hunger regia di Steve McQueen Gran Bretagna 2008
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hunger (2008)

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locandina del film HUNGER

Titolo Originale: HUNGER

RegiaSteve McQueen

InterpretiMichael Fassbender, Liam Cunningham, Stuart Graham, Lalor Roddy, Liam McMahon, Laine Megaw, Brian Milligan, Helena Bereen

Durata: h 1.41
NazionalitàGran Bretagna 2008
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2012

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Trama del film Hunger

Il film racconta della rivolta attuata nel carcere nordirlandese di Maze all'alba degli anni Ottanta, quando i detenuti dell'IRA, per costringere il governo inglese a dargli lo status di prigionieri politici, diedero prima il via d uno sciopero dell'igiene e successivamente, per iniziativa di Bobby Sands, ad uno sciopero della fame che portò alla morte dello stesso Sands e di altri nove detenuti.

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Voto Visitatori:   7,21 / 10 (67 voti)7,21Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
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Voti e commenti su Hunger, 67 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

DogDayAfternoon  @  29/05/2016 16:20:41
   6 / 10
Esordio eccellente dal punto di vista tecnico per Steve McQueen (che con un nome così non poteva far altro che cinema); fotografia e regia sono di gran qualità, ma vi viene forse posta fin troppa enfasi: un piano sequenza lungo 5 minuti di un uomo che lava per terra, per quanto bene possa essere fatto son pur sempre 5 minuti di un uomo che lava per terra, scena della quale non riesco proprio a trovarci il significato. Oppure un altro piano sequenza di quasi 20 minuti, anche questo eccellente soprattutto in quanto a interpretazione, tra il protagonista e un prete, con un dialogo estremamente prolisso e pesante, senza alcuna emozione. Eccezionale comunque la prova di Fassbender.

Tirando le somme, una volta constata la capacità del regista e degli attori, resta poco altro di interessante in questo film che ho visto in maniera totalmente distaccata, senza nessun coinvolgimento nonostante una storia che aveva tutte le carte in regola per attrarmi.

Adatto soprattutto ad un pubblico di esteti, chi cerca contenuti ne rimarrà almeno parzialmente deluso.

4 risposte al commento
Ultima risposta 30/05/2016 15.01.01
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aladino77  @  21/12/2014 13:31:42
   4 / 10
Brutto, lezioso, compiaciuto: non basta una tematica così seria e cruda per fare un buonn film

2 risposte al commento
Ultima risposta 21/12/2014 15.14.20
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david briar  @  27/12/2013 17:21:57
   6 / 10
All'esordio cinematografico,il brittanico Steve McQueen sembra già un regista più che navigato.Fra immagini forti e silenziose,spesso violente e anche disgustose,un lunghissimo e impeccabile piano-sequenza e momenti di routine dei personaggi,dimostra una certa sicurezza nel mostrare quello che vuole come vuole,ed è difficile fargli qualche critica dal punto di vista estetico.

Forse il problema di "Hunger" è proprio questo.Le immagini che ci vengono presentate sono impeccabili ma non riescono a coinvolgere,manca l'emozione,il film è avvolto da una freddezza allucinante che ci tiene distanti,è un cinema "d'autore" che cerca di colpire,ma non colpisce mai,ripetendo sempre le stesse immagini in modo stucchevole.Il dialogo centrale è riuscito,ma è facile aggrapparsi a quello per dare una morale e un senso alle scene precedenti e successive,secondo me non basta.
Fassbender è bravo,ma chi parlava di interpretazione epocale voleva solo farsi notare,comunque se la cava.

Un film scarno,nudo,con poca sceneggiatura.So che voleva essere proprio così,ma a me non è piaciuto e non mi ha lasciato niente,non sono mai sicuro della sincerità di queste operazioni.Raggiunge la sufficienza per regia,tecnica e recitazione,ma mi aspettavo molto di più.Spero che McQueen sia migliorato con "Shame,sembra un film più nelle mie corde...

