i figli della violenza regia di Luis Buñuel Messico 1950
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i figli della violenza (1950)

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locandina del film I FIGLI DELLA VIOLENZA

Titolo Originale: LOS OLVIDADOS

RegiaLuis Buñuel

InterpretiAlfonso Mejía, Estela Inda, Efraín Arauz, Miguel Inclán, Roberto Cobo, Javier Amézcua, Alma Delia Fuentes, Mário Ramírez, Jorge Pérez, Sergio Virel, Jesús García , Francisco Jambrina, Roberto Navarrete, José Loza, Antulio Jimenez Pons, Lupe Carriles, Charles Rooner, Salvador Quiroz, Ernesto Alonso, Inés Murillo, Enedina Díaz de León, Victorio Blanco

Durata: h 1.28
NazionalitàMessico 1950
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1950

•  Altri film di Luis Buñuel

Trama del film I figli della violenza

A Città del Messico, Jaibo è il leader di una banda di giovani teppisti appena uscito dal riformatorio. Pedro è un teppista come lui, ma con qualche voglia di riscatto.

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Voto Visitatori:   8,94 / 10 (33 voti)8,94Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior regia (Luis Buñuel)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Luis Buñuel)
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Voti e commenti su I figli della violenza, 33 opinioni inserite

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topsecret  @  02/12/2021 21:55:23
   8½ / 10
Un film crudo, una sorta di documento sul disagio giovanile figlio di genitori inadatti, adulti deviati e miserie sociali.
Bunuel cura ogni immagine con dovizia, ogni scena con cinico realismo, ogni interpretazione con intensità e forza emozionale, tanto da lasciare un segno profondo e indelebile nello spettatore, inducendolo alla riflessione e alla lucida consapevolezza di un mondo malato.
Una pellicola forte e coraggiosa, inquietante per essere ancora così pesantemente attuale e desolante.
Da recuperare.

Filman  @  26/04/2021 15:09:28
   9 / 10
L'eccesso del dialogo, la semplificazione e il forzato avvicinamento dello spettatore al racconto è sinonimo di un cinema classico, riscontrabile sotto quasi tutti gli aspetti tecnici, molto influenzati dal cinema americano. Con LOS OLVIDADOS Luis Bunuel però porta avanti le sue tematiche sociali in maniera dura e brutale, mettendoci dentro i suoi parallelismi onirici che arricchiscono ulteriormente questa pellicola ambientata nelle profonde ferite fisiche e immateriali delle periferie più reiette, povere e degradate di Città del Messico. Sostanzialmente un film neo-realista che raccontò più o meno meglio di chiunque altro l'abietta realtà messicana, il che lo rende un capolavoro del genere.

Goldust  @  13/01/2021 16:40:44
   8 / 10
La rappresentazione della vita di strada delle periferie di Città del Messico, dove non sembra esserci via d'uscita per dei giovani protagonisti destinati ad un futuro di violenza e miseria, è riportata da Bunuel con inaudita forza neorealista; ne esce uno spaccato sociale di grande lucidità dove l'individualismo prende il sopravvento e dove vige la legge del più forte. Qua e là qualche scampolo di normalità fa capolino ( un ragazzo che riesce a trovare un lavoro onesto ), eppure alla fine la negativa influenza del branco riesce purtroppo quasi sempre ad imporsi. Una pellicola di rara efficacia, tra le migliori firmate dal Maestro spagnolo.

alex94  @  05/01/2021 02:03:38
   8½ / 10
Buñuel mette da parte il surrealismo ( pur concedendosi qualche sequenza onirica e simbolismi vari) per realizzare una pellicola neorealista.
È un film realistico,duro e crudo, che ci trasporta all'interno della miseria che attanaglia i sobborghi messicani,dove vivono o per meglio dire sopravvivono ragazzini dimenticati,senza padre o respinti dalla madre,violenti e cinici come l'ambiente che li circonda.
Funebre e cupo si aggiudicò il premio di miglior regia al festival di Cannes del 1951 contribuendo a far conoscere il genio di Buñuel al mondo.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  14/04/2020 00:37:53
   9 / 10
"Io voglio essere buono ma non so come fare".

