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Una madre bisognosa abbandona il figlioletto appena nato in strada; attraverso varie vicissitudini, il piccolo viene adottato da un vagabondo. Col passare del tempo, fra i due si crea un forte legame... Se chiedessimo a una sala piena di persone, in qualsiasi parte del mondo, se uno solo di loro non ha mai neanche sentito parlare di Charlie Chaplin o almeno visto uno dei suoi film, credo che le mani alzate sarebbero molto poche, praticamente inesistenti. Già ai suoi tempi questo comico drammatico era diventato un'icona immediatamente riconoscibile, e il fatto che ancora oggi la gente sappia chi sia e riesca a godersi i suoi film è indice non solo della sua popolarità, ma anche della qualità delle sue opere. Sempre freschi e sempre attuali, i film di Chaplin sono fra quei pochi che trascendono il tempo e lo spazio, per i quali vale assolutamente il concetto di universale: da qualsiasi parte del mondo si viene o in qualsiasi epoca si vive, le sue storie hanno sempre e comunque qualcosa da dire. Solo Walt Disney e Frank Capra possono dire altrettanto. Con questo film Charlie Chaplin fa il grande balzo dal formato del cortometraggio, che adoperava fin dagli esordi e già aveva ospitato un grande numero di piccole perle ("Vita da cani" e "Il vagabondo su tutti"), e al giorno d'oggi tutti lo considerano uno dei più grandi capolavori del maestro. Ricordo di averlo visto una volta quando ero piccolo e che mi era piaciuto molto, ma a riguardarlo oggi, pur avendolo comunque apprezzato, non credo di condividere l'opinione generale. Se c'è una tecnica che Chaplin ha saputo usare meglio di chiunque altro, quella è la semplicità: le sue storie sono semplici di per sé e raccontate in modo semplice, chiaro e diretto, senza fronzoli e puntando l'attenzione direttamente al nocciolo della questione, portando alla luce ciò che da ad ogni scena il suo senso. Questo era evidente già da prima, ed è una capacità che non si perde con l'allungarsi della durata: il rapporto fra il vagabondo e il suo figlio adottivo è il fulcro della vicenda, e come tale ne diventa il motore, narrato con delicatezza e trasporto, anche grazie alla capacità espressiva del piccolo Jackie Coogan.
L'ormai celebre scena dell'inseguimento sui tetti, uno spettacolo anche a livello tecnico, è la riprova di tutto questo.
Insieme alle lacrime e alle risate, rappresentate dal sempreverde slapstick e da scene (quella del sogno) caratterizzate da pungente ironia, giungono nei lungometraggi anche le idee più polemiche di Chaplin, su tutte la critica alle istituzioni, in questo caso l'orfanotrofio che cerca di sottrarre al vagabondo il bambino malato. Purtroppo, qui tale critica non è approfondita come lo sarà in opere seguenti e sa molto di macchiettistico, senza una vera ragion d'essere; allo stesso modo il finale
In cui il vagabondo ritrova il bambino, riunito con la madre, e viene invitato a raggiungerli a casa della donna.
per quanto sia uno dei pochi veramente "lieti", in qualche modo stona con tutto il resto e non sembra molto ben integrato nella vicenda, saltando fuori dal nulla. Non è brutto, ma la sensazione è che gli manchi qualcosa, una sorta di ingrediente fondamentale per farlo funzionare a dovere. E in generale sono rimasto sorpreso nel non provare le stesse emozioni di quella prima volta: non ho sparso lacrime, di tanto in tanto si è giusto presentata un po' di malinconia. Come banco di prova per il formato del lungometraggio, "Il Monello" funziona benissimo e scorre in maniera fluida, intrattenendo a dovere; ma paragonato ad altri film dello stesso regista, sia narrativamente che emotivamente, a mio parere Chaplin ha fatto di meglio.
Il primo lungometraggio di Chaplin è una storia disarmante per semplicità e allo stesso tempo complessità emozionale. Un film che tocca il cuore in maniera delicata e spiritosa, instillando nello spettatore emozioni vive e sorrisi sinceri. Indimenticabile.
Un film indelebile, una slapstick perfetta, un dramma comico promiscuo e di eterea umanità. E' così, con un capolavoro memorabile, che Charles "Charlie" Chaplin crea THE KID, il suo primo lungometraggio che vede sfruttare nel migliore dei possibili modi il celeberrimo personaggio che rese famoso l'interprete, autore anche sotto ogni veste tecnica e cinematografica, non solo adorabilmente comico ma anche incredibilmente riflessivo e profondo, capace di emozionare con critica pietà per tematizzare la figura del "vagabondo", un uomo vivente nella felice e malinconica condizione di una divertente e rattristante povertà, traccia narrativa che trasuda il senso dell'ingiustizia della vita, specchio di una condizione sociale tanto caricata quanto reale, sventolata con ferrea espressività allo spettatore che inerme segue le disavventure così palpabili dei protagonisti, folgorato dalla cruda realtà della differenziazione sociale e dall'inamovibile vincolo dei difetti dell'animo umano.
Ragazzi stiamo parlando di un film di 94 anni fa, una pellicola d'esordio, il primo vero lungometraggio di Charles Chaplin. Un'opera semplice, ma profonda. Altra e lancinante testimonianza che non servono effetti speciali per fare un film, in questo caso (come per tutta la filmofrafia di Chaplin) nemmeno le parole.
Questa frase storica, che apre "Il monello", non racchiude forse l'intera poetica e non è forse una sintesi più che ottima di tutta la filmografia di costui a partire da qui fino a "Limelight", di 31 anni successivo ? Io credo di si.
Di registi che hanno saputo unire davvero perfettamente dramma e commedia ce ne sono pochi, il primo a saltarmi in mente è il Wilder de "L'appartamento" ma solo uno, uno soltanto ha saputo letteralmente fondere le due cose per creare uno stile iconico, unico e rivoluzionario, semplicemente Charles Chaplin lui e il suo genio cinematografico.
