I re e le regine, i principi e le principesse, i boschi e i castelli di tre regni vicini e senza tempo; e poi orchi, animali straordinari, draghi, streghe, vecchie lavandaie e artisti di circo: sono i protagonisti di tre storie liberamente ispirate ad altrettante fiabe de "Il racconto dei racconti" di Giambattista Basile.
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Denso, essenziale, una ricostruzione di un tempo che (non) fu mirabile. Domina su tutto la disillusione, la metamorfosi del corpo, la morte imminente: ogni azione ha conseguenze inderogabili. Garrone ha nelle corde una rilettura di Basile e delle fiabe del Cunto de li cunti così particolare, grottesca, barocca, nuda in una parola. Che potesse riuscire, vista la difficoltà della materia trattata, non era scontato. Se "Il racconto dei racconti" già divide è - per i critici - una enorme occasione persa per il nostro cinema di riappropriarsi di una rilettura dei capolavori del passato (come riuscì a Pasolini). Matteo Garrone non sbaglia un colpo. Solo, nelle tre storie, troppe lungaggini, ci mette un pò ad ingranare: ma una volta entrati in questo mondo paludoso riesce difficile uscirne. Si è ipnotizzati.