il buio nella mente regia di Claude Chabrol Francia 1995
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il buio nella mente (1995)

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locandina del film IL BUIO NELLA MENTE

Titolo Originale: LA CÉRÉMONIE

RegiaClaude Chabrol

InterpretiSandrine Bonnaire, Isabelle Huppert, Jacqueline Bisset, Jean-Pierre Cassel

Durata: h 1.51
NazionalitàFrancia 1995
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1995

•  Altri film di Claude Chabrol

Trama del film Il buio nella mente

Un mattino d'inverno alla stazione di Saint-Malo la signora Lelièvre accoglie Sophie, la nuova cameriera. Subito apparentemente a suo agio nella gestione delle faccende domestiche, Sophie riesce a fare tutto e a soddisfare tutti. Se non fosse per quella sua strana mancanza di emozioni... Jeanne, la spigliata e curiosa postina del paese, riesce a fare amicizia con la nuova arrivata; i segreti delle due giovani donne, diversi ma ugualmente inconfessati, trasformano l'amicizia in una alleanza. La famiglia Lelièvre, senza saperlo e senza volerlo, si avvicina pericolosamente allo svelamento di questi segreti.

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Voto Visitatori:   7,77 / 10 (22 voti)7,77Grafico
Voto Recensore:   7,50 / 10  7,50
Miglior attrice protagonista (Isabelle Huppert)
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
Miglior attrice protagonista (Isabelle Huppert)
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Voti e commenti su Il buio nella mente, 22 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

alex94  @  02/10/2023 10:39:01
   8 / 10
Chabrol continua in modo magistrale la sua opera di distruzione della borghesia francese e lo fa con un pessimismo unico,regalando allo spettatore una pellicola tesa,compatta e pienamente riuscita ( sorprendente il finale,di rara violenza e crudeltà).
Regia ( apparentemente semplice ) convincente,grandiose le prove della Bonnaire e della Huppert.
Notevole ed intenso,tra i migliori dell' ultimo periodo del maestro francese.

DankoCardi  @  28/08/2023 13:47:57
   8 / 10
Quando ho deciso di visionare questo film una vocina nella mia testa mi ha domandato: "Ma almeno sai di che cosa parla?" ed io le ho risposto: "Chi se ne frega! Io voglio vedere quelle gnocche della Huppert e della Bonnaire" Poi ho scoperto che c'era pure la Bisset...che pacchia! Comunque splendida sorpresa nel trovarmi una pellicola intensa e drammatica ma senza pietismi moralisti. L'amicizia tra due donne strane con la "innocua" Sophie che nasconde un mistero nel mistero; la sua caratterizzazione è perfetta come quella della sciroccata ed espansiva Jeanne. Chabrol è un maestro nell'usare il minimalismo per narrare tutto, come la sottile evoluzione del rapporto tra le protagoniste che si trasforma in complicità senza però sfociare nel morboso; o il mostrarci la normalità della famiglia presso cui Sophie lavora. Anche se durante il film non accade nulla di concreto si capisce che una inquietante tensione sta montando fino all'atroce finale reso più terrorizzante dal fatto che sia rappresentato con un distaccato cinismo, come se non fosse successo nulla di importante. Si, forse come dicono alcuni commenti sottostanti c'è anche una critica alla borghesia sebbene i "borghesi" qui non vengano visti come antipatici snob ma persone qualsiasi, come se il regista avesse voluto dirci che una cosa del genere potrebbe capitare a chiunque...anche a noi! A me ha fatto venire i brividi. La pellicola poi è sorprendentemente scorrevole per essere un prodotto francese e la bravura delle interpreti completa il tutto. Uno di quei film da vedere almeno una volta nella vita.

