grizzly man regia di Werner Herzog USA 2005
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grizzly man (2005)

 Trailer Trailer GRIZZLY MAN

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locandina del film GRIZZLY MAN

Titolo Originale: GRIZZLY MAN

RegiaWerner Herzog

InterpretiWerner Herzog, Carol Dexter, Val Dexter, Sam Egli, Franc G. Fallico, Willy Fulton

Durata: h 1.40
NazionalitàUSA 2005
Generedocumentario
Al cinema nel Novembre 2005

•  Altri film di Werner Herzog

•  Link al sito di GRIZZLY MAN

Trama del film Grizzly man

Dopo aver passato la vita a studiare, osservare la vita degli orsi grizzly, Timothy Treadwll, mancato attore e ambientalista, viene ucciso insieme alla sua ragazza proprio da uno di questi. Il film riporta la passione e gli studi fatti da Timothy, con una serie di immagini da lui stesso girate.

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Voto Visitatori:   8,37 / 10 (56 voti)8,37Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su Grizzly man, 56 opinioni inserite

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Jolly Roger  @  29/05/2016 22:17:04
   8½ / 10
C'è qualcosa di ironicamente buffo ed immensamente umano in questa storia popolata da orsi giganteschi, che è più grande dell'amore che due orsi potranno mai scambiarsi nel loro mondo animale.
Timothy Treadwell cercava la magnificenza di Dio negli occhi dei grizzly, quando già, senza accorgersene, la riceveva dagli occhi innamorati della sua Amie.

-----------------------alcuni spoiler, ma credo si possa leggere--------------------

"Sono innamorato dei miei amici animali, sono innamorato dei miei amici animali, sono innamorato dei miei amici animali".

Le immagini di questo film sono di una bellezza che ti ammalia e ti annichilisce. Montagne innevate, immense distese erbose, laghi e fiumi, ma soprattutto orsi grizzlies, giganti maestosi, alti tre metri e più, creature bellissime e testimoni dell'esistenza di Dio e della meraviglia della Natura, ma anche potenziali perfette macchine di morte.
Questo non è un film sugli orsi; è un film su Timothy Treadwell, il signore degli orsi, ma più in generale è un film sull'uomo: attraverso la figura di Timothy, Herzog ci parla dell'umanità, delle sue debolezze, delle sue pazzie e dei suoi eccessi. Timothy raccoglie tutto dentro di sé, all'enesima potenza.

Egli era un uomo fuori dal comune, che decise di spendere la propria vita con gli orsi, rischiando (e trovando) la morte, un uomo che sfidò - e forse superò – il confine naturale tra uomo ed animale, spingendosi a raggiungere una visione più ampia di quella umana, ma in un territorio al quale non aveva diritto naturale di appartenere.
"Forse pensava di avere a che fare con delle persone vestite con costumi da orso", dice qualcuno nel documentario, "la ragione per cui riuscì a sopravvivere per ben 13 anni è che gli orsi pensavano che lui fosse un ritardato mentale".
"Poi, un giorno, un orso deve aver pensato che ne aveva abbastanza di Timothy Treadwell. O, forse, uno di loro pensò che Treadwell doveva essere buono da mangiare".

"se l'è cercata" "se l'è meritata" "ha trovato il suo destino"

Parole spesso impietose che non considerano, però, che Timothy sapeva benissimo il rischio che correva di fronte a quei giganti ("I can smell death all over my fingers"), ma soprattutto…non aveva nessuna intenzione di morire!
Lui annusava, in ogni momento, l'odore della morte sulle proprie dita, ma era come se la bellezza di questi mostri esorcizzasse la loro pericolosità. "That's what I'm talking about - That's what I'm talking about – That's what I'm talking about": la bellezza. E' questo quello di cui lui ci sta parlando, con quel curioso modo che ha di ripetere sempre le cose per tre volte: la bellezza della natura, anche laddove mostra il suo lato più possente e crudele.

