il silenzio regia di Ingmar Bergman Svezia 1963
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il silenzio (1963)

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locandina del film IL SILENZIO

Titolo Originale: TYSTNADEN 

RegiaIngmar Bergman

InterpretiIngrid Thulin, Gunnel Lindblom, Jorgen Lindström

Durata: h 1.35
NazionalitàSvezia 1963
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 1963

•  Altri film di Ingmar Bergman

Trama del film Il silenzio

In un paese tormentato dall'incombere di una guerra, due sorelle vivono un profondo conflitto. Durante un viaggio sono costrette a fermarsi in una cittadina sconosciuta perché una delle due si sente male a causa del suo alcolismo. È l'occasione che fa esplodere i profondi costrasti tra le due donne, entrambi a loro modo egoiste e prevaricatrici. Muto testimone è un ragazzino, figlio di una delle due. Dopo l'ennesimo litigio la malata viene abbandonata dalla sorella al suo destino.

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Voto Visitatori:   8,15 / 10 (20 voti)8,15Grafico
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Voti e commenti su Il silenzio, 20 opinioni inserite

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Filman  @  06/11/2020 13:32:45
   8 / 10
L'esperienza visiva e sensoriale che vive il piccolo protagonista di TYSTNADEN (Il Silenzio), regala allo spettatore di riflesso un'esperienza particolarissima e onirica. Parallelamente vi è la storia delle due sorelle, partecipi di una relazione malsana e vittime di problemi anche mentali, un dramma dentro al dramma che diventerà sempre più costante nei soggetti di Ingmar Bergman.
Pertanto la pellicola si divide in due sfere: una in cui l'innocenza si scontra con la guerra, un evento così straordinario che distorce la realtà stessa; una più arbitraria, una sorta di vezzo autoriale che si inserisce nel tema bellico e non viceversa.
il risultato rimane comunque affascinante e originale, per quanto il regista si sforzi nel farlo.

