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Quante definizioni si possono attribuire a "Annie Hall", il primo grande capolavoro di Woody Allen oppure una delle più importanti e innovative commedie romantiche di sempre o ancora uno dei film chiave del cinema americano degli anni '70. Film straordinario che delinea l'evoluzione artistica di Allen in maniera netta, definitiva; non più comico tagliente e dissacrante ma artista completo, con idee nuove, geniali. La maturità di Allen si compie con "Annie Hall".
Film che rappresenta una nuova incredibile strada intrapresa dalla commedia romantica, e dalla commedia in toto; "Annie Hall" è una vera rivoluzione del genere, con il solo limite di essere stilisticamente tanto personale da diventare di difficilissima imitazione per modelli successivi pur restando una pietra miliare indispensabile per chiunque sia appassionato del genere "Romantic Comedy" e che magari si sia rotto le palle della 400esima replica su Rete4 di "Pretty Paralisi in Faccia Woman".
Questa è la commedia romantica per nevrotici, che riflette le ansie dell'autore, e dei protagonisti, tanto quanto dell'America degli anni '70 (ma più quelle dell'autore). Analisi/Auto-analisi del rapporto di coppia, tra il protagonista e Annie ma non solo, che diventa seduta psicanalitica probabile per lo stesso Allen e per la stessa Keaton. Allen fa ridere qui ma smette i panni da comico puro, diventa invece autore abilissimo nell'uso dell'ironia, dell'auto-ironia e del sarcasmo, riesce a far ridere attraverso soluzioni di regia geniali e mostrando grande consapevolezza delle sue idee e grande maturità smonta il dogma del lieto fine nelle commedie romantiche, con un finale consolatorio ma, fuori da ogni dubbio, amaro.
Così, per questa decostruzione nevrotica della commedia romantica, Allen si avvale come detto di soluzioni di regia straordinarie, ad una prima visione spiazzanti e assolutamente da sbellicarsi. Quel suo continuo rompere la Quarta Parete (elemento che tornerà abbondantemente ne "La rosa purpurea del Cairo" ad esempio), quel suo continuo rivolgersi allo spettatore, non solo nell'indimenticabile monologo iniziale ma anche, con totale naturalezza, mentre sta interagendo con altri personaggi (ad esempio durante un dialogo con la Keaton si gira verso lo spettatore e chiede "Avete sentito ? Ha detto sposa non spesa, non sono diventato matto"). Un modo come un altro non solo per spiazzare il pubblico e quindi farlo ridere ma anche per coinvolgerlo completamente in un film di non così facile fruizione perché la psicoanalisi onnipresente e la continua aria nevrotica rendono "Annie Hall" la più complessa delle commedie romantiche.
Altri momenti fantastici di interazione libera di Allen sono quelli in cui il suo personaggio, da adulto, durante i flashback si rivolge tranquillamente alle figure del suo passato oppure quando chiede opinioni sulla sua storia con Annie a della gente a caso per strada con quelli che gli rispondo come nulla fosse e anzi nel finale sono proprio loro che lo fermano per discutere della cosa. Geniale, e molto divertente.
Il momento topico di questo tipo però è la sequenza della coda al cinema, con tanto di partecipazione del sociologo Marshall McLuhan, con una gag surreale in risposta alle sparate di uno pseudo-critico intellettuale cinematografico che alle spalle di un attonito Alvy spara vaccate a ripetizione sul cinema di Fellini (di cui Allen, si sa, è grande ammiratore).
C'è tanto qui dell'Allen che verrà e dell'amore di Allen per certo cinema. Il suo amore per Ingmar Bergman, l'anno successivo definitivamente espresso con il sottovalutato omaggio di "Interiors" gioiellino drammatico di Allen, qui è rappresentato dalla scelta iniziale del film da vedere da Alvy e Annie, un film di Bergman appunto.
Eccellente l'uso della continua alternanza dei piani temporali che con un ottimo montaggio risulta sempre fluido e mai fastidioso, viaggio in lustri di nevrosi mai superate per il povero Alvy Singer.
Come detto "Annie Hall" è un film complesso e maturo, una delle vette di Allen come autore, proprio per la sua sceneggiatura così spontanea e fresca, di ampio respiro, dotata di scene straordinariamente messe in scena dall'Allen regista e di un'ironia semplicemente meravigliosa. Quante sequenze memorabili ci lascia questo film grazie alla meravigliosa accoppiata Allen-Keaton, all'epoca ancora compagni anche nella vita. La loro intesa è naturale e superba e Allen si sa, sa esaltare particolarmente il talento di quella che anche successivamente rimarrà amica fidata e attrice prediletta. Qui in particolare, per la grande ispirazione che aveva in corpo, il piccolo emaciato clarinettista occhialuto riesce davvero a spedire Diane Keaton sulla vetta della sua carriera, perché questa in "Annie Hall" è la miglior Diane Keaton di sempre e parliamo di una che era stata grande in ruoli drammatici come ne "Il Padrino" e "Il Padrino Parte II" non proprio robetta (come ci ricorda la meravigliosa ironia di Woody il quale, dopo aver firmato autografi a due tizi entusiasti e in apparenza poco raccomandabili all'arrivo di Annie le dice di "Essere circondato dal cast de Il Padrino", appunto).
