il nastro bianco regia di Michael Haneke Austria, Germania, Francia 2009
al cinemain tvanteprimearchivioserie tvblogtrailerclassifichespecialiregistiattorirecensioniforumfeedmy
Skin Filmscoop in bianco Filmscoop nostalgia
Ciao Paul!
Ricerca veloce:       ricerca avanzatabeta

il nastro bianco (2009)

Commenti e Risposte sul film Recensione sul film Invita un amico a vedere il film Discutine sul forum Errori in questa scheda? Segnalaceli!

Seleziona un'opzione

Dove puoi vederlo?

locandina del film IL NASTRO BIANCO

Titolo Originale: DAS WEISSE BAND

RegiaMichael Haneke

InterpretiChristian Friedel, Ernst Jacobi, Burghart Klaußner, Steffi Kühnert, Maria Dragus, Susanne Lothar, Rainer Bock, Roxane Duran, Eddy Grahl, Ursina Lardi, Ulrich Tukur, Fion Mutert, Leonie Benesch, Levin Henning, Leonard Proxauf, Josef Bierbichler, Gabriela Maria Schmeide, Janina Fautz, Detlev Buck, Birgit Minichmayr, Carmen-Maja Antoni, Michael Kranz, Thibault Sérié, Johanna Busse, Enno Trebs, Theo Trebs, Miljan Chatelain, Branko Samarovski, Klaus Manchen, Sebastian Hülk, Kai-Peter Malina

Durata: h 2.25
NazionalitàAustria, Germania, Francia 2009
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2009

•  Altri film di Michael Haneke

Trama del film Il nastro bianco

Un villaggio protestante della Germania del Nord. 1913/1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale. La storia dei bambini e degli adolescenti di un coro diretto dal maestro del villaggio, le loro famiglie: il barone, l’intendente, il pastore, il medico, la levatrice, i contadini. Si verificano strani avvenimenti che prendono un poco alla volta l’aspetto di un rituale punitivo. Cosa si nasconde dietro tutto ciò?

Sei un blogger? Copia la scheda del film Sei un blogger? Copia la scheda del film

Voto Visitatori:   7,81 / 10 (145 voti)7,81Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior film straniero
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
vota e commenta il film       invita un amico
Cerca il commento di: Azzera ricerca


Voti e commenti su Il nastro bianco, 145 opinioni inserite

caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi
  Pagina di 1  

DeciSex  @  21/06/2012 18:10:34
   9 / 10
Altro capolavoro dopo Funny Games (naturalmente il remake). Ambientare il film poco prima della WWI: morte e caos in un semplice villaggio e poi morte e caos in tutta Europa! I protagonisti sono rappresentati come burattini di un sistema incoerente e instabile però non se ne rendono del tutto conto e vivono un'esistenza schematizzata in modo abituale. Le immagini dicono tutto ciò che non si sente, viene tutto espresso in modo naturale dato che il film cerca di essere molto realistico (e ci riesce). Si potrebbe trovare scomodo il velo misterioso che c'è dietro il film ("chi è stato", "qual è il messaggio") ma io credo che lo renda più affascinante e alto: difatti solo chi se ne intende (con questo non dico di intendermene XD) riesce a concepire le soluzioni dell'enigmatica pellicola!

1 risposta al commento
Ultima risposta 02/09/2013 13.29.47
Visualizza / Rispondi al commento
ide84  @  12/06/2012 23:58:30
   5 / 10
Haneke pone sotto il suo microscopio il seme del nazismo. Un seme rappresentato in un semplice villaggio, microcosmo che si proietta nel macrocosmo. Il male sotto la pelle, la sporcizia sotto un apparente velo di tranquillità. Ma secondo me esagera col tiro, anche se il film scorre è davvero troppo lungo. Alla fine un pensa: "embè?! tutto qui.."
Doveva affondare il colpo, io non mi accontento di immaginare..voglio nomi e cognomi da appendere al palo. Un bel quadro senza cornice.

3 risposte al commento
Ultima risposta 14/06/2012 13.28.22
Visualizza / Rispondi al commento
Nergal85  @  27/02/2011 11:26:57
   4 / 10
l'unico aspetto salvabile di questo film è la fotografia ed i costumi, uniti alla coraggiosa scelta di girare un film interamente in bianco e nero.
per il resto, è tutto da cestinare...sarà anche per intenditori, ma sembra di assistere ad una partita di calcio dove di 90 minuti ne giocano solo 45 effettivi.
la presenza costante di silenzi e tempi morti non aiuta, ma sfianca erende il film pesante...oltre a far riflettere troppo su qualcosa su cui non c'è nulla da riflettere e ciò è confermato dal finale....

1 risposta al commento
Ultima risposta 04/10/2011 01.12.25
Visualizza / Rispondi al commento
Invia una mail all'autore del commento INAMOTO89  @  12/11/2010 01:27:00
   7 / 10
Il solito cinico haneke che però come ha già fatto in passato ( cachè) ha il brutto vizio ( per alcuni è 1 pregio invece ) di far finire il film in modo che lo spettatore si senta preso in giro.
Nonostante le 2 ore suonate, il film scorre piacevolmente sorretto da 1 fotografia sublime in un bellissimo b/n e principalmente il 7 è dovuto solo ed esclusivamente all'aspetto tecnico.
Sul piano dei contenuti non mi è piaciuto, ripeto, il finale lascia parecchi interrogativi proprio come mi era successo col precedente ''niente da nasconderè', certo è molto probabile che


Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

però lo spettatore non può averne la certezza, sono solo supposizioni , se per qualcuno questo è ininfluente in quanto il film verte su di un messaggio di denuncia che va ben al di là di una semplice scoperta del colpevole , lo capisco ma io sinceramente mi sento un po preso in giro !

Come stile siamo lontani dagli esordi asettici e glaciali di benny's video ,qui viene dato più peso alla narrazione ( che ricorda molto dogville di von trier ) e ai dialoghi, ma ciononostante il film riesce ad essere pungente e irritante al punto giusto : quasi tutti gli abitanti del villaggio sono persone fondamentalmente spregevoli, poi per uno come me che odia i bambini, l'educazione rigida , i bigotti e la vita dei paesini bhe il film è particolarmente indigesto ! Pazzesca la scena in cui il prete

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Un film che fa venire il nervoso, più per quello che ci viene mostrato che per come viene messo in scena

1 risposta al commento
Ultima risposta 30/10/2011 20.29.10
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  24/05/2010 15:44:53
   10 / 10
Forse il capolavoro di Haneke. E una palma d'oro tra le più meritate e importanti dell'ultimo decennio.

Questo cinema, oltre a Bresson, ha un evidente nume tutelare in Bergman (si pensi al padre padrone di Fanny e Alexander, e più in generale ai tormenti domestici del maestro svedese, al silenzio di Dio nelle sue chiese e nelle famiglie dei suoi pastori luterani).
Sia detto subito e chiaramente: "Il nastro bianco" non è il capolavoro che è solo perché ci vediamo dentro l'eredità di altri maestri del cinema.
Il tocco di Haneke c'è, potente, e maturo: smussate alcune asprezze provocatorie, nei confronti del pubblico, ne guadagna in splendore e purezza figurativa.
Nella predilezione del piano sequenza, risalta ciò che non si vede (pure se è nello schermo: come il cavo teso che fa cadere il cavallo, in apertura).
Nelle scelte di montaggio (come le inquadrature che progressivamente si allontanano dalla piazza del villaggio, nel pre-finale), risalta sempre ciò che la trama non può svelare.

Haneke, una delle cui peculiarità è il non fornire risposte alle provocazioni che enuncia, espande il suo assunto a un villaggio intero, che è comunità allegorica non solo della Germania tardo-feudale di inizio novecento, ma è una comunità in cui qualsiasi altra comunità (da intere Nazioni a singole famiglie) possono rispecchiarsi. Vedere in questo film una parabola (controversa) sui "germi" del nazismo, è insieme riduttivo, e autoassolutorio da parte di chi non sia tedesco.

Come dichiarato da Haneke stesso, la sua attenzione è rivolta principalmente agli effetti terribili che scaturiscono da qualsiasi "assolutizzazione degli ideali".
Naturalmente nel film si respira aria di luteranesimo e di calvinismo; di una civiltà che mantiene il nitore pubblico, pur nelle crepe evidenti a tutti, rimuovendo la sporcizia sotto il tappeto (preferendo dilazionare l'eventuale momento in cui sarà troppo tardi per arginare la putrefazione).
Ma il cuore del film sta nell'esposizione delle dinamiche, tutte aperte, fra il Principio di Autorità (sociale e familiare) e il ventaglio di reazioni a tale Principio. Tema centrale per la Storia (anche culturale) d'Europa (si pensi alle radici giudaiche, al Dio dell'Antico Testamento...), ad ogni epoca e ad ogni latitudine.
Gli esiti di questa dinamica non sono sintetizzati, e nemmeno interessano ad Haneke: Haneke, si diceva, è IL regista che pone domande, non dà risposte.
Anche perché la verità è infinitamente più complicata e inaccessibile di ogni facile ricostruzione di essa.
Ciò non significa che raccogliere indizi non sia prezioso, e necessario...

