i dannati di varsavia regia di Andrzej Wajda Polonia 1957
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i dannati di varsavia (1957)

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locandina del film I DANNATI DI VARSAVIA

Titolo Originale: KANAL

RegiaAndrzej Wajda

InterpretiEmil Karzwicz, Tadeusz Janczar, Teresa Izewska, Wienczyslaw Glinski

Durata: h 1.37
NazionalitàPolonia 1957
Genereguerra
Al cinema nell'Aprile 1957

•  Altri film di Andrzej Wajda

Trama del film I dannati di varsavia

Nel settembre del 1944, con la forza della disperazione, Varsavia insorge contro gli occupanti tedeschi, che contrattaccano con tutto il peso della loro struttura militare. Un gruppo di patrioti cerca di sfuggire all'accerchiamento tedesco attraverso le fogne ed è una terribile odissea che si carica progressivamente di toni da tragedia, man mano che le fila di questi ardimentosi si assottigliano.

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Voto Visitatori:   8,78 / 10 (16 voti)8,78Grafico
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Voti e commenti su I dannati di varsavia, 16 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  20/03/2024 12:49:11
   9½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Capolavoro di Wajda, uno dei film che meglio mostrano l'orrore della guerra, un film nero e senza speranza, struggente e spietato, dall'impatto emotivo travolgente e capace di scuotere le coscienze, letteralmente soffocante e schiacciante, come esattamente è la guerra.

Wajda narra le gesta di questo gruppo di patrioti polacchi che provano a ribellarsi all'invasore nazista, una potenza troppo forte per loro tanto che il loro destino è già segnato, non possono combattere i carri armati e gli aerei con granate e pistole, i nazisti hanno già preso il controllo di tutto, è solo questione di tempo prima che arrivino dove sono loro, il film parte già senza speranza.
In questo dramma collettivo della guerra l'autore si focalizza anche nel dramma privato che ne viene influenzato, addentrandosi nei rapporti dei personaggi all'interno del gruppo, scandendo elegantemente le loro personalità, i loro sogni, che probabilmente mai si realizzeranno. Dal musicista con un carattere bizzarro che non perde occasione per esprimere la sua creatività, anche suonando il piano in mezzo alle macerie, come fosse un oasi di bellezza in mezzo agli orrori della guerra, dando anche di matto nella seconda parte del film probabilmente per una psiche martoriata dalla tensione e da quella sensazione schiacciante di morte, arrivando alla coppia che regala alcuni dei momenti più struggenti del film, fino al tenente Zadra, capo della compagnia sempre più disilluso e con un enorme sconforto dato dalla sorte segnata dei suoi uomini.

Tramite il fantastico pianosequenza iniziale l'autore ci introduce in questo mondo di macerie, in cui ormai tutto è crollato, non c'è più nulla se non un gruppo di uomini rimasti lì come ultimi baluardi della resistenza, fin dall'inizio ci vengono mostrate immagini e situazioni disperate, dalla telefonata di uno dei membri alla famiglia, col collegamento interrotto dall'arrivo dei nazisti, senza sapere il loro destino, fino all'immagine della ragazza amputata, passando dai dialoghi rassegnati della compagnia già consapevole del proprio destino che prova a godersi gli ultimi momenti e uno degli ultimi pasti.

Una delle tematiche principali del film viene introdotta alla proposta di scappare attraverso le fogne per raggiungere dei punti più sicuri e tentare un'insperata sopravvivenza, è lì che il tenente Zadra sarà colpito dal dilemma, continuare a combattere e morire da eroi oppure scappare nei canali fognari come topi? Wajda mette in campo lo scontro tra l'idealismo e il pragmatismo, il primo molto in voga in tempo di guerra, sia per le influenze propagandistiche degli stati che per l'innata voglia di ribellione contro l'oppressore, Zadra vorrebbe questo, vorrebbe morire da eroe, ma alla fine deciderà per il secondo, perché è l'unico modo in cui ha realisticamente una possibilità di salvare la sua vita e quella degli uomini della compagnia, e quindi il film proseguirà all'interno di queste fogne.