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Ultima risposta 27/12/2013 22.08.02
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  12/05/2012 17:05:08
   8 / 10
Nessun dubbio che Hunger sia un film destinato a lasciare un'impronta indelebile nello spettatore. E' talmente rigoroso nella sua essenza da suscitare impatti differenti, nel coinvolgimento totale o l'asettico realismo della finzione. L'ottimo McQueen confeziona un'opera monolitica che esprime con una serie di gesti (le nocche delle mani insanguinate di una guardia e l'abluzione con l'acqua) di rumori di fotogrammi brevi o immagini incisive (la messa davanti ai volti indifferenti ma Cristologici dei prigionieri) un clima violento e opprimente che appartiene purtroppo alla storia recente di una democrazia occidentale.
Discorso analogo per la parte centrale (1/4 di film) dalla lunghezza spropositata, ovvero la visita del prete a Bobby S. - o magari anche la voce dell'ineffabile Iron Lady.
Davanti alle giuste rivendicazioni in un contesto politico che avvertiamo molto più vicino a noi di quanto siamo disposti a credere, il film supera di gran lunga il narcisismo demagogico di tanti film del genere.
Tecnicamente superbo, lontano anni luce dal sensazionalismo di facciata di un'opera nostrana come Diaz, brilla di luce propria anche davanti alla sperimentazione di un cineasta che cita Bresson senza saperlo, o quando ricorre alla mdp fissa che immortala un movimento verticale nei corridoi del carcere. C'è indubbiamente una buona dose di compiacimento visivo, soprattutto nell'epilogo finale à la Nick's Movie (cfr. Wenders) riscattato cmq. dalla prova fisica di Fassbender, uno dei pochi attori in circolazione in grado di incarnare la tipologia spirituale dei suoi personaggi, oltre il glamour della sua immagine divistica

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Ultima risposta 01/06/2012 19.18.03
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  11/05/2012 17:16:52
   7½ / 10
Condivido quello che ha scritto atticus.
Ho adorato i silenzi di questo film, McQueen e Fassbender si rivelano vincenti in questo campo; la sofferenza è un sentimento fisico, ma anche interiore. Lo si percepisce nel corridoio che viene pulito dagli escrementi, all'aperto con la neve e in modo evidente nell'ospedale.
Ho adorato decisamente meno il dialogo; botta e risposta che stonano col resto, prete e Sands che rigirano sui stessi discorsi. Sia chiaro, a livello recitativo quel piano sequenza è straordinario, da voto 9, ma a livello di contenuti il voto è 5.

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Ultima risposta 01/06/2012 19.14.55
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  03/05/2012 16:52:09
   5 / 10
Mi vedo costretto a iniziare questo articolo rievocando dati e contesto storico durante il quale si svolsero i fatti raccontati dalla pellicola. Per cui segnalo che ci troviamo nell'Irlanda del Nord, a cavallo tra il 1980 e l'81. Do risalto alle oltre 3000 persone che furono uccise durante i cosiddetti "disordini" nordirlandesi creatisi dal 1969 in poi, e richiamo l'attenzione sui risvolti politici (perché quello che accade nel film è tutto vero) di cui furono protagonisti i terroristi dell'IRA.

L'obbligo di inserire una prefazione informativa è motivata dal fatto che Steve McQueen decide di lavarsi le mani in merito all'universo storico-politico, affidando a fredde didascalie su sfondo nero gli avvenimenti, e rivelando fin da subito l'intenzione di mettere in scena un lento processo disumano di logoramento fisico. Convinti che la strategia del Blanket and dirty protest fosse quella giusta da adottare in risposta ai silenzi e alle reticenze governative, le condizioni nelle quali si ritrovarono a vivere i prigionieri NON politici furono quanto di più sporco e bestiale si riesca a pensare. Ri-uniti come un insieme di rivoli pisciosi, i comuni criminali attuarono lo "sciopero dello sporco" come strumento di rivolta all'interno del carcere di Maze: così facendo confluirono in un unico ideale di rivolta che, passo dopo passo, scardinò a suo modo l'inflessibilità del Primo Ministro inglese Margareth Thatcher. Va da sé che in mezzo ci furono una serie di umiliazioni e percosse da film dell'orrore, in un crescendo di brutalità visivamente quasi impossibili da sostenere visti i soprusi delle guardie carcerarie e della polizia.

Poi, come un sollievo che permette di rifiatare (e pensare), il dialogo. Quello tra Bobby Sands (Michael Fassbender) e padre Moran. Lunghissimo, intenso, girato magnificamente e ultimato solo da un paio di stacchi. È uno spartiacque che contribuisce a far riaffiorare un flashback della memoria, quella di un'adolescenza passata a correre per i campi. Una visita tragica e spietata ai territori del sud del paese, che segna per sempre il destino del giovane Bobby. Oltre il confronto tra i due, metafora incompiuta dell'intera situazione, inizia una meschina tiritera durante la quale la cinepresa-avvoltoio indugia sulla carogna-Fassbender, in un corteggiamento che tergiversa sul prosciugarsi di sangue e muscoli, carne e anima.