Inoltre, aveva una certa dose di autostima e di sicurezza. Attore fallito nella vita precedente, in Alaska interpretava una parte mai interpretata da alcuno: il Gentil Guerriero che combatte per gli Orsi. Il Kind Warrior, una creatura che, laddove fosse stata puntata o sfidata da un orso, doveva fingere di essere strutturalmente in grado di difendersi, anzi, fingere di mostrarsi sicuro di poter vincere la sfida contro l'orso. Il Gentil Guerruero, se sfidato, "deve diventare cosi formidabile, così senza paura della morte, che egli vincerà". "Deve essere così potente, che persino il grizzly crederà che lui è in grado di vincere la sfida".
Perché in quei momenti "the Kind Warrior must – must - must be a samurai" (anche qui 3 volte). Il Guerriero Gentile non invade l'ambiente degli orsi, non commette azioni sgradite, osserva e non interagisce, ma laddove la sua presenza venga messa in discussione e sfidata da un orso, egli deve-deve-deve difendere il proprio territorio.
Ora, noi possiamo anche pensare che quelle fossero un cumulo di caz.zate, che egli si ripeteva solo per farsi coraggio. Fatto sta che egli è sopravvissuto là per 13 anni, perciò non era un pir.la e il suo approccio doveva in qualche modo funzionare. Inoltre, nelle immagini del film ci sono almeno un paio di occasioni in cui egli viene sfidato dagli orsi e risponde proprio difendendo la posizione, senza arretrare.


Comunque, al di là del fatto che si rendesse conto dei pericoli e che avesse maturato esperienza e metodo per affrontarli, non si può mettere in dubbio che egli avesse seri problemi dal punto di vista emotivo: era un ex alcolizzato, fallito nella carriera di attore, egoista ed egocentrico ai massimi livelli e con un desiderio di protagonismo irrefrenabile. La sua vita non erano gli orsi. Nella sua vita c'era spazio solo per lui, il Re degli Orsi. Quella che inizialmente era la fuga dal mondo sociale di uno psicotico, diventò poi un'avventura mediatica in cui egli era l'attore principale ed unico. I suoi disturbi emotivi e la rabbia verso la società civile influirono anche sulla sovrastruttura filosofica delle sue convinzioni. Il suo credere ad un equilibrio naturale dove regna l'armonia, il suo negare gli aspetti più crudeli della natura, sembravano idee più figlie del suo tormentato bisogno di serenità che vere e proprie considerazioni ragionate. Quando espone i suoi pensieri più intimi, la sua voce, di stampo fortemente elettronico (come tutte le persone che nascondono un animo ferito in profondità), diventa tenue come quella di un bambino piccolo e personalmente mi mette i brividi:

"Non so se ci sia un Dio ma se c'è non può che essere contento con me per quello che faccio. Per quanto li amo (gli orsi). Per il rispetto che porto per loro, per i video che faccio e le fotografie, per il fatto che diffondo tutto ciò nel mondo gratuitamente. Spero di riuscire a continuare. Mi sento bene a farlo".
"E se non sarà così…sappiate, Io morirei per questi animali. Morirei per questi animali. Morirei per questi animali".

Nella sua visione, gli orsi gli hanno salvato la vita, altrimenti sarebbe morto alcolizzato.
"Grazie mille (Dio?) per lasciarmi fate questo. Non avevo una vita, non avevo una vita. Ora ho una vita. Grazie."
In alcune momenti, però, la dolcezza infantile lascia spazio alla rabbia, così si rivolge alla telecamera e ai possibili spettatori con enorme disprezzo: "io ho imparato a stare qui, Voi qui sareste morti, voi qui sareste morti, voi qui sareste f.ott.tutamente morti!".
Ora, questi possono sembrare dei deliri, ok. Ma anche qui, non si può negare che, in un certo senso, gli orsi glie l'hanno salvata sul serio, la vita, o almeno glie l'hanno prolungata di 13 anni, perché lui una ragione di vita non ce l'aveva e ha davvero rischiato di morire alcolizzato.
Herzog entra in modo troppo deciso nel documentario: le interviste sono tutte recitate a copione, si vede che alcuni leggono (il coroner praticamente scimmiotta un attore), il pathos che si crea puzza di artificialità in un modo evidente. Quello che però mi ha dato fastidio, è proprio l'entrata a gamba tesa in un paio di occasioni, quando critica apertamente la filosofia di Timothy.
Mente viene ripreso lo sguardo di un orso, ad esempio, Herzog entra con i piedi sporchi nel tempio, con una frase agghiacciante, che fa apparire l'altro come un povero incosciente, oltretutto considerando che l'altro non ha facoltà di replica: "Quello che più mi opprime è che in tutte le facce di tutti gli orsi che Treadwell ha filmato, non ho trovato alcuna amicizia, alcuna coscienza, alcuna pietà. Vedo soltanto la schiacciante indifferenza della natura. Per me, non esiste alcun mondo segreto degli orsi. In questo sguardo vitreo, leggo soltanto una mezza noia e la brama di cibo. Ma per Timothy, quest'orso era un amico, un salvatore".

