hereafter regia di Clint Eastwood USA 2010
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hereafter (2010)

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locandina del film HEREAFTER

Titolo Originale: HEREAFTER

RegiaClint Eastwood

InterpretiMatt Damon, Cécile De France, Joy Mohr, Bryce Dallas Howard, George McLaren, Thierry Neuvic

Durata: h 2.09
NazionalitàUSA 2010
Generethriller
Al cinema nel Gennaio 2011

•  Altri film di Clint Eastwood

Trama del film Hereafter

Il film racconta le storie parallele di tre persone, che in modi differenti hanno avuto a che fare con la morte. George Lonegan (Matt Damon) è un operaio ha una connessione speciale con la vita ultraterrena. Dall'altra parte del mondo, Marie (Cecile de France) è una giornalista francese sopravvissuta ad un'esperienza di vita e morte che ha sconvolto la sua realtà. Quando Marcus (Frankie/George McLaren),uno scolaro di Londra, perde la persona più vicina a lui, ha il disperato bisogno di risposte. Ognuno attraversa una strada per scoprire la verità, le loro vite si intrecceranno, e cambierà per sempre quello che pensano che esista – o deve esistere- nell'aldilà.

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Voto Visitatori:   6,73 / 10 (243 voti)6,73Grafico
Voto Recensore:   8,50 / 10  8,50
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
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Voti e commenti su Hereafter, 243 opinioni inserite

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Kid_Red  @  30/04/2013 15:12:21
   1 / 10
Veramente orrendo. Uno dei film più brutti mai realizzati. Matt Damon bravo attore ma sprecato per un orrore del genere.

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Ultima risposta 30/04/2013 15.18.58
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Blutarski  @  10/09/2012 13:10:19
   5 / 10
Diciamo subito come la penso: non è il suo genere, stimo il maestro quasi ciecamente ma diciamo le cose come stanno o come penso che stiano, il genere non fa per lui e il suo approccio da casi umani, da "i fatti vostri" (si non chiedetemi perchè la mia mente malata mi ha fatto partorire il paragone con il programma di magalli ma il film me l 'ha fatto venire in mente) è francamente poco digeribile, un concentrato pesante di emotività e irrazionalità. Eastwood probabilmente nel tentativo di dare spessore, realismo e credibilità alla schiera di quelli che credono e sostengono ad occhi chiusi l'esistenza della vita dopo la morte e l'esperienze di premorte che suggeriscono il contatto con l'aldilà, riesce incredibilmente a svuotare il film di qualsiasi senso del mistero e affabulazione che più si addicono secondo me alla descrizioni di certe sensazioni e situazioni (del resto chiunque di noi nella vita crede di aver avuto delle esperienze del genere, anche banali, a meno che non si tratti di qualcuno che ci crede veramente tutti i giorni, le riporta più cone suggestioni/emozioni improvvise e spesso inspiegabili). Tralasciando poi il gioco di storie che convergono che francamente è uno schema che mi ha anche un po' stufato, il film sembra francamente un pelino ruffiano e di parte! Non discuto tecnicamente il film, sia chiaro, ma sono anche stufo di queste rappresentazioni dell'animo umano sempre in cerca di un segno dall'aldilà, non vorrei dire baggianate ma se è vero che tutti ci sperano non è ovvio che tutti ci credano. Specie chi cattolico e religioso non è. Non sono del tutto convinto quindi sulle buone intenzioni del maestro, ma devo dire che una caduta su certi argomenti c'era anche da aspettarsela.

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Ultima risposta 12/09/2012 22.37.02
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movieman  @  21/07/2012 02:22:35
   5 / 10
Un film deludente, sopratutto se si pensa che il regista è Clint Eastwood. Tre storie apparentemente collegate, che finiscono per intrecciarsi nel finale. Espediente usato in molti film e romanzi ma che qui non è stato sfruttato appieno. Tre storie francamente noiose, dove il tema della morte viene banalizzato enormemente. Attori inespressivi, e a peggiorare le cose quasi mezzo film in francese con sottotitoli. Film vuoto, senza anima.

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Ultima risposta 21/07/2012 09.38.55
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  04/07/2011 08:57:09
   6½ / 10
L'ultima fatica di Clint Eastwood non mi ha pienamente convinta.
L'intreccio di tre solitudini e di tre vite non è un'idea poi così originale, lo abbiamo visto in Babel, Crash... .
A parte questo sono d'accordo con molti sul fatto che il racconto sia portato avanti in maniera delicata, malinconica, poetica; ciò però non toglie che ci sono vari tempi morti (soprattutto nella sottotrama che ha per protagonista la giornalista francese) e lungaggini eccessive, il tutto però nel rispetto di una regia sobria ed elegante.
Bravo Damon, un attore che con il tempo pian piano inizio ad apprezzare.

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Ultima risposta 04/07/2011 09.01.07
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guidox  @  29/05/2011 21:17:11
   6½ / 10
un film globalmente da sufficienza piena, che però è solo una media della continua oscillazione fra il 5 e l'8 che ho percepito per tutto il film.
alcune cose da applausi, altre a mio avviso banali: l'inizio e il finale (ok, non è originale, ma l'intensità c'è tutta) le metto nelle cose da preservare, le varie storie con le loro vicissitudini e l'intreccio che le fa convergere non mi convincono..e sulla divisione a tre episodi...che dire, dopo Amores Perros mi era già venuto a noia anche Inarritu.
p.s. magari non c'entra una cippa, ma mi è venuto in mente 7 km da Gerusalemme; pensavo a come sarebbe venuto fuori col comparto tecnico di questo Hereafter.

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Ultima risposta 05/06/2011 18.19.32
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videovicenza  @  18/05/2011 12:03:54
   8 / 10
SUPER-CLINT FOREVER! QUEST'UOMO MI FA IMPAZZIRE,SPERIAMO VIVA CENT'ANNI! QUESTO E' UNO DEI FILM CHE MI HANNO COLPITO DI PIU'....IL SUO MESSAGGIO E' CHIARO ED IO CONCORDO QUASI IN TOTO!
EMOZIONANTE,COMMOVENTE...LA SCENA DELLO TZUNAMI E' FOTONICA!
ATTORI PERFETTI,REGIA DOC!

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Ultima risposta 18/05/2011 12.08.54
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pieroscoop  @  09/05/2011 00:09:33
   3½ / 10
Mamma mia che noia, film inconsistente, mai mi sarei aspettato sto piattume.

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Ultima risposta 05/06/2011 20.39.30
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elmoro87  @  04/04/2011 09:25:36
   8½ / 10
Tutti i fanatici pseudo apprezzatori del cinema d'arte si squagliano sulle indecifrabili e incomprensibili opere di Lynch, asserendo che quel tipo di cinema è arte e non tutti la capiscono... Io ho le mie vedute che non vi sto a spiegare, anzi lo potete ben vedere se leggete il mio commento su Inland Empire; io nel mio modesto parere penso che QUESTO FILM sia ARTE!!!! Un arte ben comprensibile da tutti, un'opera maestosa di Clint Eastwood e passata fin troppo in sordina come molti dei suoi film ultimamente... Questo film è poesia allo stato puro, un film commovente e profondissimo che ti trascina nel limbo tra la vita e la morte, ti fa vedere cosa Clint, un burbero cowboy di 80 anni pensa ci sia nell'aldilà, costruito con i guanti di una fata... Bellissimo, nient'altro da dire...

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Ultima risposta 19/04/2011 18.20.35
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Lestat89  @  23/02/2011 17:15:53
   9 / 10
davvero un film meraviglioso, non riesco a capire questa media che non supera neanche il 6 , e neanche perchè non sia stato candidato agli oscar , un film che ci fa riflettere sulla morte e sulla vita, ho apprezzato anche matt damon , grande clint non mi deludi mai ;)

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Ultima risposta 02/03/2011 08.56.20
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SoMagic91  @  20/02/2011 16:37:51
   7 / 10
Il tema fa riflettere. Consigliato.

