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Il navigare nella cultura letteraria ha portato Rainer Werner Fassbinder a produrre pellicole di quello stampo lì, più per passione personale che non per vera necessità. L'autore però non è certo passato alla storia come una regista che ha saputo portare avanti la rivoluzione cinematografica di quegli anni, rappresentando la Germania, grazie a film come FONTANE EFFI BRIEST, figli della letteratura ottocentesca ma proposti come cinema degli anni quaranta. L'autore vuole parlare della mentalità patronale della borghesia perché è interna al macro-insieme della sua critica sociale, ma non ci prova nemmeno a modernizzare il racconto esteticamente o narrativamente, a favore di un classicismo evidentemente smaccato che rende mal invecchiato un film che, tra l'altro, non riesce ad avvicinarsi ad una degna potenza drammaturgica.
Uno di quei rarissimi film che andrebbero visti solo dopo aver letto il romanzo da cui è tratto per ravvisarne tutte le corrispondenze, i giochi, le tematiche che si completano o approfondiscono. Io purtroppo non l'ho fatto e mi sono trovato davanti un mattone di indubitabile pesantezza ma anche affascinante nel suo rigore tipicamente fassbinderiano, nonché nell'estetica cosi distaccata e "classica" che si rifà del tutto allo stile del regista tedesco. Bravi gli attori, su tutti la Schygulla, cinica e crudele come da copione la storia anche se soffusa da ambientazioni e personaggi meno squallidi del solito, sempre rispetto al resto di Fassbinder.