kafka62  @  06/04/2018 15:16:51
   7 / 10
La parola "ANIMA", che l'agonizzante Ester imperscrutabilmente scrive nella lettera che il piccolo Johan legge nell'ultima sequenza de "Il silenzio", è l'estremo e disperato messaggio nella bottiglia che una umanità naufragata in un oceano di silenzio, solitudine e vuoto morale lancia nel precario ed incerto avvenire. Essa è anche l'unico, fugace accenno a una dimensione spirituale e trascendente dell'esistenza, che nel resto del film è completamente assente, sommersa da una immanenza degradata ed abietta, che svilisce gli esseri umani sotto il peso intollerabile dell'assenza di Dio. In effetti, "Il silenzio" fa subito terra bruciata attorno ai suoi personaggi: li circonda di incomunicabilità, li rinchiude in ambienti claustrofobici (uno scompartimento ferroviario e una stanza d'albergo), li isola in un misterioso paese straniero dal linguaggio indecifrabile e li annichilisce con enigmatici segni di una catastrofe imminente (i carri armati che scorrono davanti agli occhi di Johan, il rumore degli aerei che sorvolano la città). Anche il loro privato è permeato di una analoga ambiguità: essi non hanno quasi un passato (non si sa ad esempio da dove provengano né dove vadano, mentre nel corso del film emergono soltanto vecchi risentimenti sepolti o ricordi da tempo rimossi perché troppo orribili da sopportare); il loro presente (e la loro funzione narrativa) è ridotto a un attonito guardare in faccia la morte o a un fatuo deambulare in una vita senza più alcun ideale; il loro futuro è fatto solo di dolorosi rimorsi e di logore abitudini, utili a malapena per sopravvivere.
Raramente Bergman è stato così pessimista come ne "Il silenzio": qui egli descrive impietosamente, senza indietreggiare di fronte a nulla, tanto le miserie della carne (gli amplessi umilianti di Anna, la straziante malattia di Ester) quanto il venir meno delle certezze morali ed esistenziali (tutto il film è ambiguamente percorso da simboli inquietanti, dai nani dell'albergo ai misteriosi titoli dei giornali). Ma il culmine di questo nichilismo è raggiunto nelle scene di cannibalismo tra le due sorelle (la frigida, razionale e moralista Ester e la sensuale, istintiva e superficiale Anna), le quali si rovesciano addosso, in un crescendo di reciproco e inconciliabile disprezzo, un passato di maldigerite incompatibilità. La scena in cui Anna descrive alla sorella lo squallido incontro sessuale con l'uomo conosciuto al bar o quella in cui si fa scoprire con lo stesso uomo in atteggiamento inequivocabile, sono di una crudeltà psicologica inaudita. Questo oscillare tra una algida e garbata convivenza (che di norma rappresenta il fragile equilibrio di partenza della storia) e l'improvvisa esplosione di rancori gettati in faccia senza più alcun pudore è del resto la caratteristica più riconoscibile di quasi tutti i film di Bergman dagli anni '60 in poi. Quello del regista svedese è infatti un cinema che fa letteralmente a pezzi sentimenti come l'amore di coppia, l'amore tra genitori e figli, la solidarietà o la fratellanza, salvo poi cercare di recuperare a fatica tra le macerie il loro senso autentico, non convenzionale né contaminato da religione e morale corrente.
Questo intento, che per fortuna ne "Il silenzio" (diversamente da "Come in uno specchio") non raggiunge mai toni didascalici, rappresenta un'esplicita, non eludibile, chiave di lettura del film, ma, un po' paradossalmente, ne costituisce anche il maggior limite, come vedremo fra poco. La forza del film sta soprattutto nel suo geniale ermetismo, nella sua criptica ambiguità, nel suo resistere alla penetrazione del senso. Tutto questo fa il pari con uno stile audacemente innovativo: la fotografia chiaroscurata illumina espressionisticamente i volti dei personaggi, esaltandone la drammaticità delle espressioni (come dimenticare il viso di Ingrid Tulin prima dell'ultima crisi di asfissia, illuminato solo parzialmente da una luce che svela impietosamente l'orrore della malattia?); la macchina da presa pressa da vicino persone e cose, rinchiudendole in prospettive opprimenti e tafofobiche; lo sguardo del regista tira fuori dagli aspetti più comuni della realtà valenze inesplicabilmente inquietanti (quei dedalici corridoi d'albergo, che stanno tra "L'anno scorso a Marienbad" e "Shining"); le inquadrature non sono mai piatte, ma – tramite la profondità di campo e l'accostamento di due personaggi, l'uno ripreso di faccia, l'altro di profilo – si caratterizzano sovente per la sovrapposizione di piani diversi.
Purtroppo, l'allegorica ed espressionistica messa in scena de "Il silenzio", così pregna di novità tematiche e formali, così capace di fare a meno del "parlato", non riesce ad evitare uno scioglimento narrativo di stampo teatrale. Il crudele faccia a faccia tra le sorelle infrange infatti l'alone di indeterminatezza semantica che si era creato, fa intravedere la necessità diegetica di un prima e di un dopo, riduce gli illimitati spazi di senso fatti balenare all'inizio del film e immiserisce l'ambigua ricchezza interiore dei personaggi, i quali, da figure astratte suscettibili di essere interpretate all'infinito, vengono ricondotti al livello molto più banale e prosaico di un conflitto di supremazia sororale. "Il silenzio" soffre così di uno squilibrio tra una introduzione che fa affiorare con abilità incubi e paure universali e uno sviluppo che ci riporta bruscamente a un privato conflittuale su cui pesa la pesante ipoteca del dejà vu. In parole povere, Bergman non è capace di affrancarsi del tutto dallo psicologismo, in un film che invece, grazie ad allusioni, simbolismi e metafore, dimostra di saper fare benissimo a meno di esso. Insomma, Bergman cerca di passare con disinvoltura da Kafka a Strindberg, ma il passo dall'uno all'altro è molto lungo, e in una sola ora e mezza non è consentito neanche a un genio come lui di farlo impunemente.

Matteoxr6  @  16/11/2016 22:53:06
   5 / 10
Avendo visto per primo "Persona", me lo ha un po' ricordato. Una pellicola interamente allegorica. Sullo sfondo di una Babele psichica (l'ombra di una guerra in un Paese indefinito con una lingua incomprensibile), id, ego e superego si scontrano (le due sorelle), cercano di avvicinarsi, di comprendersi per poi respingersi in una dialettica adulta in cui non manca il rimando alla fanciullezza (il figlioletto), che girovaga tenendo punti di contatto non troppo distanti da altrettanto metaforici cameriere e nani del circo. Regia, come di consueto, minimale, simbolica e totalmente volta all'introspezione. L'esasperazione del ritmo e dei dialoghi, o meglio, monologhi di Bergman che proprio non digerisco, mi hanno reso veramente inutilmente pesante la visione.