"Hunger" è l'esempio perfetto di come si manifesta oggi certo cinema d'autore. Chiuso nel vicolo cieco della mancanza di ispirazione, cozza contro un sistema espressivo estremo che non sempre concilia il contenuto con la forza della comunicazione. Il dover passare attraverso forme sempre più terminali, nonché tecnicamente ineccepibili, di raffigurazione dell'immaginario, non consente il rinnovamento dell'effigie, alimentando anzi un cul de sac soffocante, decisamente anaffettivo e teorico. Una specie di sindrome da Real Time che racconta sempre e solo di se stessa, un tassello dopo l'altro, scendendo sempre più nella descrizione di dettagli non richiesti. Tutti perfetti, per carità, ma eternamente uguali.

F(autore) di questo cinema dell'annullamento, McQueen inganna la tragedia originaria estorcendo con la forza quelle poche emozioni rimaste, tirandole fuori come si fa con le viscere degli animali di cui siamo soliti cibarci. Se il regista è un'esteta della modernità, allora è la modernità a non avere più spessore artistico, incapace com'è di trasmettere la più basilare delle percezioni. Volendo mettere il dito nella piaga, concedo a McQueen II di essere un provetto videoartista ma non un esauriente regista.

E non basta controllare che la strada sia libera e che sotto la macchina (da presa) non si nascondano bombe pronte a farti saltare in aria; la pulizia formale di "Hunger" abbassa le difese immunitarie e conduce a luttuose lacerazioni dermatologiche. E' come il puledro morente tutto pelle e ossa ricoperto da brutte ferite: allo spettatore che lo incontra non rimane altro che sperare nell'esistenza di un ruscello nelle vicinanze.

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Ultima risposta 08/05/2012 15.15.03
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  18/04/2012 22:13:24
   10 / 10
Voglio premiare con voto pieno un film che mi ha scosso e coinvolto emotivamente come pochi altri.
Sarà per la regia "alla Mullan" che adoro, sarà per il tema, sarà per Fassbender che è un attore che non se ne vedeva uno così dai tempi di Marlon Brando, sarà per la novità classica e tradizionale (ossimoro voluto) di questo film, sarà perché sono un pericoloso anarco-insurrezionalista da manganellare a sangue come i patrioti dell'IRA, sarà per la presenza del dialogo più bello della storia del cinema, sarà per la terribile purezza e essenzialità con cui è diretto questo gioiello del cinema di sempre, sarà perché è bellissimo andare avanti di "sarà", sarà perché mi ha commosso senza commuovermi, sarà perché contiene uno dei più bei finali che mi sia mai capitato di vedere, sarà per tutto questo insieme con in più quel quid che purtroppo è mancato in Shame e che mi fa gridare al capolavoro, sarà sarà sarà, ma questo film è troppo bello.

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Ultima risposta 03/05/2012 20.09.14
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  26/02/2011 13:32:42
   8½ / 10
Credo che la prima fonte sia ancora il "Condannato" di Bresson, e non tanto per il prosciugamento narrativo ed emotivo, questa volta, ma per la vicenda storica che sfuma e si centralizza in quella individuale ed esistenziale.
Il regista ne supera inizialmente la componente mistica. Le pagine della bibbia che comparivano assieme al caso nella pellicola di Bresson, qui tornano utili per fumare. Ne fa un rifiuto più estremo, che piuttosto riporta agli ultimi lavori del regista francese. Perché da ciò che non intendeva considerare "Un condannato", l'impossibilità di una fuga, parte la riflessione "Hunger"; che aspira tuttavia alla stessa libertà, nella fede in essa e all'affermazione della dignità dell'individuo, anche e soprattutto entro i crimini dell'umanità e dell'esistenza.

Non lascia le violenze fuori campo, anzi le mostra spesso interamente, ma senza spettacolo, dimostrando invece una profonda cognizione del dolore. Indugia, con l'iperrealismo, sui corpi, sulle lesioni, sullo sporco; ugualmente, sulle nocche ferite del secondino incaricato a picchiare. Saranno mani impegnate a lavare, nascondere i segni lasciati dalla protesta umana: il cerchio della sporcizia sulla parete, i rivoli di urina sul corridoio della prigione, le macchie di sangue rappreso sul materasso bianco che viene voltato.
Non c'è voce narrante, e si rinuncia quasi completamente ai dialoghi, se non nel brano centrale. Dice: "Dìo mi punirà"; come il prete punì per avere dato la morte al puledro sofferente sulla riva di un torrente. Ma i compagni lo approveranno, quell'atto di rispetto per la vita - perché il giudizio divino dovrebbe discostare da quello umano?