Herzog entra prepotentemente sia nel footage che nel proprio documentario, manipolandolo in due direzioni, con il medesimo scopo di smorzare la figura di Treadwell. Da una parte, demolisce le sue intime convinzioni, per evitare di esaltare questo personaggio controverso, per evitare di dipingerlo come un eroe. Dall'altra parte, smussa gli aspetti più terribili della sua vita, per evitare l'effetto opposto di etichettarlo alla storia come un pazzo imbecille. Tutto ciò si capisce nelle scene più terrificanti del documentario, quelle che mi ha fatto salire la pelle d'oca per l'alterazione e la deformazione emotiva che scuotono il personaggio: dapprima, Treadwell vede le ossicine di cuccioli di orso – c'è siccità, non piove, la poca acqua non basta a trascinare i salmoni a valle e gli orsi affamati cominciano a divorare i loro cuccioli. La voce di Treadwell diventa un sibilo sofferente, mentre constata la violenza della natura animale, che in caso di necessità non risparmia nemmeno i propri piccoli. Poco dopo, Timothy, nella propria tenda, ha una crisi di nervi quasi visionaria. Si rivolge a Gesù, ad Allah, alle divinità indù, invocando la pioggia perché gli orsi hanno fame. La sua voce stridula, le sue urla sconnesse ed il suo delirio mistico mi hanno fatto gelare il sangue nelle vene.
Egli non è un eroe temerario che lotta ed interagisce con gli dei per i suoi orsi. Non è nemmeno un pazzo che vaneggia sfoghi religiosi.
Herzog glissa, per interesse o per rispetto, sulla verità vera.
La verità vera è che Timothy Treadwell, in quel momento, ha una paura fott.tuta (giustamente).
Se ne sta chiuso nella tenda.
Lui lo sa. Nella catena alimentare degli orsi ci sono i salmoni. Se mancano i salmoni, gli orsi più feroci divorano i cuccioli. Il passo successivo della catena alimentare degli orsi, se continuerà a non piovere, sarà lui: Treadwell in persona.
Toccherà a lui, prima o poi.

Anche la terribile tragedia finale della sua morte insegna qualcosa.
Timothy era un bambino cresciuto, un eccentrico, e come tale esercitava un certo fascino sul mondo femminile. La sua ultima compagna si chiamava Amie. Lei era con lui quando un orso lo attaccò.
La cosa terribile è che Amie non voleva più condurre questa vita. Non le piacevano gli orsi, ma per amore era rimasta con Timothy fono a tarda stagione.
E lo difese durante l'attacco. Mentre l'orso gli stava mordendo la testa, strappandogli il cuoio cappelluto tra le mascelle, Amie combatteva contro l'orso, picchiandogli una padella sulla testa nella vana speranza di metterlo in fuga.
Non abbandonò Timothy fino a morire lei stessa.
Poteva scappare, ma restò a combattere per salvarlo.
Quanto è buffo, dicevo prima...

