greed - rapacita' regia di Erich Von Stroheim USA 1924
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greed - rapacita' (1924)

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locandina del film GREED - RAPACITA'

Titolo Originale: GREED

RegiaErich Von Stroheim

InterpretiZasu Pitts, Gibson Gowland, Jean Hersholt, Chester Conklyn

Durata: h 1.40
NazionalitàUSA 1924
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 1924

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Trama del film Greed - rapacita'

Un sedicente medici e sua moglie vincono una grossa somma alla lotteria. Tanto basta per rovinare quel poco che resta del loro matrimonio. La donna, pur di non intaccare il gruzzolo, preferisce continuare a vivere in miseria e finisce così a essere uccisa dal marito il quale a sua volta...

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Voti e commenti su Greed - rapacita', 19 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  22/02/2009 21:33:28
   10 / 10
Opera colossale di Eric Von Stroheim, di cui è stato fatto scempio: la produzione dell’epoca ridusse il film, a seguito di tagli –per usare un eufemismo- drastici, dalle 9 ore totali iniziali a meno di un terzo della sua durata, eliminando gran parte delle scene fondamentali ed indi snaturando il prodotto finale del regista (nelle cui intenzioni vi era quella di trasporre pedissequamente e meticolosissimamente il romanzo di Frank Norris “McTeague”), che nonostante tutto è riuscito ugualmente a imporsi come imprescindibile pietra miliare della cinematografia. Solo molti anni più tardi è stato effettuato un restauro della pellicola, attraverso il recupero di vari fotogrammi che sono stati assemblati a guisa di “collage”, da cui è conseguita una estensione della medesima fino a circa 4 ore (la versione più lunga tuttora in circolazione).
In “Greed” Von Stroheim coniuga un realismo durissimo a un ricco simbolismo, disseminato nei vari momenti della storia e spesso legato ad una superlativa vena visionaria, dalla quale originano intere scene. Il fine del regista è quello di mettere in scena un’umanità totalmente inaridita e abbruttita dalla avidità oggettivata, oltre che dal comportamento stesso dei vari personaggi, altresì da disparati simboli, allegorie e metafore; tra i tanti: la scena del banchetto di nozze in cui tutti i convitati sono immersi nella crapula, quella del gatto che guarda cupidamente e rapacemente gli uccellini in gabbia, o ancora quella superba delle braccia scheletriche che giocano con le monete d’oro. La cupidigia sfrenata conduce i tre protagonisti della vicenda ad annientersi vicendevolmente in una climax di ferocia, che culmina nei tre minuti finali del lungometraggio, nei quali si condensano alcuni dei momenti più potenti della storia del cinema (a cui probabilmente si è ispirato Gus Van Sant in “Gerry”). L’animo umano che si specchia nella natura circostante: un deserto sconfinato (quello imponente della “Death Valley”) teatro di morte di due uomini, a cui non rimane più niente, se non proprio quelle dannate monete d’oro che, nell’immagine di esse sparse al suolo desertico, vengono restituite alla loro dimensione originaria: l’inutilità o -“rectius”- perniciosità, in quanto mezzi che favoriscono il degrado dell’individuo fino all’estremo inaridimento.
Un capolavoro assoluto ma allo stesso tempo maledetto, perché sciaguratamente depredato di sequenze importanti (come quella del sogno di Trina) nonché di due intere sezioni (relative alle altre coppie di personaggi della storia). Probabilmente, senza questi tagli, l’opera di Von Stroheim avrebbe assunto una portata diversa, e magari con uno spunto più conciliante (così come sembrano palesare i fotogrammi afferenti alla vicenda dei due vecchietti).

4 risposte al commento
Ultima risposta 03/09/2009 00.09.22
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