In questo/questi angoli di mondo dove c'è estrema poverta la delinquenza è il pane quotidiano che viene assaggiato dai giovani e giovanissimi che non possono che finire presto o al riformatorio o, peggio, sotto terra.
Il gruppo di giovani che segue il regista cerca solo di tirare avanti nel quotidiano con i mezzi messi a disposizione della societa'...nessuno.
Visti come cani randagi, "se ne muore uno tanto meglio, un delinquente in meno".
Questo capolavoro di Bunuel, l'ennesimo, è un film neorealista che non lascia spazio alla speranza, come magari facciamo noi Italiani dal grande cuore.
Crudele fino all'estremo, con scene di violenza che mi hanno ricordato "Arancai meccabica" di Kubrick, tanti pugni al cuore, compreso il finale, ovviamente tragico.
Da vedere e rivedere...

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  26/02/2018 15:05:11
   8½ / 10
Grande film di Bunuel. In bilico tra neorealismo e surrealismo, dipinge una realtà di violenza nota in ambienti disagiati, ai margini della società, tra giovani cresciuti allo sbando, con genitori assenti, madri anaffettive e padri alcolizzati. Ambientato in una Città del Messico che potrebbe essere New York, Berlino, Londra, Napoli o Marsiglia; negli anni '50 che potrebbero essere i '70, i '90, l'altro ieri o domani.
Un'opera che dopo molti anni ha ancora molto da dire, un autentico classico. Imperdibile.

Charles Kane  @  08/12/2016 11:41:10
   8 / 10
Non il solito Bunuel. Sceneggiatura e regia più lineari del solito, anche se qualche visione onirica non se la lascia scappare. Come già ci spiega la voce narrante all'inizio, non si tratta di un film ottimista. La crudezza e a volte l'insensatezza della violenza vengono dipinte con tratti spietati.

Spera  @  07/08/2014 18:15:56
   9 / 10
Direi media giustissima per un film eccezionale di Bunuel che si discosta parecchio dal surrealismo che caratterizza gran parte delle sue opere.
Anzi possiamo dire neorealismo.
Adoro questi temi ed è incredibile come Bunuel abbia elaborato il suo film, già all'epoca, con un linguaggio cinematografico che era molto avanti rispetto ai tempi, così da rendere questo lungometraggio tutt'ora attuale e a tratti scioccante.
Un ritratto crudo e privo di moralismi della società di quell epoca dove a farne le spese, come spesso accade, sono i giovani.
Impossibile non guardarlo, capolavoro!

GianniArshavin  @  17/07/2014 20:02:50
   8½ / 10
Innovativo e straordinario film per un Bunuel per l'occasione parzialmente lontano dai suoi canoni abituali ma non per questo meno brillante.
Con "I figli della violenza" il regista spagnolo dimostrò di sapersi destreggiare anche con una storia realista e umana , una storia di miseria e degradazione ancora assolutamente attuale e da riscoprire al più presto.
Ambientato in Messico , questo racconto ci parla di alcuni ragazzi , poveri e cresciuti in contesti molto duri , che cercano di imporsi (ognuno a modo suo) sullo squallore che li circonda. Elemento cardine della storia è la mancanza d'amore , la mancanza d'affetto che i ragazzi sono stati abituati a ricevere e che sarà la causa primaria del loro triste destino.
Bunuel ritrae una realtà sporca e meschina , dove istituzioni , famiglia e scuola sono assenti ingiustificati nelle vite dei giovani protagonisti. Questi ultimi , anche nel loro rappresentate più meschino , per Bunuel sembrano essere meno condannabili per le loro azioni se confrontati con il mondo degli adulti che li ha tirati su in quel modo.
è da rimarcare la grande attualità del prodotto , sia nel ritmo che nelle tematiche , senza dimenticare la sequenza del sogno , elemento ricorrente nel cinema del regista che qui è quanto mai potente e all'avanguardia.
Mi preme inoltre evidenziare altre due scene impossibili da dimenticare: quella della giostra e il tremendo finale , una conclusione cruda ma necessaria per una vicenda simile.
Da applausi i giovani attori non professionisti e la fotografia , sporca come il mondo che ritrae.
In sintesi credo che " I figli della violenza" sia un titolo ingiustamente dimenticato e sottovalutato , da rivalutare al più presto anche in seno alla filmografia del cineasta iberico.