4 risposte al commento
Ultima risposta 26/05/2010 03.56.47
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  16/04/2010 20:03:07
   7½ / 10
“Il Nastro Bianco”, il film di Haneke che, se vogliamo, ha i difettucci di essere snob e perfettino nello standard qualitativo, soprattutto nell’atteggiamento maniacale dei personaggi e nei dialoghi fin troppo impeccabili da risultare surreali. Comunque è un film discretamente interessante che sviluppa la trama in una maniera fuori dagli schemi, proprio come il resto della filmografia di questo regista. Haneke è un regista che non ama compiacere il pubblico, ed è per questo che le sue pellicole sono per la maggior parte provocatorie, vaghe e ambigue; se odiate i film che non spiegano a sufficienza tutti gli interrogativi nel finale, girate al largo.
Al di là di tutto, credo che questo sia il miglior bianco/nero di sempre: una fotografia brillantissima e impeccabile. La colonna sonora è assente.

2 risposte al commento
Ultima risposta 17/04/2010 16.45.09
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  26/03/2010 14:37:08
   9 / 10
Alla vigilia della prima guerra mondiale ad Eichwald,piccolo villaggio della campagna tedesca,si verificano accadimenti violenti ed inquietanti ad opera di un misterioso malfattore.Uno splendido bianco e nero ci cala con scrupolo in quella che potrebbe essere letta come una storia d’altri tempi,ma che in realtà è tranquillamente associabile anche all’epoca attuale.Haneke firma forse quello che è il suo miglior film affidandosi al quotidiano vivere di una piccola comunità rurale,attraverso essa dimostra come la malvagità e il disprezzo possano attecchire in qualsiasi ambiente,quando agevolati da comportamenti costrittivi ed eccessivamente autoritari.
Il regista mette in luce l’importanza del contesto in cui si cresce e il tipo d’educazione alla quale si è soggetti.Molti hanno intravisto ne “Il nastro bianco” la volontà da parte dell’autore di mostrare la genesi del nazismo,le cui basi sarebbero da ricercarsi proprio nel comportamento degli adulti,troppo restrittivi e violenti nei confronti di ragazzi che inevitabilmente si troveranno a mostrare la stessa crudeltà con la quale sono stati cresciuti.
In realtà Haneke,almeno a mio avviso,affronta ancora una volta il tema delle relazioni umane e di quanto possano,in questo caso, essere incidenti in un contesto futuro.L’esposizione mira a rappresentare una società tirannica ed oppressiva ad uno stato embrionale,in cui si gettano le fondamenta per quello che diverrà il famigerato Terzo Reich di Hitler.Ma più verosimilmente Haneke non si limita ad un discorso circoscritto,bensì applica la sua disturbante visione a qualsiasi società in cui apparenze irreprensibili servano ad occultare segreti indicibili,basati sul sopruso e su un condannabile (ab)uso del potere.
Sul film aleggia un senso di inquietudine palpabile,la disumanizzazione delle generazioni future è in atto e si verifica in maniera subdola,quasi intangibile, in quanto Haneke è accorto nel mostrare come l’orrore si intrufoli di soppiatto nelle case,tra le persone,facendosi individuare solo quando è ormai troppo tardi per rammaricarsene.
Il nastro bianco del titolo diviene quindi simbolo mistificatorio,esso non è esaltazione di purezza,ma un mezzo per umiliare e additare agli occhi di tutti chi non si è adeguato alle severe leggi della comunità,o più drasticamente, coloro i quali siano da intendersi come indesiderati,basti pensare in cosa si trasformeranno quegli innocenti pezzi di stoffa da lì a pochi anni,stelle di David e numeri tatuati sulla pelle.
Un esiguo spiraglio di luce Haneke lo concede,la coppia formata dal maestro e dalla sua giovane amata è un notevole contraltare alla meschinità dilagante,ma non solo,anche uno dei figli del pastore mostra sentimenti sconosciuti alla comunità, come a voler dimostrare che anche nelle situazioni più deprimenti sopravvive quell’indispensabile barlume di speranza.

2 risposte al commento
Ultima risposta 26/03/2010 17.06.51
Visualizza / Rispondi al commento
Delfina  @  11/03/2010 00:16:15
   8 / 10
Molti commenti sono stati sviati dall'ambientazione tedesca e da una notevole approssimazione storica. Non si tratta in nessun modo di una complicata premessa, o genesi, del nazismo, tutt'altro. Il film è ambientato in un villaggio rurale tedesco, poco prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale. Per chi lo avesse dimenticato – ormai se ne parla pochissimo – la guerra provocò un numero spaventoso di morti, più morti della seconda guerra mondiale, solo che furono gli ultimi morti da combattimento corpo a corpo, in trincea. Non sono più morti da commemorare, nessuno li rivendica o li onora, ma le loro ossa sono ancora lì a fecondare il suolo di tante regioni italiane e non solo.

Il film è un affresco di quella che era la società rurale europea dell'epoca, nella sua variante protestante – ma altrove le cose non erano molto diverse, solo in versione cattolica. Piccole comunità dove l'autorità assoluta era rappresentata dal nobile locale, possidente e datore di lavoro a tanti mezzadri e braccianti, vite miserabili esposte alla malattia e alla fatica. A completare il quadro gerarchico, c'era il prete o il pastore, poi l'intendente, infine il maestro di scuola, che, nel film, è la voce narrante.
Ma l'occhio di Haneke è rivolto ai bambini, all'infanzia, sottomessa eppure sfuggente (come non ricordare, a proposito, "Caché", dove i figli erano altrettanto sfuggenti per i loro genitori?). Un'infanzia che, nei primi del Novecento, era l'ultimo scalino gerarchico nella struttura patriarcale, una struttura che attraversava tutte le classi sociali (solo il giovane maestro, la voce narrante, ne è immune).
Una bellissima fotografia è adoperata per rendere l'atmosfera di un tempo ormai morto per sempre e lontano da noi quasi come il medioevo, sebbene in realtà esso sia il passato più lontano di cui ci sia stato tramandato un racconto, diretto o indiretto, dai nostri nonni o bisnonni. Anche l'Italia, rimasta rurale fino agli anni '50, non era molto dissimile nei luoghi: campi coltivati, stradine sterrate, calessi, qualche bicicletta.

All'interno di tali comunità autoritarie, i bambini e i giovani stavano assieme per gruppetti, per bande altrettanto misteriose ed enigmatiche dei segreti (spesso sporchi) nascosti dai loro genitori, che non sono "papà" e "mamma", bensì "signor padre" e "signora madre". E tali bande, per reazione, possono esprimersi in dinamiche molto crudeli.

Lo scopo del bianco e nero di Haneke non è di dare un tocco di genere, bensì di dipingere al meglio il passato remoto ormai rivolto per sempre. Il suo obiettivo sono sempre il gruppo, le solidarietà nascoste e sotterranee, gli odi, le vendette.

Non vuole denunciare, solo mostrare: in questo caso, la storia di una piccola comunità europea alla vigilia della Prima guerra mondiale: e molti hanno dimenticato che cos'era davvero il mondo di allora. Un'opera di memoria storica, non adatta a chi non sa nemmeno distinguere un film "ambientato negli anni '40" (letto più sotto), da un film che illustra gli ultimi sfarzi, in area germanofona, della struttura sociale collegata alla proprietà fondiaria, storica eredità secolare europea.

5 risposte al commento
Ultima risposta 07/04/2010 17.03.14
Visualizza / Rispondi al commento
the saint  @  25/01/2010 19:57:03
   3 / 10
belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo
belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo
belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo
belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo
belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo belo..
peccato che non succeda niente per tutto il film..................................................

10 risposte al commento
Ultima risposta 30/10/2011 20.38.12
Visualizza / Rispondi al commento
ilgiusto  @  22/01/2010 11:02:37
   5 / 10
Mah?
Mi è sembrato il solito film pseudo intellettuale (inutile) celebrato da pseudo intellettuali (inutili, futili, sciocchi e dannosi).
Il messaggio non è affatto chiaro, cosa intendesse dire/provocare/spiegare Haneke non si sa, all'uscita c'era chi parlava di quello che sarebbe il metodo più corretto per educare i figli, chi dell'inevitabilità della guerra, chi della 'vita di una volta', boh? Questo, comunque, secondo me, tra tutti i difetti che può avere un'opera, è il più grave in assoluto, e quindi il mio giudizio...
Per il resto malgrado la sua durata scorre abbastanza bene, seppur privo di una qualunque scena memorabile, ed è comunque ben girato, anche se, è interamente rifugiato nel B/N, e si sa che così tutto risulta più facile...

Palma d'oro che ci può stare (è un premio snob francese che si da film snob europei o film americani se antiamericani), e se Hollywood l'ebrea riuscirà a trovarci qualcosa di Antinazista allora potrebbe, come sempre accade per chiunque abbracci la loro causa, vincere pure l'oscar, ciò non toglie che la sua visione vi lascerà ben poco.

Sconsigliato come si sconsigliano non le cose brutte ma le cose inutili , poi, il mondo è bello perchè e vario ( tant'è che esistono pure i masochisti), e quindi fate voi.

5 risposte al commento
Ultima risposta 22/01/2010 16.38.12
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  08/01/2010 10:50:33
   8½ / 10
Il Nastro bianco è un film che rasenta la totale perfezione, si può non condividere il messaggio di fondo, nello stesso tempo non si può non riconoscere ad Haneke di essere riuscito a creare un difficile affresco sociale, con grande maestria cinematografica.