Tutto è iniziato da qui. "Il monello" primo lungometraggio di Chaplin che porta in scena il suo personaggio, la sua maschera protagonista di tantissimi cortometraggi di successo. E "Charlot" diventa allora una volta per tutte simbolo di comicità e solitudine, tristezza e sorrisi, e tante altre emozioni che con Chaplin diventano un turbine che tutto confonde senza per questo far perdere nulla allo spettatore che anzi si ritrova a piangere, a ridere, a ringere a piadere a... E tutto con una spontaneità che ha pochi eguali nel mondo del cinema.
La regia poi è straordinaria, Chaplin era un fenomeno (perfezionista folle, Kubrick ante-litteram, sprecone di pellicola e quello che volete ma quanta bellezza), il film è un qualcosa di meravigliosamente fluido, regia e montaggio eccellenti, idee e soluzioni visive geniali, l'occhio di Chaplin straordinario nel riportare le immagini, le gag e gli eventi, io non sono minimamente in grado di scrivere di questa roba ma nella mia ignoranza continuo a ritenere la scena di Charlot che insegue gli assistenti sociali per riprendersi il suo bambino una delle cose più belle viste su schermo cinematografico a livello di regia, di inquadrature così come a livello emozionale, una scena straordinaria ma basta che sto diventando ripetitivo con gli aggettivi.
Quello de "Il monello" è anche un Chaplin tagliente e freddo nei confronti de "l'autorità costituita", gag col poliziotto a parte colpisce particolarmente la parte degli assistenti sociali, molto tesa, chiaramente critica, decisamente "cattiva" e culminante in quel disperato inseguimento che vede, primo di vari ribaltamenti di fronte, alla fine il nostro Vagabondo trionfare e riprendere con se il pargolo. Ritroveremo ancora il Chaplin satirico e critico, questo è ovvio ("Tempi moderni" "Il grande dittatore" e mi preme urlare "MONSIEUR VERDOUX") e anche con soluzioni più mature.
Nella scena dell'inseguimento e nell'abbraccio tra i due c'è un grande esempio della straordinaria, immensa e inimitabile espressività del genio, in questo caso recitativo, di Chaplin, qualcosa che non si può realmente descrivere a parole, si può solo guardare e godere. C'è anche un esempio perfetto della grande sintonia tra lui e il giovanissimo Jackie Coogan che è di una bravura mostruosa (caro, vecchio, Zio F...) è spontaneo, vivace, perfetto, con un'intesa naturale con Chaplin, e quell'espressività innata di un bambino che il baffuto geniaccio ha saputo sfruttare alla perfezione.
E questo per tutta la durata del film con una sfilata di scene memorabili da paura, la gag dei vetri, la rissa col bambino e il suo fratello maggiore, gli sguardi e la gestualità tra Chaplin e Coogan è sempre davvero meravigliosa. Terza comoda (l'in qui non c'entrava una mazza) Edna Purviance, storica compagna e prim'attrice dell'epoca per Chaplin e in futuro, quando la ragazza avrà imboccato la via del tramonto e dell'alcool, amica di tutta una vita. Molto brava anche lei.
Si diceva del finale, un po' sbrigativo, secondo alcuni. Invece secondo me era già stato perfettamente suggerito e incastrato precedentemente: la madre del bambino lo aveva già incontrato, senza conoscere la sua identità, gli aveva regalato un giocattolo, conosceva e aveva parlato con quello che credeva fosse il padre del bambino, Charlot; inoltre Chaplin ce la mostra ben presto come donna di buon cuore che, spinta dal terribile rimorso, si dedica alla beneficenza e all'aiuto dei bambini più disagiati e poveri. Fin troppo ovvio che avrebbe ringraziato l'uomo che per 5 anni aveva accudito suo figlio come meglio aveva potuto e con affetto sincero. Ovvio si ma non banale (in un'epoca in cui il lieto fine era fisso il 99% delle volte) e tantomeno forzato o sbrigativo, solo logica conseguenza della sceneggiatura, una sconfitta per Charlot sarebbe stata si forzata in un film commovente ma non triste, non drammatico.
Ci vorrà ancora del tempo prima che Chaplin depenni il lieto fine dai suoi film (con la bella eccezione de "La donna di Parigi" il film successivo a questo) con il crudele e angosciante finale di "Monsieur Verdoux".
Straordinario anche l'accompagnamento musicale composto da Chaplin stesso, perfettamente funzionale al film e molto bello ad ascoltarsi, predominanti gli archi.
Un inizio folgorante per il Chaplin regista e autore di lungometraggi in un capolavoro che racchiude già tutta la sua poetica che da qui poi potrà ulteriormente evolversi, maturare,arricchirsi e rimodernarsi nel segno di un fenomeno sempre perfettamente al passo, quando non avanti, con i tempi, un regista e un'anima cinematografica che ci ha donato una delle più incredibili sequenze di capolavori che si possa immaginare.
Io mi tolgo il cappello e tutti i capelli davanti al cinema di Chaplin, posso solo vedere e ringraziare, che meraviglia i suoi film, che sublime bellezza.
è il primo, vero, grande film di Chaplin. Tra i suoi più rappresentativi, nato in un momento di crisi personale (la morte dei figlio di 3 giorni, il divorzio dalla moglie, la paura di vedersi sequestrare i beni da un momento all'altro compreso il film), "Il monello" spinge a fondo su un sentimentalismo commovente, di quelli che ai detrattori di Chaplin farà certo storcere il naso perché mai è stato così acuito. Poco importa: la retorica "umanista" di Chaplin è sincera, sincero il suo attaccamento al bambino del film. Eccezionali entrambi, Chaplin e Jackie Coogan, in alcune scene talmente espressivi da uscire quasi dallo schermo. Molto bello anche il finale onirico, e un lieto fine poco credibile ma che riesce a non stonare.
una volta questi film di Charles Chaplin li trasmettevano in tv, ora non più. io me lo sono visto in tv e mi aveva catturata dall'inizio alla fine. (poi mi piacciono i film muti). devo dire che è uno dei miei film preferiti di Charles Chaplin. io mi sono pure commossa a vedere lui e il bambino abitare in quella baracca e in profonda povertà. menomale che in certi pezzi fa sorridere! da vedere!
