alla regia per Spielberg è anche uno dei suoi migliori lavori, Duel è un film con un basso budget ma tanta, tanta qualità e sostanza. Spielberg dimostra già di essere fin da subito un grandissimo regista e di avere una sua visione. La tensione è alle stelle in questo thriller on the road di stampo "Hitchcockiano", l'interpretazione di Dennis Weaver è perfetta e coinvolge lo spettatore. Nient'altro da dire se non buona, anzi OTTIMA la prima Steve!
bel film....tutto un inseguimento dall'inizio alla fine....ti tiene incolato allo schermo...per sapere come va a finire....solo un maestro come spielberg poteva farlo.
Debutto alla regia di Spielberg con questo Thriller on the road che, sembra incredibile,ma ha già più di 40 anni. Basato su un racconto di Matheson il film è incentrato tutto sul "duello" stradale fra un impiegato alla guida di una macchina e un misterioso camionista alla guida di un'autocisterna. Fra le strade deserte del centro America assisteremo alla lotta automobilistica fra i due mezzi e verremo trascinati in un crescendo di tensione e velocità. La peculiarità del film è che il nemico non viene mai svelato e mai lo si vede in viso,e questo dona alla pellicola un fascino davvero notevole. Inoltre i piani di lettura sono molteplici e l'opera può essere vista sia come puro intrattenimento con un folle camionista che insegue uno sventurato impiegato,oppure ci si possono trovare significati più profondi come il duello fra l'uomo selvaggio e virile che accetta le sfide (camionista) e il vile e inetto borghese impiegato che non prende nulla di petto e scappa dai problemi senza affrontarli (che durante il film sfugge anche ad una discussione con la moglie per un suo non intervento durante le molestie di un collega ad una festa). Un'altra chiave di lettura delle vicende,oltre a quella del duello,potrebbe essere quella sociale:infatti l'autocisterna,rozza,sporca e vecchia potrebbe rappresentare le sofferenze dei sottoproletari mentre l'auto nuova e di marca potrebbe essere una metafora della medio-borghesia che cerca di elevarsi e di distaccarsi da quelli socialmente "inferiori"senza un reale motivo; a corroborare questa tesi ci sarebbe l'animo da inetto del protagonista che però nasconde una venatura di saccenza e presuntuosità(infatti si rivolge ai passanti e ai locali spesso in maniera scorbutica) e soprattutto questa chiave di lettura viene sottolineata dalla scena del bar,dove David cerca di capire chi sia il suo persecutore,ma non riesce ad individuarlo fra i tanti camionisti tutti simili che sembrerebbero suggerire che il pericolo non è un singolo folle individuo ma un'intera classe sociale che si vede disprezzata da chi ha avuto più fortuna nella vita. Ovviamente il titolo presenta alcuni difetti,come una certa ripetitività(nella seconda parte maggiormente) e un po di esagerazioni e inverosimiglianze nella trama (l'autocisterna un po troppo veloce e lui che non decide mai di girare e tornarsene a casa). Comunque,considerando che il film non annoia,che ha più di 40 anni e che presenta molte chiavi di lettura lo consiglio caldamente sia agli appassionati di Steven che non.
Firmato da uno Spielberg che esordisce in grande stile, questo lungometraggio per la TV rimane oggigiorno, dopo quattro decenni di vita, un thriller da manuale.
"Duel" vanta una sceneggiatura semplice e lineare, in cui sono preponderanti l'angoscia e la tensione. Dennis Weaver è un perfetto protagonista di un incubo stradale, in cui il guidatore di un'autocisterna inizia con lui un gioco sadico e mortale. Girato in due settimane circa, il film abbonda di un grande stile visivo, con ambientazioni desertiche che danno al film un'atmosfera inquietante ed una regia che aggiunge alla pellicola tutta la maestria, e che cade poco nell'esercizio di stile: dinamiche le scene degli inseguimenti e delle fughe del protagonista dal suo incubo ad occhi aperti ed adrenaliniche le scene di ansia e tensione. Ottima la fotografia ed originale la sceneggiatura di Matheson, che rielabora una paura nei riguardi della strada e dei suoi pericoli. Geniale la scelta di non mostrare l'autista, facendolo sembrare un soggetto astratto ed animando l'autocisterna assassina.