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Ultima risposta 21/07/2012 02.26.01
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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  18/02/2011 20:41:23
   7½ / 10
La morte è 'ancora' tabù.
Come fa a spaventare l'unica cosa che accomuna ogni essere umano e che, è certo, arriverà prima o poi?
"Hereafter", molto sensibilmente, si chiede questo e molto altro; sta a noi farne poi un bilancio. C'è qualcosa di straordinario in questo film, non so se l'incredibile pacatezza di toni o la grande umanità con cui vengono descritti i personaggi. Senza andare troppo per il sottile, però, Eastwood sembra suggerire l'idea che possiamo parlare con i morti, basta trovare il veggente giusto, e questo non mi è piaciuto perché oltrepassa la linea del distacco, così come la possibilità di scrivere un libro basandosi non solo sulla propria esperienza 'sovrumana' ma anche sulle testimonianze top secret sgraffignate in un ospedale.
Ci sono pagine di struggente bellezza (mai visto un cataclisma naturale rappresentato con tanta realistica virulenza; stupenda la caratterizzazione del personaggio della Howard; felice l'omologazione spiritista alla "Ghost" anche perché, sullo schermo, come si può mai rappresentare l'aldilà?il tran tran quotidiano di due bambini più maturi della loro età e la commovente odissea di uno di loro) che si alternano ad altre francamente irritanti (la passione per Dickens; la plastificata illusorietà di un ospedale tra le montagne; il cinismo dei media; la retorica seduta finale tra il veggente e il bambino).
Eppure è un film che lascia un profondo senso di accettazione, un dolore catartico che passa attraverso il vivere dei protagonisti. Sta proprio qui il maggior interesse di un film per certi versi irrisolto, nella descrizione di come sia possibile venire a contatto con una perdita e di come riuscire a farsene una ragione. Ogniuno ha il suo modo, ma il "Hereafter" dà la possibilità di rifletterci su.
Mi ha colpito molto, mi ha urtato, mi ha emozionato, mi ha infastidito, mi ha impaurito, mi ha dato speranza.
Bravi tutti gli interpreti. Nonostante qualche falla, lunga vita a Clint!

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Ultima risposta 20/02/2011 13.15.11
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TheSorrow  @  16/02/2011 18:05:47
   8½ / 10
Una perla di rara bellezza, l'ultimo lavoro di Clint Eastwood.l'uomo "che ha solo 2 espressioni" sembra,con l'avanzare della vecchiaia, arrivare a porsi sempre più domande interiori.La sua immensa delicatezza sta però nel non voler assolutamente elargire facili o banali risposte,in modo da poter facilmente quietare gli animi altrui, nè nel far propri il buonismo o la mielosa astuta lacrimuccia, ma semplicemente nel voler stimolare lo spettatore, con contenuti e immagini caratterizzate da una forza quasi "umana", incontrollabile, che perfora la corazza esterna e arriva direttamente al cuore, nonostante Clint sia narratore distaccato, freddo e lucido osservatore dei fatti.Dopo Gran Torino, un altro Clint con gli occhi di chi si interroga sulla società che lo circonda, sul domani, sul proprio io:in oche parole con gli occhi di uno qualsiasi.figuriamoci se uno come lui va a farlo con superficialità!!

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Ultima risposta 08/01/2015 18.52.17
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Edredone  @  01/02/2011 13:50:11
   7 / 10
Bel film per gli amanti di 'la vita oltre la vita' ....

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Ultima risposta 06/02/2011 19.20.00
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Satyr  @  28/01/2011 21:19:15
   6 / 10
Dopo aver visto l'ultima fatica di Eastwood mi vien da pensare che a Hollywood, passato Inarritu e l'oscar a Crash, se non fai un film con tre storie che si intrecciano non sei nessuno. Ma forse certi scheletri narrativi basati sull'opera corale vanno lasciati a chi li sa manovrare. Oppure vanno affrontati con sceneggiature ben più solide visto che qui c'è tanta forma ma poca sostanza.

Pessima veramente la storia della francese per un ruolo che non sta in piedi, stracolma di clichè quella del bambino - anche se poi, con un bambino l'applauso bene o male lo strappi sempre - salvabile e quantomeno coinvolgente quella di Matt Damon - il conflitto interiore, il dramma di esser visto solo e unicamente come un semplice tramite, il lucro rappresentato da un familiare avido e incapace di guardare a un palmo dal propio naso - ma è davvero troppo poco, credevo si mirasse molto più in alto, mentre il profilo dei caratteri tirati in ballo il più delle volte risulta quasi ingenuo. Ok l'idea di racconatre la sofferenza di chi resta e di farlo con un film intimista, però manca qualcosa, nonostante sia un'opera molto delicata tutto mi è sembrato abbastanza superficiale.

Lo stile classico unito alla naturalezza immancabile nel cinema del vecchio Clint salvano in parte il mio giudizio, tragedie come lo tsunami o le bombe nella metro di Londra vengono inglobate alla perfezione e la figlia di Ron Howard insieme a Damon regalano 20 minuti di grandissimo cinema nell'unica sequenza che vale davvero la pena ricordare, o che perlomeno rimane impressa nella memoria. Peccato che il suo sia un personaggio minore destinato a scomparire subito dalle scene.

Sicuramente è un film che rivedrò, spesso con Eastwood ho bisogno di un paio di visioni per apprezzare fino in fondo, mi è successo anche con Gran Torino ma li eravamo su ben altri livelli. Questo dubito che avrò modo di rivalutarlo.

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Ultima risposta 29/01/2011 00.53.05
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Noodles_  @  25/01/2011 11:43:36
   10 / 10
Dieci tutta la vita (e anche oltre…)!
Un'emozione continua, dal primo all'ultimo fotogramma, dalla prima all'ultima parola. Sono uscito dal cinema sconvolto, come non ricordo mi fosse MAI capitato prima. Vedo in media quasi un film al giorno, e questo in un colpo solo li ha spazzati via tutti. Lento? Noioso? Soporifero? Questa non è lentezza, questa è intensità. Non è la lentezza vuota, spocchiosa e autocompiaciuta di che so, un Bertolucci (chiedo scusa ai suoi fan, sarà un mio limite, ma non sono mai riuscito a vedere un suo film fino alla fine), questa è una lentezza vibrante, profonda, piena di tensione e umiltà, di chi ha tantissimo da dire, e lo dice come meglio non si potrebbe. Non un film sull'aldilà, ma sui sentimenti di chi sopravvive. Incontri che devono avvenire, ed avvengono, frasi che devono essere dette, e vengono dette (lettere che non ci devono essere lette, e così è…). Tutto con una delicatezza incredibile, con una sapienza nella scelta dei tempi e delle parole, delle situazioni e dei personaggi che mi hanno toccato veramente il cuore. Due ore VOLATE, al termine delle quali mi sono ritrovato esausto, frastornato, profondamente commosso.
E' il secondo dieci che do, e anche se lo sto votando a caldo, non ho il minimo dubbio a riguardo.
Mentre provo una grande tristezza, mista a delusione, nel vedere la media su questo amato sito.


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Ultima risposta 29/01/2011 20.21.30
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Tom24  @  23/01/2011 21:30:16
   6 / 10
Sembra quasi un film di Muccino.

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Ultima risposta 27/01/2011 23.30.40
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rob.k  @  22/01/2011 23:09:55
   3 / 10
Clint, clint, sant'iddio cosa combini? Dopo dei gran film perchè hai creato 'sta roba? Farebbe addormentare anche dopo aver bevuto un litro di caffè. Tre storie che dovrebbero intrecciarsi, invece non si intrecciano affatto se non negli ultimi secondi, e non appassionano per niente, neanche una su tre... Il tutto assolutamente vuoto, il tema della morte è trattato malissimo, che peggio non si può, tutto ridotto a qualche visione stereotipata e a presunti medium. Finale insulso, come tutto il film.

Volevo dare 4, ma abbasso di un altro punto per l'ASSURDA scelta di fare un terzo del film in francese! Cosa c'è, lo sciopero dei doppiatori? Se voglio vedere un film in francese, mi compro un DVD in francese o vado in un cinema che proietta in lingua originale. Se pago il biglietto vorrei almeno che il doppiaggio fosse completo.