Thorondir  @  03/01/2023 12:30:42
   7 / 10
Sophie entra nella famiglia agiata come un corpo estraneo: taciturna, non sa leggere, non sa guidare. Su questa ambiguità che stuzzica lo spettatore Chabrol costruisce un film di interni, di psicologia, di cose dette e non dette, di personalità progressivamente svelate, di conflitto di classe, di rottura drammatica. È un gioco di costruzione certosino che può giovarsi anche di una messa in scena elegantemente asettica quanto basta per enfatizzare il tono del film (molto francese, ca va sans dire). Dove andrà a parare il film è facilmente intuibile e l'esplosione finale, per quanto cruda, ha però il problema di arrivare dopo quasi due ore in cui ciò che la sceneggiatura svela non riesce a tenere la potenza del finale: è allegoria sulle differenze di classe? È la volontà di rivalsa di chi ha poco e è costretto a pulire le case di chi ha molto? È trasporto omosessuale? È pura e semplice esplosione nichilista di violenza senza ragione? Difficile dirlo con certezza. Insomma, meglio la regia e la messa in scena della sceneggiatura.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  12/03/2018 22:49:49
   8 / 10
Il buio della mente tratto dal romanzo La morte non sa leggere è uno dei migliori film di Chabrol. L'abilità del regista è quella di creare una sottile tensione in un contesto di normalità quotidiana. Questa tensione gradualmente si autoalimenta con la connessione dei due personaggi femminili molto borderline, sia come carattere e nel contesto sociale in cui sono inserite.
Lo sfondo della provincia francese così piccolo borghese, da sempre bersaglio del cinema di Chabrol, si sposa benissimo con il dramma che si sta sviluppando sotto le ceneri.
Sophie soffre per il suo analfabetismo e la famiglia che la ospita come cameriera non fa altro che alimentare un rancore sordo che l'amica Jeanne porta sempre più a galla fino al bellissimo e tragico finale. Un film che nella sua apparente normalità riesce ad inquietare ed angosciare quanto un film di genere, se non di più.

7219415  @  14/11/2016 10:59:11
   7½ / 10
davvero discreto

Oskarsson88  @  13/11/2016 10:08:32
   7½ / 10
Film cattivello e anti borghese con personaggi vagamente pazzoidi. Non male non male, fa sempre piacere vedersi un Chabrol

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  16/10/2014 18:42:39
   7½ / 10
Chabrol è sempre stato cattivello (basti pensare a "Una moglie infedele") eppure negli anni '90 ha toccato vette di sadismo e spietatezza che non starebbero male a, che so, un Haneke. Con le dovute differenze.
C'è di certo ironia nera anche ne "La cèrèmonie", ben nascosta dal realismo, in verità poco grottesco (rispetto a "L'inferno) se non nella parte finale, guardacaso la più riuscita e sconvolgente.
Eppure il film ci mette un pò di tempo ad ingranare, aiutato da due attrici bravissime.
Quando lo fa, tutto diventa più interessante.
Per fortuna: all'inizio ero molto annoiato e deluso ma è valsa la pena aspettare e "resistere".
Continuo a ritenere "L'inferno" il mio Chabrol preferito ma ne ho ancora tanti da vedere...

pak7  @  05/10/2014 01:10:11
   5½ / 10
Pellicola di Chabrol fin troppo sopravvalutata e sopra le righe. Paradossolmente l'ho trovato banale, e con un finale fin troppo premeditato e quasi scontato. Ma se avesse avuto un finale meno pirotecnico per cosa sarebbe ricordato?

sweetyy  @  11/04/2013 15:18:49
   8 / 10
Eccellente film di Chabrol, Isabelle Huppert si riconferma un'attrice grandiosa.
Finale memorabile.

Goldust  @  22/10/2012 11:03:36
   7 / 10
La superbia della media borghesia francese contro l'invidia della classe meno abbiente in questo spietato dramma ben diretto da Chabrol, sempre interessato alle dinamiche dello "scontro sociale". Alla Huppert tocca un personaggio talmente pazzo che rischia di portarla al limite del ridicolo, e se risulta verosimile è solo grazie alla sua mostruosa bravura d'interprete. Ottima anche Sandrine Bonnaire.

C.Spaulding  @  19/06/2012 17:29:58
   9 / 10
Film magnifico. Una pellicola magnifica carica di tensione che incolla allo schermo fino alla fine, Chabrol ha diretto un film ambiguo e inquietante che analizza nel profondo la psicologia dei personaggi.....finale tragico. Da vedere !!!!

lupin 3  @  23/05/2012 18:46:13
   5 / 10
Niente di eclatante, ho preferito altro di Chabrol.
Sopravvalutato.