Nella seconda parte lo stile cambia totalmente, dai paesaggi aperti e senza ombre, quasi agorafobici dato che tutti gli edifici sono stati abbattuti dai bombardamenti e non ci sarebbe neanche posto per nascondersi in caso di attacco aereo, si passa ai claustrofobici canali fognari di Varsavia, ovviamente cambia tutto, lo stile stesso di Wajda si adatta passando dal virtuosismo dei pianosequenza e dalle inquadrature larghe ad uno stile claustrofobico e ravvicinato, si passa dal bianco delle macerie al buio pesto del mondo sotterraneo, passando anche da un realismo di fondo della prima parte ad un'allucinazione lisergica della seconda, causata anche dalla mancanza di ossigeno, dai gas chimici della fogna e dalle precarie condizioni dei soldati, quest'avventura, per ammissione dei dialoghi stessi del film è una discesa nell'inferno dantesco.

Nonostante la speranza provi a riemergere grazie a questo tentativo di fuga, l'opera progressivamente diventa sempre più disperata, i personaggi si dividono, così come la narrazione, il tempo sembra stringere, gli uomini sono sempre più deboli, affamati, malati, sporchi, l'odissea nelle fogne strema la compagnia nel mentre Wajda ci mostra dei momenti terribili, dal suicidio per l'amore non ricambiato a momenti di pura tensione perché i nazisti possono sentire da sopra se c'è qualcuno e tirare bombe, proprio come avviene, anche la metafora della luce in fondo al tunnel qui viene ribaltata, neanche quella luce da speranza, perché in tempo di guerra la speranza è stata annientata, come si vede dai vari finali quando si arriva all'uscita.

Wajda è magistrale nella direzione della pellicola, cambiando più volte registri e regalando disperazione e tensione continuamente, basti guardare scene come quella delle bombe messe all'uscita del canale fognario, da cuore in gola, o la struggente fine della coppia che trova le sbarre ad impedirgli l'uscita dopo il continuo trascinarsi di lui, giovanissimo e agonizzante, dopo la determinazione di lei in preda ad un amore che non riesce a dichiarare, se non sulle scritte sui muri delle foghe, nel loro rapporto che non sboccerà mai perché mozzato dalla guerra, fino all'amarissimo finale e il ritorno nelle fogne del tenente ormai in preda all'ira e alla disperazione per la sorte dei suoi uomini.

Film semplicemente immenso.

Oskarsson88  @  30/01/2022 13:02:16
   7½ / 10
Sicuramente girato in maniera eccellente, le scene nelle fognature, soprattutto quelle che coinvolgono il delirante e febbricitante Jacek e la bella bionda, sono spettacolari e intensissime. Per il resto, accusa un minimo l'età. Comunque sia, un bel pezzo di storia duro da digerire.

topsecret  @  17/10/2021 19:31:00
   7 / 10
Film nudo e crudo sulla rassegnazione alla morte ma anche sulla voglia di combattere fino all'ultimo respiro.
Emozioni palpabili in evidenza, capacità registiche e interpretative più che apprezzabili.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  26/11/2020 00:22:31
   9 / 10
Si esce devastati moralmente dopo la visione di questo film. Un continuo pugno nello stomaco dove vengono ritratte vite di giovani soldati, musicisti o amanti destinati a interrompere i propri sogni.
Personalmente credevo di aver gia' vissuto sensazioni forti raccontate da Wajda quando mi sono recato al museo dell'insurrezione, dove per altro vengono proiettate immagini di questo film, ma vedere con i propri occhi questi personaggi credendo che siano le stesse vittime nella realta', ti spezza il cuore.
L'unica pecca proprio per non dare il "10" è l'eccessiva teatralita' di alcuni dialoghi.
Ci passiamo sopra senza pensarci un attimo.
Testimonianza enorme,

VincVega  @  19/04/2020 18:20:43
   8 / 10
Realizzazione impeccabile per questo film di guerra polacco, che unisce impatto visivo, scenico ed emotivo. Diviso praticamente in due, l'unico appunto che posso fare è qualche passaggio leggermente noioso nella seconda parte, per il resto è un grandioso viaggio disperato e senza speranza.