JOKER1926  @  16/01/2016 17:13:30
   6 / 10
"Il silenzio" del 1963 è uno dei film che fa parte del corpus registico di una mentre brillante ed avanzata, ossia di Ingmar Bergman.
La regia svedese già all'epoca riusciva a proporre cose che se proposte oggi, nel pieno della nostra contemporaneità, sarebbero avanzate. Logicamente tutto ciò è legato all'uso della macchina da presa e a quella scena che il regista sapeva allestire, fra poche ridondanze e tanta spiritualità.

La storia che alberga ne "Il silenzio" riguarda le vicende di due donne e di un bambino; il tema della famiglia (o perlomeno della parentela) ricopre in Bergman delle importanti funzioni. Seguiranno sviluppi strani e il film svedese, per tutto il tempo, poggerà su una non comunicazione. Per comunicazione comunque noi intendiamo quella verbale. Il film ha un suo codice.
Il bianco e nero funziona e i personaggi sono attorniati da luoghi idonei, l'introduzione in scena di determinati personaggi alimenta la curiosità da parte del pubblico.
Quello di Bergman sembrerebbe essere, dalle prime sequenze, un film monumentale però c'è da dire che qualcosa non funziona. Oltre alla solita enigmaticità di Bergman, molte sequenze non si seguono, traspare prepotentemente un ritmo elefantiaco che non può non risultare fatale presso lo spettatore.
Visione troppo sofferta e dilatata.
La scelta di Bergman di offrire un ritmo sofferto sembrerebbe fin troppo pesante e dunque penalizzante. Ciò non toglie che "Il silenzio" ha una propria identità e parla (a modo suo) della comunicazione umana scomparsa e degli affetti logorati. Personalismo ed ermetismo.

impanicato  @  14/12/2014 20:23:12
   8 / 10
Finalmente termino la celebre "Trilogia del silenzio" di Begman composta da questo film, "Come in uno specchio" e "Luci d'inverno". Anche questo, come i precedenti mi ha colpito molto, ed il titolo é molto indicativo. A differenza del "silenzio di Dio", in questa pellicola si tratta dell'impossibilitá di capirsi, comunicare e comprendersi tra le persone. Per di piú, i protagonisti si ritrovano in un paese straniero proprio per accentuare la distanza che si puó instaurare a causa della mancanza di qualcosa comune.
Inoltre, é uno dei film di Bergman in cui si parla di meno: il silenzio é spezzato solo nel finale grazie a dialoghi intensi e monologhi.
"E' assurdo prendere in giro la natura perché poi si vendica"
Ester ci mette ad un bivio: vivere come la sorella, seguendo i suoi impulsi sessuali, o come lei stessa, che ha represso i suoi istinti per poi rimanere sola?
Interessante il ruolo del cameriere che, seppur non conoscendo la sfortunata cliente, le sta al capezzale fino all'ultimo.
Bizzarre alcune scene, che mi hanno fatto pensare al cinema di Lynch e a quello di Bunuel.
Ottima la fotografia di Nykvist, come al solito d'altronde, e ottima la regia con l'uso dei primi piani molto intensi. Ingrid Thulin sempre eccellente in un'interpretazione da incorniciare.
Peccato non aver visto la versione non censurata.

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  17/01/2013 22:40:36
   10 / 10
Bergman chiude la "trilogia sul silenzio di Dio" con una dei film più suggestivi, dolorosi e riusciti che abbia mai visto.

Unendo il crollo dei legami di sangue (madre-figlio / sorella-sorella), all'incesto, alle pulsioni sessuali e una incomunicabilità con Dio e gli uomini, Bergman ricorre pochissimo ai dialoghi se non nell'ultima parte. E senza cadere nell'errore didascalico della fine di "Come in uno specchio" - instilla dubbi e domande, con un'atmosfera che - in alcune scene con il ragazzino - oggi definiremo Lynchiana unita ad un rigore formale che lascia ammirati.