Oskarsson88  @  07/03/2014 15:22:52
   7½ / 10
duro e crudo, descrizione del degrado delle periferie in stile molto neorealista.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  12/01/2014 21:49:04
   9½ / 10
"E' bello costruire delle fattorie modello dove regna la giustizia, il lavoro e la fratellanza, ma finché esiste all'esterno la stessa società d'ingiustizia e di dolore rimane intero lo scandalo, quello dell'oggettiva crudeltà del mondo" (André Bazin, "Los Olvidados" (1951))

Quasi sembra, a vedere questo capolavoro, che l'esperienza surrealista dei primi due Bunuel, siano serviti a questo; dice Bazin che solo questa triade di capolavori (a cui si aggiungerebbe di diritto Las Hurdes) "ci restituisce le situazioni psicanalitiche nella loro verità profonda e inconfutabile. Quale che sia la forma plastica (e in questo caso la più contestabile) che Bunuel dà al sogno, le sue immagini ne hanno la pulsazione, l'affettività bruciante: il sangue pesante dell'inconscio vi circola e ci inonda, come attraverso un'arteria aperta, al ritmo dello spirito". Prima mostro il sogno, poi mostro la realtà. E in questa superba unione estetica e concettuale, c'è l'orrore, quello del documentario, in assoluto il genere cinematografico più orribile e violento. Il senso di questo film è innanzitutto intellettuale: mostrare che il Surrealismo era un'esperienza morale, come amava ripetere Bunuel. Che non erano solo provocatori e sognatori, lontani dalla spietata realtà del Novecento. Erano uomini straordinari, in tutto e per tutto. Il cuore grande di Bunuel ci spinge addentro a questa vita semplice, con lo sguardo che pochi intellettuali hanno saputo avere, forse solo Pasolini. Persino il personaggio "buono" del direttore in realtà ci inganna fino a che rimane in scena. Lo spietato fuori campo narrativo in cui lo situa il regista ci rimprovera: eravamo caduti nella retorica di frasette come "bisognerebbe rinchiudere la miseria, non questi ragazzi". Il film è neorealismo alla Bunuel. Non dà mai giudizi di valore, nemmeno sugli adulti: essi sono "cristallizzati, pietrificati dalla disgrazia" (Bazin). Ma questo è sbagliato. Bunuel è sempre stato Bunuel e basta. Ogni stile che ha ripreso è stata una scommessa, una voglia di imparare, di sperimentare. Prendiamo questo neorealismo arzigogolato, adulterato da mille ingredienti diversi a formare un
tutto, di poetry e cruda magia.

"Ma Jaibo il tipo cattivo, perverso, sadico, crudele e traditore, non ci ispira ripugnanza, solo una sorta di orrore che non è in contraddizione con l'amore (...). Questi ragazzi sono belli non perché fanno il bene o il male, ma perché sono ragazzi anche nel crimine e anche nella morte" (ibid.)

Il pluricitato e capolavoro visivo sogno di Pedro ["Bunuel riesce nel tour de force di ricostruire due sogni nella peggiore tradizione del surrealismo freudo-hollywoodiano e lasciarci nonostante ciò palpitanti di spavento e di pietà"], la dissolvenza finale su Jaibo, carica di memorie cristologiche (come in "Mamma Roma"), e stesso dicasi per Pedro caricato morto su un asino come Gesù bambino durante la Fuga in Egitto, poi c'è il personaggio sublime del cieco che grida "dovrebbero ucciderli prima che nascano!" (e come dice il critico: "E' senza dubbio l'aspetto più atroce del film quello di osar mostrare degli infermi senza attirare su di essi la simpatia"), la giostra trainata dai ragazzini, l'uno (quello che sta sul cavallino) ritratto in un orrido primo piano l'altro (quello che spinge) che esclama "se quel porco non ci paga, lo ammazzo", e si potrebbe citare un intero film che riuscì a gabbare ancora una volta (come qualche anno prima "Citizen Kane") un critico lucidissimo e geniale come Bazin che vi vide un ennesimo esempio di quello che lui chiamava "credere nella realtà", a esempio di un cinema che non aggiunge nulla al reale rappresentato. "Non era forse un umanesimo il Neorealismo, prima che un movimento estetico?". Forse il credere nella realtà non era prerogativa di Bunuel. Forse era credere in qualcosa che la trascendesse, la possibilità di un cinema fatto di immagini crude e redentrici, di cuore e viscere, di compassione, il più alto e nobile sentimento umano. Solo allora l'immagine di un corpo gettato nella spazzatura avrà un senso.