2 risposte al commento
Ultima risposta 29/05/2016 23.11.20
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-Uskebasi-  @  04/05/2016 13:00:32
   7 / 10
Mi odio quando non riesco a cogliere la grandezza riconosciuta quasi da tutti, eppure non posso certo andare contro la mia stessa opinione. Ho trovato il film di Herzog notevolmente sopravvalutato. Momenti cinematografici eccellenti li ho visti anche io, ma si contano su una mano, non che questo aspetto sia così determinante in un documentario, fatto sta che non mi ha mai catturato. Alcune interviste non sembrano nemmeno naturali, c'è addirittura chi guarda in strane direzioni come per seguire indicazioni su cosa fare e dire. E poi c'è il punto principale: il personaggio ovviamente.
Ragazzi, io non me la sento di elevare troppo questo Timothy Treadwell, sedicente paladino degli orsi. Purtroppo ho avuto un'altra sensazione. Quest'uomo è finito là dopo il fallimentare tentativo di diventare un attore, dopo problemi con alcol e droga se ho capito bene, quest'uomo cercava un posto nel mondo e non l'ha trovato. Non l'ha trovato come molti di noi del resto, ma a differenza di noi il suo egocentrismo lo ha portato a tuffarsi in un altro mondo, quello degli orsi, a difesa di queste creature che francamente non sembrano avere questo grande bisogno del suo "aiuto". Grazie alla telecamera e a 2 palle enormi (questo glielo riconosco) è arrivata la fama; qui è il punto di non ritorno, ormai Tim ha trovato la sua dimensione, perché a mio parere è questo che determinava la sua vita, non la passione per i grizzly. Il continuo ostentare l'amore per loro quasi ad ogni ripresa, o i suoi animati sfoghi, non fanno che dare sostanza al mio pensiero. Tutto questo mi porta ad una considerazione finale sul personaggio: la mia sensazione, la mia paura, è che Timothy Treadwell fosse un uomo triste. Spero di sbagliarmi, ma non riesco ad immaginarmelo in altro modo a telecamere spente, rancoroso nella sua tenda verso un'umanità che non ha saputo dargli quello che voleva veramente. Il riprendersi, lo scherzare, l'autocompiacersi, il ripetere che lui ce la faccia quando gli altri invece morirebbero, tutto sembra funzionale a nascondere un malessere derivato, non esistenziale. Fosse vero quello che dico, parodassalmente renderebbe la storia ancora più bella, lo stesso documentario ne avrebbe giovato se avesse mostrato il lato umano piuttosto che quello fanatico o propagandistico. Non è stato così.
E' un discreto film comunque, non ci piove. Ho apprezzato molto la scelta di Herzog di non inserire la registrazione della morte di Timothy e Amie, anche perché sarebbe stata di un'incoerenza unica viste le parole pronunciate all'ex fidanzata. L'audio è effettivamente straziante, fa impressione persino il solo sentire i versi dell'orso, quei versi già uditi in una delle scene più belle del documentario, mi riferisco al combattimento tra i due maschi per la femmina Saturno.

Conclusione:
Ahimé, non ho visto come gli altri una storia di rinuncia e di amore, piuttosto di sconfitta e disperata rivalsa. Va raccontata, non esaltata. Sono convinto che se avessero scelto lui in quel provino, al posto di Woody Harrelson, degli amati amici pelosi se ne sarebbe sbattuto altamente le grosse palle che aveva e, magari, noi avremmo ammirato un grandissimo attore.
Non c'è nessun San Francesco qui. Nessun Christopher McCandless.

