gli abbracci spezzati regia di Pedro Almodovar Spagna 2009
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gli abbracci spezzati (2009)

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locandina del film GLI ABBRACCI SPEZZATI

Titolo Originale: LOS ABRAZOS ROTOS

RegiaPedro Almodovar

InterpretiPenelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, Tamar Novas, Rubén Ochandiano, Rossy de Palma, Ángela Molina, Lola Dueñas, Alejo Sauras, Carmen Machi, Kiti Manver, Mariola Fuentes, Kira Miró, Marta Aledo, Javier Coll

Durata: h 2.09
NazionalitàSpagna 2009
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2009

•  Altri film di Pedro Almodovar

•  Link al sito di GLI ABBRACCI SPEZZATI

Trama del film Gli abbracci spezzati

Un uomo scrive, vive e ama nell'oscurità. 14 anni prima è stato vittima di un terribile incidente di macchina sull'isola di Lanzarote che non solo gli ha portato via la vista ma anche Lena, la donna della sua vita. Quest'uomo ha due nomi: Harry Caine, pseudonimo con il quale firma le sue opere letterarie, i suoi racconti e le sue sceneggiature, e Matteo Blanco, il suo vero nome, con il quale vive e firma la regia dei suoi film. Dopo l'incidente, Matteo Blanco si trasforma definitivamente nel suo pseudonimo Harry Caine. Visto che non può più dirigere i suoi film, preferisce sopravvivere con l'idea che Matteo Blanco è morto con la sua amata Lena in quell'incidente. Ormai Harry caine vive grazie alle sceneggiature che scrive con l'aiuto della sua fedele direttrice di produzione, Judit García, e del figlio di quest'ultima, Diego.Da quando è diventato cieco Harry ha sviluppato tutti gli altri sensi, non ultimo quello dell'ironia, e si è imposto un'amnesia volontaria che gli permette di continuare a godere della vita. Ha cancellato dalla sua biografia tutto quello che gli è accaduta 14 anni prima. Non ne parla più, e il resto del mondo ha dimenticato in fretta Matteo Blanco e lui è l'ultimo a volerlo resuscitare. Ma una notte Diego ha un incidente e Harry decide di occuparsi di lui. Durante le lunghe notti di veglia , comincia a raccontargli la sua storia per distrarlo, così come un padre racconterebbe una favola al figlio per farlo addormentare...

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Voto Visitatori:   6,94 / 10 (78 voti)6,94Grafico
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Voti e commenti su Gli abbracci spezzati, 78 opinioni inserite

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SKULLL  @  09/06/2010 05:38:22
   4½ / 10
No, proprio non mi è piaciuto. Non mi hanno preso nè i personaggi nè la storia. Tra l'altro non amo particolarmente la Cruz.

1 risposta al commento
Ultima risposta 26/06/2014 18.10.40
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  07/01/2010 15:53:53
   6½ / 10
Rispetto a “Volver” il passo indietro è sensibile,non che il nuovo parto artistico di Almodovar sia una fetecchia,anzi è un film di buona fattura,allettante però in maniera compiuta solo da un punto di vista puramente formale.
Regia impeccabile,scenografie smaglianti e debordanti nel loro sfoggio cromatico,attori in palla e una Penelope Cruz straordinaria,sempre più brava e accomodante nel farsi accarezzare,coccolare e perché no,anche maltrattare,dal suo pigmalione,che ne valorizza viso e curve generose ,agevolandola nel dimostrare che sotto la sensuale carnalità latina si cela un talento da attrice di razza.
Purtroppo la storia fatica a raggiungere il cuore,la costruzione,su due piani temporali diversi con gli stessi personaggi ripresi a 14 anni di distanza, arranca pur palesando una costruzione priva di particolari magagne.Forse a rendere un po’ indigesta la pietanza è una sorta di esuberanza concettuale,Almodovar non solo accenna ,ma ripropone temi già impiegati in passato rischiando spesso di scivolare nel limbo di un’ autoreferenzialità narcisa di cui non si sente il bisogno.
Le passioni dei protagonisti risentono dei numerosi omaggi e citazioni al cinema dei tempi che furono,Almodovar ostenta la sua cultura e induce una riflessione tutt’altro che banale,ovvero quanto la bontà di un film possa venire contaminata da mani indegne,è però anche vero che a tratti dimentichi di tenere in piedi una struttura emozionale che avrebbe bisogno di maggiore assistenza.
“Gli abbracci spezzati” è un film piacevole minato da alcune cadute di tono,in particolar modo avrebbe avuto bisogno di essere sfoltito di alcune influenze personali che non consentono al regista di districarsi pienamente in una selva di sentimenti,avvenimenti e personaggi per lo più solo abbozzati.