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Ultima risposta 28/02/2011 12.22.29
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alexdiaman  @  21/01/2011 15:02:19
   2½ / 10
Pessimo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Che delusione mi aspettavo un filmone ma è un filmino da buttare

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Ultima risposta 24/01/2011 12.38.31
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  20/01/2011 22:40:31
   8½ / 10
"Here-After", letteralmente: "Qui e Dopo". La vera sorpresa di questo film è che si parla molto poco di aldilà mentre ci si sofferma sul "dopo" di chi rimane "aldiqua", sia esso uno scampato da una immane catastrofe (la giornalista di France 2), sia esso un bambino che ha perso il suo fratellino, sia essa una mamma che non si rassegna alla perdita della figlia piuttosto che il marito roso dai sensi di colpa dopo la perdita della moglie.
Dopo un grandioso inizio di stampo spielberghiano (forse l'unico vero momento del film in cui il produttore di Eastwood ha messo veramente bocca insieme al socio di sempre Frank Marshall), il film prende una piega del tutto inaspettata, muta decisamente ritmo e si preoccupa di mostrarci tutta la sospensione psicotemporale che l'elaborazione del lutto provoca in chiunque sia passato per un'esperienza di profonda perdita. E proprio nell'alternanza tra i ritmi concitati che coincidono con i momenti del trapasso e la esasperante lentezza della quotidianità più banale, spesso da riempire come si può (anche con un improbabile corso di cucina italiana) che si gioca la profondità del film di Eastwood. Qualcuno ha criticato il finale: attenzione, l'happy end dell'iperbole scelta dagli sceneggiatori è solo apparente; il protagonista forse per la prima volta cessa di avere visioni certe riferite ad altri per entrare in quella dimensione onirica nella quale immaginiamo quel che ci piacerebbe ma che non è affatto detto che si concretizzi realmente. Non sapremo mai come andrà il loro incontro perché la realtà -come la morte- è conoscibile solo da chi la vive al momento e sfugge tanto ai "guardoni dell'aldilà" come ai sognatori dell'aldiqua. Ma guai a non porsi domande su cosa ci aspetta dopo, così come guai a rinunciare ai nostri sogni!
Un film dunque non sulla morte -che qui viene trattata serenamente come dato oggettivo da accettare e basta, anche nella sua brutalità- né sui riti che accompagnano chi se ne va crecando di consolare e di far continuare a vivere chi resta -tutti trattati con estrema delicatezza, bellissima la scena del funerale cattolico del bambino cui si alterna un rito presumibilmente indiano- ma su ciò che la morte provoca intorno a sé. Eastwood, che sta usando la sua vecchiaia come una seconda opportunità di giovinezza creativa, non ha alcuna paura di mettere in scena il dolore quotidiano che insidia e rode svuotando di senso le giornate in attesa di darne un altro non appena la ferita è sufficientemente rimarginata da permettere a chi ne è colpito di rialzare la testa e di riaprire il cuore: per questo il film può risultare insopportabile. Perché è tremendamente vero e sincero.
Una pellicola che si ama o si odia, che non ammette vie di mezzo esattamente come la vita e la morte.
Ottima la regia (come sempre), ferma la direzione degli attori, tutti ben in forma. Una nota di merito a Cécile de France la cui bellezza e bravura "bucano lo schermo", esaltate dalla provvidenziale assenza di doppiaggio che ci permette di apprezzarla in pieno. Ma toccante è anche Matt Damon e soprattutto sono i fratellini con la loro mamma davvero alla deriva. Così come terribile è l'arrivista e materialone personaggio del fratello di George, perfetto esempio di mercificazione della nostra società che ha completamente bandìto la morte dalla vita rendendoci tutti sempre più impreparati a elaborare i lutti che ci colpiscono. Grande lezione umana, prima che di cinema, Clint! Alla salute dei tuoi quasi 81 anni!

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Ultima risposta 23/01/2011 02.36.27
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patt  @  19/01/2011 23:47:27
   8½ / 10
Probabilmente sto rinco.glionendo anche io appresso a Clint e a Kater, perchè è raro che un film mi commuova senza sentirmi derubata da facili sentimentalismi.
Dopo aver letto i vari commenti mi ero quasi rassegnata alla possibile delusione.. e poi la morte, ma come la racconti? E invece proprio così, semplicemente la sfiori con la vita. Con questo coraggioso tema Eastwood conferma la sua grande capacità di "filmare" il senso profondo delle cose senza clamore e quasi sottovoce arriva sempre a toccare le corde giuste. Anche il finale a me è piaciuto, non l'ho trovato affatto affrettato.

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Ultima risposta 24/01/2011 12.26.31
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Larry Filmaiolo  @  18/01/2011 18:54:41
   6 / 10
non posso non dare la sufficienza perchè il primo quarto d'ora di film è veramente ben fatto e molto realistico. Per il resto mi è sembrato che la tematica venisse affrontata non banalmente, ma con una certa nonchalance di fondo, quasi a voler dire "ok, è un film sulla morte, ma chi può dire in realtà cos'è la morte?" Secondo me Clint avrebbe dovuto prendere posizione. Invece qui c'è una critica velata di tutto e un elogio velato di tutto, e non mi è stato trasmesso un vero e proprio messaggio. Il film non mi è sembrato nemmeno noioso come molti hanno scritto. Anzi le immagini mi sono passate davanti agli occhi senza lasciarmi dentro nè noia nè piacere: poco spessore. Strano.
Ribadisco che Damon dovrebbe limitarsi a film d'azione e che come sensitivo non è neanche lontanamente credibile.
Il finalino stucchevole rischia l'insufficienza ma do un 6 di stima...Clint ci avevi abituati troppo bene

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Ultima risposta 07/03/2011 09.59.37
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  16/01/2011 19:42:47
   8 / 10
Più che un film sul quesito dell'esistenza e della natura dell'aldilà (quesito assolutamente irrisolvibile), è un film sull'impatto che ha questo concetto sulla vita delle singole persone.
Non si tratta quindi di trattare razionalmente di un tema vecchio quanto l'uomo (e il film non ha nemmeno questa pretesa), quanto piuttosto di rendere nella maniera più fedele e intensa possibile l'animo, la sensibilità, le emozioni di cui ha avuto contatti con la morte.
Le varianti che Eastwood ci illustra sono tre: chi ha avuto esperienza diretta ed è arrivato proprio sull'orlo estremo di queste evento supremo e senza ritorno, chi ha subito una perdita irreparabile e non riesce a farsene una ragione, chi riesce a sentire e a portare a galla negli altri le tracce profondissime di perdite fondamentali nella propria vita.
L'impianto stilistico è di natura classica. Le storie oltre a essere individuali e normali, servono soprattutto a rappresentare le idee del regista. L'accento non è quindi sulla fedeltà al reale delle storie ma sulla semplicità e immediatezza nella trasmissione del messaggio e nella reazione da provocare in chi guarda. Il finale deve o trasmette un'idea, un concetto che permanga forte nell'animo dello spettatore (vedi "Gran Torino") o dare una conclusione che sia una speranza, uno sprone a non perdere la speranza di migliorare la propria vita (il lieto fine di questo film). E' uno stile che può piacere o non piacere, ma bisogna riconoscere che Eastwood oggi come oggi è uno dei pochi che riesca a creare opere convincenti e coinvolgenti usando questo stile.
Il segreto è nel coinvolgimento diretto dello spettatore nelle storie dei personaggi che si vuole raccontare. Fra tutte, secondo me, la più riuscita è quella di George, quella meno convenzionale e più intimista. Il paradosso del personaggio sta nelle conseguenze del suo "dono" speciale, le quali non sono come si può pensare positive (fare soldi, avere successo, essere utili all'umanità) ma assolutamente negative (non avere una vita "normale", tranquilla e serena e rapporti ordinari con gli altri). La conseguenza è una terribile solitudine, il rinchiudersi in un guscio, lo scappare via. Il cinefilo conosce già molto bene questa situazione, in quanto ritratta magistralmente da Cronenberg in "La zona morta". Probabilmente George riesce in qualche maniera a portare a galla quello che le persone sanno già dentro nel proprio animo, ma che non hanno il coraggio di realizzare da sole. Non sempre questo "aiuto" è il benvenuto. Nella nostra vita è più quello che rimoviamo che quello che affrontiamo a viso aperto.
Anche la storia della francese famosa e nota, ci rivela l'illusorietà degli aspetti materiali della propria vita e la profonda solitudine di chi decide di vivere sinceramente e "contro corrente". Anche la storia del bimbo rivela l'abisso di solitudine e vuoto che causa la realtà avversa, il destino crudele. Sono storie molto più comuni di quanto si pensi.
Per tutti Eastwood ha voluto riservare alla fine una consolazione, una speranza, una spinta a combattere e a continuare nonostante tutto. Questa scelta ha le vesti di un finale affrettato, decisamente forzato e quasi incomprensibile. Peccato, è l'unico punto veramente debole del film. Del resto Eastwood se n'è fatta una questione di principio. La sua opera finale deve servire a contrapporre alla marea di pessimismo e nichilismo la "vecchia" fiducia nei sentimenti e negli atti umani; chi se frega se la propria opera è semplicistica, poco approfondita, consolatoria, il messaggio di fiducia nell'Uomo (con la U maiuscola) deve passare davanti a tutto.