Ciò che sembra grandioso di questo realismo (forse mai perseguito dal cinema posteriore) è che Bunuel sia riuscito a dar vita a personaggi senza alcuno altro punto di riferimento che non sia la vita, "questa vita che pensiamo di aver addomesticato con la morale e l'ordine sociale, ma che il disordine sociale della miseria restituisce alle sue virtualità prime, una sorta di paradiso terrestre infernale."

"L'artista mira più lontano, a una verità che trascende la morale e la sociologia: una realtà metafisica, la crudeltà della condizione umana" (ibid.)

Lunatico  @  08/07/2013 16:55:03
   9½ / 10
che dire.....da paura !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

vieste84  @  06/05/2013 18:47:08
   9½ / 10
Un opera neorealista che si può collocare in mezzo a opere di quel periodo come Sciuscià, I 400 colpi e forse pure L'angelo Ubriaco perchè anche quest'ultimo tratta della miseria del proprio paese.
Quando Bunuel fa una trama lineare e senza tanti surrealismi compie solo capolavori, non c'è nulla da fare, questo film poi va fino in fondo, racconta tutto senza peli sulla lingua come ha sempre fatto, il risultato è un capolavoro spaventoso che lo rende meglio di tutti gli altri film sopra elencati e mostrando una fattura e un attualità da far persino invidiare le opere nostrane. Per poi non parlare del finale che è forse tra i 10 migliori che abbia mai visto e tra i più crudeli della storia.....a pensare che dopo aver visto i suoi maggiori lavori credevo di aver esaurito le opere interessanti di questo regista e invece grazie a filmscoop mi son reso conto che mi mancava proprio sto film che per me è stato proprio il migliore dei suoi......tutte le caratterizzazioni sono favolose a partire dalla mamma di Pedro per finire al cieco che impreca e al vecchio omertoso della stalla...

7219415  @  28/01/2013 00:18:16
   9 / 10
Duro e crudo ma...bellissimo

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  15/01/2013 18:23:03
   9 / 10
Asciugando i limiti programmatici di una messinscena neorealista, e contenendo le simbologie surrealiste che lo hanno sempre contraddistinto, Bunuel ci regala un film di rara grazia e violenza. Grazia nel renderci partecipi di un microcosmo alla deriva, dove gli adulti sono assenti e l'incomunicabilità regna sovrana. Violenza per alcune sequenze insopportabili per intensità e realismo. Ma l'occhio di Bunuel è concreto e mai predicatorio (giusto qualche scivolone nella sceneggiatura). I capolavori di Bunuel a mio avviso verranno alcuni anni dopo, ma per un film del genere qualsiasi cineasta moderno venderebbe la propria madre.

Consigliatissimo.

Doinel  @  02/08/2010 00:48:49
   10 / 10
Ha uno dei finali più crudeli della storia del cinema.

pinhead88  @  05/03/2010 00:22:11
   9 / 10
Nelle mani di Bunuel "Los olvidados" perde ogni consistenza moralistica,dove la crudezza della realtà e la miseria sono le uniche protagoniste,oltre agli eccellenti interpreti non professionisti.uno "scarto" cinematografico e un film senza speranza che incarna tutto lo spirito del neorealismo nella sua migliore essenza.ad ogni modo lascia un senso di rabbia difficile da evitare.