Pieno di cliché innovativi, "Duel" è un film di gran valore, diventato col tempo un thriller cult che ha ispirato opere successive, come "Lo Squalo" dello stesso regista.
Questo film l'ho visto un pochino in ritardo purtroppo , allora , se dovessi votarlo oggettivamente , gli darei un voto più alto , è stato il precursore o uno dei precursori degli ''horror su strada'' , da riuscir a dar tensione con semplici scene in auto a gran velocità ...ma lo voto tra soggettività e oggettività , perchè sarà che l'ho visto tardi , né apprezzo tutte le qualità tecniche , ma il film non mi ha dato molte emozioni e in alcune scene ho provato noia , però solo per soggettività , nulla da ridire sul film , gli avrei dato almeno 1 voto in più se l'avessi votato in modo oggettivo , ma purtroppo devo guardar anche la soggettività ...
Grande esordio alla regia di Spielberg che ci regala un gran thriller con tanta tensione e curiosità per ogni scena. Un film girato con pochissimo budget ma che ha avuto un successone. Il protagonista è bravissimo sono appasionanti tutti i 90 minuti del film. L'età del film forse lo limita un po' ma resta un gran film on the road. Mostro sacro Spielberg.
Filmone girato con due lire. Tensione a mille per tutto il film e ritmo notevole. Quasi non ci si crede che è un opera prima visto che è senza sbavature.
Per essere uno dei primi film di Spielberg, non è per niente male! Duel è un buon thriller, molto semplice in stile on the road, in alcuni tratti crea una vera tensione nello spettatore, ma non è sempre lineare (ogni tanto ne perde un po') e diventa abbastanza ripetitivo, ma non annoia. Buonissima la scenografia e l'ambientazione, un ritratto dell'America Sud Occidentale molto avvincente! bellissima anche la fotografia e la colonna sonora. Il finale è un pò rocambolesco, speravo si vedesse almeno il pilota del camion! ma è molto avvincente e soprattutto credibile! Buonissima prova per un Spielberg agli esordi, pensare che un film come questo possa avere 40 suonati sembre impossibile!
bellissimo sin dall'inizio, con l'inquadratura in soggettiva del protagonista che esce dal vialetto di casa, che fa si che lo spettatore passi gradualmente da una situazione caotica di traffico cittadino, alle distese semideserte tipiche di certe zone americane. sicuramente un film che lascia il segno e che rimane ineccepibile sulla creazione di una tensione che non scema mai, anche se in alcuni passaggi nella parte finale, c'è un tantino di ripetitività che esaurisce prima del definitivo duello la suspance, che fino ad allora era altissima.