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Ultima risposta 31/01/2011 10.46.30
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DaniTNT  @  15/01/2011 19:59:30
   8½ / 10
Leggendo i commenti mi aspettavo molto peggio..

Veramente un gran bel film invece, molto toccante a tratti..

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Ultima risposta 15/01/2011 21.36.01
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dagon  @  15/01/2011 15:28:26
   7 / 10
Ci sono dei registi che sono talmente (e, spesso, giustamente) venerati che, per ogni film che sfornano, si parla -a prescindere- di capolavoro, soprattutto da parte della critica. In realtà, a mio avviso, mettere sullo stesso livello film palesemente di diverso valore, finisce con sminuire il valore stesso di quelli più riusciti ed importanti. Parlare di "capolavoro" per film come Invictus ed Hereafter che, nella filmografia recente Eastwoodiana, sono senz'altro tra i meno riusciti, significa, appunto svalutare automaticamente opere come "Lettere da Iwo Jima" o "Mystic River" o "Gli spietati".
"Hereafter" non è male, anche se non mi ha completamente soddisfatto: non certo per l'approccio low-key o per il ritmo "placido", ambedue caratteristiche frequenti del cinema di Eastwood (che per me, nel suo caso, sono grossi pregi) bensì perchè, alla fine, mi è parso un film irrisolto.
Il tema della morte e della possibile vita dopo la morte è probabilmente molto sentito dal regista e, in questo senso, sotto la coltre dell'apparente "neutralità" dell'osservazione, dispensa invece molte (troppe?) certezze su un argomento che di certo, in realtà, ha poco.
In ogni caso, essendo Eastwood, appunto, un regista che semina nei suoi film comunque elementi interessanti, il film comunque mi ha intrigato anche se, ripeto, mi è sembrato non "risolversi" completamente nel finale, oltre a lasciarmi l'idea che altri aspetti si sarebbero potuti approfondire di più.

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Ultima risposta 15/01/2011 16.37.51
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endriuu  @  15/01/2011 13:56:39
   4 / 10
Ma clint ma che stai a fà ? ripiate. gia invictus era sciapo ma questo è proprio un aborto,manco sembra che l'hai fatto tu. E poi leva quel ******** di damon dai tuoi film.

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Ultima risposta 15/01/2011 14.07.41
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folco44  @  14/01/2011 00:20:43
   10 / 10
Questo è il film della saggezza di Clint. E se la saggezza da questi prodotti, ben venga per tutti i registi !!
L'aldilà anaizzato da un punto di vista rigorosamente laico, con i personaggi che non sono solo dotati di sensi paranormali, ma soprattutto sono capaci di vedere il bene che sta dentro le persone.
Tecnica raffinata cura maniacale dei particolari, musica appropriata, oltretutto, scritta da lui.
10 è più del voto che avrei effettivamente dato, lo do ovviamente per alzare la media abbassata da gente a cui piace solo film d'azione.

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F. Moro  @  13/01/2011 18:35:50
   4 / 10
Guardate i primi 09 minuti e 20 secondi, poi andatevene. Trama che non si sviluppa, dall'adrenalina riesce a passare totalmente alla sonnolenza. Fatti e misfatti che si intrecciano in maniera del tutto stupida e surreale, colonna sonora che non oserebbe sentire nemmeno uno che fa Yoga. Sembra girato negli anni '30, ma la botta vera e propria arriva col finale (vedi spoiler). Il film ci prova ma non cresce, evitatelo se nel profondo del vostro cuore vi volete ancora un pò di bene.

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Ultima risposta 18/01/2011 09.42.18
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  @  13/01/2011 10:03:07
   8½ / 10
Bello ma poco elaborato, un ottimo file fotografico grezzo della serie Raw anziché jpg, con un altro giro elaborativo sarebbe stato un capolavoro, sopratutto nello scorrimento...

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Ultima risposta 25/01/2011 10.24.07
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Flavietta2  @  12/01/2011 22:53:56
   8½ / 10
Ed eccoci allìultima fatica del caro buon Clint. Sono stata una settimana a pensare cosa dovevo scrivere e che voto dare e forse non sono capace di spiegarmi a parole in modo giusto.
Hereafter segna un cambiamento per Clint. Non è più l'eroe, non c'è più il personaggio che solo sfida il mondo, ci sono solo tanti umani, rinchiusi nei loro mondi, nelle loro speranze,dolori, paure...soprattutto paura della morte. qualcosa d'inspiegabile che ci avvolgerà; può essere il nulla, la luce, la felicità,questo non possiamo saperlo, ma nella nostra vita sempre appare e noi dobbiamo affrontarla. Così un bambino perde il suo unico sostegno, lo cerca, ma la religione, la negazione di essa, come anche la magia, non sempre danno le risposte che si cercano. Sono pur sempre frutto dell'uomo, un uomo che non può comprendere pienamente la vita, figurarsi della morte. Poi c'è colei che "torna" dalla morte, come in una nuova vita, dove nessuno la capisce, nessuno l'ascolta. Forse nessuno vuole sapere la verità, la vuole apprezzare. Infine colui che vorrebbe vivere, ma viene perseguitato da una realtà ultraterrena che non vorrebbe che gli appartenesse.
Umani....solo piccoli umani spauriti e dubbiosi. Tre modi di reagire alla morte, tre modi di vivere. Così un bambino, una donna e un uomo, imparano a camminare da soli, si rialzano e continuano a vivere, anche se la paura, il dolore e tutto ciò che la morte provoca nell'animo umano, li scuote nel profondo.
Un film che non può che avere degli stereotipi, perchè ciò che non si conosce non può che averli, ma che, pur con elementi sovrannaturali, racconta la vita e la sofferenza umana. Ma non tralascia la speranza, non per quell oche ci sarà, ma per quello che ora c'è. Un fortuito caso, un autore immortale riporterà alla vita.
Un argomento così particolare non poteva essere trattato in maniera più delicata di questa: le musiche, la regia, il volto di Cecile de France sono alcuni degli elementi che segnano quello che è un lavoro della maturità Eastwoodiana. Il giovane eroe è sparito, rimane solo un uomo con le sue domande, il suo vago pessimismo, con poche risposte, forse nessuna...ma lo spiraglio di luce c'è e la vita continua.
anche se presenta punti abbastanza forzati e poco approfonditi (come l'eplosione per esempio) rimane un bel film che nella sua lentezza riesce a trasportare lo spettatore in un vortice di situazioni e emozioni.
Bello.

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Ultima risposta 03/02/2011 15.15.41
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  12/01/2011 15:53:38
   8 / 10
"Hereafter" è un film magnifico.
Non parla davvero della morte e dell' "aldilà": parla piuttosto delle perdite e delle "cose rimaste in sospeso". Ma anche questi, in realtà, sono poco più che spunti narrativi per parlare delle solitudini dell' "aldiqua" - e del bisogno di amore.

Le vicende dei personaggi possono sembrare esili? poco interessanti? Ma sono molto più interessanti, invece, di quanto lo sarebbero intrecci "forti" o "originali" in superficie: tanto più belle e più vere mi appaiono le sfumature interiori dei personaggi, ciò che di essi ci viene svelato da momenti riusciti e intensi per scrittura, interpretazione e direzione degli attori veramente notevole. "Hereafter" è un film intimista.
(Ho apprezzato tanto più il tono "minore" e "minimale" di questo film, quanto più sono abitualmente scettico verso il massimalismo non troppo privo di retorica - secondo me, anche se di una retorica "asciutta" - dei film sin troppo osannati di Eastwood. Non sbagliava per nulla, qualche giorno fa, Lietta Tornabuoni - scomparsa l'altroieri - a menzionare Carver, in merito a questo film).