Il film è un quadro inquietante di Lynchiana memoria, di un villaggio della Germania protestante, dove il male si cela ovunque nelle sue forme più spietate.
Haneke non si limita a creare un quadro ma introduce elementi misteriosi e inquietanti che tengono lo spettatore letteralmente incollato allo schermo, lasciando a questi la risoluzione del giallo.
Personalmente penso che dia la risposta in modo abbastanza esplicito.

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

La dimostrazione che anche quando si toccano grandi temi è possibile non rinunciare al pathos narrativo.

Sul contenuto penso che si debba prendere Il nastro bianco come la dimostrazione di come il male si sappia celare ovunque anche in piccole comunità.

Haneke aggiunge un elemento che io personalmente non condivido, ci dice che gli eventi di quel villaggio ("dei dannati"? Forse riprende il discorso introdotto da un regista tedesco Wolf Rilla, e poi ripreso da Carpenter? Probabilmente c'è una citazione molto attenta, solo che nel "Il villaggio dei dannati" il male veniva dallo spazio qui siamo noi) ci aiutano a capire come mai si svilupperà il nazismo.

Fatico a pensare che quella società presentata da Haneke sia solo tedesca, non penso che in altri paesi europei e non, si vivesse in modo diverso.
Quindi la grande domanda del "perchè il nazismo nasce proprio in Germania?" resta ancora senza risposta.

6 risposte al commento
Ultima risposta 10/01/2010 13.33.58
Visualizza / Rispondi al commento
goodwolf  @  05/01/2010 00:04:06
   6 / 10
Ho visto questo film parecchio incuriosito dalla media voto altissima, e francamente non la capisco.
E' sicuramente un lavoro di qualità, un film raffinato che delinea uno specchio della società che rappresenta, ma dal mio punto di vista non decolla mai.
Scena dopo scena aspetti che succeda qualcosa che dia la svolta, senza che questo accada mai.
Sequenze inutilmente troppo lunghe e troppe cose non dette.. tutto questo per una durata eccessiva.
Mi ha ricordato per parecchi fattori Dogville (il bianco e nero, il narratore, la comunità, i personaggi) ma è la sua brutta copia.
Arriva alla sufficienza perchè alla fine (probabilmente per tutte le cose non dette) lascia un po di inquietudine.

2 risposte al commento
Ultima risposta 07/01/2010 12.00.36
Visualizza / Rispondi al commento
tylerdurden80  @  04/01/2010 03:40:06
   6 / 10
bello il b/n e la fotografia,ottime interpretazioni di tutti gli attori,belle le modalità di non-ripresa delle scene di violenza dissiminate nel film ma....non mi puoi tenere incollato 2 ore e un pò(che oltretutto volano,non ti annoi mai),tutto nell'attesa di un finale che poi non c'è....
d'accordo,l'intento del regista probabilmente era un altro,ma un film che lascia l'interpretazione di un film totalmente sulle spalle dello spettatore per me non può essere un capolavoro.
ci sarebbe da ridire anche sull'intento di cercare di collegare i futuri accadimenti del nazismo con una società che impartisce ai figli una educazione troppo severa e rigida,agli inizi del xx°secolo non credo proprio che fosse solo un esclusiva della germania ma invece una cultura comune a moltissimi altri paesi...oltretutto se il rigore dell'educazione fosse direttamente proporzionale alle barbarie,ai nostri giorni(dove l'educazione è tutto tranne che rigida) vivremmo in una società perfetta e questo non mi sembra proprio che accada.

in sintesi:molto ben realizzato dal punto di vista tecnico ma la storia è fine a sè stessa

3 risposte al commento
Ultima risposta 07/01/2010 16.34.50
Visualizza / Rispondi al commento
The Cinema  @  03/01/2010 09:20:14
   8 / 10
REGIA 8.5
una regia realmente solenne,distaccata,chirurgica. nessun tipo di concessione o fronzolo. i movimenti statici e striscianti della camera di haneke restituiscono una potenza analitica e indagatrice della lentezza realmente spietata e stupefacente, credo quasi impossibile per qualsiasi regista vivente che non si chiami sukurov o kitano fino al periodo di "hana-bi" e "dolls" compresi,giusto per citare nomi di primo piano.

MUSICA 6.5
ammetto di non ricordare la presenza di una colonna sonora che si possa definire tale. certo è che l'utilizzo dei suoni ambientali è tutto tranne che casuale ma frutto di attento studio. e questo converrete che avviene solo in grandi film.

SCENEGGIATURA 8
in coerenza con il ritmo e le direttrici stilistiche del film le battute non sono moltissime,ma ognuna è perfettamente intelaiata nel suo tessuto logico-comunicativo che vuol raccontare una storia riproducendo un mondo culturale passato in modo perfettamente reale. va detto però che il testo di quest'opera oltre che limitarsi mimeticamente a un verismo coerente sono presenta anche alcuni inviti diretti a un pensare di alto livello(quando ciò non avviene semplicemente grzie alle sole immagini),come ad esempio il discorso dei figli del dottore intorno alla morte o le numerose implicazioni religiose nelle parole del pastore.
straordinaria da un punto di vista linguistico è poi l'alta compenetrazione di molti differenti registri del discorso a seconda del soggetto parlante e della situazione,un aspetto che forse in molti giudicherete secondario ma che è indicativo di quanto un intento di realismo mimetico sia perseguito accuratamente.

INTERPRETAZIONI 8
nulla da dire. ma del resto un perfezionista come haneke non poteva certo sbagliare in fase di casting attoriale e caratterizzazione perfetta dei suoi personaggi,principali e non. possiamo poi discutere su chi o quali siano i migliori interpreti e quali le migliori caratterizzazioni e se tra loro coincidano in qualche e in quale maniera. menzione speciale per i bambini,tutti molto bravi,a cominciare dallo spettrale biondino della locandina.

FOTOGRAFIA 8.5
poche volte un bianco e nero è stato così visivamente splendido,incisivo ed inquitante,nemmeno quando il suo uso non era scelta formale ma obbligo tecnico,a maggior ragione quando viene usato nel 2009 in assoluta e anacronistica controtendenza. atmosfera genuinamente pesante,asfittica,malefica.
in abbinamento con il comparto registico la fotografia offre un manuale tecnico moderno e assolutamente completo su come realizzare un film in perfetta coerenza con i propri intenti tematici e criteri stilistici.

CONTENUTI 8
si può dibattere a lungo su cosa il film voglia rappresentare o comunicare.
dal mio punto di vista l'opera vuole presentare,descrivere e analizzare nell'ambito culturale germanico una forma di sottocultura pedagogica violenta e prevaricativa e come essa come un codice genetico riesca ad essere tramandata nella storia di generazione in generazione attraverso il mezzo dell'educazione repressivo-coercitiva,plasmando e giustificando negli uomini e fino dall'infanzia una freddezza e una propensione violenta al sadismo che nel periodo in questione avrebbero permesso a una generazione di piccoli martin e klara di dar vita al processo nazista. dunque non solo una indagine sociologica perfettamente verista di un'epoca storica ma anche un'analisi coerente del male e della violenza nellasocietà umana e dei suoi metodi di propagazione,nonchè dei suoi rapporti con la storia.

CONCLUSIONE
ad oggi il miglior film dell'anno,almeno di quelli che ho visto io.


opinione personale

3 risposte al commento
Ultima risposta 06/01/2010 19.20.25
Visualizza / Rispondi al commento
Tautotes  @  24/12/2009 12:57:43
   7½ / 10
Diciamo subito che lo considero un ottimo film, ma non un capolavoro.
Il film affronta tematiche importanti, tuttavia l'educazione severa e rigida, la cattiveria tra compaesani, le violenze, gli incesti, sono temi che non sono stati solo presenti nella germania pre-nazista.
Quindi certamente il male derivato da una confusione del ruolo di genitore con quello di padrone, o di giudice implacabile e severissimo, seppur fondamentali per comprendere la genesi della schizofrenia nazista, della necessità di riconfermarsi attraverso la violenza cieca, non è del tutto sufficente ad esplicarne pienamente il fenomeno.
Oltretutto il film punge poco, solo la figura del dottore ne esce realmente forte e deplorevole.
I pastori facevano anche peggio...eppure...
Comunque buon film.

3 risposte al commento
Ultima risposta 26/12/2009 23.11.54
Visualizza / Rispondi al commento
nutellakiss  @  26/11/2009 00:05:58
   6 / 10
Non credo di aver visto film peggiore di questo e spero che qualcuno per sua grazia me ne esplichi il senso.Il finale è tagliato lasciando la più lugubre inquietudine.Dio me ne liberi!!!

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

18 risposte al commento
Ultima risposta 08/12/2009 18.48.15
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  @  22/11/2009 12:15:54
   8½ / 10
Un film senza speranza, soprattutto perchè non lascia ai piccoli protagonisti nessuna via di scampo. Se non si conosce che la crudeltà, in un microcosmo senza aperture verso l'esterno, dove regnano l'eccessivo rigore, la chiusura, la falsità, dove il perdono e la comprensione sono banditi, il proprio destino è segnato.

Spietato, Haneke è un regista che ha sempre teso a mostrarci personaggi estremi, senza possibilità (o volontà) di redenzione, e qui ce ne mostra la probabile genesi. Quindi non tanto (o non solo) la genesi della Germania nazista ma quella del Male in generale.