Se Hitchcock avesse girato Duel avrebbe messo esattamente un attore come Dennis Weaver a fare il protagonista, un uomo normalissimo come tanti che si ritrova in una situazione inesplicabile o più grande di lui. Certo, forse Hitch avrebbe usato James Stewart ai suoi tempi... Ora, a girare Duel è stato invece l'allora esordiente Spielberg e questo è un film per la tv... che incredibilmente sbalordisce ancora oggi per la lezione appresa proprio dai maestri della suspance nell'usarla oltre che nell'andare dritto al punto. E questo film è uno di quelli più "hitchcockiani" che abbia mai visto, Polanski a aprte. Davvero da lodare Spielberg per essere riuscito a creare una pellicola pressoché perfetta dell'intrattenimento più genuino, con la tensione che accompagna per tutta la durata lo spettatore. Con i pochi mezzi a disposizione è venuto fuori un piccolo capolavoro della tensione, una pellicola al cardiopalma dove il villain indimenticabile è un autocisterna vecchia, sporca, arrugginita. Non chi la guida, quello è il McGuffin. Proprio l'autocisterna e il suo infernale clacson diventano motivo di ansia per chi guarda, identificatosi senza troppi problemi con il protagonista. La sceneggiatura di Matheson lo delinea con pochissimi tocchi: un uomo poco propenso alla violenza, certamente, che lascia correre (la moglie lo critica perché non ha fatto nulla ad un conoscente che l'ha palpata), che durante il film farà brutte figure e le prenderà oltre ad essere continuamente mortificato dal colossale veicolo che ora lo insegue, ora lo frena e comanda la sua esistenza (emblematica anche la sequenza in cui lui con la sua macchina non riesce a muovere un autobus fermo, mentre l'autocisterna lo fa senza problemi e subito dopo lo insegue). Nel finale è prevedibile ma ben accetta la "ribellione" di un uomo oramai stremato, oltre all'indugiare della MDP sulla carcassa del vinto. E basta. Non sappiamo altro, non sappiamo il perché abbiamo assistito a tutto ciò e a Spielberg questo non interessava cosi come a Matheson. Questo è cinema, punto. Da restare a bocca aperta l'abilità tecnica di Spielberg, inconcepibile pensare che in realtà era un film per la tv. Successivamente l'allora giovane regista proseguì sulla strada del thriller con il mostro insolito, usando uno squalo dopo un veicolo. Col tempo i suoi film si faranno più ridondanti e retorici in linea di massima, altri meno, ma la tecnica strabiliante di questi inizi non verrà mai meno. Assolutamente un cult.
Una strada deserta e impolverata, un attore in viaggio, un camion che lo insegue. Tutto qui! Il giovane Spielberg ci regala un'ora e mezza piena di tensione grazie alla sua bravura nonostante il limite del budget, solo i grandi riescono in questo. Cult.
Bel film thriller con una tensione crescente ambientato nelle terre desolate del Texas se non vado errato. Film interessante anche se non lo reputo un grande film.
Steven Spielberg agli esordi con un film dalla trama davvero curiosa che vede semplicemente un normalissimo automobilista alle prese con un camionista fuori di testa che cerca la sfida nel cercare di ucciderlo .... Un uomo contro un altro uomo...una semplice automobile utilitaria contro una titanica autocisterna degli anni 50 possente ed imponente....Davide contro Golia.....il tutto con una regia ben studiata per il poco Budget a disposizione..dove vediamo uno Spielberg che si diverte come un matto nel cercare di rendere avvincente e piena di suspance l'intera contesa... Ogni tanto si sente la scarsità dei mezzi a disposizione..ma proprio per questo sbalordisce l'incredibile coinvolgimento che riesce a trasmettere questa pellicola... Una piccola chicca di un regista ormai popolare...
Notevolissimo esordio del futuro pezzo da novanta Steven Spielberg. Un thriller psicologico on the road sì semplice e statico, ma anche stracarico di tensione e di grande, magistrale intrattenimento. Ottima la prova di Weaver, e geniale l'idea tenere nel mistero l'identità del conducente alla guida dell'inquietante camion/mostro per tutta la durata.
Grande biglietto da visita di un regista destinato ad entrare prepotentemente nella storia del cinema. E "Duel" la sua fama se la merita tutta.
Per essere il primo film di Spielberg, è veramente fatto bene.
Questo film riesce a tenerti incollato alla sedia dall'inizio alla fine grazie alla tensione che cresce sempre di più, specialmente nei momenti dove arriva il camion assassino: in pratica, quell'ora e mezza che passerete a guardare questo film voleranno.
Un film semplice ed efficace allo stesso tempo, lo considero uno dei migliori del regista.
Pare neanche vero che questo film abbia già 40 anni! Visto ora riesce ancora a creare tensione ed inquietudine...per Spielberg non poteva esserci esordio migliore, dimostra già le sue grandissime doti registiche.
Il debutto di Spielberg alla regia ( inizialmente pensato per la tv, solo successivamente per il cinema ) è un adrenalinico incubo on the road dove la tensione è distribuita a dovere e la tecnica registica ha molto più peso della sceneggiatura. Non c'è che dire, un eccellente inizio.