Tutti i personaggi, prima di perdite luttuose (che non tutti hanno), vivono una condizione di SOLITUDINE INTERIORE. Questo, su cui si concentra la splendida sceneggiatura di Peter Morgan, è un soggetto centralissimo dei nostri tempi. Forse, è - o dovrebbe essere - "IL" soggetto più importante, dei nostri tempi.
Sotto la superficie delle nostre relazioni affettive e delle nostre frenetiche attività quotidiane, professionali e personali, si spalancano vuoti in cui i nostri bisogni affettivi, di condivisione di noi stessi e delle nostre esistenze, non trovano interlocutori, o, peggio, scoprono nelle persone cui facevamo affidamento un'assenza di condivisione, una carenza di disponibilità a comprenderci e seguirci nella nostra più profonda intimità.
E' ciò rappresenta, al suo cuore, la vicenda della francese Marie.
Analoga l'esperienza di George, splendido personaggio tratteggiato con delicatezza da Matt Damon: cuore solitario, e con un fratello che rappresenta la punta di iceberg di un mondo che vede la sua "dote" come una possibile (ma illusoria) via per sedare il senso di solitudine e i rimorsi che circondano le perdite e i lutti. E lui frustrato dall'essere strumento, mero "ponte".
Il personaggio più bello è forse quello di Melanie, una Bryce Dallas Howard quasi struggente. Tale è l'intensità con cui trasmette il bisogno di superare la sua solitudine sentimentale, che tanto più fa male poi fare i conti con il suo dolore e la sua ferita nascosta, che si oppongono come un muro sulla strada della sua serenità.
La vicenda di Marcus, in cui echeggiano lontane reminescenze KenLoachiane, scaturisce da una condizione di disagio sociale ed esistenziale (vedere alle prese con essa, "dickensianamente", un ragazzino, non può non toccare emotivamente). Marcus è un ragazzino precocemente solo, privato dalla vita prima del padre, poi di un fratello gemello, e poi pure della madre che le viene sottratta da quei tremendi servizi sociali britannici che Loach ci ha insegnato a temere con tremore. (A lui Eastwood concede qualche tocco di precoce maturità morale che rimanda ad alcuni personaggi adulti positivi di altri suoi film).

Queste vicende lontane e irrelate, vengono rapidamente strette tra loro in un finale cui alcuni rimproverano dei difetti: una improbabilità casistica che ne farebbe un esempio di film costruito a tavolino, lontano dalla realtà, e pure anche un tono eccessivamente consolatorio che la butta in salsa melensa, vicina a un "La vita è meravigliosa" di Capra.
Ebbene, per me il finale non depotenzia affatto il film.
Il caso, dicevo; la "casistica".
Intanto, la connessione conclusiva delle tre storie è improbabile soltanto nell'ottica di chi considera l'improvvisa connessione drammaturgica di tre storie sommamente semplificativa, finalizzata solo a chiudere un film e una tesi.
Non la vedo così. Si dovrebbe ragionare "a converso": partire dalla fine, dove le 3 vicende si sono incrociate, e considerare poi che di esse si è voluto seguire linearmente lo sviluppo "ex ante". Niente allora di più normale.
Storie affini si incrociano - o, più spesso, si possono incrociare (ma non lo fanno, sfiorandosi solamente e mancando l'incontro) - sotto i nostri occhi, quotidianamente.
Le nostre solitudini hanno una matrice comune, e siamo assai prossimi, gli uni agli altri, più di quanto le nostre sofferenze (che ci dividono) ci portano a credere.
Ma per accorgersi di questa prossimità, occorre effettuare scelte: fermarsi a cogliere opportunità. E poi lavorarci sopra. E, se si tratta di incontri, occorre che la disponibilità sia di entrambi. Più comune lasciarsi sfuggire le opportunità, più comune avere paura o scarsa disponibilità.
Probabile che la disponibilità invece ci sia, e sia reciproca, quando a incontrarsi sono due come George e Marie, accomunati da esperienze analoghe (non le esperienze "paranormali": ma le esperienze di solitudine in cui si sono - a causa di quelle - ritrovati). E si badi che il loro è un finale aperto, in cui è lasciato allo spettatore immaginare un determinato "esito felice" - che in realtà sarebbe solo un illusorio inizio - e che vediamo soltanto nell'immaginazione di George.

Il finale di questo film ci vuol dire dell'importanza di ciò che quotidianamente trascuriamo.
Quello che consideriamo "caso" e che nasconde potenzialità immense. Nel film stesso, il rifiuto di queste potenzialità ci è stato mostrato esplicitamente dal personaggio di Melanie.
Molte scelte non le compiamo, molti incroci restano irrisolti, perché trascorriamo attraverso le nostre esistenze A OCCHI CHIUSI, senza essere esercitati a riconoscere i sapori... (Ecco che scopro il senso di una sequenza che diventa di colpo significativa, quella in cui occorre riconoscere i sapori a occhi chiusi alla scuola di cucina! non può essere un caso, è in affinità con le suggestioni più forti che comunica il film).
Molti più "casi" sapremmo riconoscere, insomma, e destini simili ai nostri incrociare, se riuscissimo a essere meno racchiusi in noi stessi, e scettici verso le opportunità che appunto il "caso" ci può offrire.
Viviamo con uno scetticismo quasi innato, proporzionale alle nostre disillusioni/delusioni e alla carenza di attenzione per la dimensione interiore.
Dimensione interiore e spirituale che è l'unica entro cui può alimentarsi la nostra felicità, senza assolutamente per questo aver bisogno di tradursi in forme religiose o credulità consolatorie nel trascendente.
Il razionalismo dominante dei nostri tempi ha inibito nella società occidentale la capacità di vivere in maniera soddisfacente la dimensione spirituale, ed ecco allora che essa cerca (e si illude di trovare) sfogo in forme di credulità che pretendono una dimostrazione immanente della dimensione metafisica: una richiesta contraddittoria che è solo lo specchio di un'insoddisfazione latente.

Di tutto questo "Hereafter" parla, forse mancando di districarsi appieno nelle trame del "paranormale" (ossia di quella che ho chiamato pretesa contraddittoria di una "dimostrazione immanenete della dimensione metafisica") insito nella dote posseduta da George.
Soprattutto tale dote, ma anche l' "esperienza" fatta da Marie, sono (quasi) meri pretesti: ma sono un po' troppo concreti per non "pesare" eccessivamente sulla delicatezza d'insieme.

"Hereafter" resta comunque per me assai felice, importante, e soprattutto mi appare un film da sviscerare, ricco di stratificazioni e suggestioni non immediate. La complessità con cui si confronta è tale che non tutti possono cogliere il senso di suggestioni che possono quindi essere male intese - e questo può essere da altri considerato un limite di una pellicola ostica e meno "piana" di quello che appare. Per me, invece, questo è un motivo di valore, di cui gli altri (anche i migliori) film di Eastwood erano privi: essi mi si presentavano sin troppo "squadernati" e espliciti nei loro "messaggi" sin dalla prima visione. Il che priva secondo me un'opera di quel "mistero" che fa venire desiderio di rimirare e contemplare un'opera d'arte mai sazi: è stato uno dei motivi per cui sinora non ho avuto modo di apprezzare davvero Eastwood come "autore" di cinema. Troppo didascalico: carico di suggestioni immediate, povero della capacità di lasciarmi risonanze interne anche dopo la visione.
"Hereafter" è a mio avviso il suo film migliore.

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Gioyest  @  12/01/2011 10:25:56
   1 / 10
Inutilmente lento, pesante, insistente, subdolo, questo film ben farcito di oggetti di culto con il logo ben in vista, sembra voler sostenere a tutti i costi con una "certezza scientifica" una visione post-mortem suffragando con ciò il cliché delle maggiori religioni monoteiste. Ne esce un'immagine di un'umanità angosciata dalla vita, in cerca di un mezzo-medium per stabilire un contato con il supposto mondo dei morti.
E' un film brutto, benché curato nella fotografia e nel montaggio ed offensivo per qualsiasi tipo di orientamento spirituale, dall'ateo al bigotto.

