hagazussa regia di Lukas Feigelfeld Germania 2018
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hagazussa (2018)

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locandina del film HAGAZUSSA

Titolo Originale: HAGAZUSSA

RegiaLukas Feigelfeld

InterpretiHaymon Maria Buttinger, Aleksandra Cwen, Claudia Martini, Celina Peter, Tanja Petrovsky

Durata: h 1.42
NazionalitàGermania 2018
Generehorror
Al cinema nel Maggio 2018

•  Altri film di Lukas Feigelfeld

Trama del film Hagazussa

Nel XV secolo, Albrun vive nelle Alpi prendendosi cura di una mandria di capre da quando sua madre è morta, vent'anni prima. Un giorno, però, Albrun si rende conto di come nelle profondità del bosco si nasconda una presenza sinuosa che trasformerà la sua realtà in un incubo.

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Voto Visitatori:   5,67 / 10 (15 voti)5,67Grafico
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Voti e commenti su Hagazussa, 15 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR rain  @  01/04/2024 17:08:42
   6 / 10
Ricorda per tantissimi versi il "The Witch" di Eggers, però qui siamo ad un livello molto più minimale, ermetico e simbolico. E se da un lato Feigelfeld (regista e sceneggiatore) è bravo nel creare una buona atmosfera (con l'aiuto di una bella fotografia, di suggestive scenografie e dell'ottima interpretazione di Aleksandra Cwen) dai rimandi esoterici, dall'altro "Hagazussa" risulta un film che, con i suoi tempi dilatati e la parsimonia dei dialoghi, fatica a coinvolgere e a mantenere vivo l'interesse dello spettatore.

BenRichard  @  03/08/2023 13:36:00
   4½ / 10
Eccessivamente lento per potermi piacere. Un film fatto di silenzi, quasi muto, dialoghi ridotti all'osso, non per forza un difetto ma se anche tutto il resto non è in grado di trasmetterti praticamente nulla allora si che lo è. è un film che si concentra sull'atmosfera di totale solitudine optando più che altro ad emanare un senso di inquietudine farcito con alcune scene un po' grottesche e talvolta criptiche. Lo ritengo un altro di quei film capaci di procurarti un bel sonno naturale senza il bisogno di procurarsi della melatonina.

zerimor  @  11/10/2022 13:24:06
   5 / 10
Leggevo di un accostamento di "Hagazussa" a "The VVitch"... ma nemmeno per sogno. Al massimo ne condivide un po' l'ambientazione e gli splendidi paesaggi così come quel senso di solitudine e inquietudine. Purtroppo qui viene a mancare praticamente la sceneggiatura che non è manco abbozzata.
Tutta la prima parte mi è piaciuta un botto perché si avverte sul serio che qualcosa di funesto sta capitando ad Albrun e a sua madre, ma subito dopo la dipartita di quest'ultima si assiste solo ed esclusivamente a una moltitudine di scene criptiche nel più totale delirio.
No, per me non ci siamo.

alex94  @  11/10/2021 15:52:22
   7 / 10
Un esordio veramente notevole,una pellicola che ha più di un qualche punto in comune con "The Witch" a partire dall'ambientazione rurale/contadina per arrivare ai toni cupi con cui la storia è narrata.
Sceneggiatura scarna, pochissimi dialoghi,atmosfera pesantissima e ritmo ( molto ) lento,per una pellicola tremendamente suggestiva e tecnicamente perfetta.
Simbolico,ostico e sicuramente non per tutti i palati.