Un film semplice, diretto, quasi scarno. La tensione cresce costantemente ed il giovane Spielberg pare disporre di un buon budget per permettersi di portare distruzione nel sud degli Stati Uniti...ottime inquadrature in prospettiva dall'auto e dal camion. Un po' mi dispiace che il camionista pazzo non si veda mai in faccia, ma è giusto così d'altronde. Viene trasformato in inumano e quel che resta allo spettatore non è la bieca e stupida gara fra due piloti mancati e repressi ma qualcosa di molto più ancestrale : una lotta per la sopravvivenza in cui l'uomo ritorna a provare il puro e semplice terrore di essere preda.
Riassunto: un uomo al volante di una Plymouth rossa, perseguitato per miglia da un'autocisterna in un inseguimento che sembra voler attentare alla sua vita oltre che alla sua sanità mentale. Fine.
E' vero, grandissimi nomi lavorano a questo "Duel". Il film si ispira al bel racconto di Richard MATHESON, autore di altre opere di notevole risonanza: vedi ad esempio "Io sono leggenda" (1954, richiamato in almeno sei - sette film tra cui l'omonimo con Will Smith) e "Al di là dei sogni" (1978, divenuto vent'anni dopo film interpretato da Robin Williams). Il regista è Steven SPIELBERG, su cui è inutile soffermarsi, visto che chiunque nella vita ha visto almeno un film da lui diretto. L'attore è l'ottimo Dennis WEAVER, giunto proprio con "Duel" ad una fama che verrà consacrata quattordici anni dopo nella "Hollywood Walk of Fame".
Questo per dire che non si discute la bravura di Spielberg, la cui mano si vede chiaramente nelle scene e nelle immagini (mai banali, molto curate), né quella di Weaver, credibile interprete di un uomo perseguitato, prossimo ad una crisi di nervi. Il fatto è che questo film sinceramente arriva ad annoiare. L'elemento dell'originalità è merito del racconto, che peraltro si mantiene più avvincente. Di contro, il film spesso subisce notevoli rallentamenti, palesi espedienti per raggiungere la durata di un'ora e mezza scarsa. Inoltre la "trama" non offre molti spunti di variazione, e pure la tensione non raggiunge elevati picchi. Il deludente finale si spegne perdendo tutta l'intensità che invece aveva nel racconto.
In tutta sincerità, quando ho letto commenti altrui che parlano di "tensione", "imprevedibilità" e "angoscia" sono rimasto stupito. Certo, se i voti sono alti vi sarà un motivo, ma un pensiero insistente mi porta a pensare che si tratti di un film nel complesso sopravvalutato. Comunque, il mio parere personale si riassume nelle ingenue ma sincere parole di mio fratello a fine visione: "E tu hai passato un'ora e mezza della tua vita a vedere un camion che insegue una macchina?".
Strepitoso film a basso budget che mette in scena tutta la maestria di Spielberg grazie anche a un soggetto semplicissimo, apparentemente poco accattivante ma di grandissimo spessore.
Un gioiello del cinema americano anni 70! Probabilmente uno dei pochi film di Spielberg veramente autentici e artisticamente ispirati.
Grandissimo esordio di Spielberg (Solo a me lo stile ricorda "Non aprite quella porta" ? infatti si tratta di tutti e due i film di un'opera prima di due registi [Quello di Hooper del 69 non lo considero] che iniziano la carriera nei primi anni 70!) che mette in piedi un grandissimo road movie low budget. Cosa si può chiedere di piu' da un regista?!
esordio strepitoso per spielberg con questa pellicola diventata ormai un cult, bellissime le scene sulle strade desertiche della california. Ottima prova il film e' un continuo altalenarsi di momenti di tensione il tutto supportato da una trama molto semplice ma non banale, un predecessore...soltanto un genio avrebbe potuto girare un film del genere e cosi' si e' dimostrato.