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Ultima risposta 13/01/2011 14.17.50
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  11/01/2011 14:53:19
   7½ / 10
Sostengo in pieno l'opinione di Kater. Il film di Eastwood ha l'intensità emotiva di una poesia, perché il regista ancora una volta accarezza con sguardo soffice le vicende di tre solitudini e, con la purezza che lo contraddistingue, ci narra in modo quasi ingenuo ma realistico momenti di tre vite in trasformazione.
La morte e l'aldilà sono solo il pretesto, rappresentano il punto di partenza di una scelta di vita radicale e coraggiosa per i tre protagonisti, tratteggiati in modo superbo da Eastwood. Bravo nell'esprimere in modo semplice ma emotivamente forte il senso di vuoto, il disorientamento che colpisce chiunque abbia sperimentato lo strappo lacerante, conseguente la perdita di una persona cara.
Molti commentatori si sono lamentati della lentezza soporifera del film, ma quando mai?
Il ritmo è lo stesso di altre opere di Eastwood ed accompagna coerentemente l'inquietudine crescente; semmai un appunto avrei da farlo al finale, che confesso ha smorzato gran parte del pathos provato durante l'intera proiezione.
Il finale di un racconto è importante e per questo l'avrei preferito meno standardizzato. Questo finale sembra quasi dare credito alle parole dell'editore francese quando dice alla giornalista francese che un testo sull'aldilà può interessare solo il mercato americano, come se per gli Americani non potesse esserci finale migliore di questo.
Solo per la delusione di un finale forzato, abbasso il voto, che altrimenti sarebbe stato ben più generoso.

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Ultima risposta 13/01/2011 14.39.30
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Gruppo STAFF, Moderatore Kater  @  10/01/2011 23:37:30
   8 / 10
E' certo che sto invecchiando e, come vedo molti pensano anche di Clint, mi sto un pò rin********ndo, quindi è probabilmente quest'ultimo il motivo che mi fa vedere Hereafter come un film pieno di poesia.

Sarà che non ho ceduto alla tentazione del crederlo un film sull'aldilà; in realtà l'aldilà mi è sembrato perlopiù un pretesto per parlare "dell'aldiqua", per parlare del vuoto che lascia la morte o la visione di essa, della dolorosa solitudine che proviamo quando ci lascia chi ci è caro, dell'idea che la visione di un aldilà, esista o meno, ci possa cambiare la vita.

Niente, nel film, parla in realtà della vita ultraterrena; è tutto invece molto terreno, come la disperazione della madre che vuole mettersi in contatto con la figlia morta, del marito che vuole risentire la moglie ancora schiacciato dal senso di colpa di aver amato un'altra durante la sua malattia, della figlia nella quale riaffiora un dolore rimosso, mai risolto, alle parole del padre pronunciate da Damond. Questo perchè la morte interrompe i legami lasciando senza risorse, senza risposte, soli di fronte a se stessi con tante domande inespresse a non sulla morte, bensì su di sè.

"vivere a contatto con la morte non è vivere" dice Damond, che in realtà si rifiuta di essere il tramite tra le persone e ciò che sentono in loro incompiuto, di essere visto solo come un mezzo e non come una persona. L'eccezione sarà per il caparbio ragazzino solo, che forse gli ricorda le dimensioni dickensiane che tanto ama, fatte di solitudine ma anche di speranza.
Il contatto vero avverrà con chi sa che potrà capirlo, perchè come lui conosce l'esistenza della morte e la sua trasformazione, che a questo punto non è più barriera ma diviene condivisione ed elimina la necessità di dover spiegare ciò che in realtà è inspiegabile.

Non è la morte, ne la vita oltre la morte, ma il vuoto che la morte lascia l'argomento del film, anche per chi la morte non l'ha vissuta ma solo sfiorata, un vuoto che ognuno cerca di colmare come può.

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Ultima risposta 25/01/2011 20.58.16
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  10/01/2011 20:54:36
   6 / 10
Imbalsamato a sostegno di una precisa tesi, Hereafter non si colloca certamente tra i film meglio riusciti di Eastwood, e questo non può che dispiacere per chi apprezza lo stile del regista.
Stile che nemmeno qui è venuto meno, sia chiaro, ma quanta prevedibilità e quanto meccanicismo con emozioni ad orologeria nelle tre storie che mescola: la nota giornalista che si accorge che la fama non la mette al riparo dal rischio di veder spezzata improvvisamente la sua vita con buona pace di chi le sta accanto; il bambino dal musetto triste, uguale uguale a quello del sesto senso, che caparbio rompe gli indugi del medium, il quale a sua volta è l'unico non ciarlatano tra i tanti che speculano sul dolore, non capendo noi perchè proprio lui no e gli altri sì, se non che dobbiamo credere a quel che vediamo lì.
La parte scientifica, per così dire, è affidata alla dottoressa atea, come ci tiene a ribadire, che da scienziata non può non indagare sulla similitudine dei racconti di chi “torna in vita” e unica su tutti, dà credito alla giornalista di cui sopra, facendo trapelare come una sorta di complotto sia in atto a nascondere la realtà di queste esperienze.
Sembra tutto già predisposto, tutto programmato e questo stride enormemente in un film che parla della Sconosciuta per eccellenza e perfino un happy end va a banalizzare ulteriormente quello che già era scontato ed emotivamente costruito.
Ha ragione da vendere Clint, e non si può non essere d'accordo con lui, quando sostiene che la morte è il grande tema tabù dei nostri tempi, tema da esorcizzare e che provoca fastidio se non vera e propria ostilità verso chi lo tocca, però certamente il modo che ha scelto di affrontarlo non può che dividere nettamente tra chi crede vero tutto quello che vien mostrato e chi perlomeno si riserva di non sapere se lo sia: per i secondi non c'è non storia, né viene instillata riflessione, e non credo manchi per superficialità d'approccio o rifiuto a farla.
Rimane allora solo lo stile, sempre asciutto e curatissimo nella sua apparente semplicità (e questo è un valore indubbio, ma qui la semplicità paga pegno), e la prima scena, cinematograficamente notevole, l'unica che ha avuto la forza di rimanermi impressa.
Il sei è di rispetto.

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Ultima risposta 27/01/2011 19.03.54
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  10/01/2011 11:05:03
   5½ / 10
A fine proiezione, uscendo dalla fila L della sala 9 del Multiplex, un pelato con la camicia si lascia sfuggire una curiosa considerazione: "Clint Eastwood s'è rincogl.ionito!".

Proviamo a pensare ai motivi di quest'insulto gratuito verso un artista pluripremiato ma soprattutto pluriottantenne (e quindi pretenzioso di rispetto):
- Perché dipinge l'Aldilà con i soliti fasci di luce e sagome indistinte;
- Perché si rimane inarriditu a vedere come si intrecciano le tre storie;
- Perché fare il figo con Dickens strizzandoci l'occhio di continuo fa molto clima natalizio, peccato che manchino 350 giorni al Natale;
- Perché c'è tanta forma ma poca sostanza;
- Perché la storiella del sopravvissuto ad una catastrofe naturale poi folgorato sulla via di Damasco (roba che nemmeno San Paolo Brosio...) sinceramente lascia l'amarognolo in bocca (soprattutto se parla in francese);
- Perché questa volta sembra quasi che voglia far piangere a tutti i costi, ma non gli riesce;
- Perché Matt Damon in quel ruolo è ridicolo, che torni a giocare a rugby o a sparare ai russi ( право ?);
- Perché tutte e tre le storie sono straordinariamente banali (il bimbu frignone con la madre tossica, la donna abbandonata dal compagno poi dal lavoro, il sensitivo in conflitto con sè stesso);
- Perché il personaggio più interessante che dà lo spunto per una riflessione veramente eastwoodiana sta in scena 20 minuti appena (mi riferisco alla figlia di Richie Cunningam).

La verità invece è semplice: come potete fidarvi di un pelato con la camicia?

Clint ci ha semplicemente voluto dimostrare che l'uomo perfetto non esiste, che anche lui può sbagliare (apposta eh) e che dovrebbero alzare le pensioni.
Per questo gli metterò un'insufficienza, perché è quello che vuole lo zio d'America e di tutti noi. Lunga vita a Eastwood.