Le due attrici sono inarrivabili nel rendere sia carnale che spirituale un dolore che non è solo metafisico (spiritualità e pulsioni umane si bilanciano), che la presenza di nani, camerieri e amanti nella sequenza del varietà-chiesa incornicia in un'atmosfera di perversione e sfuggente significato che non può lasciare indifferenti.

Capolavoro assoluto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  06/11/2011 23:06:47
   9 / 10
Questo è un capolavoro e se non lo è poco ci manca, non ci sono storie.

Prima di tutto un consiglio, anzi un ordine: evitate la versione italiana per svariati motivi; i dialoghi sono infatti stati pesantemente cambiati di senso in molte scene, e alcune delle sequenze che rendono così bello e importante il film di Bergman sono state censurate vergognosamente (nonostante il consenso dello stesso regista).

In un villaggio straniero due sorelle e il figlio di una di loro sono costretti a fermarsi, dopo essersi sentite male per il caldo asfissiante. Carri armati si muovono col rumore sferragliante e pesante, la minaccia della guerra è onnipresente. Ma all'interno dell'albergo si consuma un'altra guerra: quella tra le due sorelle; una di loro è alcolizzata e vicina alla morte, l'altra (madre del bambino) ricerca avventure erotiche per poter rinfacciare il proprio disprezzo alla sorella. In mezzo a loro si pone il bambino, che osserva e non può fare nulla...
In un hotel surreale, con un cameriere anziano che parla una lingua strana e dei nani che passeggiano frequentemente per le sale, il bambino diventa testimone di una vicenda fatta di rapporti tesi come coltelli, ma alla fine perfino nel silenzio di Di0, e nella sua incomunicabilità, una parola uscirà fuori come un segnale, una speranza...

Perché mi è piaciuto tanto questo film? Sinceramente a caldo non avrei saputo dirlo. Non è di certo ottimista, anzi è cinema che trafigge e fa male, è molto crudele. Il fatto è che Bergman ha uno stile di avanguardia, qui in particolare, utilizzando scene grafiche incredibilmente esplicite sotto il profilo sessuale, in quanto il sesso è una componente fondamentale del Silenzio. E se la versione italiana è stata censurata in più punti, è incomprensibile capire come lo spettatore del periodo potesse apprezzare l'arditismo di sequenze come quelle del teatro, o dei seni e nudità della madre del bambino, o ancora l'accenno di incesto tra le due sorelle ("sono gelosa").
Non dico che sia un gran film perché esplicito, ma di certo riuscire ad essere spinti come il cinema al tempo mai era riuscito ad essere senza al contempo voler usare il mezzo cinematografico per scandalizzare ma solo per far riflettere è una virtù che solo Bergman poteva sfruttare in tal modo.
Uscire quasi devastati dall'esperienza del Silenzio servirà proprio a ricercare quest'ultimo e a riflettere, 49 anni fa come oggi e come in futuro.
è un cinema che non riesce proprio ad invecchiare.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  09/12/2010 22:59:59
   8 / 10
Un film decisamente difficile, in un certo senso anche estremo, di una lentezza a volte esasperante. Come in "Luci d'inverno", anche qui occorre avere una certa predisposizione per i temi riflessivi e filosofici.
In genere si suole classificare questo film come facente parte della trilogia dedicata all'essenza della divinità (alla sua presunta presenza o assenza e al modo con cui si esprime). In realtà qui di Dìo proprio non si parla e l'argomento entra solo di riflesso, non in maniera diretta. Nel "Silenzio" infatti non ci sono argomenti astratti o metafisici, il tema è più concretamente la solitudine, l'incomunicabilità, il dolore di vivere, la tortura della morte.
Bergman dimostra poi molto coraggio perché decide di mettersi in gioco, provando un approccio diverso da quello che ha quasi sempre usato. E' vero che in questo film viene mantenuto inalterato l'impianto teatrale con i personaggi ridotti all'osso; solo che non si punta più sul dialogo, sulla spiegazione dei sentimenti. L'approccio è invece l'opposto: per tutto il film domina un silenzio a volte imbarazzante; gli atti, i luoghi, le scene si susseguono senza alcuna spiegazione; non sappiamo perché le due donne e il bambino si trovino su quel treno, da dove vengano e dove stiano andando. Si fermano in un albergo di una città in un paese francamente misterioso, forse inesistente. Le parole vengono dosate con il contagocce e alla fine si verrà a sapere comunque pochissimo sui personaggi.
In compenso abbondano i simboli, i richiami metaforici, le azioni rilevatrici di ogni tipo, anche di genere scabroso (il film ha subito censure). I movimenti di macchina, i lati di ripresa, la disposizione dei personaggi nelle inquadrature fanno poi il resto. Insomma, la grande sapienza artistica di Bergman si rivela decisiva anche nei progetti più arditi e riesce a far digerire qualcosa di assolutamente ostico.