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Ultima risposta 05/05/2016 10.56.11
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ferzbox  @  08/09/2014 18:55:15
   6½ / 10
Timmy Treadwell è stato un'uomo dall'indiscutibile coraggio,questo è certo; vivere in mezzo all'habitat degli orsi Grizzly senza essere armato e rischiando la vita avvicinandosi a loro a distanza zero richiede una dose di sangue freddo da non sottovalutare.
Sono anch'io un grande amante della natura,odio la violenza gratuita verso gli animali,detesto i bracconieri e penso che l'uomo non sappia rispettare il regno animale come il regno animale rispetta noi; tutto ciò ci rende inferiori a qualsiasi altro essere vivente,nonostante la nostra tanto stimata evoluzione e civilizzazione.
Tuttavia la filosofia di Timmy Treadwell era alquanto paradossale.
Rispettava gli orsi,ne difendeva la loro libertà e sopravvivenza,cercava di essere come loro,però non comprendeva l'equilibrio dettato dall'esistenza della vita e la morte.
In natura esistono anche i predatori,è una legge universale e immutabile; quando trovava la carcassa di qualche animale ucciso non ne comprendeva la crudelta....come si può non comprendere la regola fondamentale della natura?...da questo punto di vista non mi trova di certo d'accordo; per la stessa ragione ho reputato insensata la sua decisione di non portarsi dietro alcun tipo di arma; si vantava di essere stato l'unico uomo a sopravvivere in una situazione così estrema di pericolo senza essere armato,ma proprio per questo è andato incontro ad una tragica fine....
Se un'orso ti attacca dici alla tua compagna di fuggire? e perchè?...se avevano fame falli mangiare,o magari difendeti come farebbe lui o qualsiasi altro essere vivente....un tipo di fanatismo che non digerivo molto e comprendevo poco....
Amare la natura ok; cercare di farne parte direttamente ok....ma gli esseri viventi cercano sempre di difendersi per quanto possano....ecco perchè lo ritengo un paradosso.
Si lamentava con Dio perchè c'era siccità e gli orsi non potevano mangiare; imprecava e diceva che non era giusto farli morire così(si va bhè,fa sempre parte della natura questo mio caro Timmy...altro paradosso amico mio)...
Ammetto che tutto il documentario ricostruito da Herzog è stato molto interessante per le immagini suggestive girate da Treadwell e per il messaggio di fondo che quest'ultimo voleva lasciare agli uomini,ma sinceramente mi è sembrato anche troppo idolatrato considerando la strana e contrastante filosofia che aveva...
Ma sono punti di vista,ci mancherebbe....con questo non voglio mancare di rispetto,però posso non condividere...

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Ultima risposta 08/09/2014 20.30.04
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Sig. Chisciano  @  18/05/2010 22:16:41
   9 / 10
Grizzly Man è fighissimo, ogni scena dopo aver appreso un po' della sua storia diventa inquietante, c'è uno scontro di mondi, l'uomo, la natura e gli animali, si gioca al limite della convivenza fra essi. Le immagini documentano l'incontro impossibile, non si tratta di pacifica convivenza fra uomo e animale, e neanche di Tarzan, si tratta di un imitatore di orsi, un po' come se trovassimo un orso in cravatta in fila alla cassa del supermercato.

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Ultima risposta 18/05/2010 22.18.05
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tylerdurden80  @  05/01/2010 04:30:00
   6½ / 10
storia di un uomo che vuole scappare da un mondo che non accetta, e se prima il suo rifiuto verso gli esseri umani lo soffoca con droga e alcol poi lo manifesta nel suo avvicinamento al mondo animale.
ma è proprio quel mondo che lo ucciderà perchè la natura animale è frutto solo di istinto e non di sentimentalismi come crede il protagonista.
la scelta di vivere proprio con gli orsi,animali molto pericolosi,può essere letta sia come sfida per dimostrare il proprio valore(non a caso Timothy filma tutto,sembra che il suo intento non sia quello di vivere con gli orsi per trarne un giovamento ma un voler far vedere al mondo il suo coraggio),sia come una inconscia voglia di morire.
il regista volutamente non crea un mito,anzi spesso e volentieri denigra Timothy mettendo in risalto la sua visione utopica e il suo egocentrismo.

purtroppo il voto poteva essere superiore ma quì c'è l'unica nota negativa del film che però non è una cosa di poco conto...tutte le interviste agli amici-conoscienti-parenti hanno un aria molto artificiale,sembrano quasi pilotate e questo per un documentario è una pecca non da poco,peccato perchè senza di esse il valore del film avrebbe raggiunto apici notevoli.

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Ultima risposta 08/03/2010 23.41.16
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  09/07/2009 20:48:24
   8½ / 10
Il problema uomo-natura è uno dei più misteriosi ed affascinanti che si possano esplorare. Se esiste una barriera ideale che divide l’essere umano dalla natura selvaggia, appare, a noi, illusoria e sconosciuta.
Quella di Timothy Treadwll è una personalità fragile e sensibile, che per fuggire da una realtà avvilente, cerca di varcare quella soglia, stabilendo un rapporto diretto con gli orsi grizzy. La sua dedizione sembra motivata da un desiderio occulto, che pare incomprensibile. Ma il suo non è un delirio folle, piuttosto mistico. Come se il varcare quel confine gli garantisse l’illusione di una vita spirituale. La sua simbiosi con gli orsi è quasi un avvicinarsi a Dio. Ad una creatura ambigua e sconosciuta, e, per questo, spaventosa. Ma di fronte a questa visione così romantica ed effimera c’è la vita terrena. La natura selvaggia. La carne. La morte. Ed Herzog ce la mostra in tutta la sua ferocia.
In un finale agghiacciante la cinepresa indugia sull’inquadrare “l’orso assassino”. E i suoi occhi non sembrano altro che quelli di uno dei più temibili predatori.