Beefheart  @  23/07/2021 12:25:57
   6 / 10
Non posso dire che mi abbia schifato e forse nemmeno che non mi sia piaciuto. Forse va lasciato sedimentare, decantare, e forse anche rivisto, per prenderci confidenza e valutarlo con accortezza.
Non saprei nemmeno se la catalogazione horror sia calzante, o se in realtà non si tratti di "semplice" dramma psicologico. E forse, è proprio la sua ambiguità a valorizzarlo, oltre che, certamente, caratterizzarlo.
Di certo, oltre che ambiguo, è molto lento, quasi vacuo.
(Ed a proposito di "lentezza", continuo a chiedermi se sia poi vero che corrisponda a "minimalismo". La lentezza così ricercata ed insistita, il più delle volte, ai miei occhi, assume l'aspetto del fronzolo, dell'orpello, della zavorra e persino della forzatura.)
Ad ogni modo, piaccia o meno, questo è un film abbastanza ermetico, in grado di affascinare, molto suggestivo ed indubbiamente disorientante. Difficile, non immediato, faticoso, disturbante, ma corposo, paradossalmente denso, pregno, non banale e coraggioso.
Dialoghi molto rarefatti, personaggi contati, immagini visivamente sostenibili ma concettualmente estreme, fotografia ed ambientazioni tendenti all'angosciante sotteso.
Un film in grado di cavalcare con eguale disinvoltura, a scelta dello spettatore, sia il filone esoterico che quello del dramma sociale; dunque un film con più significati. Il sovrannaturale che ci viene mostrato in effetti non è poi molto e non ci si potrebbe scommettere, però, anche escluderlo sarebbe azzardato.
Il simbolismo satanico è evidentemente presente nella classica carrellata di vermi, serpenti, caproni e mele tentatrici, ma siamo lontanissimi dall'intrattenimento esplicito e prossimi ad una laboriosa elucubrazione che nasce spontanea - quindi soggettiva - dall'esperienza visiva, sensoriale e psicologica che questo film ci regala.
Mi ha fatto venire in mente Tarkovskij, nel bene e nel male.
Purtroppo la mia innata idiosincrasia per le scene che ritengo eccessivamente allungate e per i tempi eccessivamente dilatati, non me lo fa adorare, ma per bocciarlo, francamente, ci vuole un coraggio - e/o una preparazione in materia - di cui non dispongo.