5 risposte al commento
Ultima risposta 24/11/2009 09.18.31
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR jem.  @  18/11/2009 17:50:35
   7 / 10
Devo dire di essere rimasta un pochetto delusa, eh già.
Probabilmente non avrei dovuto leggere approfonditamente tutti i commenti prima di vederlo, però l'ho fatto e mi aspettavo sinceramente qualcosa di più, specialmente nel finale..
Il film è "oggettivamente" bello, anche soltanto per lo splendido bianco e nero, che già io adoro di per sè e che qui è magnifico, è un vero piacere per gli occhi.
Si ha quasi la sensazione di venire trapiantati in quel villaggio, dove accadono le cose più strane, dove tutto è avvolto da un'atmosfera malsana.
Purtroppo quando è finito, mi sono chiesta "uhm cosa avrà voluto dire?" senza riuscire esattamente a darmi una risposta.

13 risposte al commento
Ultima risposta 21/11/2009 20.43.40
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  16/11/2009 22:35:13
   9 / 10
A lento rilascio.
Passano i giorni e ancora aleggiano immagini o stralci di dialoghi, le percezioni immediate sono sostituite da brandelli di riflessione.
E' un film ostico, difficile, inquietante, vien voglia di tenerlo distante da sé, ma poi ci si deve fare i conti.
Nella recensione è stata usata l'espressione “coltura in vitro del Male” e questa è esattamente l'immagine che per me meglio rappresenta la situazione in cui mi è sembrato di essere immersa: in un brodo di coltura di un'inumanità senza appello, cieca e sorda ad ogni comprensione, scandita da regole spietate, autoritaria in ogni sua espressione, inflessibile (e non solo nelle pene inflitte per colpire una trasgressione, ma anche, per esempio, in quella confessione del Dottore, devastatrice assoluta): una sensazione di soffocamento e odio rabbioso sottomette chi guarda.
Haneke illumina lentamente la scena esibendo una comunità apparentemente immutabile, ingabbiata in regole ferree e al tempo stesso oscura e minacciosa, in cui portare un nastro bianco di purezza diventa simbolo di terrorizzante dominio, un villaggio in cui nemmeno una candida coltre di neve riesce ad essere, come da sempre, fautrice di pace ed anzi, con un fermo immagine a mio avviso emblematico (la tenuta del barone), riporta automaticamente alla mente altre sinistre fotografie ormai appartenenti alla memoria collettiva.
Nessun sentimento passa tra gli abitanti del villaggio, nessun sintomo di condivisione o affratellamento, piuttosto comportamenti che rasentano l'autismo perfino nell'unico personaggio positivo, peraltro non casualmente estraneo alla comunità.
Il b/n, oltre ad essere una scelta stupenda esteticamente, è quanto di più efficace a togliere ogni illusione di morbidezza: Haneke non permette accomodamenti o mezze misure, non crea nemmeno drammatizzazioni nè tanto meno risolve per noi la questione.
E' talmente rigoroso da essere, oggi, quasi sovversivo.

Splendido nel finale: di nuovo si spegne la luce, calano le tenebre.

12 risposte al commento
Ultima risposta 23/11/2009 23.53.41
Visualizza / Rispondi al commento
debaser  @  16/11/2009 14:30:32
   6½ / 10
Un film abbastanza monotono che lascia molto perplessi e sicuramente con l'amaro in bocca.Il film oltre a non spiegare molte cose importanti della trama tratta con molta superficialita' i temi dell'autoritarismo e della violenzafamiliare, dell'oppressione religiosa e del maschilismo dilagante della societa' dell'inizio del 20 secolo senza pero' convincere molto sul rapporto tra causa ed effetti troppo forzati,scontati. Se l'intento delregista era quello di spiegare l'avvento del nazismo in base ai comportamenti di un paesino austriaco beh allora cio' che viene narrato nel film credo avvenisse nel 90% delle nazioni mondiale, violenze,vendette e soprusi sui piu' deboli niente di nuovo. Un plauso ai bambini veri protagonisti della pellicola

8 risposte al commento
Ultima risposta 17/11/2009 15.32.03
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo REDAZIONE amterme63  @  15/11/2009 20:35:46
   8½ / 10
Spesso guardiamo nostalgici verso il passato. Ci lamentiamo della perdita del mondo semplice, ingenuo e pacifico; dei tempi in cui non dominava la tecnologia e la modernità spinta, dove ogni cosa era regolata con i ritmi della natura. Vorremmo ritornare alle società piccole, isolate, “sicure” e al riparo dagli “estranei”. Inoltre ci sembra che il nostro tempo sia diventato troppo liberale, permissivo, che non esistano più rispetto, regole, ordine e magari si vorrebbe un maggiore rigore nei comportamenti con norme stringenti e indiscutibili, imposte severamente.
Questo passato idilliaco non esiste e non è mai esistito. Ad Haneke preme soprattutto comunicare questo; anzi ci tiene a metterci in guardia dal ritorno al mito dell’ordine, del rispetto gerarchico e della disciplina rigida e formale. La forza, l’arbitrio e l’autorità non fanno altro che propagarsi dai gruppi dominanti verso il basso, diventando così la prassi normale del relazionarsi umano; dove ognuno si sfoga dominando e schiacciando qualcun’altro ancora più debole di lui, giù giù fino ai diversi, agli esclusi, agli handicappati, quelli che subiscono e basta.
Per poter meglio veicolare questo messaggio Haneke evita se possibile di dare risvolti estetici alle immagini. Il film ad esempio è in bianco e nero, proprio per evitare che il colore “distragga” con sensazioni di bellezza che nessuno al tempo (a parte i poeti e le elite ricche ed acculturate) sentiva. Cerca poi di staccare lo spettatore dalla vicenda, proprio per farlo giudicare e riflettere liberamente. Ad esempio non esiste un vero e proprio protagonista e le vicende dei vari personaggi si susseguono tramite un montaggio alternato basato su nessi emotivi più che narrativi (come nei film di Altman o della Nouvelle Vague). L’oggetto della narrazione non sono gli avvenimenti ma le conseguenze di questi e soprattutto i rapporti interpersonali che si vengono a creare in un ambiente chiuso, paternalista e autoritario.
Sul banco degli accusati c’è proprio il paternalismo, sia nella versione sociale che in quella familiare. Il Barone dà lavoro, dà la possibilità di sopravvivere alla comunità, ma in realtà tiene in pugno tutti e li può schiacciare da un momento all’altro a suo arbitrio.
Il paternalismo familiare è rappresentato dal Pastore, il quale impone ai figli, come “necessarie”, rigidissime regole. Una “necessità” metafisica di cui pure lui si fa paravento (gli “dispiace” punire) e che umilia e amareggia ancora di più l’animo di chi subisce.
La scena chiave del film è quella del canarino infilzato ed è l’unica di cui Haneke ci fa sapere chi è il responsabile. Quella scena dimostra come l’autoritarismo spinto crea solo esseri opportunisti, falsi e bugiardi, vogliosi di sfogarsi propagando la violenza e la sopraffazione. Altre vittime dei sistemi “paternalisti” sono le donne, le quali diventano meri oggetti di piacere, magari usa e getta; oppure sono costrette a subire in silenzio l’autorità del “più forte”. Solo la Baronessa (dotata di arte e cultura) capisce la vera natura del luogo in cui vive (sue le parole più dure del film) e cerca la maniera di fuggire o cambiare.
Ciò che magari crea sconcerto nello spettatore comune è piuttosto lo stile narrativo dell’opera. La narrazione spesso si interrompe bruscamente, nasconde più che rivelare; sembra che si voglia apposta confondere lo spettatore, stimolarne la curiosità per poi lasciarlo come deluso. Si fa fatica a capire il motivo di questa scelta stilistica, che letteralmente spiazza lo spettatore comune, abituato ai narratori onniscenti della cinematografia classica americana. Secondo me Haneke ci vuole far capire che la verità è qualcosa di sfuggente, che forse non esiste. Siamo costretti a vivere di congetture o di incertezze. Può essere anche un atteggiamento pessimista e fatalista. Il male si propaga e nessuno sembra in grado di fermarlo o addirittura di svelarlo, farlo conoscere. In una certa qual maniera questo film di Haneke assomiglia moltissimo ai film dell’ultimo Bresson.
L’importante è però che questo film ci fa indirettamente capire come possa essere nato il regime autoritario e paternalista di Hitler e come sia riuscito a trovare così tante persone disposte ad ubbidirgli ciecamente e con tanta violenza. Come detto all’inizio è anche un monito a non buttare alle ortiche il lavoro di tanti intellettuali che hanno reagito al mondo rigido e autoritario dei “padri” e che ci hanno insegnato a vivere liberi e tolleranti.