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Ultima risposta 01/01/2010 21.17.44
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  10/10/2008 10:25:11
   8½ / 10
Grizzly man è un film che fa riflettere di una tale lucidità e profondità da lasciare senza parole.
Era come me lo aspettavo ed è stato il mio primo positivo approccio a Herzog film CHE BISOGNEREBBE VEDERE PER LEGGE a tutti quelli che hanno dato voti entusiasti a lavori come Into the Wild!

Grizzly man non mitizza il suo personaggio, anzi, Herzog ne è affascinato ma anche in parte ostile, non manca mai di sottolineare quanto fosse paranoico e quanto quella sua "fuga alla natura" fosse dovuta ad una serie di fattori contingenti e non ad un reale disinteressato ritorno allo stato di natura, come colpevolmente Sean Pean ci ha voluto far credere con Into the Wild.

Herzog è chiaro sopratutto verso il finale che la natura è spietata e quei lati romantici che Timothy Treadwll vedeva, in fondo non esistevano o esistevano solo in parte.
Personalmente ritengo che il mondo degli uomini rispetti la spietatezza dello stato di natura, nello stesso tempo Timothy Treadwill dimostra che quel mondo di sovrastrutture umane può far perdere l'identità di se stessi e quindi il ritorno a quella natura come mezzo di salvezza.

La fine di Timothy può essere vista o come suo perfetto inglobamento nel mondo naturale in cui ha vissuto serenamente ma di cui ne è poi diventato vittima (come poi tanti animali selvatici oggi carnefici domani vittime) oppure come mero istinto autodistruttivo che aveva il suo sfogo in quella splendida isola dell'Alaska, un modo di agnentare se stesso dopo averci provato con droghe e alcool.

Herzog qui non prende posizioni e lascia allo spettatore decidere.

Splendido, non so come votare un documentario quindi metterà il voto in media non avendone visti molti