Goldust  @  14/04/2020 12:16:06
   8 / 10
Lo schifo della guerra si somma a quello materiale delle fogne di Varsavia, nella quale la stragrande maggioranza del film è ambientato e dove un pugno di combattenti della resistenza polacca sta cercando disperatamente una via di fuga braccato dalle pallottole e dalle bombe dell'invasore tedesco. Un campionario di varia umanità destinato allo sfacelo psicologico prima che fisico: il regista - se non nel magistrale piano sequenza iniziale - non ci mostra mai il lato più classico della guerra, cioè quello dei combattimenti, ma ci fa sentire tutto il furore del conflitto e l'insostenibilità della situazione grazie al tratteggio dei protagonisti, vere e proprie maschere di paura e rassegnazione. Un lavoro sicuramente interessante per capire la guerra da un punto di vista insolito. Visione claustrofobica e non semplicissima, nonostante la durata esigua della pellicola.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  14/08/2014 00:19:09
   8 / 10
Crudissimo e disperato viaggio nel dedalo delle fogne e della coscienza seppellita in tempo di guerra.
Non c'è molto altro da dire (anzi, ce ne sarebbe tanto), è un classico lungometraggio polacco: crudele, intenso, nichilista e coraggioso come i suoi protagonisti.

ValeGo  @  11/07/2012 11:53:13
   9 / 10
Drammatico, beffardo,crudele..lascia l'amaro in bocca. Da vedere assolutamente. A distanza di tanti anni un film che ancora ti fa restare incollato allo schermo. Eccellente!

7219415  @  09/07/2012 11:20:15
   8½ / 10
Una pellicola dura e cruda...di quelle che non ti dimentichi facilmente

Niko.g  @  09/10/2011 16:24:19
   10 / 10
Wajda non ci risparmia nulla nel descrivere la tragica resistenza di questi uomini, accerchiati ormai dal nemico nazista. Con la medesima straordinaria capacità espressiva, entra nelle fognature della città distrutta, si immerge nei canali maleodoranti e allo stesso tempo negli aneliti e nelle speranze dei protagonisti, nonostante la spossatezza e le avversità non li abbandoni.
Il ritmo narrativo cattura l’attenzione, la tensione diventa palpabile, la resa visiva è perfetta. Wajda padroneggia in modo eccellente la cinepresa, come nel bellissimo piano sequenza iniziale. Persino il "bianco e nero" della pellicola diventa un valore aggiunto, facendo eco all’estenuante lotta tra la speranza e la morte.
Apparentemente pessimista, il film si chiude volgendo lo sguardo alla forza morale e al coraggio: un sottile, ormai dilaniato, ma ancora VIVO, spirito di solidarietà e di umanità. Ora, si può anche morire.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  22/09/2011 18:37:14
   10 / 10
"Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso "

Una ripresa a volo d'uccello sulla distruzione, brandelli di muri, polvere, una malconcia sacca di resistenza che marcia fra le rovine. Wajda vuole focalizzare da vicino i suoi personaggi, ce li presenta con particolari bizzarri, confidenziali.
Seguono immagini di ordinaria drammaticità: una ragazza con la gamba amputata, l'Artista e la sua famiglia annientata all'altro capo del telefono, mine che esplodono.
Per scampare alle truppe tedesche e raggiungere il centro di Varsavia la compagnia si cala nelle fogne. Dall'inferno a cielo aperto lo spettatore viene catapultato in un girone buio e flatulente, fra ***** e fumi chimici.
Lo sguardo registico cambia quasi radicalmente per adattarsi al nuovo ambiente. Le larghe inquadrature cedono il passo ai primi piani, talora al dettaglio. E' quasi un cinema del volto. Il gioco di luci ed ombre è visivamente stupefacente, emotivamente logorante.
Il realismo quasi documentaristico delle prime sequenze tramonta a favore di un'allucinazione dell'orrore. In quel delirio folle, in quell'ansietà insopportabile, Wajda istilla la sua autentica, tragica poesia. Devastante l'immagine di Daisy che sottrae l'amato al trapasso della speranza, lacerante l'ultimo fotogramma.