La consacrazione di Chaplin dopo anni di corti dove ha delineato, con qualità galoppante, la sua poetica. "Il monello" è uno di quei film immortali, di dolcezza e sentimenti, dove Chaplin si mostra maestro nell'unione tra risata e patetico, tra gag gentili e fisiche e momenti che toccano le corde più profonde dell'animo umano.
Uno dei suoi film più ottimisti, dove però non manca la diffidenza verso le autorità, e una vena anarchica mai sopita.
Un simpatico vagabondo alleva il neonato che la madre ha abbandonato, e quando il bimbo cresce gli insegna a rompere i vetri che poi si offre di sostituire: nonostante poliziotti e burocrati, riuscirà a evitargli l'orfanotrofio ma non a sviare le ricerche della donna che, divenuta una celebre attrice, lo vuole riavere.
Ho preferito altri lavori del grande Chaplin, comunque anche questo tra momenti divertenti e qualche scena drammatica, risulta positivo. E pensare che ha 90 anni...
Dopo una serie di sfortunati eventi, un orfanello abbandonato in una zona residenziale viene rinvenuto e allevato da un povero spiantato. Siccome il vagabondo non ha i mezzi di sussistenza necessari, le istituzioni si investono della facoltà di sottrargli il bambino con l'intento di sistemarlo in un orfanotrofio.
L'ipotetica abbondanza di concetti offerta da una storia del genere, nelle mani di Chaplin sarebbe dovuta diventare un capolavoro se solo il suo autore avesse mantenuto il solito equilibrio tra dramma e commedia, tragedia e comicità. Quella a cui assistiamo è invece una crescente propensione verso una narrazione che somiglia molto al romanzo d'appendice. Un esordio scostante nel lungometraggio, grossolanamente ingigantito a 6 bobine. Un miscuglio di souvenirs che sembrano attingere a un momento storico, a un'impronta sociale, nel quale il protagonista è, inopportunamente, Charlot.
Lo sforzo narrativo è vanificato da un forte piglio melodrammatico e coltivato da un secondario aspetto sarcastico (fantastica l'idea della teiera al posto del biberon, del recupero della moneta dal contatore del gas, del lavoro di sbriciolamento e reincollaggio dei vetri).
Chaplin non introduce sketch programmati in un facile intrigo da feuilleton, precipitando nell'esuberanza e nello schematismo del dramma sociale, incorniciato spesso da irragionevoli ridondanze: l'immagine della via crucis come patema d'animo e sofferenza di una madre, tutta la serie di personaggi introdotti in apertura che poi non ritornano a sovvertire le regole di una storia pre-destinata. Un insieme di figure che risultano appena appena formali, seguendo un'usanza da film integralista di una decina di anni prima: abbiamo la madre snaturata che prova vergogna per un pargolo scomodo, il pittore che l'ha lasciata il quale brucia la foto della donna, il bambino ignaro del suo passato, gli organismi autoritari (i soliti poliziotti e i medici) che tendono a ricostituire l'ordine "naturale" delle cose.
La conquista di una mirabile efficacia è evidente nella scena dove si tenta di dividere Charlot dal ragazzino: entrambi bravissimi nel recitare la sofferenza, la paura del distacco, la minaccia di una sfuggente perdita d'affetto. Una sequenza che richiama alcuni tratti tipici del neorealismo e che depone a favore delle risorse dell'autore. Il quale sorprende, con un colpo d'ala notevole, nell'episodio della Terra dei Sogni, nel quale egli si immagina sospeso tra attività ricreative, quali lo shopping e le innocenti relazioni sociali. Operosità controllate da una frotta di angeli e diavoli. Ed è a causa dei secondi che si insinua il peccato della gelosia. Nel dolce abbaglio del dormire, Charlot viene colpito a morte da una pistola. E questo sarebbe un degnissimo finale per un'opera tutto sommato crudele.
Se non fosse per una specie di onere quasi tradizionalista, alla portata di tutti, e nemmeno sporcato da una sovrapposizione comica: l'happy end di un minuto. Rabberciamento di un vetro rotto. Davvero incoerente e stonato.
Bastano le facce di Chaplin e le bellissime musiche per commentare il film. Un film che diverte e commuove allo stesso tempo, invecchiato molto bene...come tutti i film di Chaplin del resto.
"A picture with a smile - and, perhaps, a tear". Un film con un sorriso - e, forse, una lacrima. Sono le parole che aprono "Il monello", poesia di struggente tenerezza.
La premessa può essere soltanto intuita: a quanto è dato di capire, in occasione di un incontro d'amore, una donna è rimasta incinta di un uomo che poi l'ha lasciata sola con la sua gravidanza. Il racconto inizia all'uscita dell'ospedale, da cui la donna sta uscendo insieme al figlio nato da poco. Normalmente sarebbe un momento gioioso, ma sul suo viso si scorgono pesanti ombre: forse è il dramma di una donna sola, insicura ed abbandonata; forse sono i dubbi di una donna che deve scegliere tra una difficile maternità e le aspirazioni di una carriera. Da questo dramma interiore scaturirà la tragica scelta di abbandonare il bambino. Per una serie di circostanze, il piccolo finisce tra le braccia del vagabondo Charlot, che dapprima prova a disfarsene, ma poi si arrende al destino che sembra aver scelto proprio lui come padre adottivo del piccolo.