JOKER1926  @  02/03/2010 23:11:28
   7½ / 10
Macabra e reale trasposizione di miseria umana consumatasi nel ventre di metropoli senza età (in questo caso quella messicana) ove persone di ogni età per vari motivi calcano assurdi scenari vivendo in una povertà spirituale e fisica dovendo fronteggiare violenza su violenza, un mondo, una società in una pazza parabola discendente che retrocede nelle stazioni terminali degli inferi non offrendo alcuna via di salvezza per i suoi protagonisti, sia buoni che cattivi, tutti avranno un destino amaro...

Bambini soggiogati da un futuro più grande di essi, paure, minacce...
Vecchi ciechi che "guardano" il mondo con un pessimismo nero, evocando la morte ("Uno di meno") come situazione dei mali; non esiste futuro, il tutto è circoscritto ad una scacchiera mortale ove la vita e prospettive rosee vivono in lidi remoti e vaghi.

Luis Buñuel con il suo clamoroso "I Figli della violenza" riesce veramente a colpire, perno dello spaccato della regia è sicuramente la fotografia grezza e sporca che certifica ulteriormente quel tremendo ambiente senza via di scampo, sporco e quasi sadico ove in esso si intrecciano all'infinito diversi concetti che poi sfociano in sogni/incubi con l'onirico che gioca le carte vincenti del gioco.

Gli attori tutti in grande forma, poi prodigiosa la sceneggiatura colma di simbologie, "Los Olvidados" sarà spunto, nei decenni a seguire, per grandi registi come Alejandro Jodorowsky (vedere "El Topo" e "La montagna sacra"); insomma in questo prodotto da notare la mano di Bunuel che risulta essere praticamente ineccepibile e giostra tutta la situazione con una grandissima maestria, questo è un film neorealista per i temi trattati ma a tratti anche surrealista con sogni e varie utopie che lo rendono unico.
Film compatto, senza difetti rilevanti e con un finale nudo e purtroppo estremamente reale e difficile da accettare ove buoni e cattivi si dividono un osceno destino...

"I figli della violenza" è un prodotto purtroppo abbastanza sconosciuto, è inutile dire che tale pellicola 1950 meriterebbe una robusta risonanza, una grande pubblicità mediatica per denunciare, mettere in chiaro la drammatica situazione (ancora oggi presente, se non peggiorata!) nel mondo, specialmente nei posti più scordati e lontani del pianeta terra.

endriuu  @  27/02/2010 13:37:27
   7 / 10
crudo,ma non entusiasmante.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  12/12/2009 18:40:13
   9½ / 10
Figli, assassini, vittime innocenti, abbandonati all’indifferenza degli “altri”, penetrano questa notte eterna senza guida.
Trascinati ai margini di quei pozzi di febbre, nelle baracche piegate alla miseria, portati l’uno ad accanirsi contro l’altro, come bestie affamate.
Noi li guardiamo attraverso gli occhi di un cieco, e al seguito d’uno sparo udito gridiamo con rabbia: “Uno di meno!”.
Se invece potessimo consolarne i lunghi pianti, miserabili, feroci, bisognosi; educarli, loro che vicino a noi si spengono, ogni giorno, senza madre, senza affetto..

“Los olvidados/ragazzi affettuosi e male amati/assassini adolescenti/assassinati...”

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  22/07/2009 00:16:38
   8½ / 10
Splendido film di Bunuel,molto differente rispetto ai suoi primi lavori.Difatti è un film neorealista,anche se non mancano delle scene oniriche come quella del sogno della madre o anche la sequenza finale,che ricorda vagamente quella di elephant man.Regia impeccabile per un film neanche troppo lungo e comunque godibilissimo.Il regista non dà spazio a sentimenti positivi e mostra la degradazione e la violenza in maniera cruda.I due protagonisti,Jaibo e Pedro,sono entrambi soli e in cerca di amore,Pedro rincorrerà per tutto il film quello della madre disperatamente ma non lo troverà,come non lo troverà Jaibo,ed entrambi avranno lo stesso destino.Attorno ai due protagonisti si trovano dei personaggi secondari indubbiamene interessanti,come il bambino abbandonato dal padre.Tutti i personaggi alla fine non avranno un miglioramento della loro situazione.Ancora una volta Bunuel racconta una storia senza falsi pudori,mostrando a tratti anche un velato erotismo ma certamete una grande crudezza e violenza,mai gratuita.