L'avevo sottovalutato, ma è davvero fatto bene questo lavoro firmato Spielberg. Forse non eccezionale perchè a tratti un po' noiosetto e ripetitivo, tuttavia mantenuto con la giusta lena. Il carattere del protagonista è stato lavorato nei dettagli, col risultato di un personaggio di spessore e non è da poco! Bravo Steven.
Buon esordio di Spielberg,ma non griderei al capolavoro. La storia è abbastanza inverosimile però il buon Steven riesce ad evitare vistose cadute di tono e mantiene la tensione viva durante tutta la durata della pellicola.
Un film molto originale che dimostra come spielberg già nei suoi primi lavori sapesse lavorare in modo eccellente dietro la macchina da presa...si tratta di un thriller surreale ma coinvolgente.
sviluppare una storia che regge e soprattutto con molta tensione non è semplice.. se in + si sottolinea che la storia verte su un automobilista ed un camion guidato da qualcuno di pazzo, allora si capisce che siamo di fronte ad un regista con le idee ben chiare in testa. ottimo film, che rispecchia la nostra paura atavica di perdere i valori base in situazioni anche banali come per esempio un autostrada. il film è lo specchio delle nostre paure primordiali che dimorano nel profondo e che riemergono e non possono essere spiegati attraverso la razionalità.. la missione è sopravvivere solo con l'istinto. un bell'8 a questo film.
Continuo a chiedermi perché Spielberg dopo questo magnifico esordio, si è rovinato con le proprie mani facendo film uno più retorico dell'altro. Uno dei pochi nella filmografia di Spielberg che merita la visione.
sarebbe sette ma un voto in più per come il grande maestro riesce a mantenere attenzione e tensione per tutto il film con una macchina e un camion. Uno dei film più originali di sempre, un'ora e mezza che vale la pena passare.
Per essere il primo film di Spielberg è davvero molto ben fatto! E' molto semplice, per l'ambientazione, gli effetti speciali e la storia, Ma il bello del film sta nella suspance presente in quasi tutte le scene.
In un viaggio di lavoro tra i tanti, è un sorpasso come chissà quanti altri, il movente di un duello assurdo. Grosso, rugginoso, scorbutico, il rivale misterioso sembra rappresentare il mondo proletario, un mondo di fatica e polvere; fuma come un vecchio operaio, ha voce prepotente, è collega del treno merci il cui fischio gli risponde. Un mondo pericoloso come dimostra la scritta "infiammabile" (quasi un tatuaggio) che reca sul retro, maschio, anche delinquente. Eppure sembra, nel suo agire rozzo senza ragionamento, l'autocisterna avere un codice proprio: aiuta il bus dei bambini o libera gli animali ingabbiati. Ma chi sia veramente rimane un enigma. E' un demone senza identità come per Spielberg sarà poi lo squalo, un mostro metallico dalla velocità e potenza inaspettate. Di sicuro, rappresenta tutto ciò che non è il protagonista, l'omino banale e benestante partito dalla città con la sua macchinina e entrato in una giungla sabbiosa e assolata. L'autocisterna lo dileggia e umilia in tutti i modi, vuole ucciderlo ma divertendosi; il film si pone anche come una satira alle paranoie del cittadino e marito comune di fronte al fatto estraneo, ad un inconveniente ingigantito dalla mente dell'uomo che ne destabilizza la routine, ora alieno e non più comodo in una realtà sconosciuta e allucinante, preso da pensieri morbosi.
Le grandi strade desertiche, torride del Texas offrono uno scenario perfetto. Eppure penso che l'inquietudine di cui il film si caratterizza non sia un accordo nelle corde di Spielberg; non s'avverte fino in fondo, almeno per me; il racconto sfiora talvolta il ridicolo (volontario o involontario?), ma resta notevole nella suspense, di cui il regista è già maestro al suo esordio.
L'immagine migliore è forse quella dei cow boy seduti in fila al bancone, quasi a suggerire che l'identità del camionista oscuro si nasconde non dietro un singolo individuo, ma a un popolo intero, diversamente conformato da quello dell'uomo borghese e a lui ostile. Bella anche la discesa finale del mostro nel suo inferno di polvere.