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Ultima risposta 10/10/2008 10.27.42
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  02/10/2008 23:52:04
   8½ / 10
Un'altra perla cinematrafica di Herzog. Anche stavolta lo scopo principale è quello di indagare a fondo il rapporto uomo-natura, mondo civilizzato-mondo selvaggio. C'è anche l'occasione per gettare uno sguardo su un certo modo di vivere e pensare (quello attuale degli Stati Uniti). Arriva a queste considerazioni universali partendo da una storia realmente avvenuta, quella fuori del comune di Timothy Treadwell (un giovane americano che si è eletto a paladino degli Orsi Grizzly dell'Alaska).
Timothy era un ragazzo normale come tanti altri, magari più sensibile e sentimentale. Per questo non era riuscito a inserirsi e a riconoscersi con soddisfazione nel modo di vivere "normale" e civilizzato (cinico, materialista). Era caduto nel vortice dell'alcolismo, soffriva di depressione, aspirava ad avere un'altra personalità, a vivere un'altra vita. Alla fine riesce ad uscire da questa spirale, creandosi una nuova identità, tornando un po' ai sogni della propria infanzia. Diventa così una specie di "guerriero gentile" che tutte le estati parte per l'Alaska alla difesa degli orsi, la sublimazione nella realtà dell'età adulta, delle fantasie infantili quando cercava e trovava affetto e comprensione stringendosi ad un orsacchiotto di pelouche. Si tratta ovviamente di una mia interpretazione, che però risalta abbastanza bene nella parte del film dedicata a raccontare le vicende della vita di Timothy.
Il suo "regredire" arriva a tal punto da attraversare all'inverso quel confine basilare nella storia evolutiva umana che ha separato per sempre il nostro mondo da quello degli animali selvatici. Sta qui la "rivoluzione", l'"eresia", la sfida, la grande impresa di Timothy, il grande valore simbolico della sua vicenda. Vuole dimostrare che il mondo selvaggio, non è il nostro "nemico", né è solo qualcosa da sfruttare e distruggere o da ammirare come turisti. Per lui è la vera essenza della vita sulla terra, quella che l'uomo ha perduto e rinnegato. Bisogna tornare ad avere un rapporto da pari a pari con gli animali, non sentirsi superiori a loro, ma dare alle loro vite lo stesso valore che noi diamo alle nostre. Timothy era così convinto che era pronto a sacrificare pure se stesso per seguire questo ideale.
A fare da contrasto a questo atteggiamento naturalista e primitivista di Timothy, sta il suo agire molto moderno come se stesse recitando un film, come se dovesse apparire su di uno schermo televisivo o condurre uno spot, una trasmissione di intrattenimento. Infatti la cinepresa è stata la sua compagna e la sua testimone di ogni sua impresa come se volesse appositamente vivere per lasciare un messaggio ai posteri. Tanta parte del film è fatta da riprese girate in soggettiva dallo stesso Timothy. E' un indice di come il fittizio si stia sempre più impadronendo del reale. Questo atteggiamento coinvolge un po' tutte le persone del film. La cosa è testimoniata dal fatto che Herzog non ha tagliato le parti precedenti o seguenti le riprese ufficiali, come pure ha lasciato tutto quello che Timothy faceva prima o dopo la sua "trasmissione". Salta quindi agli occhi la diversità di comportamento e atteggiamento di una persona quando si comporta "naturalmente" e quando "recita".
La perla del film sta però secondo me nel montaggio fatto da Herzog. Riesce a dare un quadro completo e oggettivo delle vicende e della personalità di Timothy, dando voce pure a quelli che non apprezzavano le sue imprese. Non scade mai nel sentimentale o nel macabro o nel sensazionalistico. Anche il filo narrativo è mescolato (si sa subito la fine che farà), giusto per focalizzare l'attenzione dello spettatore sulla personalità del protagonista e non sulla storia in sé. Herzog sta molto attento a non esaltare o criticare, alternando scene che mettono in buona luce Timothy ad altre in cui appaiono i suoi difetti. Insomma, ci fornisce spassionatamente tutti gli elementi oggettivi per permetterci a noi spettatori di giudicare con la nostra testa. A volte però trapela bene l'atteggiamento di Herzog verso Timothy: un misto di critica e ammirazione, un po' come aveva con Kinski.
La critica sta nel fatto che Herzog non condivide per nulla l'atteggiamento sentimentale e idealista di Timothy verso la Natura. Per lui in Natura regna l'indifferenza, la lotta, il conflitto – non è un eden perduto. Non capisce poi gli atteggiamenti paranoici e isolazionisti di Timothy anche si deve fermare davanti all'incognita del suo rapporto con la ragazza che gli stava accanto, stranamente tenuta fuori dall'impresa di Timothy anche se ne ha pagate care le conseguenze. Alla fine trapela però l'ammirazione per una persona che ha avuto il grande coraggio di credere in qualcosa, di realizzarlo e di accettare fino in fondo, con tutto quello che la scelta comporta, fino al sacrificio estremo.

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Ultima risposta 01/12/2008 00.07.23
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  23/12/2007 01:47:39
   9 / 10
Come nei suoi infiniti viaggi, continuo a conoscere Herzog a poco a poco e ad amarlo alla follia. Al tempo stesso, però, l'amante che è in me percepisce i contrasti che appartengono al suo cinema, al suo modo di girare, al suo personalissimo senso temporale che invita a svelare molto lentamente (o cautamente?) ogni sfumatura dei personaggi, ogni particolare delle sue storie.
In questo modo rischia di sconcertare, affidandosi a una narrazione che non è mai lineare ma costituisce il perno umorale di ogni "cadenzato" passaggio.
Una riserva riguarda le interviste: almeno in un paio di casi il confine tra fiction e cinema è labilissimo, e si percepisce una sorta di riserva autoriale dei personaggi intervistati (su tutti, il medico). Insomma, ho avuto la netta sensazione che "recitassero la parte in un film".