5 risposte al commento
Ultima risposta 26/11/2009 14.57.14
Visualizza / Rispondi al commento
ughetto  @  15/11/2009 00:11:22
   5½ / 10
PREMESSA. Io sono "quello della fotografia noiosa". In un commento precedente ho in effetti usato noioso come predicato ad una fotografia.
Questo ha irritato alcune persone. Rispetto la loro irritazione. Quello che voglio chiarire in questa sede è che la mia critica non è stata un errore o una leggerezza. Essa è la percisa e rigorosa conseguenza della teoria estetica che ho elaborato e sulla quale ho riflettutto a lungo durante questi anni di amore per il cinema (cioè tutti quelli della mia vita). Questa teoria estetica vuole che tutte le maestranze dell'opera cinematografica siano assoggettate ad un concetto o ad una tesi o più semplicemente ad una struttura drammatica. Se questo elemento a mio avviso apicale dell'opera viene meno, o è viziato da un male insanabile, travolge come in un domino tutto ciò che vi è sotteso. Se il pensiero è viziato la tecnica che ne ha reso possibile l'espressione diviene arida, sterile e, usando un termine colloquiale, noiosa. Questo è, in sintesi, un flash su una parte della griglia che io uso nel guardare il cinema.
Tutto ciò premesso:
COMMENTO: quando si riflette sulle significato di un'opera la prima fonte dev'essere ciò che l'autore dichiara. La prima frase recitata dalla voce fuori campo: " credo che questo racconto sia utile per capire alcune cose successe in seguito nel mio paese". Questo film non parla del nazismo, ma dell'infanzia che hanno vissuto coloro che poi vi hanno partecipato. Ed è in questa infanzia che l'autore va cercando le cause di quello che si sarebbe scatenato in seguito. Il disastro concettuale dell'opera è che il regista ha già deciso quali sono queste cause e quindi non usa la telecamera per indagare e dedurre da ciò che vede; la usa invece in modo induttivo: egli sa già cosa cerca e obbliga i personaggi ad incarnare la sua teoria storica. La telecamera non ha altra funzione che sorprendere i personaggi del film nelle loro debolezze e nelle loro tragedie umane; sulle quali pesa la terribile responsabilità di aver dato luogo alla più alta e perfetta manifestazione del male alla quale l'essere umano abbia mai assistito. Quindi essi non sono elementi di un opera in divenire, ma marionette nelle mani di un Haneke che ha già deciso qual'è il loro ruolo è qual'è la loro colpa; egli, in buona fede o meno non lo so, mettere in scena una sorta di passato mitico nel quale niente è reale, niente è indagato, niente è sfumato; ci sono solo i titanici affreschi del male che verrà o del bene che rinuncia alla sua presenza nella società. L'errore fatale è quello di aver voluto legare in una relazione direttamente proporzionale quello che è venuto prima con ciò che è seguito: dato ciò che segue è l'Orrore è l'Imponderabile è la fine del tempo ecco che la relazione diretta impone di trasferire la stessa intensità nel prima: il film è quindi condannato ad affogare, sommerso da qualcosa di inesprimibile. E' una corsa all'orrore che non finisce mai e si avvolge su se stessa.
E allora: seppur di alto livello e d'indiscussa maestria: come devo valutare la perfetta padronanza dei mezzi espressivi e il loro peculiarissimo stile? Cosa me ne faccio di un'ottima fotografia che continua a prendere celi e campi il cui destino è già segnato da una riflessione ideologica sulla storia? Cosa me ne faccio di raffinate inquadrature d'interni (per altro mirabilmente ricostruiti) quando so già per filo e per segno cosa troverò dentro le case? Ho letto nei commenti precedenti numerosi riferimenti a Bergman e Dreyer. In comune con Haneke hanno senza dubbio le suggestioni nord europee e la centralità della riflessione su dio (sovente presente nella sua negazione assoluta). Fra i tre c'è però un adifferenza. Due cercano davvero; l'altro solleva un sipario dietro al quale ha già disposto a priori dei pupazzi. E questo non può che rattristarmi e, in definitiva, annoiarmi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 15/11/2009 19.13.11
Visualizza / Rispondi al commento
benzo24  @  14/11/2009 14:30:19
   4½ / 10
sinceramente questo film mi ha deluso parecchio, dalle critiche entusiastiche mi aspettavo di vedere un capolavoro o comunque un grande film, invece mi trovo un haneke che cerca di fare il lars von trier della situazione al suo dogville aggiunge una scenografia, ma haneke non ha una storia da raccontare e non arriva mai al dunque, alla conclusione, ha paura di arrivare al bersaglio al contrario del collega danese. il film rimane sospeso, monco e 2 ore e mezza per non arrivare a niente sono veramente troppe. chi ci ha visto in questo film la genesi del nazismo credo che si sbagli alla grande e se haneke voleva veramente filmare questa teoria allora il film è più stupido di quanto penso. in quegli anni era consuetudine essere severi in famiglia e da sempre poi l'infanzia è un età crudele e cattiva, malvagia come viene dimostrato in tanti altri film (ad esempio in riflessi sulla pelle e quello si che è un capolavoro).

11 risposte al commento
Ultima risposta 02/02/2010 13.03.24
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  14/11/2009 13:42:01
   7½ / 10
Grande Haneke che dopo la triste esperienza americana, torna a dirigere un film degno di questo nome e lo fa nella sua maniera, sfidando il pubblico più abituato alla visione di film del tipo "catena di montaggio".
Un bianco e nero straordinario fotografa l'anima fredda degli abitanti di questo piccolo villaggio. Nessuno si salva dallo sguardo cinico del regista che impietoso demonizza uno ad uno i personaggi (tranne il narratore che è l'unico su cui il registra indirizza l'empatia del pubblico).
In alcuni momenti, in alcuni dialoghi, sembra di vedere il miglior Bergman, ma purtroppo non tutto il film riesce a mantenere lo stesso livello.

Dal mio personalepunto di vista, sarebbe stato un film da 9 o da 10 seil finale avesse suscitato maggiore emozione. Ciò che manca in questo film è proprio il climax finale, lapice narrativo che porta all'orgasmo sensoriale lo spettatore. C'è invece un coito bloccato. Il finale non mi ha suscitato nessuna emozione.
Dicevo di Bergman.. basti pensare al bellisimo finale di "Come in uno specchio" per capire come il minimalismo possa riuscire ad emozionare in modo intenso e profondo.
Probabilmente, ciò che manca per rendere un capolavoro questo film, è l'assenza di un dramma interiore forte nel protagonista. Tutto è troppo distante. La struttura narrativa è perfetta nel disegnare il conflitto a livello interpersonale e a livello di società (alcuni hanno letto in questo film la genesi del nazismo), ma manca la componente interiore e quindi il finale non giunge dove dovrebbe.

E' comunque un film che straconsiglio.

6 risposte al commento
Ultima risposta 08/01/2010 02.21.10
Visualizza / Rispondi al commento
favam  @  13/11/2009 11:09:03
   7 / 10
Voti troppo alti per un film che ha si mille sfacettature ma che rimane sostanzialmente noiosissimo. Un capolavoro deve si far pensare ma non tediare irrimediabilmente. Non merita più di sette, quindi resta un buonissimo film, ma nulla più. Piuttosto Funny Games è più vicino al mio concetto di capolavoro ed il remake shot for shot all'originale, girato dallo stesso regista che probabilmente temeva che qualcun altro gli potesse rovinare il film, è stato semplicemente un tocco di genio.

2 risposte al commento
Ultima risposta 13/11/2009 15.03.20
Visualizza / Rispondi al commento
Invia una mail all'autore del commento Tempesta  @  12/11/2009 11:25:49
   9 / 10
Finalmente sono riuscito a vedere il Nastro bianco,sono rimasto soddisfatto,mi aspettavo una pellicola di alto spessore e non ne sono rimasto deluso.Peccati da scaricare,colpe talmente profonde da punire chi ancora il peccato non sa cosa sia.Belliddimo.

2 risposte al commento
Ultima risposta 14/11/2009 00.49.03
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI paul  @  11/11/2009 12:03:44
   10 / 10
Capolavoro Haneke! Un film che si appresta a tantissime letture, in primis io personalmente l'ho letto come una metafora del nazismo che verrà.

"Le colpe dei padri cadranno sui figli e sulle loro generazioni"

Questo salmo del Vecchio Testamento viene letto al principio del film. Ed ecco che, in un'insana atmosfera, in un villaggio alla "spoon river" , che si gettano le basi, per colpa dei padri, verso quei figli che, un ventennio successivo, daranno vita alla più grande catastrofe del secolo ( e non solo).

"La guerra è il sistema con cui i padri mettono a morte i figli, per mantenere il potere" diceva il compianto Levi-Strauss.

Le basi sono gettate. Il male non nasce all'improvviso, ma si sviluppa poco alla volta, partendo da molto lontano, di generazione in generazione.
Il male è un'entità quasi astratta che emerge lentamente nel racconto come embrione di un qualcosa ch poi scoppiera in maniera disastrosa (e non per nulla Hitler nacque proprio in un paesino dell'Austria).

Ma il film non è solo una metafora della civiltà prussiana. Potrebbe essere ambientato anche ai giorni nostri, un microcosmo emblema di un macrocosmo fatto di crudeltà, misantropia, indifferenza, invidia.

Come lettura invece di puro film "giallo" molte cose non sono date a sapere, ognuno conserva una propria opinione. Vedi spoiler.
Ma non è questo a mio avviso il dato più importante.

L'atmosfera malsana di tutta la storia si accompagna ben oltre l'uscita dalla sala.