6 risposte al commento
Ultima risposta 29/09/2011 12.06.34
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deralte  @  15/01/2011 17:52:10
   8½ / 10
Crudo, claustrofobico e pessimista..
Netto il contrasto tra l'iniziale luminosità del giorno, risaltata dalle macerie bianche della città e il nero pece all'interno delle fognature, trasformate in girone infernale.. La sequenza che interessa il finale del ten Madry è quella che mi è rimasta maggiormente impressa come bellezza.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  25/06/2010 00:59:33
   9½ / 10
Ho inseguìto questo film da una vita, e adesso che l'ho visto posso dire che si tratta di un vero e proprio CAPOLAVORO, dotato com'è di un realismo impetuoso e girato con una tecnica registica superlativa (es. la sequenza del reperto di corazzata che vaga minaccioso tra i bombardamenti).
Aleggia un sentore di morte fin dalle prime immagini, dal dramma personale di un musicista alla vitalità che sprigioniano ancora questi uomini condannati ad essere "dei sacrificati".
Poi arriva tutta l'odissea infernale (non per niente viene citato Dante) nei sotterranei, che porta i sopravvissuti a cedere alla libertà e alla vita, in una via di fuga disperata venata di morte e soprattutto di follìa.
Una specie di cinema horror in versione bellica, a dimostrazione che niente può raggiungere lo schifo e, appunto, l'orrore Conradiano della guerra.
"Il silenzio mi ferisce le orecchie", cita una scena del film, e quello che percepiamo è proprio questo. L'ombra di una sopraffazione del destino così sorda alle suppliche dell'umanità

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  16/04/2010 21:40:33
   10 / 10
E' la storia del destino segnato di un manipolo della resistenza polacca contro l'oppressore tedesco. Una lotta impari ma sempre alimentata dal vigore della speranza e nutrito dalla lotta casa per casa contro l'invasore. Quando l'azione si trasferisce nelle fogne, il realismo della prima parte lascia il posto ad una visione infernale di follia e morte, in cui la speranza si affievolisce sempre di più verso uno dei finali più amari che mi sia capitato di vedere. Girato in maniera straordinaria da un Wajda molto giovane, ma sicuro dei propri mezzi (tutto il piano sequenza iniziale sta a dimostrarlo), questo film ha una forza visiva di primo livello tale da rimanerti impressa per molto tempo. Veramente difficile dimenticare pellicole di questo tipo.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  11/09/2009 20:00:15
   9½ / 10
Qualcuno dice che c’è sempre una via di uscita. Che è sufficiente provarci, avere coraggio. Che da ogni situazione, se si ha la volontà, ce ne si può cavare fuori.
Provate a chiederlo a quei partigiani polacchi, nella Varsavia assediata del 1944, se tutto ciò è possibile. Provateci, ma non vi risponderanno. Sono morti, tutti, e non di vecchiaia. Orribilmente, al buio, tra il fetore, tra i miasmi, tra la mer.da, come topi. Anzi i topi nelle fogne si sonno adattati, si nutrono, prolificano, ci vivono. Loro sono morti come uomini. Provate a chiederlo a Wajda, uno di quegli artisti che la guerra l’ha vissuta. Uno di quelli ai quali la guerra è entrata nelle ossa, sino a diventarne il midollo. Wajda, uno di quelli che ha cominciato a chiederselo da “Pokolenie”, che proseguirà con “Cenere e diamanti”, che s’ostinerà a farlo per tutta la sua carriera. Guardatevi “I dannati di Varsavia” e loro vi risponderanno: No, non esiste via di fuga alla guerra.
Nessuno di quei partigiani troverà uscita alle fogne, a quei dedali d’asfissia e terrore che disperderanno, tra i loro atri condotti, le diverse storie dei sopravvissuti, sino a sopprimerli. Esse che richiameranno a sé l’unico scampato, il comandante; che sbuca fuori la testa, accolto dalla luce, tra le rovine del centro di Varsavia, ora immagini di salvezza; e si trasforma in assassino, e nuovamente s’inabissa.

Allora ditemi, se questi tra la mefite, nelle tenebre, tra le feci come topi; questi, dannati di Varsavia, spinti dalla disperazione in cloache d’angoscia, e costretti a strisciare in luridi cunicoli al pari degli scarafaggi; dite voi - qualora possiate asserirlo - ditemi, “se mai questi furono uomini…”

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Ultima risposta 11/04/2010 12.42.46
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  @  23/04/2007 18:18:32
   8½ / 10
Una sparuta compagnia di 43 ribelli (corrispondente quasi alla nostra resistenza partigiana) nella Varsavia del '44, occupata quasi interamente dai tedeschi, è costretta a ritirarsi attraverso il sistema fognario (Kanał in polacco).