2 risposte al commento
Ultima risposta 11/01/2010 21.48.17
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furio  @  03/12/2009 14:53:36
   3 / 10
Gli abbracci spezzati e.......le palle a terra!!! L'unica aspetto positivo è penelope cruz che si tromba tutti. Datemi retta, spendete quei soldi per andare a mangiare una pizza. E basta con i fenomeni che siccome il film è di Almodovar allora deve essere bello per forza. Rilassatevi!!!

4 risposte al commento
Ultima risposta 22/12/2009 14.57.21
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Gruppo COLLABORATORI Gabriela  @  02/12/2009 11:21:44
   8 / 10
Film “cinefilo” con numerosi omaggi come, oltre a quelli già citati, il nome usato da Penelope Cruz "Severine": lo stesso di Catherine Deneuve in "Belle de jour"; o Lluís Homar che chiede "Ascensore per il patibolo" perché desidera ascoltare la voce di Jeanne Moreau.
Almodovar è introspettivo e solenne e su questa linea i suoi attori, (soprattutto le attrici), effettuano un lavoro “verso l’interno”.
La fotografia di Rodrigo Prieto, (che ha collaborato tra gli altri anche con Iñárritu), crea immagini di estrema bellezza.
Almodovar diventa più grande con tutto ciò che comporta: una “dura” maturità nella forma e nella sostanza diventando anche più drammatico ed intenso, allontanandosi dai suoi primi racconti provocatori e trasformandosi in uno dei pochi registi in grado di mescolare perfettamente passione, umorismo e dramma.

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Ultima risposta 16/08/2010 12.04.28
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Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  30/11/2009 09:16:49
   7½ / 10
In un turbinio di citazioni ed autocitazioni Almodovar emerge con mestiere, raccontando una storia di passione, possesso e morbosità. Alcune cose funzionano, altre meno

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER; il risultato complessivo rimane però di gran classe, anche grazie alle sontuose interpretazioni dei due protagonisti.
Una piccola variazione sul tema, summa della cifra stilistica di un grande regista e dei suoi punti fermi.

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Ultima risposta 16/08/2010 12.05.39
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR jem.  @  26/11/2009 10:04:29
   8 / 10
Coloratissima e bellissima questa storia di passione.
Rispetto alla prima parte, che ha un ottimo impatto emotivo, la seconda è leggermente sotto tono, ma riesce comunque a coinvolgere per tutta la durata.
Adesso dovrò andarmi a cercare gli altri film di Almodovar, dato che questo è il solo il secondo che vedo ed è il secondo che mi piace.

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Ultima risposta 16/08/2010 12.07.00
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LEMING  @  23/11/2009 08:05:34
   5 / 10
Il solito Almodovar, ossessionato dal sesso, dall'omosessualità, dalla malattia e dalla morte, forse si sarà capito che non è sicuramente il mio regista preferito,...prima parte del film assolutamente negativa, si riscatta parzialmente nella seconda parte, ma comunque non mi ha dato emozioni, troppo piatto e monocorde.