16 risposte al commento
Ultima risposta 12/11/2009 14.08.53
Visualizza / Rispondi al commento
fmmasala  @  10/11/2009 16:38:53
   5 / 10
Vedo il commento di Fluke, in alto, ha trovato uno che la pensa come lui.
Una delusione grandissima, un film che non decolla mai, che fa sembrare Dreyer e Bergmann registi dai colori e dai toni mediterranei. Il film di Haneke non è riuscito a emozionarmi, a coinvolgermi, a parlarmi, bravi attori (il pastore sembra il cugino di Ennio Fantastichini), bellissima fotografia. Eppure sono andato alle 18, ero sveglissimo, sembra un esercizio di stile, ma poi , boh…

3 risposte al commento
Ultima risposta 10/11/2009 21.23.12
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  09/11/2009 15:31:18
   7 / 10
Film molto interessante sulle radici che successivamente portarono al nazismo. Quindi al Male. Forse è un pò troppo semplice liquidarlo cosi ma questo è.
Ad Haneke interessa il male,come gà aveva sperimentato nel più sperimentale (scusate il gioco di parole) Funny games ed infatti anche ne Il Nastro bianco riece a ritrarlo alla grande sempre con il suo stile immobile,statico e con scene veramente inquietanti e dolorose

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER
è un bel film,non so nè mi interessa sapere se meritasse o no la palma d'oro ma da tutti i commenti precedenti credo proprio di si. Non lo considero un capolavoro,questo si.
Ad ogni modo è innegabile la bravura sia dei bambini del cast,formidabili,che di Haneke,regista che indubbiamente va sulla sua strada a dispetto di chi lo seguirà. Anche se il mio voto al film non è altissimo,posso dire che solo i grandi registi fanno cosi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 11/12/2012 12.37.11
Visualizza / Rispondi al commento
Doinel  @  09/11/2009 00:47:09
   10 / 10
Un film mortificante e intenso, durante la visione si prova un disagio indescrivibile, l'intimità tra i rapporti umani è continuamente oppressa dalla rigorosa e aberrante educazione cattolica. I personaggi si muovono con toni plastici (alla Bresson) in un b/n con contrasti forti e un'atmosfera algida (alla Dreyer). Il male si semina silenziosamente dietro quella oppressione, il piano sequenza in cui i bambini rubano lo zufolo al figlio del padrone feudale è da antologia, Haneke riesce perfettamente a dare un moto naturale alla violenza che ne è derivata dalla sopraffazione di una classe sociale su un'altra, l'uomo ha la necessità innata di dover esprimersi a livello pari di un altro essere umano per vivere in armonia in uno spazio, lo zufolo acquista una forza simbolica straordinaria. Niente in questo film è a caso. Persino la recitazione degli attori, ho trovato particolarmente sconvolgente la sequenza in cui un ragazzo trova inusuale sentire le urla dei bambini mentre giocano e li guarda come se fosse qualcosa di estraneo alla sua vita, i suoi movimenti meccanici, i suoi occhi vuoti sono un pugno sullo stomaco. Questo film è un capolavoro, accolto tiepidamente dal pubblico perché ormai quasi incapace di cogliere emozioni sottili, così violente e penetranti in un'opera cinematografica, ed è questo proprio il suo merito. L'arte comincia con il senso dell'inutile, Haneke fa dell'inutile uno straordinario microcosmo per indagare sul mistero della natura umana e sulle sue relazioni con il male. Ogni gesto, ogni particolare di questo film non è a caso, è una ricerca che finisce col mortificare la mente dello spettatore, perché è lui che trova un significato dietro quelle inutili apparenze. Il film si chiude all'interno di una chiesa, la più grande e piacevole menzogna dell'essere umano, l'unica capace ancora di sfuggire alla verità e alla comprensione della natura umana.
Da citare anche la sequenza del bambino che dà una performance incredibile, uno dei volti più dolorosi del cinema, mentre viene accusato dal Padre di onanismo.
Andate, correte al cinema a vederlo.

3 risposte al commento
Ultima risposta 15/07/2010 03.09.47
Visualizza / Rispondi al commento
fluke  @  08/11/2009 14:39:05
   5 / 10
Capolavoro? Ma siete masochisti! Il cinema è emozione, scoperta. La visione di questa pellicola non apporta nulla, tutto è deja-vù . Piuttosto trapela la supponente presunzione del regista nel tratteggiare la tesi semplicistica ,educazione repressiva=nazismo.Allora se facciamo un nuovo film sul cupo medioevo? Haneke è furbo e sa di poter fare presa su di un certo pubblico di aspiranti radical-chic e mischia i suoi ingredienti da 'copione' per cinefilii: bianco e nero, attori non protagoniisti, scarna crudezza...brrrr che impressione! Ma no, solo una gran noia.

22 risposte al commento
Ultima risposta 11/11/2009 01.17.25
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  08/11/2009 00:28:39
   8½ / 10
E' un film spietato, senza via d'uscita. Il microcosmo di una società repressiva e autoritaria nel suo dogmatismo, leggi e valori che fanno emergere ciò che sarà il macrocosmo della Germania nazista. Haneke affonda il coltello in profondità, con una splendida fotografia in bianco e nero che ne evidenzia il tono sinistro, senza musica e quasi del tutto assente ogni contatto fisico che possa ricordare un gesto di vero affetto. E' un villaggio carico di invidia, rancori e volontà di sopraffazione che saranno i semi della Nascita di una (nuova) nazione, i nastri bianchi si trasformeranno nelle fasce marchiate dalla svastica.

10 risposte al commento
Ultima risposta 11/11/2009 15.16.27
Visualizza / Rispondi al commento
forzalube  @  06/11/2009 16:33:54
   8½ / 10
La prima reazione alla fine del film è stata quella

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER.
Convincente la scelta di girare in bianco e nero.

5 risposte al commento
Ultima risposta 11/11/2009 17.41.11
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  06/11/2009 10:54:41
   9½ / 10
Michael Haneke analizza la genesi del male prendendo come ambientazione un villaggio contadino tedesco del 1913. Questo microcosmo analizzato rispecchia ciò che in maniera più plateale si svilupperà nell'immediato futuro dell'intera Germania.
La magnifica scena iniziale in cui viene bruscamente interrotta una cavalcata apparentemente liberatoria dà il LA ad un incubo in b/n che terrà l'attenzione di qualsiasi spettatore viva per il resto del film.
Un film in cui non c'è via di fuga dal malvagio, in cui non c'è felicità e non c'è musica.
Ricco di alti riferimenti questo film premiato a Cannes è uno di quei piccoli gioielli imperdibili.

5 risposte al commento
Ultima risposta 17/11/2009 13.39.58
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  05/11/2009 14:24:55
   8½ / 10
Haneke con questo film firma,probabilmente,il suo miglior lavoro!
Regista poco apprezzato dalle masse perche è uno che rischia con storie difficili che spesso non fanno altro che portare al disgusto lo spettatore...
Qui ci parla della nascita del male in un piccolo villaggio Tedesco agli albori del primo conflitto mondiale!
Questo desiderio di fare del male nasce soprattutto dalla societa',un bisogno quasi fisiologico per sfuggire alla cruda realta'!
Tanta sofferenza che si trasmette allo spettatore...
Il modo in cui è girato mi ha ricordato molto Dreyer,regista che adoro.
Unica pecca forse è l'eccessiva lentezza in alcuni momenti,come il dialogo finale tra i barone e la baronessa!
Da vedere!

3 risposte al commento
Ultima risposta 06/11/2009 14.41.43
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  05/11/2009 13:50:58
   9 / 10
Il nastro bianco è la presunzione, oltre ogni evidenza e pudore, di un'innocenza inesistente, annichilita dall'autoritarismo e dal rigore "prussiano", protestante, della Germania imperiale alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Il laboratorio dell'odio, che Haneke prende a modello, è un piccolo villaggio agricolo più o meno autosufficiente nel quale si riproducono tutti gli elementi che porteranno, di lì a poco, al dispiegarsi della catastrofe tedesca. Haneke compie una vera e propria operazione storiografica (entrando con merito nel grande e controverso dibattito storiografico tedesco) sulle ragioni, sui meccanismi e sui conflitti che hanno prodotto la genesi e il dilagare del nazional-socialismo, dando un contributo artistico ed estetico (dai risultati notevoli), non so quanto esplicitamente voluto (in senso storiografico, s'intende), alle tesi di Fischer sulla continuità della storia tedesca tra l'imperialismo guglielmino e le due guerre mondiali, entrambe attribuibili - secondo lo storico amburghese - all'aggressività e al militarismo tedesco, non estrapolando in tal modo, come aveva fatto la storiografia tradizionale, il nazismo quale anomalia dovuta alla follia hitleriana dalla storia della Germania contemporanea.
In realtà, Haneke osserva un frammento di storia attraverso l'analisi sociologica piuttosto che politica di una sezione particolare della società tedesca. In questo Haneke sembra recuperare anche la lezione di Rosenberg [1] e dei Nuovi Storici Sociali. In particolar modo, da Rosenberg Haneke riprende lo "studio", se così possiamo definirlo, degli junker, i latifondisti, una classe assolutamente fondamentale nel tessuto politico-militare della Prussia e della Germania imperiale, e del mondo feudale che li circonda. Il verticismo di questa comunità autoritaria si risolve nella freddezza e nella rigidità (immutabilità ancestrale e perpetuata) dei rapporti interparentali e comunitari, nell'ipocrisia di fondo che li regola e nella crudeltà delle parole e dei gesti pronti ad esplodere sotto - e nonostante - il candore dichiarato ed esibito dell'autorità morale e religiosa del villaggio.
Ciò che conta, infine, per l'economia del film non è conoscere la verità sui fatti delittuosi accaduti, né scoprirne i responsabili: è importante sapere che il male della catastrofe tedesca è già tutto lì, evidente anche se apparentemente inspiegabile. Se guardando ai nodi irrisolti della storiografia tedesca oggi parliamo di un "passato che non passa", nel film di Haneke è il futuro che sta passando, minaccioso, inquietante e inafferrabile.

