Guido Brizzi ha dieci anni quando entra, per scelta, in seminario. Non sa quanto la sua vita cambierà, rispetto a quella che conduce con la madre amorevolmente protettiva, ma sente forte la vocazione religiosa.
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"La chiesa non cambia opinione da duemila anni, figuriamoci dall'oggi al domani."
Il seminarista è un film estremamente interessante, costellato da un lungo flashback che ripercorre il periodo di seminario del protagonista in epoca preconciliare. Indovinata la scelta del bianco e nero, non solo per operare una cesura fra passato e presente, ma per rimarcare un'istituzione vecchia e desueta e per sottolineare il suo isolamento fisico, offrendo pochi pertugi verso l'esterno: il mondo reale. E' interessante perchè espone, pur senza avere la pretesa di indicare soluzioni, molte tematiche attuali del mondo ecclesiastico: la vocazione, l'estrema rigidità gerarchica dell'istituzione, l'attaccamento più ai regolamenti interni che agli insegnamenti del Vangelo, la pedofilia, l'aprirsi a quel mondo esterno operato più da singoli che dall'istituzione stessa (l'esempio di Don Milani è calzante ed efficace). Tante tematiche appunto, ognuna delle quali meritevoli di un film a parte e che in questo caso risentono di qualche schematismo di troppo. Aldilà comunque dei limiti tecnici del budget e della qualità non eccelsa delle recitazioni, ad opera di attori non professionisti, un film che mette sul tavolo un quantità di riflessioni non indifferente ed ancora oggi attuale.