La bellezza del film sta tutta nel rapporto che si sviluppa tra Charlot e il bambino. E' la storia di un vagabondo che, nonostante riesca a malapena a provvedere alle proprie necessità, trova l'amore e l'ingegno per riuscire a crescere un bambino appena nato. E' la storia di un uomo povero e solo che impara ad amare una creatura come lui povera e sola, che gli è stata messa tra le braccia non da una donna amata, ma da un bizzarro destino. Un destino che negli anni si rivela ironico, beffardo, dolceamaro: i genitori naturali del bambino negli anni sono diventati "una star di grande fama" ed "un pittore di grande fama", eppure, ritrovatisi in occasione di un incontro mondano, condividono un triste ed incolmabile vuoto. Il bambino invece, pur vivendo di espedienti e povertà, è sereno e felice, perchè nel rapporto con Charlot dà e riceve tutto l'amore che basta per vivere. Questo contrasto non deve stupire: come si nota chiaramente in tutta la sua vita artistica, Chaplin è straordinario ed intelligente nel capire che la comicità e l'ironia giocano sempre sull'accostamento degli opposti. Il suo mondo è sempre in bilico tra dicotomie: sorriso e dramma, povertà e ricchezza, amore e abbandono. Se non fosse una necessità imposta dai tempi, si direbbe quasi che persino il bianco e nero sia una scelta stilistica dello stesso Chaplin, maestro di espressività, che egregiamente sapeva fare a meno della parola e del colore come nessun altro, ieri e oggi. La colonna portante della storia è ancora una volta quello che forse è il tema più caro a Chaplin: la vita è fatta di ricchezza e povertà, ma solo l'amore colma tutte le distanze perchè solo l'amore è vera ricchezza.
Inutile soffermarsi su dettagli tecnici di un film muto del 1921, quando i mezzi erano quelli che erano. Peccato solo che il finale sembri un po' affrettato, ma nulla toglie alla genialità, alla potenza espressiva e alla bellezza di questo capolavoro (uno dei più) dell'unico ed inarrivabile Charlie Chaplin.
Gran bel film, che porta la firma di uno dei più grandi personaggi della storia del cinema. Sceneggiatura interessante sin dall'inizio, con scene molto divertenti, ma non mancano momenti toccanti. Menomale che non ci sono dialoghi, l'espressività dei personaggi durante il film è a dir poco stupenda. Da vedere e conservare.
Rivisto dopo un paio d'anni, ed è sempre meglio! Chaplin sà distillare emozioni, cosa che gli riuscirà ancora meglio con il grande dittatore, qui crea comunque un gran film, il monello del titolo, sarà uno dei suoi grandi successi. Poi come non dimenticare l'interpretazione del suo personaggio più iconico, quel vagabondo che appare nelle storie, con la sua vena tragicomica ma umana, anarchca è sincera. Musiche bellissime, d'atmosfera, dura solo 50 minuti ma bastano! Il cinema degli albori rimarrà sempre inarrivabile, e quello di Charlie Chaplin lo sarà su tutti. Bellissimo il finale nel paese dei sogni!
Primo film di charlie che commento, mi e` piaciuto, bella la trama, alcune scene sono divertenti altre piu` drammatiche...charlie e` un mito..da vedere piu` volte...pensare che risale al 1921! ah si, la colonna sonora bellissima
Film vecchio ormai di un secolo, per questo motivo è molto difficile dargli un giudizio oggettivo rispetto ai film che escono oggi nei cinema, dato che nel 1921 non esistevano le tecniche che esistono oggi per le riprese di un film. Comunque vedendolo si possono apprezzare alcuni aspetti della società di un tempo e vedere come vivevano le persone sempre in lotta con la carestia. Un film interressante a mio parere, che ci porta a riflettere di come si è evoluta la nostra società nel corso di un secolo. Bravissimo Chaplin, ma ancora più bravo ed espressivo è secondo me il bambino (in alcune scene la sua mimica facciale è davvero eccezionale). Molto bella la musica presente in ogni momento che da la giusta atmosfera alla visione del film.
Quando si parla di un film Muto, (probabilmente sarebbe il caso di etichettarlo forse/addirittura come genere "indipendente", genere unico nella Cinematografia…) non risulta difficile tirare in ballo i lavori dell' indimenticabile Charles Chaplin manovratore di camere e "marionetta" della scena, attore e regista di un' altra epoca…
"Il Monello" è con tante probabilità il titolo cinematografico che più incarna Charles Chaplin; comunque nell'analizzare tale prodotto èimportante tenere a mente la data della pellicola che risale al 1921. "Il Monello" si basa su una trama globalmente semplice senza ponderosi picchi ed intrecci dinamici; protagonista un povero (Chaplin) che "incontra" un piccolo bimbo, l'infanzia, la crescita e poi i problemi inni del puro dramma. La pellicola vede la grande prova dell'attore principale e un robusto lavoro tecnico come ambientazioni, coreografia e musiche (su tutto). Nonostante la metodicità della sceneggiatura la regia non disdegna l'introduzione in scena di passaggi "utopistici", visioni deliranti e magnifiche (quasi geniali nella fattispecie "Il Monello") adottate da altre regie in seguito perfezionate tecnicamente ma "spiritualmente" non "genuine" e ammalianti come quelle di un tempo magari… Charles Chaplin regala al pubblico una pellicola sicuramente (giocoforza) corta nella durata ma "lunga" di animo e veemenza dall'inizio fino alla fine, si cerca (ed è logico) quella "pomposità" per incantare e commuovere, insomma la commozione e le lacrime possono arrivare, forse quando lo si guarda in tenera età, osservandolo da Cinefili e/o da appassionati in genere del film si nota un "pizzico" di retorica e di "maniacalità" da parte della regia di risvegliare il lato "fanciullesco" dello spettatore ma alla fine… va bene così!
"Il Monello" rimane pietra miliare, si accaparra (giustamente) l'etichetta di "Top" nel Cinema, il nome del Cineasta, il contesto in generale (sociale) e il rapporto uomo/bambino sublimano il tutto; il finale secco e circoscritto sgombro di lusso e spettacolarità sigilla una storia bella (certamente romanzata) in modo asciutto e in fondo al cuore…reale…
Davvero notevole. E' il primo film muto che vedo e devo dire che non mi aspettavo che potesse colpirmi così. Porta alla commozione e al riso con molta facilità, grazie ad un espressività straordinaria che non ha tempo.