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  18/10/2011 17:53:29
   10 / 10
Ritratto perfetto, lucido, devastante della psiche umana subordinata alla condizione, relazione infallibile tra la borghesia ed il proletariato, tra chi comanda e chi è comandato, tra chi invidia e chi è invidiato.
L'invidia, questo mostro crudele dell'animo umano, è il motore di questo capolavoro, una storia di ordinaria follia, costruita su due elementi, il primo: la quotidianità di una tranquilla famiglia borghese, il secondo: l'amicizia/complicità di una governante con una postina. Questi due elementi, opposti nella loro condizione sociale, trovano un punto d'incontro soltanto al termine del loro cammino, un punto di non ritorno dettato dall'intervento umano da una parte e dal destino dall'altra.
Il gioco di equilibri con il quale ha a che fare l'essere umano durante la propria esistenza è la prima cosa che passa per la testa durante la visione del film, è palpabile man mano che si susseguono gli avvenimenti. I Lelièvre, ricchi proprietari di una bella villa, assumono una persona per governare la casa (Sophie), queste persona è analfabeta (noi lo comprendiamo subito), l'equilibrio si fa instabile. Il gioco di sguardi e di battute tra la futura governante e la postina del paese (Jeanne) durante il trasferimento dalla stazione alla villa ci fa intuire che tra le due c'è una subdola intesa, l'equilibrio traballa. Lelièvre detesta Jeanne che gentilmente ricambia il sentimento, l'intesa tra Jeanne e Sophie pian piano si trasforma in complicità, l'equilibrio precipita.
Uno degli aspetti più interessanti del film risiede nella sproporzionalità tra il drammatico epilogo e le circostanze che hanno indotto a crearlo. La realtà proletaria delle due neo amiche è lontana anni luce da quella borghese della famiglia Lelièvre, due universi tanto distanti quanto incompatibili tra di loro, la fortuna di una condizione agiata favorisce l'indifferenza ed il disprezzo verso chi quella condizione non può permettersela, la sfortuna di una condizione misera favorisce l'odio e l'invidia nei confronti di chi quella condizione non la considera proprio, è il conflitto di classe, cresciuto insieme all'umanità, un cancro inestirpabile della società civile che accompagnerà l'uomo fino alla fine dei suoi giorni.
Il rapporto tra la famiglia Lelièvre e Sophie non viene descritto esattamente come un rapporto tra padroni e serva, questa disparità è evidenziata soltanto verbalmente, in diverse occasioni i membri della famiglia vengono sorpresi a parlare di Sophie con termini non proprio edificanti, al contrario nei fatti la ragazza è trattata con i guanti, sufficientemente rispettata, aiutata nel bisogno, compresa. Nulla fa sospettare ad un rancore da parte di Sophie nei confronti dei Lelièvre, ci apparirebbe ingiustificato e fuori luogo, ma la diversa condizione sociale moltiplica l'invidia, allontana irrimediabilmente quello di buono che la famiglia Lelièvre fa per la ragazza e la trascina in un oblio senza ritorno.
Gli ultimi 20 minuti del film sono da antologia cinematografica, una escalation di tensione che inizia nel momento in cui le due ragazze cominciano a maneggiare per gioco i due fucili da caccia di Lelièvre mentre l'uomo insieme alla famiglia assiste ad una rappresentazione teatrale in tv, le due donne non entrano furtivamente nella villa con l'intenzione di uccidere, la follia spesso non premedita, è un meccanismo che scatta quando una determinata condizione ne favorisce l ‘input , ma non c'è teatralità nei gesti di Sophie e Jeanne, tutto avviene con una freddezza meccanica, quasi per gioco, si sono trovate in mano un' arma tanto vale usarla, dove sta il problema? E' il mondo ad essere crudele, è il destino a scegliere per noi.

Invia una mail all'autore del commento INAMOTO89  @  13/10/2011 00:55:51
   8 / 10
Isabelle HUppert è sinonimo di capolavoro .
Sin dai primissimi minuti lei e la Bonnaire sono riuscite a farmi patteggiare x loro sino al finale ...e che finale !!!!!!

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER
ci stava anche per scappare la lacrimuccia :'(

E comunque CHE DONNA MERAVIGLIOSA la huppert...spero di incontrare una come lei un giorno *_*

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  27/03/2011 13:07:41
   8 / 10
"Ci sono nelle persone per bene molte cose che mi ripugnano e certo non è il male che è in loro".

Perché se il male, o la propensione alla reazione violenta, è in ognuno, ciò che disgusta è il perbenismo di una fortunata borghesia colta, che può dunque citare Nietzsche, comoda nelle sua villa e mite in famiglia, che sa farne a meno, coprirlo, incolpare chi ce l'ha: l'invidia inconsolabile rimane agli umili, assieme al disadattamento e all'omicidio.

