Rimasta cieca in un incidente causato dalla madre dissoluta, una bambina cresce in uno squallido ambiente familiare. Divenuta grande, s'innamora di un bravo giovanotto afroamericano che, amandola, l'aiuta a liberarsi del passato.
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Forse i toni non saranno sempre perfettamente equilibrati e a volte si cade nell'enfatico a tutti i costi, ma è un melodramma splendido per sensibilità umana e per spirito antirazziale, con quel particolare tocco tutto dei film di quell'epoca di ritrarre nel modo più felice un handicap senza troppi stuzzicamenti ricattatori (il top in questo senso potrebbe essere "Anna dei miracoli" di Penn). La regia di Green non ha guizzi memorabili ma riesce a portare il cast a vette di meravigliosa intensità: Poitier e la sua consueta eleganza aderiscono perfettamente al ruolo, la Winters vinse l'Oscar per la sua madre volgare e snaturata e la tenera Hartman, attrice sfortunata e vittima della depressione che la portò a concludere la propria esistenza nel modo più tragico, tratteggia con pudore il ritratto di una non vedente inesorabilmente sola che impara ad amare. Un film emozionante e toccante che da tempo, purtroppo, è stato sepolto nel dimenticatoio.