Grandissimo film firmato ancora una volta Chaplin ragazzi, mi meraviglio che film di questo genere seppur siano passati ormai 90 anni dalla sua uscita, possano trasmettere delle emozioni ancora oggi fortissime con il solo utilizzo delle immagini e del sonoro. Un regalo di emozioni tristi da parte di Chaplin in un periodo della sua vita molto difficile, ma riesce sempre con quella simpatia a trovare un pizzico d'ironia anche in questi casi, unendo il divertente al drammatico come pochi sanno fare. L'interpretazione di Chaplin e magistrale, ma quella che mi ha sorpreso di più è stata del bambino Coogan, riesce a commuovere nei momenti drammatici e nello stesso modo a divertire nei momenti divertenti, penso sia l'interpretazione migliore della storia cinematografica per quanto riguarda i bambini attori, non ho ricordi d'interpretazioni a questi livelli riguardo i così detti piccoli attori. Insomma, un'altra grandissima favola regalata dal nostro Chaplin al cinema mondiale, un pezzo di storia che ha fatto cinema.
Fredda indifferenza dinanzi a questo lavoro che risente pesantemente delle esperienze personali del suo autore (fu infatti abbandonato per due anni mentre la madre veniva ricoverata in casa di cura). Il patetismo di Chaplin è snervante, la sua comicità irrilevante. Finale telefonato.....insomma, io il capolavoro non lo vedo, rilevo al contrario un modesto lavoro fatto nel 1921 (1700 metri di pellicola) con i mezzi tecnici d'allora che non mi sfiora minimamente né per l'eccellenza registica (che io non vedo) né per la sceneggiatura (una mera descrizione del triste quotidiano). D'altronde, che il film sia assente da ogni degna classifica di film di tutti i tempi vorrà di pur qualcosa....
Un pezzo di storia del cinema che non sarà mai fuori moda. Risate e lacrime alternate in modo superbo in uno dei più celebri lungometraggi diretti dal genio Chaplin. Impossibile tralasciare l'interpretazione del piccolo Coogan, un autentico fuoriclasse di quattro anni tanto credibile nei momenti comici quanto struggente in quelli drammatici. Pura poesia dei reietti, magica commistione tra cinema popolare e opera d'arte. Peccato solo per l'ambiziosa ma inconcludente sequenza del sogno.
Ammetto di essere distante dall'apprezzare il cinema muto..d'altronde sono cresciuto in un'epoca parecchio lontano da quegli anni. Io ritengo Chaplin un maestro per il cinema della sua epoca..uno dei più grandi attori in assoluto di quegli anni. E' il primo film muto di Chaplin che vedo..che dire..l'ho apprezzato perchè comunque il film riesce a trasmetterti emozioni anche solo con lo sguardo dei protagonisti la dove la voce non può arrivare. La storia però è molto semplice a dire la verità..e se vogliamo banalotta (aldilà del messaggio che questa pellicola vuole dare). Complessivamente non mi sento di dargli più di 7 perchè ripeto..l'ho comunque apprezzato e vista anche la breve durata non m'ha annoiato..però è un cinema parecchio distante rispetto ai miei gusti personali. Mi riserverò di guardare altri film di Chaplin visto che ho sentito parlare molto bene di pellicole come "Tempi moderni" o "Il grande dittatore".
il primo grande capolavoro della storia del cinema! chaplin in questo film dà un tocco diverso alle sue opere, non più solo goffe cadute e schiaffoni, ma anche una storia più emotiva e commovente, il tutto raccontato senza il sonoro! CAPOLAVORO!!!
Non fate caso alla data in cui è stato girato, non fate caso al fatto che è completamente muto, non fate caso al colore della pellicola...lasciatevi trasportare in questa magia grande grande che è Charlot!
Bellissimo, simpatico, commovente...unico.
E charlot è di una tenerezza che fa paura! Ci sono degli sguardi che a volte ha verso la camera che sono buffissimi e tenerissimi allo stesso tempo!
Il bambino è meraviglioso. Molto molto espressivo come ce ne sono pochi a quella età!
Diciamo che è il Chaplin che mi resta più indigesto ed anche un pochino ridondante. Nettamente inferiore ai suoi geniali capolavori, rimane una pellicola storica da apprezzare e soprattutto da vedere
Che dire... è il primo film muto che guardo in vita mia! E' davvero poesia! E' sorprendente come non si sente il bisogno delle parole... E come gli sguardi e i comportamenti dei protagonisti bastino per tutto... Mi è piaciuto molto quindi credo che inizierò a vedere i film di Chaplin! Il 10 è dato per mantenere la media! Non lo posso ritenere un capolavoro ORA! Ma pensando che è degli anni 20 vien quasi da dire che un 10 è fin poco per un film del genere! Sono molto colpito bravo Chaplin... Ah dimenticavo! stupende anche le musiche
Quante volte l'ho visto e rivisto!... Ma dono della grande opera d'arte è il non poterla esaurire. Ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, ogni volta è la prima volta. 'Il monello' è una di quelle creazioni che sfuggono ogni tentativo di classificazione. Un capolavoro senza tempo. Il mio mestiere mi porta ad essere a contatto con dei giovani che spesso dichiarano di non conoscere certe pellicole... e io mi chiedo se una riforma scolastica non debba cominciare a tenere conto del patrimonio cinematografico come di quello delle arti letterarie o figurative ( nonché di quelle, ahimè completamente neglette, musicali). L'arte di Chaplin è fondamentale come quella di Picasso o Stravinski, come quella di Joyce o Rodin. Speriamo che qualcuno se ne accorga!