Un racconto paziente, psicologicamente sottile, che lascia - la ragione di certe sue manie per esempio - varie ombre sulla protagonista, come mai vissuta, analfabeta, inetta: nasconde la sua passione per il cioccolato come fosse una colpa, s'imbambola per ore davanti al televisore come anestetizzandosi.
Solo l'incontro con un'altra della sua razza - razza d'invidiose, di misteriose, d'assassine, l'una del padre e l'altra del figlio piccolo, mostri? No, donne sfortunate - le saprà dare appoggio, e il racconto assume la forma, man mano che si avvia a concludersi, di una sorta di preparazione.

Il finale, che è annunciato, è però sorprendente, inatteso se ragionato all'interno della filmografia di Chabrol: manca la pietà, esplode una spietatezza vendicativa, dall'una e dall'altra parte; la forza delle cose riprenderà la sua (ineguale, borghese, cristiana) giustizia. Forse fin troppo palesato, a questo punto, il confronto è tra l'opera di Mozart in tv e il livello dei programmi che guardavano le due amiche, tra la famiglia raccolta sulla poltrona e le omicide, tra la libreria e i fucili: migliore, a mio parere, nella preparazione che non nella cerimonia.

Guy Picciotto  @  25/05/2010 19:53:54
   9 / 10
Dinamite pura questo di Chabrol, non certo inaspettato poichè gia con i film a questo precedenti Chabrol stava diventando via via sempre più acido e ficcante, il maestro francese proveniva da film abbastanza riusciti ad inizio anni 90 come "betty" e "l'inferno" veri gioiellini da riscoprire, ma con il buio nella mente da una botta assoluta alle fondamenta alto-borghesi. Qua dentro ci sta tutto l’odio che Chabrol riversa nei confronti di questa famiglia della borghesia elitaria, di questo covo alpha di serpenti del "Tengo Famiglia", che poi diciamola tutta, Chabrol è stato fin troppo clemente nel descrivere questa grassa borghesia di fine siecle che a tavola mastica filet mignon e digerisce il don giovanni di Mozart solo per darsi un tono da aristocratici, quando invece mostrano solo tutto il ridicolo di una condizione di privilegiati sfruttatori piuttosto grezzi, aristocratici ci si nasce, sopratutto se sei francese e Chabrol lo fa no emergere chiaramente, ma Chabrol sappi che se fossero stati italiani o americani c'era la pupa e il secchione e c'è posta per te al posto del divino don giovanni mozartiano in tv, un motivo in più per reiterare 2 - 3 infinite volte l'omicidio, perchè uccidere questa marmaglia filistea da ottava arrondissement parigina una volta sola è troppo poco come dicevano Pasolini e De Sade. Gli omicidi finali eseguiti in uno stato di totale gioia fanciullesca da parte delle 2 clochard (una grandissima Huppert tra l'altro) associati ad un clima tetro (viene sforacchiato giustamente anche il bambino figlio dei borghesi e futuro sfruttatore quindi) danno proprio l'idea che Chabrol aveva voglia di vomitare tutto e senza alcun ritegno.