Solo verso la metà del film si delinea con precisione il contesto in cui si muovono le due sorelle Ester e Anna, accompagnate dal piccolo Johan, figlio di Anna. Ester (un'altra interpretazione maiuscola di Ingrid Thulin) è malata, sta per morire. E' una persona profondamente chiusa e infelice e paga lo scotto di non aver saputo sviluppare la sua natura di lesbica ("puoi ingannare la Natura ma alla fine la paghi cara"). Si è ripiegata così ad amare in maniera anche morbosa la sorella Anna. Ritorna di nuovo (dopo "Come in uno specchio") il tema dell'incesto fra fratelli/sorelle. La sua solitudine è espressa in maniera crudele e lascia il segno in chi guarda. Tanto più che le scene in cui soffre terribilmente sono di una forza e di un'intensità emotiva quasi disturbante. Si anticipa un po' il tema di "Sussurri e grida". Solo che qui un premuroso cameriere anziano non basta a dare una speranza. Lui fa semplicemente il suo lavoro. A Ester non rimane che morire sola e soffrendo tantissimo.
Anna invece è troppo legata ai sensi. Sembra che lo faccia per stordirsi e non pensare al fallimento della propria vita. Vorrebbe liberarsi della sorella ma tutto sommato le dispiace, ne soffre. Comunque la scelta finale sarà quella dell'egoismo, ma significherà la morte dei sentimenti, la prospettiva di un'esistenza dura e arida.
L'unica nota positiva è il piccolo Johan. Con la sua fantasia, la voglia di giocare, l'innocenza, rappresenta la speranza nel futuro. A lui verrà data in eredità l'esperienza degli adulti, avrà ciò che rimane dell'esistenza, quello che sopravvive del nostro passaggio terreno; è l'ultima parola del film: "l'anima".
Vedere questo film è stato per me una piccola tortura. Alla fin fine, a mente fredda, sulla noia prevale però la grande ammirazione per chi ha saputo esprimere un certo tipo di pensiero (l'esistenzialismo) in una maniera così concreta, intensa, efficace ed impressionante.

fiesta  @  19/02/2010 01:41:24
   9 / 10
Sono così tanti i codici che attanagliano la nostra vita da ricoprire completamente l'unico essenziale.
Un capolavoro che non avevo compreso.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  11/08/2009 21:54:17
   8 / 10
Felliniano nella sua messa in scena dalle prospettive schiacciate con sullo sfondo un conflitto bellico che è la metafora dei conflitti e dell' incomunicabilità delle due sorelle; bressoniano per il silenzio e il forte accento sui rumori. Non a caso quindi, "Il Silenzio" è forse il mio preferito della "trilogia". Il silenzio di Dio, ovviamente, che non si degna nemmeno di "inviare" sulla Terra un cameriere che capisce una parola di svedese costretto a comunicare a gesti. Le due caratterizzazioni opposte, da un treno (sempre presente nella filmografia di Bergman) faranno scalo in un luogo neutrale, il punto di vista esterno se non oggettivo per l' occasione - tipica bergmaniana - di sviscerare il passato, i sentimenti nascosti e gli attriti mai sopiti; come "Sinfonia d' Autunno", "Persona", "Sussurri e Grida" insomma, il classico e vero Bergman. Johann è il ragazzino, l' innocenza edipica figlio della ninfomane, che fa da collante allo sgretolamento famigliare. Tre i protagonisti dunque, il menage perfetto come tre sono i tempi della drammaturgia per eccellenza. Bergman partecipe ma spietato: dopo un lungo silenzio assordante (va beh questa è uscita un po' facile), l' ultima grande sofferenza della sorella malata è nel lancinante urlo di una fracassona sirena. Fotografia di Sven Nykvist, bravo nella surrealtà degli interni, a volte con luce espressionista (come nella sequenza appena citata), ma non è tra i suoi B/N che preferisco.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  28/12/2007 18:56:06
   8 / 10
l'unica cosa che non ho compreso è il legame della guerra a questa storia...
poi troviamo il solito grande Bergman...nessuno come lui,nel suo tempo,si è spinto cosi in avanti mostrando cose che non potevano essere mostrate in quegli anni...una su tutte la scena della masturbazione che è stata censurata nella sua prima versione!
drammatico fino all'esaurimento!
e le emozioni che provano le protagoniste le prova anche lo spettatore(direi purtroppo)!
emozionante