11 risposte al commento
Ultima risposta 19/01/2010 10.26.06
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  20/11/2009 01:30:29
   9 / 10
Con questo suo ultimo, incantevole film, Almodovar cambia tono, spiazza la critica, spiazza parte dei suoi appassionati.
Volver (2006), Parla con lei (2002), Tutto su mia madre (1999), sono tre apici inarrivabili, ma già si collocano lungo un percorso. Almodovar non ripete all’infinito lo stesso film; Almodovar si trasforma. Tutto su mia madre è il punto di congiunzione tra l'Almodovar della prima fase e quello “più maturo”: contiene tutto quello che viene prima, distilla un inno alla vita, e all'autenticità, attraverso la catarsi del dolore. Dopo la miracolosa parabola di Parla con lei, dove la morte è ancor più presente (ma ancora una volta, trionfa la vita), ecco Volver: inno alle donne, dove i toni sono già più pacati, il ritmo più lento.
Già con Volver, dai più osannato per quel capolavoro che è, aveva cambiato passo.
Certo, faceva ancora piangere, ridere, commuovere intensamente. Ma nel far commuovere già aveva ripetuto la scena madre del momento di canto: in Parla con lei Caetano Veloso, in Volver Penelope Cruz.

Gli abbracci spezzati non è un film "spento", non è un film "stanco", non è un film "povero di idee".
Almodovar semplicemente si rifiuta di fare il verso ai film in cui una sua certa "forma" è giunta a compimento.
Ma ha ancora qualcosa da dire. Perché, intanto, invecchia: e, invecchiando, guarda sempre più spesso al passato. E la vita, sempre più gli appare un film.
Così è l'Almodovar del 2009: introspettivo, retrospettivo.

C'è bisogno di chiedergli conferme di saper fare film come quelli che ha dimostrato di saper fare meravigliosamente? Non vogliamo prodotti in serie.
Invece lui altera il suo stile: diventa rarefatto; lavora di sottrazione; le musiche non sono sgargianti, sono in tono minore, come il film.
Siamo abituati a un autore che fa sinfonie in maggiore; questa è in minore.
Le musiche (laddove non prevale il silenzio) sono per lo più partiture per archi; i toni, bassi. E comunque sono meste, sottolineano (con pudore) emozioni di malinconia e momenti di dolore, emozioni però, sempre intensissime.

In questo film, Almodovar decide di girare le scene più intese e vive su di un isola dalla natura selvaggia, deserta come Lanzarote, ancor più deserta perché fuori stagione. La loro non è una vacanza, non è il culmine di una felicità immensa; è una fuga. Eppure lì vive e si è fermato in un abbraccio estraneo fotografato su una spiaggia deserta, un amore immenso, un amore acerbo, un amore che racchiude tutta la vita di un uomo talmente lacerato dall'esser sopravvissuto all'amata da sentirsi morto con lei, da scegliere il suo pseudonimo per una vita che non sarà più la stessa.

Ci vorrebbero pagine per indicare sfumature e momenti di intensità di un film così struggente (era mai stato "struggente” come questo un film di Almodovar?).

E' un film sul recupero del passato, sulla memoria, e sui limiti del recupero del passato; sul diritto - anche - a non ricordare. E poi sulla necessità di recuperare, per riprendere a vivere...anche se ormai, la vita è riprendere la lavorazione di un film …perché la vita vera è tutta racchiusa e finita a Lanzarote, dove si è fermata assieme a tante foto strappate.
Gli abbracci spezzati mi ricorda ossessivamente un altro film, tanto diverso e lontano eppure così affine: Hiroshima mon amour.