Una storia di guerra (che poi si dirama in tre epopee parallele di diversi protagonisti), secondo film della trilogia bellica, insieme a "Generazione" (Pokolenie, 1955) e "Cenere e diamanti" (Popiół i diament, 1958) di quello che considero uno dei tre migliori registi polacchi del novecento (insieme a Munk ed a Kieslowski), Andrzej Wajda.
Una pellicola molto pessimista, rappresentativa della situazione della Polonia in tempo di guerra, assediata sin dal ’39. La morale è chiara: non esiste speranza, i sentimenti (l'amore, la solidarietà fra compagni) non ci salvano dall'orrore: la guerra è guerra, è solo l'amore per la vita che ci spinge a strisciare negli abissi per trovare la via della salvezza, ma sperare di salvarsi è inutile, l'unica certezza è la morte o altra sofferenza. Concetto perfettamente coerente, se ci si pensa, con il titolo italiano: i dannati dell’Inferno sperano in continuazione di poter trovare la luce e di porre fine al loro tormento, ma ciò non potrà mai accadere ed in terra c’è solo altro dolore.
L’accostamento Inferno – condotto fognario funziona a meraviglia, puzza e lamenti corrispondono all’immaginario collettivo di Inferno (per i più di provenienza dantesca ma anche di altra), con la sola differenza che i dannati hanno commesso peccati in vita, questi soldati invece non hanno colpa; ma questo parallelismo scaturisce dalla “traduzione” italiana del titolo originale che in realtà con essa non ha nessuna relazione di significato, quindi questa interpretazione rimane esclusivamente a livello di supposizione.

La cinematografia polacca riguardo alla seconda guerra mondiale si rivela ancora molto efficace come in "Eroica" (1958) di Andrzej Munk, anche se rispetto a questo Kanal è molto più schietto e diretto e molto meno "emotivo", nel senso che non si concentra molto sulle emozioni e sui pensieri delle persone - anche perchè non concede un minimo momento di pausa per esaminare i sentimenti dei personaggi, che sono continuamente incalzati dalla sofferenza, dalla disperazione, dalla paura di morire o di essere catturati dai nazisti, dal loro attaccamento alla vita per cercare la salvezza - ma sulla loro condizione disumana di soldati in guerra. Insomma, per spostare l'attenzione dello spettatore sul lato emozionale della situazione abbiamo bisogno di momenti di "inattività", cioè di intervalli di tempo in cui si possa fare uso più o meno massiccio di dialoghi e/o nei quali la guerra non si manifesti esplicitamente (con esplosioni, sparatorie o con la sofferenza dei protagonisti) e questo accade pressoché in tutti i film di guerra che abbia visto: "Full metal jacket" (le scene delle "interviste"), "La sottile linea rossa" (i lassi di tempo inattivi tipici di Malick), "Salvate il soldato Ryan", ma soprattutto "Jarhead" (il film di guerra statico per eccellenza), "Flags of our fathers", "Letters from Iwo Jima" (l'analisi, tramite flashback, del passato dei protagonisti o la scrittura delle lettere) o volendo spostarsi fuori dall'ambito della Seconda guerra mondiale, film come "Glory - Uomini di gloria che inserisce la guerra vera e propria all'interno di un ambito che riguarda soprattutto le discriminazioni razziali dell'America di fine Ottocento, e non viceversa): è questo che ho trovato innovativo in questo film.

Inoltre mentre questo propone una visione totalmente pessimistica della guerra mentre in "Eroica" si cercava di bilanciare i due aspetti - non a caso è un film diviso in due episodi, il primo in chiave comica (ma senza dimenticarsi che la guerra non è uno scherzo, insomma come ha cercato di fare Monicelli ne "Le rose del deserto" senza riuscirci) ed il secondo in chiave seria.
Bellissime le musiche del polacco Jan Krenz (che ha collaborato spesso con Wajda e di nuovo con Munk in "Eroica").
In definitiva un film magistrale, persino doppiato (anche se avrei preferito la versione sottotitolata) con un finale altrettanto magistrale ed interpreti molto bravi. Spero di poter approfondire il cinema polacco riguardante la seconda grande guerra (anche e soprattutto guardando gli altri due della trilogia) perché ha rivelato di essere intenso almeno quanto quello ben più conosciuto americano.

P.S. Guardate che bello la locandina, è un quadro vero e proprio realizzato da un certo Jan Lenica nel 1957 apposta per il film.

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Ultima risposta 25/02/2021 03.48.45
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