Teso e angosciante, è il primo film convincente che vedo di S.S., oltretutto considerando il (relativamente) basso budget a disposizione.
Una storietta ingenua e assurda trasformata con maestria in un bel film. Chissà cosa ci avrebbe regalato se avesse deciso di continuare a fare il regista anzichè lanciarsi nell'intrattenimento a buon mercato per famigliuole annoiate.
Piccolo gioiellino d'esordio di Spielberg. Caso più unico che raro di film decente pur non avendo una trama... Il trucco è farti aspettare e sperare che inizi ad esserci una trama.... fino all'ultima scena! Tensione e ambientazione fantastici.
Il primo film di Spielberg e' una gara mortale tra una macchinina e un mostro. Senza inserire spoiler,riprende a grandi linee la morale dello scontro fra Davide e Golia. Pero' e' molto ben diretto,l'ambientazione desolata e' ottima per questa"guerra"all'ultima sgommata,e il finale e' una scarica di adrenalina che ti soddisfa pienamente. E bravo Steven!Uno dei tuoi tantissimi filmoni eccezionali.
Un grande esordio in una pellicola davvero originale. Una sfida mortale 1 contro 1 con paesaggi americani come sfondo. Imitato e scopiazzato negli anni, resta un cult e a ragione.
pur essendo il film d'esordio di un grandissimo regista come Spielberg, mi aspettavo molto ma molto di meno da questo film. Spielberg, infatti, con questo Duel, dimostra di essere un grandissimo artista fin dal suo primissimo film (escludendo chiaramente tutti i vari film tv precendenti), e realizza un film teso, angosciante, con atmosfere molto buone e con momenti d'azione e di suspance indubbiamente riusciti alla perferzione. durante la visione sembra quasi di essere rincorsi da quel terribile tiranno che è alla guida del camion... lo spettatore diventa in un certo senso David mann, il povero protagonista che vive questo terribile ed angosciante incubo ad occhi aperti... OTTIMO
bellissima la scena alla tavola calda, dove immagina di interrogare i vari clienti e prova ad indovinare la loro reazione, o ancora la scena dove immagina di tornare a casa e di non dire nulla alla famiglia, facendo finta di niente! Geniale!!!
Il mio voto è 7 ma con molta incertezza perchè, di certo, non è un film "brutto" ma non penso meriterebbe 10, sebbene da esso abbiano preso ispirazione altri successivi film. La vicenda è assai semplice e fino alla fine fatichi a capire il perchè di tutto quello che succede...mentre lo vedevo pensavo a "Gli ucceli" di Hitchcock, che, all'improvviso, senza apparente ragione, mai suggerita dal film, impazziscono e iniziano ad attaccare l'uomo. Matheson, autore della sceneggiatura e Spielberg, giovane regista, mettono subito in chiaro che da tutta la vicenda mai chiaro sarà il motivo che l'ha scatenata. Punto. Pregevolissima è, quindi, la prova che la psiche del pacato e tranquillo protagonista deve superare: una sfida con se stessi e con un mondo che, di colpo, può mettere a repentaglio le tue certezze e da amico diventare nemico. Il film rivela come, con le armi giuste, una trama quasi insulsa possa divenire piccolo capolavoro.
Un tv movie promosso alla sala cinematografica che rivelò il talento del ventiquattrenne Spielberg. Un road movie folgorante e teso, con la metafora uomo vs. macchina dalle dinamiche superbe, una lotta con un male universale che attacca senza ragione ma che è destinato a soccombere alla grandezza dell'ingegno umano. Appassionante e pieno di idee tanto da far dimenticare l'impressione di trovarsi di fronte a un prodotto simile ad un episodio lusso della serie "Storie incredibili" e simili. Sicuramente da non predere.