Ch.Chaplin  @  12/08/2007 16:10:49
   9 / 10
prima parte tutto sommato buona, ma non eccezionale, seconda parte da 10 e lode. è un susseguirsi di gradini ke lo spettatore compie fino alla fine, in cui non ci si sente cmq arrivati alla meta. ciascuna sorella ha la sua perversione ma, mentre la thulin (interpretazione sublime) è malata esteriormente e chiaramente anche interiormente, la lindblom cerca di non dar troppo nell'occhio, fino allo sfogo finale,kiaro segno di instabilità forse ancor maggiore della sorella. dramma dell'incomunicabilità e dell'eternità..classici temi bergmaniani con pochissimi dialoghi..nn è sopportabile da tutti!

Invia una mail all'autore del commento Proto Sul Pero  @  06/08/2007 21:43:16
   8½ / 10
E' un film molto intenso da cui traspare chiaramente il dramma interiore del grande regista svedese, sempre alla ricerca di un dio in eterno "silenzio".
Lo spettatore è messo a dura prova per quasi tutta la durata della pellicola e si accumula una tensione terribile che esplode poi nel bellissimo finale.
Personalmente ho provato un forte senso di alienazione e smarrimento durante alcuni frangenti, davvero sconvolgenti...

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Andre85  @  18/05/2007 19:39:37
   8 / 10
--alla luce delle modifiche avvenute dal doppiaggio in italiano--

il silenzio è un film sul difficile rapporto tra due sorelle, entrambe con vittime di qualcosa, una dell'alcool che sembra privarla della linfa vitale, mentre l'altra sembra averne fin troppa e scambia l'amore per il figlio con quello sessuale verso uomini incontrati per caso.
il questa rigida situazione il bambino sembra non aver perso la sua spensieratezza e riesce a divertirsi grazie al buffo cameriere dell'hotel, altro personaggio positivo del film; la presenza dei carrarmati appesantisce cmq l'aria soffocante che il film tramanda e l'incombenza di una probabile guerra potrebbe essere l'unica soluzione per stravolgere gli avvenimenti

Beefheart  @  07/04/2007 22:15:39
   7 / 10
Sembrerebbe che la versione distribuita in Italia sia, una volta tanto, pesantemente manomessa rispetto all'originale e, di conseguenza, abbia le polveri bagnate. Il film tratta le manie e le angosce di due sorelle, una malata e alcoolizzata e l'altra ninfomane, consumate da un nefasto conflitto latente e strisciante che sembra accompagnarle da sempre, in uno sfondo bellicoso ma indefinibile ed, a tratti, felliniano. In effetti l'intensità non manca e la recitazione è più che all'altezza ma, ciò nonostante, si è spesso costretti ad ipotizzare il contesto celato dalla censura. Per il resto il prodotto è notevole, soprattutto se si considera che il tutto si svolge tra uno scompartimento treno ed una stanza d'albergo, con tre o quattro attori in tutto, all'insegna di un'essenzialità che non fa mancare nulla; anzi, a quanto pare, ce n'era già in abbondanza!

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Ultima risposta 23/04/2007 12.06.55
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Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  03/08/2006 15:54:33
   8 / 10
La prima mezz’ora è troppo descrittiva e troppo lunga. Poi invece i personaggi rifulgono in tutta la loro grandezza e la seconda parte del film è da capolavoro assoluto. Il dramma si consuma lentamente nei bellissimi dialoghi di chi è riuscito a trasportare l’interiorità del teatro intimo di Strindberg sullo schermo.

desi  @  21/05/2006 23:43:23
   8½ / 10
Il più bel film di Ingmar Bergman dopo "Il settimo sigillo".
Guerra, vita, amore e odio.
Senza bisogno di altre parole.
Lezione