[1] Cfr. G.Corni, "La revisione dell'immagine della storia tedesca": <<[...] egli [H. Rosenberg] ha individuato nel periodo successivo all'unificazione e negli ultimi decenni dell'Ottocento il momento cruciale della storia tedesca successiva. [...] dalle conclusioni dei suoi lavori sono tuttavia desumibili i principali elementi per un simile giudizio [la continuità storica]: il carattere autoritario della struttura istituzionale, la rigidità sociale, [...] le nefaste conseguenze del blocco storico fra grande industria e agrari orientali all'insegna del protezionismo, la discrepanza fra sviluppo economico accelerato e modernizzazione politica bloccata, la diffusione di massa delle ideologie irrazionalistiche>>.

7 risposte al commento
Ultima risposta 19/11/2009 19.16.31
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo STAFF, Moderatore Lot  @  03/11/2009 08:55:31
   8½ / 10
Haneke prosegue ed estende la sua analisi socio-antropologica sulla genesi del male, scegliendo questa volta come laboratorio un villaggio tedesco di inizio secolo in cui i dogmatismi dell'autorità, qualunque ne sia il tipo (politico, religioso, familiare), scavano un solco irrecuperabile tra le generazioni desaturando, nell'esaltazione del bianco e nero, sentimenti, affetti e ogni sorta di legame umano.
Bastano poche pennellate, pochi sguardi (splendida la locandina) in un lungo e opprimente quadro d'insieme, a farci rendere conto di come questo modello formativo impatti in modo irreversibile, sui minori e sulle loro scelte.
Dal punto di vista storiografico ne esce un'opera importante per leggere la Germania dei decenni successivi mentre da quello cinematografico un film potente e completamente fuori dal tempo, vi convergono Bergman e Dreyer dietro la mdp, Mann, Junger e Doblin alla scrittura.
Film duro e coraggioso, lucido e mai ammiccante, da vedere.

6 risposte al commento
Ultima risposta 05/11/2009 14.05.58
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR williamdollace  @  02/11/2009 13:40:00
   8 / 10
Dal Nastro Bianco non mi aspettavo null’altro di quello che ho osservato. Haneke non vuole spettatori in cerca di facili logiche e soluzioni da cinema in scatola cinque minuti di microonde ed il piatto è servito wow. Questo già lo sapevamo. Haneke è un violento espositore, formalissimo chirurgo che sotto i suoi tagli esatti e le sue aperture antropologiche eseguite con il diverticolatore lucidissimo delle sue inquadrature fisse mostra le budella, le viscere e gli intestini dell’essere umano in fotografie di fermi immagine, cinematografie spacca occhi sotto teche di cristallo infrangibile.

La sua Mostra è algida, minimale, cadenzata e kubrickiana. Senza individualità da applausi, senza eroi da salotto, senza compartecipazione. Sotto i suoi colpi d’ascia silenziosi si nasconde sempre lo stesso orrore. La Storia è sempre la stessa per Haneke perché l’uomo è sempre uguale a se stesso. Non ci si faccia ingannare: il contesto storico è ininfluente, quello che verrà dopo, quello che è stato prima, il generatore e le genesi, ininfluenti. La reazione dello spettatore? Anch’essa ininfluente. Lo spettatore del cinema di Haneke deve improvvisarsi attento e meticoloso ricercatore di spazi fra i gesti, altrove insignificanti. Perché Haneke non lascia mai nulla al caso. La sua illogica perversione è un’equazione matematica in cui dopo l’uguale c’è sempre lo stesso risultato.

Egli non ha alcun interesse per le calorose risposte emotive dello spettatore, ad Haneke interessa mostrare gli ingranaggi al rallentatore, dissezionati sapientemente dal suo sguardo implacabile, senza evoluzioni sanguigne, senza colpi sensazionalistici. Non c’è spazio per la vera immaginazione ma solo per l’indagine degli spazi morti che rimangono sempre fuori da ogni inquadratura eppure prepotentemente alla mercé di tutti. Perchè il disgusto nasce da ciò che in realtà non abbiamo visto. Eppure c’era. E lo sappiamo. Il cinema di Haneke ha un nastro bianco di materia cerebrale al braccio, un arto in cancrena, infilzato dalla sua forbice di acciaio. Prendere o lasciare.

44 risposte al commento
Ultima risposta 06/11/2009 13.21.55
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo REDAZIONE K.S.T.D.E.D.  @  02/11/2009 12:24:06
   8 / 10
Il Nastro Bianco rappresenta, a mio avviso, una evoluzione ulteriore del cinema di Haneke. C'è tutto delle precedenti pellicole, ma c'è anche dell'altro. Se in precedenza, infatti, Il regista austriaco focalizzava la propria attenzione su un singolo personaggio o su un nucleo familiare per vivisezionarli e portare a galla debolezze e lati oscuri, questa volta i riflettori vengono puntati su un intero villaggio. Un villaggio in equilibrio su di una sbarra di perbenismo appena sopra quelle zone paludose dell'animo umano in cui si mischiano e confondono violenza, paura e una percentuale bassa ma letale di inconsapevolezza.
Attraverso un b/n gelido ed una regia così ferma da non ammettere cambiamenti di sorta, Haneke fotografa un agghiacciante punto di non ritorno che in quanto tale rifiuta l'intervento di un qualsiasi fattore interno o esterno che possa minare tale malsana stabilità: il maestro dopo aver provato a mettere un piede fuori dalla sbarra suddetta, al fine di far luce sulla spirale di violenza, viene offeso e minacciato. Ci penserà quello stesso microcosmo a giustificare e a far accettare tali dinamiche; tutto, infatti, verrà poi spiegato dai castelli costruiti sulla fuga della levatrice e del dottore: nessuno rifiuta un piatto caldo in una sera gelida.

Un Haneke, quindi, sempre freddo e analitico ma ancor più spietato, se possibile, nell'inquadrare l'animo umano. Se prima il suo cinema dava se non altro la parvenza di delineare focolai di violenza in unico personaggio o nucleo, questa volta, invece, il respiro è ampio, definitivo e la violenza lascia quel retrogusto amaro tipico dell'assenza di speranza.


Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

14 risposte al commento
Ultima risposta 06/11/2009 13.49.15
Visualizza / Rispondi al commento
carriebess  @  02/11/2009 11:12:39
   10 / 10
Il nastro bianco è un ritratto crudele, spietato e disilluso di come la cattiveria e la malvagità siano lati innocultabili dell'essere umano, che in un modo o nell'altro riescono sempre ad emergere, nonostante vengano repressi da rigidi schemi comportamentali e dalla cieca obbedienza ad inconfutabili dogmi, religiosi e non.

Ci sarebbe ancora altro da dire ma non vorrei cadere in ripetizioni di concetti espressi in alcuni commenti esaurienti lasciati da altri utenti.

Visione spiazzante, amara, claustrofobica, marcia e indigesta, un pugno nello stomaco e un nodo alla gola.

11 risposte al commento
Ultima risposta 02/11/2009 14.58.49
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  01/11/2009 20:45:35
   9½ / 10
Michael Haneke è uno dei pochi registi che fanno film prima per sè stessi poi per il pubblico. Michael Haneke è un regista di pura sensazione che usa lo strumento del cinema come messaggio: nella sua lucida e cinica analisi riesce sempre ad essere esaustivo. Colpisce il cervello ma soprattutto la pancia.

"Il nastro bianco" è un film immenso.

Guardarlo è come trovarsi in una stanza cupa, senza via d'uscita, nudi, in presenza del Male. Il Serpente che lo raffigura si fa sempre più vicino al tuo corpo, lo senti arrivare, ma non lo vedi. Poi eccolo lì, di colpo, sulle tue membra. Striscia sui tuoi piedi, si avvinghia sulle tue gambe. Il suo eterno trascinarsi lo senti caloroso sulla tua pelle. Egli non conosce il perdono o la redenzione. Tu sei fermo, tremante, hai terrore del suo veleno ma nel contempo ne sei affascinato. E più si avvicina al tuo viso più senti il suo fetore, sudicio, interminabile.
Raggiunge il suo scopo e penetra nelle tue narici. Il marciume del suo molle corpo fa ormai parte di te. Scende per la gola e si acquieta dentro il tuo stomaco.

Poi finisce il film, la luce si accende, pensi ad una doccia calda e profumata ma sai che ormai non c'è via di scampo. D'altronde facciamo o non facciamo parte anche noi della razza umana?