2 risposte al commento
Ultima risposta 14/03/2010 11.33.58
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Xavier666  @  03/07/2009 01:41:50
   9 / 10
Favoloso ritratto di un'umanità ai livelli più bassi della scala gerarchica sociale, "los olvidados" i dimenticati, dimenticati dal sistema, fatti marcire nell'indecenza e nella più bassa condizione umana. Sentire parlare i messicani nel loro spagnolo così vivo e melodioso!!
L'ho trovato molto simile a un film peruviano del 1985 "Gregorio" I bambini liberati nella miseria più totale possono essere molto pericolosi...

xxxgabryxxx0840  @  20/02/2009 00:43:54
   9 / 10
Ennesimo immenso capolavoro di Bunuel, qua forse con un pò meno surrealismo di sempre. Imperdibile

paolino77  @  07/02/2009 12:26:36
   9½ / 10
Neorealismo e surrealismo si fondono per uno dei più grandi film di Bunuel. Lo preferisco anche a "I 400 colpi di Truffaut". Grandioso

Invia una mail all'autore del commento wega  @  22/12/2008 10:07:18
   10 / 10
Un capolavoro di Luis Bunuel, il "Sciuscià" e il "I 400 colpi" bunueliani. Dolente come la verità, è una disperata denuncia di vittime inconsapevoli di un amore non ricevuto, i ragazzini, e di assassini di un amore negato, i grandi, una società che si guarda in giro e vede con gli occhi di un cieco. Ecco l' aspetto surrealista e l' importanza metaforica delle tante riprese in notturna del direttore della fotografia Gabriel Figueroa. Questo mondo di Bunuel non lascia scampo, in questo mondo di Bunuel non ci sono contatti esterni, la gente che si incontra è sempre quella del giro e la sceneggiatura rende bene questa sensazione perchè tantissime sono le vicende e i personaggi che ci si intersecano. E tantissimi gli elementi surrealisti, in particolar modo l' incubo di Pedro, che sembrerebbe un omaggio intero a Jean Vigo (piume-montaggio a ralenti-spirito/madre/sposa in bianco). Salutare come una doccia ghiacciata.

7 risposte al commento
Ultima risposta 05/08/2009 19.39.30
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  24/07/2008 18:21:25
   8½ / 10
Una realtà degradata non offre opportunità di riscatto, L'ambiente che la permea annulla le differenze fra vittima (Pedro) e carnefice (Jaibo) unificandoli nello stesso destino. Il film più neorealista di Bunuel, ma un neorealismo spurio, con molti elementi surrealisti tipici del regista spagnolo (bellissima la giostra trascinata dai bambini), che amplificano la ferocia della denuncia ad un universo privo di speranza.

benzo24  @  06/10/2007 19:25:01
   10 / 10
il neorealismo come dovrebbe essere al cinema. ovvero surreale.

addicted  @  29/09/2007 10:46:41
   10 / 10
Capolavoro neorealista di Bunuel che compie una vera e propria denuncia sociale. D'altra parte il problema dei ragazzi di strada in sudamerica è ancora molto grave.
Questo film non si può perdere: è crudo, violento, spietato, ma anche accorato e necessario. Bunuel è un maestro anche quando esce dalle pieghe del surrealismo. Questo è Cinema di impegno sociale e grande opera d'arte.
Mi raccomando: vedetelo in lingua originale!!! Il doppiaggio, per quanto ben fatto, ammazza i film!!!
Concordo pienamente con il commento che mi precede: queste cose andrebbero trasmesse sulla RAI alle 20,30!!! Sarebbe una scommessa: è proprio vero che il pubblico vuole solo il trash??? E se un film così facesse record di ascolti??? Ai piani alti scoppierebbe il panico!!!