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Ultima risposta 22/01/2011 02.05.42
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  09/01/2011 14:11:59
   8½ / 10
Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa. 99

A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta; 102

però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto. 105

Omai sarà più corta mia favella,
pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
che bagni ancor la lingua a la mammella.

Non perché più ch'un semplice sembiante
fosse nel vivo lume ch'io mirava,
che tal è sempre qual s'era davante;

ma per la vista che s'avvalorava
in me guardando, una sola parvenza,
mutandom' io, a me si travagliava. (Dante, Commedia, Paradiso XXXIII)

Umana indagine di un occhio che guarda alla Morte, con Hereafter conosciamo la Morte.
"Lei ha conosciuto la Morte".
L'Inesprimile, l'Inconoscibile nel Cinema.
Al di là che Clint Eastwood sia riuscito o no in un intento che ancora non so spiegarmi, l'effetto ha del maestoso. Per questo l'ho paragonato a quelle terzine, che non fanno che ripetere, con appunto meraviglioso effetto, la loro sconfitta. Parlare di Dio, della Morte.
Penso che il cinema americano più di tutti stia cercando di allargare un campo strutturale della sua indagine. Se in poesia era "parlare", nel cinema è "vedere". Per questo l'inquadratura di un vacuo occhio azzurro è figurale di un'Arte che sta cercando il suo Argomentum, il suo campo d'indagine. Il Cinema sembra lasciarci questo messaggio: basta raccontare storie. E se il superbo e commovente finale di questo film dichiara la sconfitta di questo intento, lodiamo comunque Clint di averci provato, e Damon e la splendida De France ad averlo reso così bello, e continuamo a sperare che questa rivoluzione avvenga.

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Ultima risposta 11/01/2011 20.12.44
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gringo80pt  @  08/01/2011 11:05:35
   8 / 10
Impossibile dare l'insufficienza, vista la fotografia spettacolare e vista anche la musica di sottofondo che accompagna la visione di ogni scena. Matt Damon offre una prestazione piuttosto buono ed ogni personaggio è ben curato nel suo ruolo.
Film che non addormenta mai, film che ti mette un'ansia impressionante, film interessante sin dal primo minuto.
Il finale purtroppo lascia un pò di amaro in bocca e rovina un voto altissimo.

SI PUO' FARE DI PIU', MA TREMENDAMENTE ORIGINALE

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Ultima risposta 09/01/2011 01.17.24
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anthony  @  08/01/2011 10:38:18
   9 / 10
Premio Clint Eastwood; premio il suo infinito coraggio, premio la volontà di andare oltre i canoni accademici del cinema hollywoodiano (fancùlo a te, mezza calzetta di uno (pseudo)produttore che corrispondi al nome infausto di Spielberg..), premio la sua disarmonia armonica imperante in questo Hereafter; premio la classicità mai impostata di ogni sua opera matura (e non..); premio la scelta di puntare assiduamente su una sola Star "di punta" e di arricchire la pellicola di attori alle prime armi o quasi: i due gemelli Franck e George Mclaren sono superlativi a dir poco nella loro parte..etc..
Snobbatissimo in patria e non solo..mi accingo a premiare la pellicola forse più ingiustamente sottovalutata della carriera di Mr. Eastwood; invisa ai più per cause di forza maggiore..magari uno schema o un'impostazione discostate dai canoni classici..o forse un 'tema' che, per una volta grazie a JoJo, non viene affrontato con superficialità o mera 'spettacolarità'..oppure (chissà!) ci si aspettava un'ennesima rivisitazione del canonico 'ospedale per minorati mentali aventi visioni allucinogene'..
..Sta di fatto che, grazie a JoJo, Clint si guarda bene sia dal trasformare il 'suo' Aldilà in un calderone di professorini con cùlo attaccato allo scientista e pragmatico 'aldiqua'..sia di sfornare un'atona leccornia per allodole clericali e oscurantiste.
Un film, questo Hereafter, stupendo! Dalla regia, alla direzione degli attori, all'intreccio congeniale tra le varie..'situazioni'..per passare all'ottima sceneggiatura; colonna sonora quieta, inebriante..mai ingombrante o tappafalle; una bellissima fotografia.

JoJo si guardi sempre dal farci venir meno il grande Clint: ce n'è ancora un gran bisogno.


PS1: Si dice (rumors) che tra Clint e Spielberg ci sia stato un acceso diverbio a causa di talune scelte 'improprie' (non Hollywoodiane?) dello stesso regista californiano: W Clint! (e JoJo che ce lo preserva!).

PS2: Clint, dal 07 Dicembre 2010, è impegnato nelle riprese del suo nuovo film.

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Ultima risposta 08/01/2011 23.43.01
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Francesco83  @  07/01/2011 23:16:47
   4 / 10
Non bello, anche se non paghi.

Dal grande Clint e da una collaborazione con Spielberg mi sarei aspettato un lavoro confezionato meglio, con qualche spunto innovativo, ma purtroppo non è stato così.

Due ore di puro polpettone melodrammatico con intrecci appena apprezzabili e del tutto sterili. Buona la fotografia, sufficiente la prova di Damon, musiche alla lunga monotone.

Peccato per il buon incipit.

Autentico scivolone sulla cacca di Clint.

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Ultima risposta 11/01/2011 15.30.17
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BADLANDS72  @  07/01/2011 16:51:45
   7 / 10
tema difficile, difficilissimo. clint lo affronta con delicateza, realismo e assoluta onesta. lui non da risposte, non propone certezze, cerca di entrare nella psicologia di 3 persone coinvolte per un motivo o per l' altro con l' aldila', attraversa la loro solitudine, l'indifferenza della gente nel rapportarsi con loro. il film parte decisamente bene, coinvolge al punto giusto, poi pero' si perde un po'. concordo con chi afferma la debolezza di 2 storie su 3, cioe' il vero film sembra quello di matt damon, straordinario interprete e storia coinvolgente, mentre le altre due vicende, pagano la lentezza e non soddisfano a pieno, forse anche per i due interpreti che gioco forza non hanno il grande talento di damon. paragonarlo a due capolavori come gran torino e million dollar baby e' increscioso, il grande clint non puo' sempre fare il miracolo. resta comunque un buon film, dal tema scottante e difficile, che alla fine vale la pena di vedere

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Ultima risposta 07/01/2011 17.04.10
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Riks  @  07/01/2011 14:15:57
   3 / 10
Dopo i primi 20 minuti ero convinto che avrei visto un filmone, peccato che il film era finito lì; la pellicola prosegue infatti per 1.50h senza altri sviluppi, con tanti dialoghi soporiferi senza senso e personaggi senza ruolo. Si rimane sempre in attesa di una svolta che aggiunga un po' di pepe alla storia senza che questa arrivi mai, nemmeno alla fine. Grande grande delusione...

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Ultima risposta 07/01/2011 16.57.51
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Podo  @  07/01/2011 12:10:38
   6½ / 10
Film non a livello di quelli precedenti ma comunque interessante....
Mi aspettavo sicuramente qualcosina in più dal mitico Clint ma ne è valso il biglietto!!!
Mi chiedo se la decisione di creare un film il cui argomento principale è la MORTE e il credere così intensamente ad una VITA OLTRE LA MORTE non sia dovuto al fatto che il regista, avendo compiuto 80 anni, sia consapevole dell'avvicinarsi di quell'evento di cui tutti tanto temono!!!

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Ultima risposta 07/01/2011 13.49.44
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Invia una mail all'autore del commento abacab  @  06/01/2011 00:52:33
   8 / 10
C'è chi grida al "capolavoro" e chi come me lo giudica comunque un ottimo film,recitato e diretto benissimo,che non sposa nessuna tesi e anzi rimane rispettosamente senza spiegazioni e senza suggerire certezze su di un tema come la morte e l'esistenza o meno di un aldilà o di una vita dopo la morte.
Ciascuno di noi ne darà una sua lettura.Spaventosamente realistica la scena iniziale dello tsunami.Bellissimo e intenso lo sguardo e il viso di Cecile De France per tutto il film,vittima incompresa di aver vissuto la morte in prima persona anche se per qualche minuto.
Di certo il film affascina,scuote,commuove e fa riflettere e all'uscita dalla sala ci si sente migliori di come ci si sentiva prima di entrare e per me questo è quanto basta per meritare il prezzo del biglietto,anche se il film vale molto di più.
Buona parte della colonna sonora firmata da Clint è un simil-Rachmaninov,se non proprio l'originale -Adagio sostenuto- del concerto per piano e orchestra n°2.Chi ha orecchie più fini delle mie mi darà conferma... :)
Il film è da vedere assolutamente.Soprattutto atei e miscredenti potrebbero trovare nelle infinite,ancora sconosciute potenzialità della mente unama,spiegazioni alle tematiche del film.Da non perdere.L'ennesimo grande Clint che amiamo.