Dopo l'inferno comune della prima parte, dopo il breve "purgatorio" del colloquio con il don, dunque, in un bianco della stanza tra candore e cadaverico, il "paradiso" individuale, questa sorta di breve paradiso fatto ancora di magrezza e piaghe. Le voci svaniscono, la famiglia, l'Irlanda e il mondo, le immagini svaniscono. Non un transito, insomma, ma il sollievo della fine del dolore e della prigionia.

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Ultima risposta 02/03/2011 18.14.26
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  16/02/2011 22:55:36
   9 / 10
"Name?" "Roselyn Sands"
"Name?" "John Sands"

Il loro figlio sta morendo per lo sciopero della fame, ma la piccola burocrazia non viene mai meno ai suoi doveri e impone di chiedere le generalità ai genitori arrivati in prigione ad assisterlo nelle ultime ore di vita.
Colpisce per la meschinità quella domanda e colpisce duro il film che racconta la via della scelta estrema di Bobby Sands e dei suoi compagni di prigionia.
Chi sia stato Bobby Sands, quali le ragioni politiche sue e di altri appartenenti all'IRA rinchiusi nelle prigioni inglesi, appartiene alla storia ed è sufficiente informarsi.
E' alle ragioni più intime delle sue scelte, però, che McQueen prova a dare voce e lo fa in quello che è il cuore di questo suo bellissimo film, il dialogo serratissimo tra Sands ed il prete: raramente capita di assistere ad uno scambio così pieno di significato, ad un confronto intellettuale forte e doloroso e allo stesso tempo quasi sfrontato, sincero fino alla crudezza, palpitante intelligenza e vita.
C'è un prima di quel dialogo che ci spalanca le porte della prigione e ci fa entrare a sentirne i rumori, gli odori, a immedesimarci nelle privazioni e nelle violenze, che espone la cruda fisicità dei corpi diventati strumenti di protesta, dove la sporcizia intacca le pareti, ma non l'integrità delle idee: spogliati di tutto, l'unico vestito da poter indossare.
E c'è un dopo quel dialogo, che è il martirio di Bobby Sands che martire non voleva essere, ancora il proprio corpo usato come testimonianza e lotta, la discesa verso l'agonia che lo trasfigurerà fino a farlo assomigliare al Cristo deposto quando, senza più forze, si abbandona in braccio al suo aguzzino.
Il corpo che, nel perdere il peso fisico, acquista una spiritualità non religiosa, ma che tanto le si avvicina, ed esalta la forza dell'uomo che fa ciò che crede sia giusto fare.
Bobby Sands ricorda che da ragazzo amava gareggiare nella corsa e che quando arrivava al traguardo dovevano fermarlo, perché lui avrebbe continuato a correre, a correre.

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Ultima risposta 11/05/2012 17.23.51
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Clint Eastwood  @  01/02/2010 18:07:05
   9 / 10
Un'altro gioiellino passato inosservato.

E' il dramma di Bobby Sands - attivista nordirlandese (che prima del film non ne avevo mai sentito nominare in quanto mi ritengo estraneo alla storia dell'Irlanda/Irlanda del Nord in conflitto da sempre con la Gran Bretagna/Inghilterra), quando per far sentire la sua voce alle alte sfere del governo e al mondo intero ci rimise la propria vita insieme ad altri detenuti durante lo sciopero della fame del '81 allo scopo di ottenere lo status di "prigioniero politico".

Questo film è fatto di pochi dialoghi se non in alcuni casi necessari di cui UNO vale la visione dell'intera pellicola, poche parole, tante immagini, colori scuri, con uno stile quasi documentaristico mescolato con quel poco di fiction regala un quadro durissimo sul trattamento e le condizioni dei detenuti per concludere con un finale inquietante dedicato agli ultimi giorni di Sands.
Sul piano tecnico è molto curato, fotografia tipica britannica, colonna sonora quasi inesistente, bravi attori (uno su tutti Fassbender nel ruolo principale).

Da vedere assolutamente.

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Ultima risposta 29/09/2010 21.11.24
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