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Lontanissimo dai classici commissari di ferro di tanti polizieschi,il corrotto sbirro interpretato magistralmente da Luc Merenda è un personaggio quasi da noir, con il suo destino nichilista e tragico ad attenderlo. Pur non rinunciando all' azione,il regista preferisce indagare la psicologia del personaggio mettendo così in scena un dramma duro,crudo e privo di speranza ( così come il finale tende a sottolineare),condito da una dose di violenza piuttosto elevata e da una notevole prova da parte del cast. Si smarca coraggiosamente dagli stilemi tipici del genere,non uno degli apici di Di Leo ma certamente un ottima pellicola, degna di attenzione.
Mi è piaciuto un sacco, ottimo ritmo incalzante, un paio di inseguimenti straordinari, e un bell'intrigo tra poliziotto marcio e malavita con le cose che si complicano sempre più man mano che il film avanza e che finisce in maniera spettacolare
con il poliziotto collega corrotto che spara in testa al suo compare dopo che lui ha fatto fuori uno dei boss malavitosi con il beneplacito del malavitoso superiore... u
... insomma una chicca. Belle anche le musiche e tutta la caterva di personaggi. Si ride anche con il napoletano Esposito e il suo modo di fare e le sue battute tra Nord e Sud. Sottovalutatissimo, è solamente poco al di sotto dei film della trilogia.
E' stato un esaltatore del poliziesco, non è stato l'unico, Fernando di Leo ha dato comunque un suo tributo al poliziesco all'italiana che negli anni settanta, ormai antichissimo ricordo, invadevano la scena. Si alternavano ,in questa danza impazzita, film importanti e altri meno importanti. Mentre altre produzioni passavano in modo indifferente, cioè erano buone ma copiavano le dinamiche precedenti quindi se non si osa non si vince quasi mai. Veramente essere originali nel filone poliziesco italiano diventa difficile, la concorrenza pecca di fantasia, ma si esalta nella tipicità.
Di Leo con ogni probabilità non è stato il migliore, i suoi film rimangono importanti ma al contempo essi sono anche sopravvalutati. Fra i titoli che nonostante tutto non vanno scordati evidenziamo quello del 1974 dal titolo nettamente emblematico, "Il poliziotto è marcio". Se proprio vogliamo esaltare di Leo per la produzione de "Il poliziotto è marcio" dobbiamo ricollegarci a quanto scritto sopra; ossia il filone di questo specifico genere prevedeva il fatidico sbirro incorruttibile e soave, insomma con Fernando di Leo, stavolta, le cose cambiano. Questa è la piccola chicca che offre il prodotto, una sorta di alternativa alle solite dinamiche. Ma non basta… Per il resto il film non ha particolari aneddoti da offrire, per aneddoti indentiamo qualcosa di brillante. Le sequenze godono di una elevata violenza e non viene risparmiato nessuno, donne, vecchi e gatti sono ne "Il poliziotto è marcio" vittime di guerra. La carneficina è innescata da un giro di corruzione che riguarda da vicino il commissario di turno, interpretato da un buonissimo Luc Merenda. La storia non ha grossi sviluppi geniali ma si sviluppa in modo solido e senza banalità, e questo è già un vantaggio corposo, rilevante.
"Il poliziotto è marcio" fa parte della schiera infinita del poliziesco, visto dopo altre produzioni, ahimè, non passerà alla storia e difficilmente rimarrà scolpito nella mente di chi amando il genere va in cerca di qualcosa di inedito, qualcosa che viaggia pienamente sopra le righe; di sicuro non ci accontentiamo e non ci meravigliamo di un uomo di legge corrotto, scandalo soporifero, nell'ottica dei film.
Buon Di Leo, anche se, per me, non è tra i suoi migliori. Intriso di cinismo e bello "cattivo". Ha qualche caduta di tono e ritmo e i personaggi sono un po' troppo abbozzati. Comunque un discreto poliziottesco.
Probabilmente II poliziotto è marcio è la mosca bianca nel panorama dei poliziotteschi degli anni 70. Il protagonista (un grande Luc Merenda) è un poliziotto corrotto che organizza traffici illegale di svariati tipi, e si prende le sue percentuali da anni mettendosi in affari con la malavita. Proprio lui, rispettato da tutti i colleghi come un integerrimo commissario della polizia degno di elogi per aver sgominato bande e rapine. Grande Vittorio Caprioli nei panni del cavaliere Esposito dal cui esposto alla polizia inizia tutta la vicenda
Commissario: "Sono un funzionario della polizia, sono venuto per quell'esposto" Cav. Esposito: "Voi veramente dite? No, perché è la prima volta che mi capita di assistere a un miracolo. Ma come, uno chiede l'interessamento della polizia e quella veramente s'interessa?"
Bravo Salvo Randone nei panni del maresciallo dei carabiniei e padre di Malacarne-Merenda (bellissimo il dialogo tra Merenda e Randone dove il primo confessa di essere connivente con la mala sbraitando in faccia al padre allibito i suoi privilegi e il suo potere). Finale shockante. Uno dei più bei e scomodi polizieschi italiani fino a due anni fa non aveva un supporto digitale adeguato e bisogna ringraziare la Rarovideo se abbiamo il dvd uncensored di un cult: oro colato visto che circolavano solo copie VHS tagliate.
Dopo "Milano trema: la polizia vuole giustizia", ecco che Luc Merenda viene ingaggiato dal buon Di Leo per un filmaccio anni 70' in cui a sto giro gli tocca la parte dello sbirro corrotto, nel complesso discretamente interpretato. Per il resto poi ci sono tutti i classici elementi che fanno di un film un buon poliziesco. Ingiustamente snobbato, ma anche difficile da reperire.
poliziesco atipico del grande di leo, qua c'è il contrario del classico commissario di ferro, ma la sostanza non cambia, scene d'azione spettacolari e inseguimenti adrenalinici. 3 voti col mio.. questo merita ragazzi, vedetelo
Con il poliziotto è marcio Di Leo crea, attraverso il personaggio del commissario Malacarne, l'anti-Merli per eccezione. Tutto di un pezzo e incorrutibile il personaggio di Merli, mentre qui l'essere tutto di un pezzo ed inflessibile è solo una maschera che nasconde la corruzione più profonda, che non si ferma davanti nemmeno ad un padre integerrimo, maresciallo dei carabinieri, il quale viene ucciso moralmente davanti alle rivelazioni del figlio prima ancora della sua morte fisica. Un film duro e spietato che forse non è sostenuto sufficientemente dalla ridotta capacità espressiva di Merenda, ma ti rimane impresso per più di una sequenza.