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  06/09/2007 16:02:35
   10 / 10
Bellissimo! Film come questo la Rai dovrebbe avere il dovere (ed il coraggio ) di trasmetterli spesso, in prima serata, in chiaro, e non a notte fonda sui canali satellitari ad esclusivo appannaggio di noi appassionati.
Chi, guardando una bella cosa, non ha desiderato che la vedessero tutti?.
I figli della violenza è un tunnel senza uscita, un salto nel buio, una discesa all'inferno. L'inferno dettato dalla povertà, una povertà che divora come un cancro le esistenze di chi nasce in una parte del mondo anzichè in un'altra.
L'abiezione non risparmia nessuno dei protagonisti, tutti sono impregnati di bassezza morale, i piccoli come i grandi, i figli come i padri, paradossalmente da questo abbrutimento si salva soltanto il direttore del riformatorio "Invece dei ragazzi dovremmo rinchiudere la miseria".
A chi lo ha letto, il film non può non ricordare il libro di Pasolini "Vite Violente", c'è un certo parallelismo tra la periferia anni 50 di Città del Messico e quella di Roma di quegli anni, tra il protagonista del film Jaibo ed il protagonista del libro Tommaso, stessa misera esistenza, stessa sorte.
La scena finale è stupenda: "Sono solo. Solo". "Come sempre bambino mio, come sempre, dormi, dormi".

Gruppo REDAZIONE K.S.T.D.E.D.  @  01/04/2007 16:26:42
   9 / 10
Pochi sanno essere diretti ed efficaci come Bunuel e i “I Figli Della Violenza” ne è un una ulteriore dimostrazione, nonostante in gran parte si distacchi dal modo di fare cinema che contraddistingue il regista spagnolo.
Questa pellicola, infatti, non è una sottile e sarcastica invettiva contro chiesa, nobiltà, o quant’altro ma è un film di denuncia, con un taglio quasi documentaristico, verso la condizione dei ragazzi, bambini a volte, che vivono e muoiono nei sobborghi delle città.
In modo decisamente crudo B. descrive ciò con assoluto pessimismo, un pessimismo che però, tende a precisare la frase iniziale, non vuole essere mero disfattismo, ma un modo per far si che quella condizione fatta di miseria, dolore, tristezza e assenza di vie di fuga, arrivi a chi guarda in modo forte e meno delebile possibile. Basta anche solo guardare la sequenza finale per rendersene conto.

Va, inoltre, sottolineata la maestria del regista nell’inserire sequenze surreali, proprie delle sue pellicole, che, in considerazione del neorealismo di questa, non solo non appaiono forzate ma sono assolutamente efficaci per rendere il reale stato d’animo dei protagonisti. (non rinuncia neanche, Bunuel, ad altri elementi tipici del suo cinema quali il feticismo per gli arti inferiori, o l’uso apparentemente inspiegabile di animali in alcune sequenze; entrambi, elementi espressi prepotentemente in “l’age D’or”).

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Requiem  @  23/02/2007 17:36:22
   9 / 10
Anche questo Bunuel è un film davvero bello.
Credo che il migliore del periodo messicano rimanga comunque "Estasi di un delitto", perchè + tipico nella carriera del regista spagnolo.

Invece "I figli della violenza", si discosta un po' dal surrealismo, per avvicinarsi di + al neorealismo italiano e, come faceva notare Kowa, probabilmente ispirerà Truffaut.

Insolito, intendiamoci, ma ugualmente memorabile.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/08/2006 21:34:17
   9 / 10
Io non so se Antoine Doinel è nato qui, nel Messico di Jaibo (è facile immaginarlo, seppur vagamente, vista la cinefilia smisurata di Truffaut), o se Bunuel ha visto (e naturalmente contestato, com'è uso di un polemista come lui) "Sciuscià" di De Sica, ma la crudezza del film non ha poi molto della nuda poetica del neorealismo.
E ancora oggi è un film di una bellezza sconvolgente, quasi rigoroso nel suo affermare il bisogno di "spogliare l'uomo dall'influenza esterna" degli altri.
I giovanissimi del film sono irrazionali e magnetici, tragiche figure che sembrano fluttuare tra chi subisce e chi influenza gesta degeneri, come l'amico forte e pericoloso (e falsamente protettivo) della nostra infanzia

mister_snifff  @  03/03/2006 00:07:14
   9½ / 10
film crudo che mescola un certo neorealismo italiano con effetti visivi "surrealisti", che porta lo spettatore lontano anni luce da fini estetismi rassicuranti

2 risposte al commento
Ultima risposta 16/09/2008 02.44.28
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