Jolly Roger  @  04/06/2021 12:58:53
   7 / 10


FORTEMENTE SPOILEROSO E AMMAZZAFILM - SPOILER ANCHE SU THE WITCH

Il comparto tecnico, come molti sottolineano, è impressionate. Il film se la gioca a carte pari con the Witch, forse in alcuni punti è persino superiore: l'insieme di fotografia, ambientazione e regia raggiunge vette magnifiche. Un esempio sono le inquadrature delle montagne avvolte dalle nubi, i rami degli abeti visti dal basso che si incuneano nel cielo e con le loro intricate trame assumono le sembianze di oscure prigioni che soffocano l'anima, le passeggiate lente e zoppicanti nella neve che mi hanno ricordato alcune inquadrature iniziali di The Hateful Eight, il fuoco finale che si accende e si staglia contro le montagne purificando il male che ha impregnato il corpo delle tre donne.
Inquadrature studiate con la ricercatezza degna di un Sorrentino Delle Montagne, che riescono a trasmettere la lentezza e l'immobilità della montagna, la possanza dell'ambiente naturale in cui noi piccoli umani ci muoviamo come pidocchi, come i vermi che si cibano di funghetti, mentre con occhi vuoti ed ebeti - come quelli dei caproni - osserviamo gli eventi che si stringono attorno a noi, condannandoci al rogo, vittime dei nostri peccati.
Vittime del peccato originale, vittime di essere nati da una strega, vittime dell'incapacità di vivere in una comunità accettandone le regole (anche quelle più sbagliate), vittime del continuare a peccare ai margini del villaggio, diventando bersaglio delle angherie e dei fanatismi della plebe.
C'è chi vuole restare ai margini perché è vittima di sé stesso e chi viene posto a margini perché è vittima degli altri. Difficile, spesso, che queste due cose siano totalmente separate; il più delle volte, voler capire se l'isolamento nasca dall'essere esclusi dagli altri oppure da auto-esclusione è come domandarsi se sia nato prima l'uovo o la gallina. Qui la condizione di isolamento della povera Albrun è inziale, è naturale, è "materna", poiché Albrun nasce in questo contesto, cresce in questo contesto, ereditando una condizione di solitudine e di supposta "stregoneria" che appartenevano a sua madre e che si sviluppano in lei come una condizione naturale ed inevitabile. Condizione che non trova via d'uscita né comprensione da parte degli abitanti del villaggio, che ancora di più la escludono e l'additano, le tirano sassi, la insultano, la disprezzano.
E anche laddove ella sembra trovare comprensione ed accettazione, nella figura dell'amica Swinda, trova in realtà soltanto spregevole inganno: la finta amica Swinda penetra nella sua vita come una serpe, come una mela avvelenata, per conquistarne la fiducia per poi approfittarsi di lei, fino a condurla ad essere stuprata da un uomo del villaggio. Come se lo stupro fosse la cosa più normale del mondo: stuprare e uccidere sono un crimine e un peccato, ma non se si stupra e si uccide una strega. In una parola….il male verso i fedeli è un male, ma il male verso gli infedeli non è un male.
Gli infedeli sono bestie: "ti prendono come le bestie…e dopo nove mesi ci si ritrova a cullare un bimbo nato da loro", perciò non un bimbo innocente, ma infedele come loro, bestia come loro. In questa frase c'è un elemento essenziale per capire questo film: da un lato, la doppia morale dei paesani (gli infedeli stuprano, ma la stessa cosa fatta dai paesani ad una presunta strega non è uno stupro). Dall'altro lato, la maledizione, che sembra trasmettersi di generazione in generazione in modo biologico, dove la madre (infedele e strega) trasmette la propria infedeltà e stregoneria alla figlia Albrun, la quale a propria volta passerà questa condizione alla bimba: da notare, infatti, che la bimba piange quando la madre riceve in dono la mela da Swinda…come se la bimba avesse un potere soprannaturale ereditato dalla nonna (della quale porta lo stesso nome, Marta) cioè il dono di percepire il male, di riconoscere i cattivi intenti della paesana Swinda.
Swinda che, in fin dei conti, è la vera strega del racconto, in tutti i sensi: è colei che porta la mela avvelenata, colei che la inganna, che la tradisce. Colei che, a prescindere da tutti i bei discorsi di integrazione, dai favori, dai discorsi sull'infedeltà, si comporta poi nel modo più osceno, non soltanto nel condurre Albrun nelle fauci dell'uomo del villaggio (e qui Swinda agisce proprio come una strega, che porta in dono una bella fanciulla ingenua al Diavolo con le sembianze un maiale, qui rappresentato dal paesano pingue con lo sguardo bramoso e poco intelligente). Ma, soprattutto, tiene lontana Albrun da casa, nel momento in cui il gregge di lei viene devastato dal "gregge" dei crudeli paesani.