E poi vorrei dire la cura con cui sono delineati i principali personaggi secondari, primo fra tutti quello, splendido, di Judit (interpretato da una fantastica Blanca Portillo).
Tutti i personaggi di Almodovar, sempre, anche in questo film, anche i "cattivi", sono personaggi che hanno bisogno di amore, che soffrono, che chiedono l'affetto di qualcuno - anche a costo di opprimere, soffocare, non far vivere. Tanti sono gli esiti, ma una matrice comune li lega (ci lega): il bisogno immenso di amore.
Due personaggi sono speculari: Ernesto e Judit. Essi sono un condensato del Mascolino e del Femminino secondo Almodovar. Ernesto, all'inizio, sembra un buon samaritano. Poi diventa un personaggio repellente. Eppure continua a far pietà, sempre, in quel suo disperato (e tanto umano) bisogno di Lena. Soffre sì, Ernesto: però il suo bisogno di amore non conosce il sacrificio. Ecco il Mascolino.
Forse, per Almodovar, si ama al Femminile. In questo film, non sono Mateo e Lena ad amarsi di più. Chi ama più di tutti, di amore più autentico (quell’amore che non vuole niente in cambio), è Judit. Si riveda la prima sequenza, quella dell'amante occasionale di "Harry"/Mateo: quando entra in casa Judit è gelosa e - soprattutto - apprensiva. Judit per 14 anni ha amato, senza chiedere di essere ricambiata, quest'uomo divenuto cieco, con lo stesso amore di cui è intriso ogni suo gesto...Si riveda la sequenza, meravigliosa, in cui sotto un cielo plumbeo, in una Lanzarote spazzata da un vento senza requie, ella si prende cura del "suo" Mateo, gli alza il bavero della giacca, non lo vorrebbe lasciare un minuto.
E' madre, sorella, amante. E' tutte le donne di Volver in una sola donna.
Poteva Almodovar negare a questa donna un figlio che fosse dell'uomo che ama e ha amato così tanto? Anche se la rivelazione è telefonata, noi gliela scusiamo.
Eppure, anche lei ha tradito, anche in lei è trascorso del male.
Far male è proprio di tutti gli esseri umani: Almodovar non dipinge personaggi ideali, e più che mai questi sono personaggi tutti labili, fallibili, deboli, irrisolti. Questo film, così disincantato, guarda alla vita con tanta mestizia, ma con ancora un piccolo sorriso d’ironia (il dolcissimo finale).

E a proposito dei figli, cosa dire dei figli che non sanno, e che vogliono sapere? Dei momenti giusti per sapere - che possono volerci 14 anni a trovarne uno? E' giusto che sappiano, ma anche che continuino a sognare, i figli che non sanno – com’è la vita - perché sono ancora giovani (mentre Almodovar comincia ad invecchiare...).

14 anni sono tanti. Tutto il male ormai è passato. Quella del fu Mateo, è un'altra vita. Ma torna a pulsare, e il nome di Mateo torna ad essere usato. Magari, intanto, solo per farne un film. Perché la vita, si è spezzata a Nevers…ops, a Lanzarote.

Splendido melò raggelato, raffreddato, che contiene tutti i sapori della vita. L’amaro: anche. Almodovar non ce lo risparmia.

Per Almodovar, la vita è sempre venuta prima del cinema. E se il cinema è tanto importante, è perché vuole essere, per lui, lo specchio più autentico della vita.
Ho letto che Almodovar, prima di concepire questo film, avrebbe avuto una malattia che l'ha costretto senza vista per dei mesi.
Ma questo conta relativamente: Gli abbracci spezzati porta tanti altri segni di essere un film dalla profonda matrice autobiografica.

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Ultima risposta 23/09/2010 14.23.20
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valis  @  18/11/2009 19:50:43
   7½ / 10
film fortemente simbolico. il buio in cui piomba il protagonista è, ancor prima che fisica, nell'anima.negazione di ciò che era stato prima, nome compreso portano harry caine (uragano) ad evitare di fare i conti con il suo passato, ma, per quanto si faccia, non si sfugge al proprio destino e mateo dovrà nell'oscurità che lo circonda ricomporre i pezzi del suo amore per donoargli nuova luce.

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Ultima risposta 19/11/2009 09.38.53
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Gruppo REDAZIONE maremare  @  16/11/2009 01:41:51
   7½ / 10
Melodrammone in puro stile almodovariano.
Oramai conquistato un rigore formale ineceppibile, Pedro si trova a secco di contenuti e confeziona un felleuton d'altri tempi godibile, ove la cecità del protagonista sembra parafrasare l'afasia creativa degli ultimi anni.
Secondo questo ordito la perla finale del film ritrovato (e rimontato) rimanda direttamente al primo esuberante, giocoso, immenso, Almodovar

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Ultima risposta 19/11/2009 13.56.37
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  14/11/2009 13:44:59
   7 / 10
Ahimè! Un Almodòvar sottotono per quanto riguarda il contenuto, sempre splendido invece per la forma. Gli abbracci spezzati è un meraviglioso involucro di un soggetto claudicante, carente soprattutto di emozione, che se c’è non risulta così visceralmente immediata come nella maggior parte delle sue opere.
Almodòvar ha da sempre la straordinaria capacità di trasformare le sensazioni, gli stati d’animo, i sentimenti in immagini, ma qui ha decisamente privilegiato questa sua attitudine a discapito della storia. Si è concentrato sui tecnicismi, sullo studio minuzioso dei dettagli, raggiungendo un grado di raffinatezza notevole ma statica. Priva della tipica graffiante ironia , la storia scorre piatta, nonostante l’intreccio complesso, e le consuete immersioni nell’animo femminile restano nebulose, prive d’energia.