Crimson  @  31/01/2010 21:54:55
   10 / 10
Se il titolo francese ('la ceremonie') allude al valore simbolico dell'ultimo atto del film, per una volta la traduzione italiana (volutamente?) rende perfettamente l'ambivalenza più profonda. 'Il buio nella mente' appartiene tanto alle due protagoniste quanto a questa famigliola alto-borghese ritiratasi in provincia. La domanda a questo punto è: la domestica e l'impiegata postale sono davvero più inquietanti della famiglia Lelievre?
Da una parte la borghesia, dall'altra due donne di modesta estrazione sociale: un film sulla lotta di classe? Chabrol sonda una labilità psichica impressionante attraverso un gioco abilissimo di smascheramento graduale, seguendo in superficie i canoni del giallo hitchcockiano e in profondità una cura maniacale per il dettaglio che possa svelare ogni minima peculiarità dei personaggi principali.
Dopo un incipit canonico lo spettatore comincia ad entrare nelle dinamiche che caratterizzano il rapporto tra i Lelievre e il piccolo paese di provincia/mondo circostante, quello tra la famiglia e Sophie, e quello tra gli stessi componenti del nucleo famigliare. Soffermandoci su questo ultimo punto, la famiglia ben presto si rivela parzialmente disgregata nella sua composizione. Padre e figlia naturale coltivano la passione per la caccia, madre e figlio naturale la serbono per i film e tendono a confidarsi segreti. Il rapporto con Sophie è fin dall'inizio di superiorità sociale: dalla disquisizione sull'appellativo da dare alla ragazza - donna di servizio o meno - l'insieme di dettagli che si accumulano sono eloquenti; quelli che colpiscono maggiormente l'attenzione sono Sophie che mangia in cucina da sola - tipo cane - e la famiglia che riunita in sala giudica ad alta voce l'operato (ottimo) della donna dietro i fornelli.
Quante volte ci capita di leggere qualsiasi cosa in compagnia di una persona che vive con noi? La risposta è scontata, credo; nella famiglia Lelievre non è nemmeno tenuta in considerazione. La sig.ra Catherine affida a Sophie le consegne lasciando bigliettini. Al di la' delle attività domestiche quest'ultima si cimenta peraltro quasi esclusivamente in un passatempo: guardare una vecchia tv in camera sua.
Ben presto allo spettatore è rivelato ciò che la famiglia non arriverà a capire prima di qualche settimana: la ragazza è dislessica, e nasconde questa sua "vergogna" strenuamente.
L'artificio della dislessia non rafforza solo la convinzione del rapporto di superiorità/inferiorità legato al ceto, ma anche di un comportamento oggettivo che si giustifica quasi da solo, come se fosse il solo modello di vita contemplato da una microsocietà in cui si instaurano i rapporti umani. A tal proposito il ruolo di questo squarcio provinciale di paese è estremamente funzionale come accade spesso nei film del regista (quasi tutti). Sarà la figlia adolescente a scoprire la malattia della domestica proprio perchè è l'unica che cerca un contatto umano con lei; il test da svolgere insieme è paradossalmente il primo vero contatto di parità di dignità tra due persone fino ad allora divise puramente da convenzione. La sequenza è agghiacciante, in realtà; Sophie ha origliato un dialogo tra Melinda e il ragazzo, in cui la ragazza dichiarava di avere un ritardo nel ciclo. Sarà questa l'arma di una disperata Sophie per ricattare la signorina Lelievre, che dopo questo episodio senza che allo spettatore venga mostrato nulla si riallinea in modo naturale all'appartenenza strategica della famiglia (rinnegando gli atteggiamenti pseudo-anticonformisti che aveva avuto fino a quel momento): è gravissimo per la famiglia borghese ciò che è stato perpetrato nei suoi confronti; è stato condotto un vero e proprio attacco all'equilibrio famigliare.
Lo spettatore non conosce cosa effettivamente la figlia abbia detto ai genitori in merito alla gravidanza, ma in realtà può facilmente intuirlo: Melinda al ragazzo per telefono non mostra una preoccupazione tale da far provare vergogna, imbarazzo o contingenza tangibile della situazione (identico atteggiamento il ragazzo, che al compleanno le regala il miglior stereo che ci fosse in circolazione, "a quel prezzo").
La famiglia difenderà questo incidente di percorso facendo quadrato, quasi come un corpo militare o un partito politico. La decisione singola non esiste, è 'l'essere borghese' che la contraddistingue fino ad inghiottire il singolo. Ecco perchè l'omicidio ha valenza simbolica, e non guarda in faccia proprio nessuno. Ecco perchè quei libri vengono colpiti da una fucilata, perchè Sophie in qualche modo rivendica se stessa, soffocata da una vergogna naturale come se esistesse un codice scritto che le imponesse una condizione di inferiorità, la cui unica via di uscita è l'esplosione finale, furente e catartica.
Ma un passo indietro, il rapporto con Jeanne. L'impiegata postale soffre chiaramente dell'invidia di classe. Anche lei come Sophie ha un passato oscuro. Ammesso che la dinamica dei fatti relativa alle circostanze che hanno portato alla morte del figlio sia come lei la racconta, è comunque evidente un'imprudenza inquietante, omicidio o meno che sia, tecnicamente. Jeanne è una donna subdola che sprigiona sentimenti repressi molto forti al pari e forse più di Sophie. Il loro piccolo segreto è il passato (pseudo)omicida (Sophie, probabilmente, ha ucciso il padre paralitico poco tempo prima) di cui ridere. C'è un legame diabolico che s'instaura tra le due fin dall'inizio, suggellato da una cena a base di funghi e dalla visione clandestina di film con Paul Newman o Alain Delon nella stanza di Sophie.
La famiglia è talmente attenta ad attenersi alle proprie convenzioni e convinzioni, ai propri rituali afinalistici, alla difesa dell'equilibrio, al ripetersi ad libitum del cerchio che ha costruito attorno, da essere ciechi nel considerare l'altrui cecità (delle due donne), il pericolo che corrono. La parità della labilità di colpe e perversione genera però una disparità: ecco che l'invidia di classe ha un'arma repressa che non è contemplata da chi secondo quest'ordine assurdo si rende già padrone con lo strumento della legittimità del controllo derivante dalla condizione sociale.
Il soverchiamento è brutale, simbolico, agghiacciante, perfino osceno (Jeanne che macchia con la cioccolata il letto dei coniugi Lelievre con un gesto ineludibile - una delle scene che rimangono maggiormente impresse).
C'è un altro aspetto agghiacciante: il subplot relativo al rapporto delle due donne con le opere di carità della chiesa. Jeanne e Sophie hanno una modalità singolare, bizzarra se vogliamo, ma inequivocabilmente funzionale di selezionare i vestiti donati per le persone bisognose. Questo atteggiamento viene stigmatizzato dal parroco. Non si tratta forse di un altro simbolo accomunabile al mondo borghese? Anche la Chiesa intende perpetuare la propria routine, anche se non ha senso conservare vestiti vecchi e sdruciti e sarebbe opportuno operare una cernita. E' l'apparenza che ha la priorità in questo gioco di ruolo infame e aberrante. La facciata, la convenzione che è il modus vivendi e quindi ciò che più è opportuno difendere ad ogni costo, in una chiusura a riccio che rigetti ogni forma di anomalia, di novità.
Torno alla domanda iniziale: chi è più aberrante?
Coppa Volpi ex-aequo a Venezia per due delle più grandi attrici della storia del cinema, sicuramente le migliori a livello europeo. La coppia Huppert-Bonnaire è spaventosa, il sottile e perverso gioco psicologico che si scatena tra di loro lo associo sempre in modo naturale alla coppia Debra Winger-Theresa Russell de 'la vedova nera', sebbene su un piano squisitamente logico non ci sia alcuna somiglianza.