Il monello di Chaplin è probabilmente il film con protagonista il famoso vagabondo che è inferiore ai grandi capolavori del geniale regista-attore tuttofare. Un Chaplin stranamente diverso dal solito, manca un qualcosa che caratterizza invece tutti gli altri capolavori. Resta comunque un'opera di tutto rispetto, ma considerabile una sorta di "tono minore" di Charlot. Molto efficace Jackie Coogan
"Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L'animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca"
Poco prima dell'inizio della lavorazione del film Charlie Chaplin perse il figlio di soli tre giorni. Il suo matrimonio, invece, fallì durante il film. Immaginare lo stato d'animo di Charlot era impossibile, "Il Monello" è una chiara conseguenza di quanto successo, per cui non credo sia mai stato realizzato nella storia del cinema, un film più sincero e vero come questo, commovente e divertente allo stesso tempo. In una parola indimenticabile, in più parole il film più bello del mondo. Strepitosa l'intesa fra Chaplin e il piccolo e straordinario Jackie Coogan. Un rapporto meraviglioso, unico, da seguire con le lacrime agli occhi e il sorriso stampato sulla bocca. Con malinconia, con speranza e con voglia di vivere e di reagire. Il miglior successo commerciale del 1921, un film che impossibile cancellare dalla testa.
premetto che il mio voto è tutt'altro che provocatore. si fa fatica a guardarlo, ma solo guardandolo si può apprezzare qnt importante l'udito(kiedo venia ai non udenti). non capisco dove sia' l'essenza del cinema di chaplin.visto cosi' è 1 mattone terrificante.il 3 ritengo sia un voto piu' che giusto, in quanto il film è giudicato nel contesto da me vissuto, e nn da ''malinconico adoratore di 1 cinema ormai obsoleto''. mi auguro ke il buonsenso prevalga sulla voglia di attaccare ingiustamente. posso tuttavia esser di consolazione. non guarderò piu' film del buon charlie, cosi gli altri 3 o 4 ke sn in top 25 nn corrono riski.
bellissimo il Monello. un limpidissimo esempio di cosa vuol dire fare cinema. un film modernissimo (ed è del 21!) e geniale in molte delle sue trovate. tuttavia per me lo ha un difettuccio, molto piccolo, ma lo ha. ogni tanto cade un po in un patetismo che sarà estraneo al Chaplin post La Febbre Dell'Oro. non lo so, ma penso che film come Tempi Moderni, Monsieur Verdoux, Luci Della Città, Luci Della Ribalta, La Febbre Dell'Oro gli siano superiori... comunque, chapeau
E alla fine ho finito di vedere "Il Monello" l'altra sera...non c'è nulla da fare per me Chaplin è solo chiacchere e distintivo, provo indifferenza per quest'essere e non m'è mai piaciuto, poi sopporto poco anche il cinema muto.
Il film è realizzato per trasmettere certe emozioni e in parte ci riesce. Scene carine e trama un pò ammorbante e "vissuta" che sinceramente non subisco più di tanto, infatti preferisco "Il Grande dittatore" a questo. Tutto sommato non mi è dispiaciuto troppo ma ribadisco i miei dubbi sul cinema muto e C.Chaplin.
film geniale... diverte e commuove allo stesso tempo, per essere un film del '21 è speciale... un capolavoro !!! grande chaplin ma anche fighissimo il bambino ;D
Un film molto intenso. Divertente in alcuni punti e commovente in altri. Chaplin dimostra di essere un grandissimo attore con la sua fantastica mimica facciale e la sua gestualità. Poco più di un'ora di grande cinema!
Credo che il commento che mi precede sia perfettamente centrato anche sul mio pensiero: Charles Chaplin ha fatto molto di meglio. Comunque meglio vedere "Il monello" al primo posto che "Le ali della libertà" o quel non film manga nella top 25
Trovo alquanto strano, vedere questo film al primo posto delle classifiche. Chaplin ha fatto decisamente di meglio (Tempi Moderni, La Febbre dell'Oro, Monsieur Verdaux, ecc...) Monello se non sbaglio è il suo primo lungometraggio, un film davvero carino ed empatico, in cui Chaplin a sprazzi mostra tutto il suo talento, ma ancora un po acerbo.
Ormai è un pezzo di storia, come la prima macchina o il primo aereo, e verrà ricordato per sempre. E' anche stupendo vedere come sono cambiati i tempi e l'evoluzione della cinematografia, e anche se muto dice tantissimo....
Chaplin al primo lungometraggio, tra l'altro semi-autobiografico dato che lui stesso da piccolo fu rinchiuso in un orfanatrofio. Non è comunque il miglior Charlot e pellicole come Tempi Moderni, Luci della città e La febbre dell'oro sono assolutamente superiori. Comunque imperdibile, storia del cinema
Gli dò 10 perchè se lo merita. Un film immenso coinvolgente non annoia mai. Mi piaciono i film muti di Chaplin ma anche in genere il periodo del cinema muto per la loro gestualità carica, tramite la mimica l'espressività trasmettono più delle parole a volte; è un film imperdibile. E poi a pensare che è del '21, beh ragazzi è un capolavoro. L'interpretazioni al massimo come già detto, però notiamo la bravura del giovane attore/ il bambino (non ho mai visto uno più bravo di lui o quasi). Charlie Chaplin si aggiudica 10 e lode per aver ricoperto i ruoli come attore, regista, compositore, produttore, scrittore/soggetto, non è poco infine dei conti.
Un capolavoro, null'altro da dire.....se un film a quasi un secolo di distanza ancora appassiona, commuove e non annoia....beh, non può essere definito altrimenti....
BELLISSIMO QUESTO FILM..DIVERTENTE E COMMOVENTE ALLO STESSO TEMPO,CON SCENE CHE RIMARRANNO PER SEMPRE NELLA STORIA DEL CINEMA!!IL PROBLEMA MAGGIORE è CHE DURA TROPPO POCO!!CMQ SIA NULLA DA DIRE,è VERAMENTE UNA PELLICOLA SUBLIME CON UN IMMENSO,COME AL SOLITO,CHARLIE CHAPLIN,ED UN'OTTIMA INTERPRETAZIONE DEL BAMBINO..SE SI PENSA CHE è STATO GIRATO NEGLI ANNI '20 POI...TANTO DI CAPPELLO!!!DA VEDERE E RIVEDERE!!!
Veramente meraviglioso. Ogni volta che rivedo questo e gli altri capolavori di Chaplin mi convinco sempre più del fatto che lui sia stato uno degli artisti più importanti del XX secolo. Il monello, in particolare, è uno dei lavori più spontanei del grande Charlie e rimane tutt'oggi un lampante esempio di come le immagini riescano ad evocare emozioni pure, dalla risata al pianto, senza l'utilizzo di alcuna parola. Indimenticabile.
