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Come in The last life in the universe, il film ci pone di fronte ad un uomo solo, straniero in un paese straniero e che gradualmente in questo viaggio fisico ed esistenziale non che prendere atto della deriva determinata dalle sue scelte. Una fotografia ai limiti del glaciale che esalta proprio tale stato d'animo. Un traditore a sua volta tradito, diventato un fantasma errante che non trova e non può trovare la sua redenzione. L'incedere è certamente lento, ma ipnotico ed avvolgente. Se si entra nel meccanismo del film, difficilmente provocherà noia. Sicuramente la visione nel suo complesso è impegnativa.
Piu' un noir che un thriller, ritmi lenti e trama piattissima lo rendono soporifero e per niente interessante, purtroppo ratanuarang ce l'ha di vizio di allungare il brodo all'esasperazione e inevitabilmente il film si perde dentro ad un immobilismo fine a se stesso. PErfino Asano che è uno dei miei attori preferiti qui sembra spaesato ed espressivo quanto bill murray.
Minimal-thriller: solito Ratanaurang che tocca le stelle e realizza un film bellissimo. Peccato solo che cali un po' sul finale. Asano sempre brano, ma un po' troppo spaesato, nel suo accento inglese fin troppo forzato. I diverbi linguistici di Last Life sarebbero senz'altro calzati più a pennello, più che questo inglese imperfetto.
Come semrpe regia, fotografia e finale all'altezza del grandissimo regista thai, uno dei migliori cineasti del cinema contemporaneo.
Probabilmente uno dei film più "magnetici" che mi sia capitato di vedere. Strettamente minimalista, le atmosfere che sfiorano il surreale e la fotografia ipnotica portano subito alla mente "Last Life in the Universe". La telecamera è ripetitiva, evita di proposito l'azione: raramente capita di assistere a qualcosa di così lento ma nello stesso tempo tanto affascinante. Asano-fantasma si riconferma perfetto nel suo ruolo, soprattutto nelle magnifiche sequenze durante il viaggio in nave. Consigliato agli amanti della fotografia e del cinema lento.
Altro ottimo lavoro di questo regista thailandese che sa trattare il tema della solitudine come pochi altri. Invisible waves ricorda molto, oltre che per lo stile registico, il precedente Last life in the Universe anche come struttura: ancora una volta il protagonista è un Tadanobu Asano (interpretante un personaggio di origine giapponese) che vive in una nazione non sua, attorniato da pochi attori che svolgono i più da comprimari alla situazione interiore del versatile attore nipponico.
Pan-Ek Ratanaruang ha anche il suo marchio di fabbrica nel finale spiazzante, decisamente diverso dal classico finale che ci si potrebbe aspettare da un regista non asiatico. Un film molto poetico e con un certo tempo narrativo, forse non adatto a tutti ma che verrà apprezzato dagli amanti del cinema made in asia.