45 risposte al commento
Ultima risposta 17/11/2009 08.46.56
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo REDAZIONE maremare  @  01/11/2009 02:11:53
   10 / 10
Quasi un trattato scientifico sulle Origini del Male.
Haneke firma un film dallo stile rigoroso e splendido come il suo b/n.
Ci mostra come il Male venga coltivato in vitro dai Padri e non sembra casuale che il Padre Nostro per eccellenza sia un Reverendo.
In un Universo dove il Signor Padre castra e infligge punizioni, la coltura pura della Violenza trova la sua giustificazione, così come l'impunità per un uccellino scannato vivo.
Al Signor Padre poco importa cosa i Figli compiono, il Male che infliggono agli altri esseri, a Lui importa solo il rispetto per le Sue regole che non possono essere violate, pena la violazione della intimità fisica e psichica del trasgressore.
La differenza tra la tortura del Padre e quella di un qualsiasi sistema dittatoriale appare insignificante, parliamo sempre di Istituzioni.
Merleau Ponty nello scritto dal titolo eloquente, “Umanesimo e terrore”, scrive proprio su questo.
Per MP al torturatore interessa unicamente violare quello spazio di intimità psichica in cui abitano da sempre paure ancestrali come la morte e, ancora di più, il terrore di un dolore infinito.
La tortura istituzionalizzata (famigliare, sociale) riduce in pezzi la rete che ci costituisce come esseri umani. E’ come se il torturatore ci dicesse: “Tu devi morire se non accetti di essere il Figlio che io plasmo, se ti dichiari di un'altra razza, religione o convinzione politica. Tu, ciò che è tuo, tutto ciò che sei stato o in cui hai creduto, tutto questo diventerà polvere”.
La certezza indiscutibile e delirante di questa affermazione, procura un’angoscia che è indicibile.
Lede una zona di segreto e opacità, un nucleo occulto, cuore di ciò che definiamo come la parte più intima e privata del sé, assediata e invasa nella tortura.
Che differenza si può riscontrare tra il Reverendo e il Padre di una Nazione?
Nessuna.
In un passaggio indimenticabile di “Se questo è un uomo” Primo Levi evoca il momento del suo ingresso al campo di concentramento, l’incontro con il medico che si occupava della sua ammissione, il Doktor Pankov, il cui sguardo trasmetteva il seguente messaggio: "Questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere che è ovviamente opportuno sopprimere. Nel caso particolare, occorre prima accertarsi che non contenga qualche elemento utilizzabile".
In un Universo lucidamente apolattico come quello di Haneke a salvarsi è un essere ignobile quale il Dottore, mediocre nelle sue perverse debolezze.
Il trattato di H è implacabile e oggettivo: alla coltura pura del Male, soppravvive una umanità ritardata, schiava delle proprie debolezze.
Noi Figli del Nostra piccola Italia non possiamo che tristemente dare ragione al geniale regista austrico.
Le attuali vicende dei nostri politici sono lì a dimostrarlo.

Vedi recensione

29 risposte al commento
Ultima risposta 12/11/2009 16.32.54
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Rask  @  31/10/2009 11:14:34
   10 / 10
Già storia del cinema. Un micidiale ritratto della Male intrinseco al monossido di carbonio, con tempi e potenza mai visti prima.
Ancora più radicale e senza speranza dei Demoni di Dostoevskij, con coro di personaggi abietti, dal pastore ai Bambini, che con rigore vengono presentati con le stesse malattie congenite dei padri, in più vittima di disumana repressione ideologica, che quasi conferisce loro il Diritto al Male. Tranne i più piccoli, piccolissimi, il figlio del medico e il minore del pastore, che guardano alla morte e alla vita (di un uccellino) con stupore, carità, devozione e che stridono come una sirena, come il grido di dolore di un ragazzino ritardato. Un candore essenziale che sarà perso dopo pochi anni, proprio nell'età del 'nastro bianco', la coercizione morale grottesca del titolo. E' un giallo in cui tutti sono colpevoli; uno paesaggio umano così desolante che ricostruire i veri fatti, volutamente adombrati, sembra irrilevante. La brutale, realistica blasfemia di Haneke porta a chiedersi se sia peggiore un medico che umilia l'amante e violenta la figlia, o una bambina di pura forma, che nel suo intimo cova un rancore drammatico e disprezza qualunque forma di vita.
La regia di Haneke è statica, geniale, perversa, violentissima. La sua filosofia è ancora peggio. Ha in mente un universo ostile, senza Dio, privo di scopo, ma anche della possibilità di una fiducia illimitata nell'uomo, che è mal concepito, schiacciato dalla percezione della sua natura, e che la peggiora, con la cultura, fino a renderla disfunzionale, che accetti il male senza nemmeno accorgersene.
La prima guerra mondiale arriva senza soluzione di continuità, ed è un sollievo.

31 risposte al commento
Ultima risposta 04/11/2009 10.05.40
Visualizza / Rispondi al commento
bulldog  @  31/10/2009 09:39:06
   9½ / 10
Innanzitutto mi complimento con JellyBelly perchè il suo commento a questo film ne racchiude davvero l'essenza.
Il Nastro Bianco è un pugno nello stomaco.

Haneke ha la stessa visione pessimistica del quotidiano di Fassbinder a cui unisce una profondità di analisi dei rapporti tra esseri umani di Bergman.
Si non si esagero ad accostare Michael allo svedese.
Questo è il suo film più completo e più amaro in assoluto,a pari livello con quel capolavoro che è La Pianista.
Le inquadrature fisse hanekiane sono più disturbanti che mai,il film scorre lentissimo dando un senso di oppressione e claustrofobia.

Gli scatti d'ira dei personaggi spaventano per la loro imprevedibilità e violenza sia fisica che verbale,nessun soggetto è positivo,tutti invischiati in un ingranaggio di modelli comportamentali che appiattiscono,distruggono l'io più profondo facendone uscire solamente le scorie.

Davvero perfetto nella sua parte Burghart Klaußner,già apprezzato in Requiem e The Edukators.

Attenzione,non è un film per tutti,ieri all'anterprima,su una quarantina di persone in sala parecchi hanno abbandonato,quasi tutti son rimasti delusi e con l'amaro in bocca.
E' indigesto e molto ostico.
Lunga vita ad Haneke.

5 risposte al commento
Ultima risposta 02/11/2009 12.43.33
Visualizza / Rispondi al commento
Crimson  @  28/06/2009 16:28:26
   7½ / 10
Un po come per 'l'avventura', sbattiamocene della risoluzione del giallo di superficie (la cui risoluzione peraltro è facilmente intuibile) e badiamo ai contenuti coi quali abbiamo a che fare. Il film è incisivo nel manifestare una brutalità radicale trasmessa come un morbo attraverso lo strumento dell'educazione in un micromondo animato da personaggi che sembrano uscire da un incubo. Le figure autoritarie del racconto instillano un codice di odio e intolleranza attraverso uno strumento repressivo come l'esercitazione del potere. Odio, discriminazione, stigma: i passaggi, poi, verran da se (lo stigma è il nastro bianco del titolo, appunto).
Haneke mostra anche delle eccezioni (il protagonista e voce narrante, Eva, la baronessa e la nutrice) forse per alimentare un contrasto evidente, animato da linguaggi talmente contrapposti da risultare grotteschi (la scena del dialogo tra il maestro e il padre di Eva o quella principale tra il medico e la nutrice).
Il linguaggio cinematografico invece, benchè assolutamente non innovativo è da grande cinema. Haneke omaggia a ripetizione Bergman: l'atmosfera opprimente agevolata da scenari spogli ('luci d'inverno'); l'algido bianco e nero (eccellente) ricorda quello de 'la vergogna' e il personaggio del Pastore sembra ricalcare in tutto e per tutto quello di 'Fanny & Alexander'.
Non lo reputo il miglior film che ho visto a Cannes perchè non l'ho trovato capace di trasmettere l'importanza dei contenuti con il dovuto fervore e quella dose di emozione necessaria a lasciar fluire la vicenda sulla mia pelle e a costituire quell'unisono indispensabile affinchè un film possa essere davvero determinante per me.

3 risposte al commento
Ultima risposta 31/10/2009 01.24.33
Visualizza / Rispondi al commento
Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  09/06/2009 11:27:58
   10 / 10
"Il nastro bianco" è un capolavoro che sconvolge le regole del cinema, raccontando una storia di malvagità, sopraffazione, grettezza, cinismo e morte da un punto di vista personale ed innovativo.
"Il nastro bianco" è un quadro le cui figure prendono vita; è una poesia per spaventare i bambini, è un idillio spezzato.
"Il nastro bianco" è la demolizione di ogni purezza.

17 risposte al commento
Ultima risposta 14/04/2010 18.09.22
Visualizza / Rispondi al commento
  Pagina di 1  

vota e commenta il film       invita un amico

In programmazione

Ordine elenco: Data   Media voti   Commenti   Alfabetico


1049652 commenti su 50672 film
Feed RSS film in programmazione

Ultimi film inseriti in archivio

BLACK SUMMER - STAGIONE 2FABBRICANTE DI LACRIMEFALLOUT - STAGIONE 1FARSCAPE - STAGIONE 1FARSCAPE - STAGIONE 2FARSCAPE - STAGIONE 3FARSCAPE - STAGIONE 4FOR ALL MANKIND - STAGIONE 1FOR ALL MANKIND - STAGIONE 2FOR ALL MANKIND - STAGIONE 3FOR ALL MANKIND - STAGIONE 4INVASION - STAGIONE 1LA CREATURA DI GYEONGSEONG - STAGIONE 1SNOWFALL - STAGIONE 1SNOWFALL - STAGIONE 2SNOWFALL - STAGIONE 3SNOWFALL - STAGIONE 4SNOWFALL - STAGIONE 5SNOWFALL - STAGIONE 6THE CHOSEN - STAGIONE 1THE CHOSEN - STAGIONE 2THE CHOSEN - STAGIONE 3THE WALKING DEAD: THE ONES WHO LIVE - STAGIONE 1V - STAGIONE 1V - STAGIONE 2WILLOW - STAGIONE 1

Ultimo film commentato

Ultimo post blog

Speciali

Speciale SHOKUZAISpeciale SHOKUZAI
A cura di The Gaunt

Ultime recensioni inserite

Ultima biografia inserita

Casualmente dall'archivio

Novità e Recensioni

Iscriviti alla newsletter di Filmscoop.it per essere sempre aggiornarto su nuove uscite, novità, classifiche direttamente nella tua email!

Novità e recensioni
 

Site powered by www.webngo.net