Sono presenti forse eccessivi virtuosismi e miriadi di microcitazioni, grazie alle quali Almodòvar riesce comunque a coinvolgere con singolare tecnica narrativa. Mai come in questa opera l’attenzione dello spettatore è totalmente catturata dalle immagini: ognuna omaggio cinematografico, letterario o pittorico, motivo per cui il soggetto passa in secondo piano.

Così tra un omaggio a Les amants di Magritte e un altro alla Marilyn di Wahrol( per citare i più evidenti); tra un richiamo a Audrey Hepburn e un altro esplicito a Rossellini ; tra il gioco cromatico raffinatissimo, in cui campeggia il Rosso almodòvariano, e l’autocitazionismo che prorompe nell’ultima scena si resta un po’ disorientati, certo, ma in tutto questo c’è Pedro e il suo appassionato amore per il cinema, impossibile non condividerlo.

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Ultima risposta 30/11/2009 09.12.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/11/2009 23:52:45
   7½ / 10
A Cannes non è andato giù, ma le accuse di "maniera" lasciano il tempo che trovano: meglio dimenticare gli spettri di "La mala education" (mala film), e dirlo subìto: anche nel suo deja vu autocitazionista (il referente è Donne sull'orlo di una crisi di nervi, lustri fa) Almodovar è un regista per cui vale ancora la pena perdere del tempo prezioso.
Se qualche considerazione critica va fatta, è il ricorso a certi parametri che rischiano di diventare stereotipi (es. il tema della paternità celata: suvvia, basta...!), o un lieve sospetto estetizzante nella sequenza sulla spiaggia.
Per il resto, è ancora un regista che sa valorizzare al meglio le donne, sfruttando il massimo della loro femminilità ma anche la loro parte più nascosta, la sensibilità volitila, la loro incapacità di adeguarsi.
Potremmo battezzare comunque il film con un'altro titolo "le proprietà spezzate", per il ricorso sempre più pragmatico e passionale a un'amour fou dove si vive il sentimento come coercizione e sopraffazione umana.
Poi il film è anche una metafora sul cinema, ovviamente a modo suo: non si può pretendere una visione "didattica" à la Wenders da Almodovar (cfr. Lo stato delle cose), ma una sorta di girandola felliniana dove c'è spazio per ben altre citazioni, da Rossellini (l'immenso "Viaggio in italia" tributato in un fotogramma) a Micheal Powell.
E infatti l'omaggio dichiarato a "L'occhio che uccide", per esempio nello stupendo fotogramma di P. Cruz che invita il marito ad alzare l'audio recitando le stesse parole nelle immagini, è uno dei punti di forza del film.
Una Cruz che ricorda in modo impressionante la nostra Sofia Loren dei tempi d'oro (più che la stessa Audrey vs. Capote ossessione di A.), e una serie di indimenticabili comprimarie. E un regista che ha qualche punto in comune (stavolta involontario, credo) con lo scrittore Salinger.
La strana capacità di Almodovar di coinvolgere attraverso una storia dove ancora una volta finzione e realtà vengono sovrapposte, sta tutta nella sua abilità di stimolare lo spettatore con dialoghi, immagini (memorabile quello dell'"incidente") e la spettacolarizzazione della vita e della morte, o della ricerca (o del rigetto) della propria identità.
Tutto già visto, ma che importanza ha? Almodovar ha ancora bisogno di essere amato, e non vedo come si possa negargli questo diritto

1 risposta al commento
Ultima risposta 02/12/2009 10.22.40
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norah  @  10/11/2009 16:55:26
   8 / 10
Non credo ci sia bisogno di commentare l'ennesimo prodotto di qualità di un ormai maturo Almodovar.
Da applausi l'autocitazione finale!

2 risposte al commento
Ultima risposta 13/11/2009 20.26.20
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