Secondo me è il miglior film al mondo. In assoluto. Solo a pensarci mi viene da piangere... una bellezza unica... immensa... fantastica! E pensare che io sono cresciuto vedendo questi film... di charlie chaplin... stanlio e ollio... totò (E ho 18 anni... quelli della mia generazione... anni 90... sono cresciuti con ben altri film)... forse è pure grazie a questi fim... che mi hanno fatto ridere e vivere un infanzia serena... se sono diventato così... diverso dal comune... o comunque dalla massa... E' un capolavoro immenso... un film che fa ridere e commuovere ai massimi livelli... che ti rimane davvero nel cuore. Ogni scena è fantastica... ogni scena... Grazie... grazie per avermi imparato a sognare.... Nessun film mi ha mai dato emozioni del genere... Mi viene da piangere... mi viene davvero da piangere.
Chaplin alla prima prova generale di lungometraggio. Grande capacità di coomuovere anche se un po' insistito il ricorso alle facce tristi di Coogan. Imperdibile per capire il successivo cinema di C.C.
Uno straordinario equilibrio di comicità e commozione, senza che quest'ultima scada nel patetico. Un affiatamento perfetto fra Chaplin e Jackie Coogan. Già dal suo primo lungometraggio Chaplin dimostra di essere uno straordinario narratore. Da vedere.
Una delle storie più commuoventi descritta da un immenso Chaplin (come sempre del resto), qui ancora più espressivo e coinvolgente! Una sceneggiatura semplicissima ma che va dritta al cuore, in un'ora di commossa allegria.
Un film fatto con il cuore, e da vedere con il cuore. Dal mio punto di vista, in questo caso trovo inutile andare oltre, pensavo di non emozionarmi per il fatto di aspettarmi troppo di farlo, e invece è successo lo stesso. Meraviglioso.
Un matrimonio a rotoli, l’ispirazione che sembra esserne andata, il primo figlio nato malforme e morto dopo pochi giorni: questo era lo stato depressivo in cui si trovava Chaplin nell’estate del 1919. Eppure dal dolore è riuscito a trovare l’ispirazione per uno dei più bei film che siano mai stati girati. Vedere per caso un bambino di 5 anni (Jackie Coogan) recitare a teatro con grande maestria e spontaneità, lo deve aver riportato ai tempi della sua infanzia. All’improvviso si rese conto della grande potenzialità di una storia che mescolasse il buffo e il fantasioso con il grande attaccamento affettivo che in genere si ha verso i bambini. Nacque così The Kid (Il monello).
Durante le riprese, durate quasi un anno, Chaplin capì che questa era la sua prima vera opera di impegno artistico e dedicò molta cura nella realizzazione. Affinò molto l’uso di risorse sia tecniche che di contenuto. Questo è il film che ha il maggior numero di primi piani, vengono usati accostamenti simbolici, la recitazione è più curata e il ritmo più lento. La figura stessa del vagabondo si trasforma completamente: non è più una buffa macchietta tutta mossette e ingegno fino, adesso diventa una persona complessa con i suoi pregi e i suoi difetti, legata da affetto profondo verso un bambino.
Se si deve processare Chaplin per sentimentalismo, il capo di accusa è senz’altro questo film. Ci sono lacrime, scene strazianti di separazione, abbandoni di neonati, riconoscimenti casuali, il lieto fine, insomma tutto l’armamentario dei polpettoni lacrimosi del XIX secolo. Io mi sento di assolverlo da questa accusa. Dentro queste vicende un po’ artificiose ci sono dei sentimenti veri, espressi con molta intensità e spontaneità con inquadrature brevi, quasi dei lampi. Tutti ci possiamo riconoscere in questi episodi. Chi non si è affezionato ad un bambino? Chi non ha sofferto per la separazione da una persona cara? Questo film è secondo me una delle cime dell’arte di Chaplin. Riesce a toccare il cuore con semplicità, nel dolore e nella letizia. Ridere e piangere non sono fini a se stessi, ma un’esperienza per arricchire il proprio animo. Il messaggio poi è chiaro: nell’infanzia di un bambino ciò che conta non è il benessere materiale o la dirittura “morale” di chi lo cura, ma quanto amore può ricevere.
Il programma del film è già nella prima didascalia: “A picture with a smile – and perhaps a tear” (Un’immagine con un sorriso e forse una lacrima). Segue infatti una scena inusuale in un film comico. Una donna triste (Edna Purviance) esce con un bambino in braccio da un tetro ospedale (crescono erbacce al posto del giardino ed è chiuso da sbarre come un carcere), seguita dagli sguardi poco amichevoli del personale. C’è subito una presa di posizione netta di condanna verso il pregiudizio (didascalia “La donna – il cui peccato è la maternità”). L’immagine di Gesù al Golgota rafforza ancora di più la critica all’opinione pubblica che giudica come scandalosa la situazione di ragazza madre. Nell’edizione del Monello del 1971 (quella che vediamo sui dvd, con la musica di Chaplin) è stata tagliata una scena in cui si disegnava addirittura un’aureola intorno alla testa di Edna. Tutto ciò rappresenta anche una riabilitazione postuma della madre di Chaplin. Il destino poi farà in modo che il bimbo, abbandonato in una macchina ricca, vada invece a finire accanto ad un bidone di rifiuti nei peggiori bassifondi della città. Destino e opinione pubblica saranno anche i temi del film successivo di Chaplin: La donna di Parigi.
I bassifondi sono ricostruiti in maniera veramente realistica, compresa l’umanità che vi abita. Un quadro piuttosto desolante dove non c’è altro che incuria, egoismo e maleducazione. Un ambiente che condiziona il comportamento della gente. Nessuno si vuole prendere in carico un neonato abbandonato. Anche il vagabondo all’inizio considera il bambino un peso di cui disfarsi in qualsiasi maniera. Arriva addirittura a pensare di gettarlo in un tombino. E’ un lampo, poi all’improvviso scatta in lui la molla del sentimento: un oggetto così bello e innocente non è un peso, merita solo affetto. Qui l’arte sta tutta nel disegnare un personaggio completo che ha una parte un po’ cattiva, condizionata dall’ambiente, ma l’animo fondamentalmente solidale e gentile. Tutto sommato è una visione speranzosa e ottimista dell’umanità.