E da questo momento in poi, il delirio sopraggiunge nella mente della povera Albrun. Difficile distinguere quanto sia causa del fungo allucinogeno, quanto dalla fame e spossatezza, e quanto sia causa del senso di colpa che tortura la giovane donna. Fatto sta che da quel momento in poi lei acquisirà consapevolezza della cattiveria umana e cercherà vendetta in modo turpe, avvelenando il ruscello che alimenta il paese con un topo morto sul quale piscia sopra, quasi come in un rito satanico (e dopo si vedranno vittime nel villaggio: la vendetta ha funzionato? Forse sì, e certamente non c'è traccia di pentimento nel cuore di Albrun).
Allo stesso tempo, la sua mente viene distrutta dai sensi di colpa. L'essersi abbandonata ai sogni erotici, alla masturbazione, ma soprattutto al rapporto sessuale con l'uomo-verro sembrano scatenare in lei il delirio della colpa: come se incolpasse sé stessa per la strage delle capre, in quanto la ritorsione dei paesani è avvenuta in un momento in cui lei ha colpevolmente lasciato incustodita la casa e si è abbandonata al piacere dei sensi. Quello stesso senso di colpa che a volte provano le donne stuprate: incolpano sé stesse per essersi messe nella condizione in cui qualcuno si approfittasse di loro, anziché incolpare questo qualcuno che di loro si è approfittato.
La mente scossa inizia a vacillare pesantemente: il fungo allucinogeno ha una forma fallica. Lei lo pone sulla lingua e lo assapora, in una scena fortemente evocativa e morbosa. Come se l'allucinazione fisica provocata dal fungo fosse una metafora dell'allucinazione schizofrenica provocata dalle prime pulsioni sessuali inizialmente represse, alle quali poi si è colpevolmente abbandonata venendo meno al dovere di custodire il gregge.
Questa è seconde me l'unica plausibile chiave di lettura del film secondo me: il delirio, la schizofrenia, o meglio ancora: la depressione. Sono convinto che questo film voglia rappresentare, in un'ambientazione medioevale, il male esistenziale più grande: la depressione, vestendolo di stregoneria (qui intesa come maledizione iniziale, come volontà di isolamento, come abbandono lussurioso e come ipersensibilità della protagonista).
Depressione che porta spesso le madri (o i padri) ad uccidere i propri figli, poi ad uccidere sé stessi. Come se i figli rappresentassero una colpa (la bimba è forse nata dallo stupro di un infedele? E' quindi anch'essa infedele?) o un peso (come poter badare ad una bimba quando non si ha più niente nemmeno per sé stessi?) o un fallimento esistenziale (non essere in grado di poter provvedere a loro, quindi ucciderli per evitare loro ulteriori sofferenze).
Senso di colpa, isolamento, stupro, depressione e auto-distruzione.
L'uccisione della figlia rappresenta, nel suo significato più profondo, l'uccisione di sé stessa. Una sorta di cannibalismo: lo stesso cannibalismo mostrato dalla "nonna", dalla madre di Albrun, nella terribile scena in cui, nel letto, la madre annusa il profumo della figlia, quasi a volerla mangiare. Un destino, quello dell'autocannibalismo e autodistruzione, che si trasmette di madre in figlia, quasi come se questa condizione fosse l'unica, inevitabile fine della loro discendenza, fin dall'inizio. Una inevitabile morte scritta fin da principio nel destino della "nonna", protrattasi per discendenza nella figlia e poi dalla figlia alla figlia. Tre donne, congiunte dal loro inevitabile destino: morire, autodistruggersi, eliminare la propria colpa, il loro peccato originale, il loro essere streghe, il loro isolarsi dalla comunità.
Su questo tema del peccato originale si apre un mondo, anche perché il film trae profonda ispirazione, non solo ambientale ma soprattutto concettuale, da The Witch. Nel famoso film, il peccato originale era quello del padre, che, per superbia, pretendeva di essere l'unico a comprendere il significato delle Scritture e, carico di orgoglio, si allontanava con sprezzo dalla comunità. Da questo atteggiamento iniziale si dipanava una serie di conseguenze che avrebbero poi trascinato l'intera famiglia nella disgrazia, portando alla pazzia la madre, alla morte anche i membri più piccini, fino a distruggere lo stesso padre e a portare la figlia adolescente nelle grinfie del Diavolo (o della prostituzione…?). Anche i membri più innocenti, i bambini e la neo-strega, finivano per essere schiacciati dalla macchina delle conseguenze di un peccato originale che ricadeva dal padre ai figli, poco importa se fossero innocenti o meno…perché la colpa si trasmette di padre in figlio, così come il sangue ricade dalle mani dei padri sulle teste dei figli.
In Hagazussa è lo stesso. Nemmeno l'innocenza di una bimba di pochi mesi viene risparmiata dalla maledizione della nonna. Tre donne che si ricongiungono attraverso la morte, che realizza un destino già scritto irrevocabilmente in capo alla nonna: una strega, in quanto isolata dalla comunità, destinata a morire da sola. Un destino di autodistruzione che si concretizza nel cannibalismo della madre nei confronti della propria figlia, come a voler disintegrare la propria sé stessa, ovvero la propria discendenza, sotto l'influsso delle vuote orbite del teschio della nonna e delle allucinazioni auditive in cui la nonna, come una tessitrice, tira le fila del ricongiungimento finale nel rogo.