2 risposte al commento
Ultima risposta 07/10/2011 14.51.38
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Gruppo REDAZIONE maremare  @  26/12/2008 16:45:09
   7½ / 10
Uno dei migliori Chabrol descrive con precisione l'implodere e l'espandersi di un florilegio di sentimenti negativi, fino al terribile epilogo.
Strepitose le due protagoniste.

Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  26/12/2008 16:39:21
   7½ / 10
Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  08/11/2008 12:46:56
   7½ / 10
Chabrol si conferma, come sempore, un regista colto ed attento. Questo giallo inquietante ed ombrosso ha le giuste dosi di dramma e di tensione.
Impareggiabili le due protagoniste, davvero straordinarie.
Assolutamente consigliato.

1 risposta al commento
Ultima risposta 08/11/2008 13.03.55
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  07/11/2007 21:34:50
   7½ / 10
Remake di un film inglese (o americano? boh), credo si chiamasse "La morte avrà i tuoi occhi", un Chabrol in grande forma che affronta il tema classista forse con un certo qualunquismo, ma con la consueta abilità narrativa e il senso della misura... e del resto i Levievre, con la loro ruotine annoiata, non riscuotono la simpatia degli spettatori, al di là della fine miseranda che fanno... La Huppert e la Bonnaire, soprattutto, sono due Iene impareggiabili, emblemi di mostruosa devianza sociale: la scena nell'associazione di volontariato e il disprezzo verso la pietas organizzata forse fanno ancora più male delle loro azioni conseguenti

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Requiem  @  06/11/2007 15:43:23
   8 / 10
Classico ed elegantissimo giallo di Chabrol, tratto da Rutt Rendhel e tipico della filmografia del grande regista francese.
La tensione scorre sotterranea fino all'esplosione finale; la trama (le due proletaire invidiose di una famiglia borghere), e l'ambientazione (la provincia) sono ricorrenti nelle opere migliori di Chabrol.
Le due attrici, Sandrinne Bonneire e Isabelle Huppert, sono impressionanti.

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