Segue la parte più bella e delicata del film. Una vecchia soffittaccia sporca con qualche mobile cadente diventa una fornita nursery dotata di culla-amaca, biberon-bricco, fasciatoio e vasino. Coccole e moine non possono certo mancare da parte del vagabondo! Anche quando il bimbo è cresciuto vengono presentate spesso scene di normale vita quotidiana, sempre con la solita dolce ironia. La povertà, la sporcizia, la scarsità di mezzi è sempre la stessa, non manca però la lieta intimità e l’allegria. Pur in questo stato penoso, il vagabondo insegna al monello il concetto di pulizia e religione, anche se a modo suo. Queste scene, oltre a catturare la simpatia del pubblico, fanno da contraltare alla successiva pretesa del dottore e del direttore dell’orfanotrofio di trovarsi davanti a barbari senza umanità. E’ anche un omaggio all’infanzia passata nelle soffitte di Londra, con la dolce e affettuosa compagnia della madre, che nei suoi limiti ha fatto di tutto per far star bene il piccolo Charlie.
In un ambiente del genere non è certo “disonorevole” arrangiarsi con espedienti. Quello della coppia vagabondo-monello di spaccare i vetri e di passare per caso pronti a ripararli è fra i più semplici e allo stesso tempo ingegnosi che siano mai stati inventati da fantasia umana. Certamente non poteva mancare, in contrasto comico, l’onnipresente rappresentante dell’”ordine” pubblico (un poliziotto), lo spauracchio dei poveri. Anche in questo caso si riesce a beffarlo in qualche maniera, anche a costo di respingere senza pietà la persona più cara. Caso vuole che si vada proprio a spaccare il vetro della casa del poliziotto (il bravissimo Tom Wilson) e addirittura a circuirne la moglie!
A controbilanciare il quadro un po’ troppo idilliaco di un ambiente in realtà difficile, viene inserito l’episodio del bambino prepotente che cerca di rubare i giocattoli al monello. Segue un litigio che assume i contorni comici dell’incontro di boxe, complicato dall’arrivo dell’energumeno fratello del bambino prepotente. Anche stavolta il vagabondo se la cava grazie alla scaltrezza e all’astuzia. L’intelligenza vince sempre sulla forza bruta nelle prime comiche di Chaplin. Quel coglione tutto muscoli e poco cervello si fa anche abbindolare dalle prediche religiose (porgi l’altra guancia) di cui il vagabondo, più scaltro, ha sempre fatto volentieri a meno.
La storia ha una svolta quando il piccolo monello si ammala. A questo punto entra in scena un rappresentante della “gente perbene”, un dottore tronfio e schizzinoso che guarda con disprezzo la soffitta e chi ci abita, a cui va tutta l’antipatia di Chaplin. Esce però con una frase che colpisce al cuore il vagabondo: “Questo bambino ha bisogno di cure e attenzioni adatte”. Rimasto solo, il vagabondo rimugina su quanto detto dal dottore. La povertà non è una romanticheria ma qualcosa che pesa realmente sulla vita delle persone e ne condiziona anche la vita fisica. Smarrimento, perplessità, affetto sono espressi in un’inquadratura molto toccante, una delle più belle e intense di tutto il cinema di Chaplin. Probabilmente si autoconvince di non essere “adatto” e sulle prime resta un po’ passivo all’arrivo dell’ufficiale dell’orfanotrofio. Questa è un’altra figura molto schematica e po’ artefatta. Una persona dura, fredda che neanche si rivolge direttamente al vagabondo. Un ufficiale che dovrebbe prendere in cura i bambini, li tratta invece come pacchi, facendoli sbattere su di un furgone come bestiame. Il bambino è il primo a ribellarsi e anche il vagabondo, dopo un fortunoso inseguimento fra i tetti, reagisce e riesce a riprenderselo. I personaggi e gli eventi di questa scena sono fra i più convenzionali, ma tutto passa in secondo piano rispetto allo splendido modo che hanno Chaplin e Coogan nell’esprimere i loro sentimenti nel separarsi e riabbracciarsi. Scena bella e commovente anche dopo più di 80 anni.
Dopo l’episodio del dormitorio, la progressione drammatica del film viene interrotta dalla scena del sogno fatto dal vagabondo. Si immagina il proprio ambiente trasformato in paradiso con la gente più buona, eppure anche lì entra il male e riesce a rovinare tutto. Effettivamente questa scena stona un po’ con il resto della storia e molti critici ne hanno messo in evidenza l’inutilità. E’ il solito sogno che Chaplin amava inserire nelle comiche di quel periodo, dove si rappresentava il mondo a cui il vagabondo aspirava e che non si sarebbe mai realizzato.
Chaplin non è mai stato un regista che abbia rifiutato a priori le convenzioni, ma come suo solito ha cercato sempre il compromesso fra ciò che il pubblico si aspetta e la realtà dell’esistenza umana. Il lieto fine era quasi un obbligo all’epoca. Chaplin si adegua ma lo fa senza usare la rappresentazione palese del “e vissero tutti felici e contenti”. Si fa vedere che potrebbero vivere tutti felici e contenti, ma non si dà la certezza assoluta. Il monello, il vagabondo, la madre pentita si ritrovano alla fine tutti insieme; entrano in una bella casa ma la porta viene chiusa in faccia al pubblico. La storia è finita. Ciò che premeva rappresentare era l’essenza del rapporto affettivo, che va al di là della ricchezza materiale. Una volta risolta l’emergenza non è certo scontato che siano più felici di prima. Si tratta insomma del tipico lieto fine a metà dei film di Chaplin, con l’illusione e la speranza, mai la certezza. Si lascia così libero lo spettatore di immaginarsi come la storia potrebbe proseguire.
Con il suo mix di comicità ed tratti drammatici , rappresenta uno dei capolavori del cinema internazionale, dimostrando senza ricchi budget ed i tanto acclamati effetti speciali si possa creare cinema d'autore , basta un buon copione una regia professionale e attori degni di tale nome.