Una pellicola di assoluto valore, che ha contribuito non poco a lanciare l'allora giovanissimo Spielberg, anche se quasi tutto il merito della bellezza di questo lavoro è da attribuire a Richard Matheson, scrittore abilissimo, che ha curato la sceneggiatura. il buon Matheson ancora una volta si cimenta a studiare le reazioni di un uomo normale, posto di fronte ad un'imprevisto, rappresentato in questo caso, in un metaforico camion omicida. Lo sviluppo psicologico del personaggio è creato con molta cura, e la visione non è mai noiosa, nonostante l'idea di partenza sia così esile, da esser quasi tipico dei cortometraggi. Un'opera da vedere.
Avevo grandi aspettative quando mi sono posto di fronte a questo film di Spilberg, del primo Spilberg l'indipendente. Sono rimasto un pò deluso, si a qualcosa di diverso soprattutto in relazione ai suoi lavori successivi ma non mi ha colpito molto sia a livello registico che narrativo.
Il film è molto scarno ma molto efficace. Parla di un semplice cittadino borghese che intraprende un lungo viaggio per le strade del deserto del Texas, diretto non si sa bene dove (forse un appuntamento di lavoro, ma nemmeno sappiamo che lavoro faccia), fino a che non incrocia un grosso e vecchio camion da trasporto che viaggia a passo di lumaca e lo ammorba con il gas di scarico. Il conducente del camion non gradisce il sorpasso, lo risorpassa e gli si pianta di nuovo davanti. E’ Il punto di partenza di una spirale parossistica che arriva a coinvolgere l’esistenza stessa. Il fatto saliente è che l’autista del camion non viene mai mostrato, le sue ragioni rimangono sconosciute, non si arriva mai ad un dialogo o ad un faccia a faccia. Il male e il pericolo quindi non hanno volto, non hanno ragione, non sono inquadrabili e ciò li rende ancora più angoscianti e inquietanti. Il film è ingegnato in maniera tale da essere come risucchiati nel vortice di ansia, angoscia, paura e disperazione che attanaglia il protagonista. Il ritmo del film è lento e ogni scena è visivamente molto particolareggiata e fatta ad arte per tenere sempre alta la tensione e la suspence. Hitchcock sarebbe stato molto contento di questo film. La mdp osserva continuamente il protagonista, il quale ci viene presentato come un comune borghese (giacca, cravatta, casetta, moglie casalinga, due figli) anche se un po’ mediocre e fiacco. E’ importante questo “svalutazione” impressa al personaggio, in quanto lo vediamo spesso annaspare in mille risoluzioni contrastanti, prendendone poi una sbagliata o illogica. Il nervosismo, l’ansia, lo fanno apparire “sospetto” agli occhi degli altri, finendo per non essere compreso o creduto e quindi lasciato solo e senza aiuto. Come spesso succede negli USA, “a mali estremi, estremi rimedi”. Lo sbocco è sempre quello: la deroga alle regole se a “fin di bene” o per la propria sopravvivenza. Uccidere quindi diventa lecito; del resto far apparire il male in maniera astratta e assoluta rende più convincente questa risoluzione. Spielberg ha dichiarato di avere voluto semplicemente fare un film di suspence; solo che qualsiasi opera d’arte appartiene alla propria epoca e anche se non voluto, ha sempre un risvolto politico. Il camion brutto, retrò sembra quasi simboleggiare le classi sociali basse e “volgari” che cercano di scalzare la classe media. Il fatto che il pericolo sia rappresentato come qualcosa di indefinito e sconosciuto, sembra indicare il sentimento generale di incertezza e ansia che pervadeva l’America agli inizi degli anni ’70, alle prese con tanti cambiamenti sociali anche epocali. Il film contribuisce a definire e ad alimentare questa paura per certi versi viscerale e irrazionale. Poi, si sa, la paura aiuta molto chi vuole impedire, anche con la forza, i cambiamenti sociali. Playboy (la rivista in cui apparve il racconto da cui è stato tratto il film) non è certamente un giornale rivoluzionario. A parte i risvolti politici, il film è ben fatto e decisamente più efficace di tanti altri film più complessi. Ha solo qualche momento di stanca o di monotonia, ma insomma, guardatelo e non ve ne pentirete.