4 risposte al commento
Ultima risposta 07/01/2011 23.21.43
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Cinema is Dead  @  06/01/2011 00:14:00
   5½ / 10
PICCOLO APPUNTO

Protesta per le continue e francamente scandalose pubblicità di marchi e aziende che ormai vengono sparate a ripetizione con le modalità più beceramente gratuite e visibili, ancora più sconce nel momento in cui riempiono un film di Eastwood già finanziato da una major colossale come la WB. Nell'ordine:
Google (4 volte), Virgin Atlantic, Blackberry (4 volte), Emerson, Apple, Youtube


TECNICA

-Regia a là Eastwood, buona qualità e costante attenzione al dettaglio.
-Fotografia ineccepibile e curata.
-Colonna sonora sufficientemente in tema.
-Ambientazioni molto curate.
-Scenografie ricche e calzanti.


CONTENUTI

-Attraverso l'elemento fictional della vicenda l'opera è incentrata interamente sull'aldilà e sulle possibilità umane di concepirlo filosoficamente e di poter comunicare con esso. Questi sono i contenuti e qui iniziano i problemi.
-La realizzazione visiva del mondo dei morti si limita a ricalcare lo stereotipo abusato del mare di luce dove si muovono incerte le figure sfocate dei defunti nel consueto brusio di suoni indistinguibili e ovattati mentre le sedute medianiche di comunicazione con i defunti (dopo un fulmineo contatto di mani con solito effetto scossa) sono prigioniere di uno stile semplicistico da quiz televisivo vero/falso, dove sembra che l'unico fine del regista in tali rappresentazioni sia dimostrare a tutti i costi allo spettatore quanto George (Matt Damon) sia dotato e bravissimo nell'indovinare descrizioni di persone e situazioni passate con profusione di ogni dettaglio materiale.
-Colpisce di contrasto l'assoluta penuria di dialoghi e riflessioni articolate che riflettano l'importanza concettuale di temi cosmici quali appunto la morte e ciò che ad essa seguirà. Sfortunatamente tutto ciò rimane in stand-by sullo sfondo con la mera funzione strumentale di accompagnare la vicenda fictional attraverso appunto un ''setting tematico'' inusuale e affascinante.
-La piattezza e l'incosistenza di una sceneggiatura blanda ed esile può essere riassunta impietosamente dall'unica (e francamente superflua) descrizione dell'aldilà: ''Qui puoi essere tutto, non c'è forza di gravità, è f!go ''
-Le tradizionali concezioni atee e religiose dell'aldilà sono appena abbozzate in particolare tramite il ridicolo e pretestuoso siparietto dei due video di youtube nei quali una sorta di autorità religiosa cristiana e uno pseudo imam snocciolano dieci secondi di slogan precotti.


STORIA E INTRECCIO

-La struttura è classica e caratteristica di un certo cinema moderno: l'intreccio parte con ordine presentando uno ad uno personaggi che non si conoscono e le loro storie in luoghi diversi e si risolve incrociandone i destini e le vicende. A differenza dello specialista Inarritu e dei suoi mirabili intrecci (Amores Perros e Babel) Eastwood non sembra completamente a suo agio:
il filo conduttore tematico e comune è, come abbiamo visto, un'anemica rappresentazione della morte e dell'aldilà, ma il film è strutturalmente troppo semplice ed abbozzato nelle singole trame e troppo forzato e sbrigativo negli incroci tra esse e negli snodi di sceneggiatura. Come se ciò non bastasse tutta la vicenda deraglia clamorosamente nella parte finale a Londra, quando si ha la netta impressione che la costruzione dell'inreccio non sappia più dove andare a parare in funzione di un interaction tra i personaggi sempre più farlocca e di un happy ending tanto fulmineo quanto inspiegabile e contraddittorio. Che l'amore a prima vista abbia rotto l'incantesimo? Suvvia.
-Non convince pienamente la casualità forzosa nell'incrocio delle vicende dei personaggi con lo Tsunami del 2004 e gli attentati nella metro di Londra del 2005. Tali tragedie appaiono infatti svuotate, decontestualizzate e sfruttate in funzione puramente scenografica al fine di colpire lo spettatore con agganci diretti (e gratuiti) alla realtà cronachistica.


PERSONAGGI E SITUAZIONI

-La psicologia e l'interiorità dei personaggi è poco approfondita, mentre nonostante delle buonissime prove attoriali le caratterizzazioni degli stessi per quanto di certo soddisfacenti e funzionali sono buoniste e monolitiche, mai sfumate nemmeno una minima sindacale da una qualche lontana parvenza di ombra o mezzo tono:
George è bello, bravo, modesto, buono, sensibile, comprensivo e maturo.
Marie è bella, ricca, sicura, in carriera, determinata e vincente.
Marcus è bello, povero, dolce, tenero, adorabile, simpatico e testardo.

Il film appare poco riuscito anche nel tratteggio manicheo e completamente privo di sfumature delle situazioni nel contesto dei nodi di sceneggiatura:
-nella vicenda di Marie si passa da una rosea vita di successo fatta ovviamente di carriera, potere, soldi, amore tutti simultaneamente legati e presenti ad una di caduta dove nel giro di una giornata tutto quanto sembra sparire di colpo e senza momenti di transizione (vedi le patetiche scene della rottura con il collega al ristorante o delle visioni durante il programma televisivo) prima della fulminea risalita fatta appunto di nuovi successi, nuove e lussuose suite d'albergo e nuovi amori.
-nella vicenda di George la struttura non cambia: tutto appare tranquillo fino alla delusione amorosa (ridicola e potenzialmente trash la scena in cui la splendida gnocca che lo aveva ovviamente puntato al corso di cucina gli salta dapprima in casa con evidenti intenzioni di predazione sessuale per poi mollarlo in tronco dopo cinque minuti ed eclissarsi nel nulla, e non vi dico per cosa) al telefonatissimo licenziamento e alla definitiva insofferenza verso il suo dono che lo porteranno in seguito a cercare appunto la riscossa, che anche in questo caso avverrà puntualmente e con pieno successo entro pochissimo.


ALTRE CONSIDERAZIONI

-Incomprensibile l'insistenza (o forse comprensibile solo alla luce del marchio Blackberry in bella mostra) sul cartellone pubblicitario con il volto sorridente di Marie vs odiata collega come squallida metafora del suo successo nella vita.
-Scene del corso di cucina (ennesimo stereotipo del panzone italiano tutto simpata, pastasciutta e opera lirica) inutili e assurdamente dilungate con velati ammiccamenti sessuali se vogliamo anche fuori luogo.
-Spettacolarizzazione dello tsunami in evidente computer grafica non certo essenziale o necessaria ai fini del film.
-Discreta colonna sonora di pianoforte con l'unico difetto di apparire puntualmente a sottolineare e suggerire i momenti più commoventi.


CONCLUSIONE
Hereafter punta altissimo ma spara a salve.
Il film non è affatto brutto o fatto male anzi risulta tecnicamente ben realizzato (regia e fotografia molto buone), forte di efficaci prove attoriali e piuttosto riuscito in ambientazioni ed atmosfere. Fallisce clamorosamente nei parametri che più di tutti ne giustificano la realizzazione e l'esistenza e nei quali dunque più di tutti non doveva fallire: profondità nell'analisi dei contenuti, spessore della sceneggiatura, caratterizzazioni e struttura dell'intreccio.
Dunque un lavoro a mio parere potenzialmente buono ma troppo superficiale nell'approfondimento tematico e troppo disunito nella struttura, che complici la lunghezza sopra la media e la lentezza della messa in scena legate ad una narrazione pedante e irrisolta si rivela una visione dall'incedere pesante e farraggioso che lascia un grande senso di incompiutezza.

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Ultima risposta 21/01/2011 23.19.58
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