Chiudo dicendo che Io vengo da zone alpine a spesso faccio gite in montagna. E' incredibile come l'insieme di regia, ambientazione, fotografia e ottime musiche siano riuscite a rendere tetro ed opprimente un ambiente normalmente così bello e gioioso.
Pur considerando tutti i significati ed i pregi detti sopra, il film non può andare oltre il sette – che forse è già un po' troppo: Hagazussa resta un film a tratti eccessivamente lento, pessimista, troppo ermetico e cupo, difficile da masticare anche per i palati più forti. Restano, però, le emozioni che ha trasmesso.

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Fidelio85  @  13/03/2021 13:58:33
   8 / 10
Ottima opera prima di questo giovane regista tedesco.
Splendida fotografia, film molto lento ma che tratta la tematica delle streghe in modo introspettivo.
Film d'autore, protagonista eccezzionale, di questo regista ne sentiremo parlare a lungo.

Fidelio85  @  13/03/2021 13:55:06
   8 / 10
Ottima opera prima di questo giovane regista tedesco.
Splendida fotografia, film molto lento ma che tratta la tematica delle streghe in modo introspettivo.
Film d'autore, protagonista eccezzionale, di questo regista ne sentiremo parlare a lungo.

Febrisio  @  16/01/2021 13:24:39
   4½ / 10
Film autoriale da cui ci si deve allontanare se si è alla ricerca di intrattenimento. Comparto tecnico di ottima qualità. A piccoli tratti atmosfera eccezionale che con regolarità viene interrotta da scene eccessivamente lunghe lasciando lo spettatore privo di attenzione.

topsecret  @  12/11/2020 13:58:43
   4½ / 10
A metà tra The witch - a new england folktale e Hansel & Gretel: manca totalmente l'atmosfera del primo mentre prende la lentezza narrativa del secondo, portandolo a un ulteriore livello di noia e approssimazione.
E' un tipo di cinema che non riesco a digerire: mi annoia, non mi entusiasma e non mi coinvolge.
Apprezzabile l'ambientazione e la prova della protagonista.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR wicker  @  20/09/2020 11:44:47
   5½ / 10
horror low cost , molto lento e criptico , molto riflessivo e onirico .
Pochissimo sangue , pochissimi spaventi ma un'angoscia profonda che piano piano sale e avvolge la storia .
Il primo rimando è sicuramente a The Witch che però aveva una storia coesa,scorrevole e decisamente più intuibile.
Bella la fotografia dei monti , le musiche metalliche e martellanti , le recitazioni teatrali fatte di sguardi che mutano i sentimenti .
Quello che manca purtroppo è un pò la sceneggiatura che poteva essere un pò più filante , meno a blocchi e forse se anche sarebbe stata più banale avrebbe reso il film meno peante . Ad ogni modo seguiamo questo regista esordiente

BlueBlaster  @  18/09/2020 15:54:36
   3 / 10
Purissimo latte alle ginocchia!
Il classico film adatto ai festival per cinefili incalliti che vedono il Cinema più come arte che come intrattenimento...
Nulla da opinare sul fatto che il comparto tecnico (fotografia e scenografie in primis) sia di primissima qualità ma io un film lo apprezzo anche e maggiormente per altri aspetti.
Se vogliamo accostarlo a qualcosa di simile viene subito in mente "The Witch" pellicola molto apprezzata dalla critica di settore e che pure io ho trovato non male ma qui proprio non ci siamo; questo è un film quasi muto ed estremamente lento in cui accade poco.
Non me ne voglia nessuno ma potete pure tenervelo!