"E' strano, quando ti accorgi quanto sei solo" (cit.)

Al di là di queste lievi riserve, il film è ovunque grandissimo: TESTAMENTO e TRIBUTO, un dilemma irrisolto, o la corriva empatia del regista verso un personaggio tanto blasonato, discusso, affascinante ma anche particolarmente egocentrico (in uno dei suoi sfoghi contro l'umanità H. ricorda gli esagitati isterismi di Klaus Kinski) e ossessivo.
La storia dell'uomo che "voleva diventare un orso" invadendo un habitat protetto, convinto egli stesso di poter domare la forza "animale" della natura o anche di se stesso (cfr. il capitolo sul suo difficile passaggio all'età adulta), colui che solo "nel dramma della sua morte avrebbe potuto toccare con le sue parole tante persone".
Anche "Grizzly man", come "Fitzcarraldo" e tanti altri di Herzog diventa una riflessione anche filosofica sull'utopia (cfr. una sorta di Noè contemporaneo) e sull'impotenza umana davanti a una natura che ha, al contrario di quanto pensava Treadwill, la bellezza primordiale della violenza e dell'istinto bestiale.

Diverse immagini straordinarie (su tutte, quella dell'orso che si immerge sott'acqua a caccia di pesci, da vero nuotatore esperto) e la splendida chitarra acustica di Richard Thompson a sorvolare su un "altro mondo" di commovente bellezza

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Ultima risposta 28/12/2007 22.43.24
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  19/10/2007 00:07:13
   9½ / 10
Signori, leviamoci il cappello e inchiniamoci al cospetto del maestro Werner Herzog.

Questo documentario è di una intensità unica, ma è anche un pugno nello stomaco.
L' unicità dell'esperienza di un uomo, che ha deciso di abbandonare la "crudele" civiltà degli uomini per intraprendere una nuova vita a contatto con la natura e gli orsi, viene utilizza da Herzog per trasmetterci il suo pensiero lucido, amaro e disincantato sull'esistenza dell'uomo.
Timothy Treadwll aveva preferito al mondo dei suoi consimili, considerati vili, e spietati, quello armonico e sereno degli orsi. Ma proprio su questo punto interviene lo sguardo impietoso del regista, che invece si sofferma su altri aspetti della natura, mostrandocela come una realtà caotica, conflittuale ed animata da un primordiale istinto famelico di sopravvivenza.
Herzog, tuttavia, non giudica la scelta di vita di Timothy, che anzi viene ammirato per il fatto di aver trovato la giusta dimensione per la propria esistenza (egli, pur consapevole dei rischio e dei pericoli cui andava quitidianamente incontro, aveva coscientemente deciso di intraprendere questo nuovo modus vivendi, perchè più adatto alla sua intima natura). Il regista si limita a esporci il proprio punto di vista, il quale fa da contraltare a quello del protagonista: l'uno guarda alla realtà (sia a quella dell'uomo che a quella della natura) come a qualcosa che tende alla disgregazione ed al disfacimento; l'altro tende idealizzare il mondo degli animali, ravvisando in esso qualcosa di armonico che viene perpetuamente minacciato e contaminato dalla "bestialità" dell'uomo. Purtroppo l'epilogo di questa vicenda esemplare sembra dare ragione al cineasta tedesco.

Film dall'impatto visivo devastante.
Straordinario il tema musicale di Richard Thompson.

1 risposta al commento
Ultima risposta 03/09/2009 18.22.27
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento goat  @  05/02/2007 22:58:10
   8 / 10
grande documento di indagine di herzog, puntato su timothy treadwell, ma soprattutto sull'interna lacerazione del suo animo, sconvolto e incapace di risolvere la guerra che si svolge al suo interno. una guerra che non riesce a ridurre a unità l'eterna dicotomia della civiltà contro la natura, vista come il luogo in cui ricongiungersi con la pace atavica dell'era pre-industriale e forse anche pre-sociale. merita davvero.

2 risposte al commento
Ultima risposta 06/02/2007 13.53.05
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