“Sentivo che ogni inflessione della mia voce, ogni parola, erano bugie, una farsa con il solo scopo di nascondere la noia ed il vuoto. C'era un solo modo per evitare il collasso, per evitare di entrare in uno stato di disperazione. Restare zitto. E cercare la chiarezza dietro il silenzio.”
Ingmar Bergman

ds1hm  @  29/11/2005 15:14:41
   10 / 10
uno dei film stupendi di bergman meno conosciuti. rimango estasiato ogni volta lo guardo (saranno quasi 20); tantissime le immagini che non si riescono proprio a dimenticare; raramente l'ombra di una guerra è così magistralmente resa reale nel suo manifestarsi esclusivamente nella desolazione dei comportamenti dei personaggi, nella desolazione di tutto il paesaggio.Criptico e stupendo il finale.

Crimson  @  10/07/2005 19:40:03
   8 / 10
Dopo aver visto la versione italiana del film ho provato a vedere quella in svedese giusto per notare le scene che a quanto pare qui sono state giudicate "scabrose" e tagliate o modificate. A parte qualche scena non mi sono accorto di molte differenze, a causa dell'incomprensibilità della lingua ovviamente. Mi dispiace perchè ero curioso di capire come sono stati alterati i dialoghi nella nostra versione, secondo il prezioso consiglio di Mpo1.
Passando al film, mi ha ricordato molto "sussurri e grida". Il tema affrontato, l'incomunicabilità femminile, è lo stesso, ed è descritto con lo stesso taglio "malato". "Il silenzio" tuttavia è più perverso. Mi ha colpito soprattutto la figura del vecchio dell'albergo, che nonostante la difficoltà di comunicare a parole comprende maggiormente il dolore di Ester con i fatti, e sente il bisogno di starle vicino. Anche Johan riveste un ruolo prezioso ai fini della lettura del film, perchè funge da mediatore tra le due sorelle. Inoltre trovo la Thulin un'attrice eccezionale, ha un espressività del volto incredibile. Il film funziona soprattutto grazie a lei, a come interpreta il suo personaggio.
Per concludere come avevo cominciato, la versione italiana del film non garantisce una visione corretta, e dovendo valutare ciò che ho visto il voto non è superlativo solo per questa ragione. Sono sicuro di essermi perso qualcosa insomma, quel di più che avrebbe dato maggior fluidità al tutto (cosa che è palesemente mancata). Spero di vedere presto una versione in inglese.
Per questo 8, un gradino sotto a "Sussurri e grida", ma sono certo che se un giorno vedessi la versione integrale metterei le due opere d'arte sullo stesso piano. Grande Bergman.

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Ultima risposta 27/07/2005 12.09.45
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Mpo1  @  22/03/2005 00:10:20
   10 / 10
'Il Silenzio' è il terzo film di una trilogia che comprende anche il bellissimo 'Come in uno specchio' e 'Luci d' inverno'. In seguito Bergman ha negato che i 3 film costituissero una trilogia, anche se ci sono molte somiglianze tematiche e formali. 'Il Silenzio' è forse il più bello dei 3 film. Il titolo è legato alla consueta tematica bergmaniana del "silenzio di dio", ma si riferisce anche al tema principale del film: l'impossibiltà di comunicare, di comprendersi e di capirsi. Le 2 sorelle protagoniste si trovano peraltro in un paese di cui non conoscono la lingua, simbolo dell' impossibiltà di comunicazione. Il titolo è anche molto adeguato perché questo è uno dei film di Bergman in cui si parla di meno: l'espressione è affidata principalmente alle immagini. Il film ebbe successo, dovuto anche al fatto che fece scandalo a causa di alcune scene "spinte" per l'epoca e per alcuni temi che sfiorava (come l'incesto). Il film ha influenzato altri registi: sembra che le scene del bambino che vaga per gli ampi corridoi dell'albergo abbiano ispirato Kubrick per le analoghe scene di 'Shining'.
Diffidate della versione italiana del film. Ho avuto la possibiltà di vedere la versione originale in una rassegna su Bergman. La versione italiana è pesantemente censurata: alcune scene sono state tagliate, alcuni dialoghi sono stati modificati nel doppiaggio (perché ritenuti blasfemi o troppo espiciti) e persino il finale è stato alterato.

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