jason13  @  16/09/2020 18:55:06
   2 / 10
Un buon sonno...una pesantezza rara, l'ho trovato oltre che noioso privo di ogni interesse.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  06/10/2018 21:09:23
   7 / 10
Hagazussa in alcuni elementi può essere legato a The Witch. Infatti ne condivide il contesto e una certa propensione per il folklore legato a tradizioni pagane. E' un film estremamente rigoroso, quasi austero nella sua messa in scena, caratterizzata da un accentuato minimalismo che pone la protagonista al centro della storia dominata da una natura che sovrasta il paesaggio, evidenziandone la vita dura della montagna nel XV secolo ed inoltre le condizioni di estrema solitudine della sua vita, madre di una neonata di padre ignoto, isolata dal villaggio e addittata, come anni indietro insieme alla madre, come una strega.
Una condizione esistenziale che non trova alcuno sbocco nè da parte dell'autorità religiosa ed ingannata da un'altra donna che si presenta come sua amica, conquistandone la fiducia. I dialoghi sono scarni e gradualmente perdono peso per un viaggio all'interno della foliia della donna che diventa suo malgrado una strega vendicatrice la cui sete di vendetta si abbatte sul villaggio e compiendo atti abominevoli. L'ultimo terzo del film è un vero e proprio viaggio allucinato all'interno della pazzia della donna.
Un film dal ritmo molto lento ma carico di suggestioni che rimandano al cinema espressionista del periodo muto. La Gwen poi offre una prova straordinaria per fisicità ed espressività del suo volto. Un film d'esordio difficile, che poco concede al pubblico, ma allo stesso tempo un lavoro davvero ben eseguito dal punto di vista tecnico. La fotografia del paesaggio, la cupezza dei boschi, nonchè la buona ricostruzione scenografica fanno ben sperare per questo regista esordiente.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  13/09/2018 09:52:15
   7 / 10
Terreno scivoloso quello dell'horror d'autore, ma di eventuali ed imbarazzanti ruzzoloni pare infischiarsene il coraggioso (o folle?) Lukas Feigefeld, regista a dir poco in erba che con "Hagazussa" (termine arcaico di matrice nordica usato per indicare una strega) propone al grande pubblico il suo lavoro di fine corso cinematografico in cui pur rischiando ne esce con le ossa intatte.
La pellicola sorprende per maturità stilistica e per la trattazione di temi decisamente forti attraverso un percorso di intima distruzione, con lo spettro del soprannaturale ad aleggiare sulla protagonista senza però che nessuna domanda abbia risposta soddisfacente. La realtà dei fatti è velata da una dubbiosa sospensione tra stregoneria e superstizioni tipicamente legate a un periodo presumibilmente collocabile nel Medio Evo o giù di lì. La comunità isolata tra le Alpi è poi un altro punto a favore dell' impianto altamente minimalista offerto da Feigefeld, il quale opta per una narrazione fatta di pochissimi dialoghi e situazioni di causa/effetto estremamente dilatate nei tempi. L' ipnotica colonna sonora e la straziante interpretazione della protagonista aggiungono valore e disperazione ad un lavoro che richiede gran pazienza per essere seguito ed eventualmente apprezzato.
Il difetto più evidente è quello di un incedere non sempre drammaturgicamente caricato a dovere, oltre che anestetizzato da alcuni tempi morti di troppo. L'inesperienza del regista si avverte in alcune scene in cui il voler aderire a certo ermetismo non permette il giusto coinvolgimento, anche se la prima parte vanta momenti molto interessanti come la scena del letto, capace di alimentare brividi nella sua estrema semplicità.
Nonostante qualche passaggio a vuoto "Hagazussa" vanta la sua adeguata dimensione tenebrosa e altamente respingente. Un po' come la protagonista chiusa nel suo mondo solitario, vittima di un male che è sicuramente prima umano e poi, solo in seconda battuta, forse di matrice diabolica.

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