Però qui Diane Keaton è semplicemente enorme, meravigliosa e adorabile espressione di nevrosi e insicurezze, istrionica, espressiva, carismatica e versatile scheggia di perfetta recitazione ed interazione con il suo co-protagonista. Un'interpretazione eccezionale sotto ogni punto di vista, da applausi. E se Allen grazie all'abilità di Oreste Lionello si gode forse ancora di più se ascoltato in italiano (come ha ammesso lo stesso Allen) la Keaton è favolosa da ascoltarsi in originale. Piange, ride e parla a raffica, canta persino, non si fa mancare niente. Se è vero che Allen riesce sempre ad esaltarla allora qui si è superato.
Il circolo di attori che come un succulento contorno circonda il piatto principale è decisamente ricco e ben assortito, Carol Kane, Tony Roberts, un giovane indimenticabile Christopher Walken già palesemente attore di primo livello appena un anno prima della grande consacrazione de "Il cacciatore", impegnato già qui in un memorabile duetto con Allen, con Walken già espressione di personaggi che della nevrosi e della follia hanno raggiunto il limite. Il tutto in nemmeno 5 minuti di apparizione, "Il cacciatore" sembra quasi un'inevitabile conseguenza. E poi ancora la partecipazione del cantautore Paul Simon (e guarda nel film "Conoscenza carnale" c'era il suo vecchio compare Art Garfunkel e c'era sempre Carol Kane) senza contare alcuni simpatici camei, un giovanissimo Jeff Goldblum che parla al telefono, Sigourney Weaver inquadrata solo da grande distanza nel finale come nuova ragazza di Alvy e Shelley Duvall, negli anni '70 colonna storica di un altro fondamentale e straordinario autore americano come Robert Altman. Un bel quadretto.
Sublime esempio di come rivoluzionare un genere con le proprie nevrosi e con un'ispirazione ai massimi livelli "Annie Hall" è il primo e forse il più grande capolavoro di Woody Allen (per quanto, con un "Manhattan" in giro, prendere una decisione sia abbastanza complicato), commedia romantica sofisticata e folle da incorniciare.
Meraviglioso.
"Io non farei mai parte di un club che accetti tra i suoi membri uno come me".
Visto parecchi mesi fa, ma rimasto indelebile. Davvero un ottimo film, personalmente non mi ha mai annoiato. Se da un certo punto di vista temevo di correre il rischio di vedere una commedia un po' stereotipata e poco alla Woody Allen, dall'altro mi sono piacevolmente ricreduto. C'è davvero tanto in questo capolavoro. Amore, nevrosi, filosofia, malinconia, sintonia (e non) e tutto descritto (a volte, e sono celebri le scene, anche dalla sua voce IN campo) a menadito da Allen. Allen diverte. Battute un po' implicite, richiami filosofici e/o letterari vari che è veramente difficile cogliere tutti ma diverte comunque. Un intreccio che si sviluppa in modo interessante, ironico e avvincente. Per non parlare dei personaggi. Bravissima Diane Keaton. Scambio di battute tra i due, a parer mio, da antologia. Lo consiglio vivamente. Un cult.
Chiamatemi ignorante, ditemi che non ho capito nulla del film, ma a me Woody Allen proprio non piace! Sono film a mio avviso pseudo-intellettuali che non riescono a suscitarmi emozioni. Mi rendo conto che è un genio, ma a livello personale proprio non lo gradisco. Ho votato 6 1/2 per non rovinare la media, ma il voto personale sarebbe molto più basso. Ognuno ha i suoi gusti.
Ci metto volentieri lui nella accademia dei sopravvalutati. Partiamo dalla recitazione: monologhi tentennanti, balbuziati, incerti, ripetuti alla nausea lungo tutto il corso di manhattan ed io e annie (le sue pellicole più famose e sovra-stimate). "Ma lui vuole mettere in atto la psicosi borghese nella civiltà americana e bla bla bla bla"...e chi se ne fòtte? Certo è bravissimo in questo, ma lo sono anche i ballerini di Maria De Filippi mentre lievitano in spaccate aeree su qualche pezzo truzzo appena sbarcato, questo li rende grandi artisti ? E bravo in quello che fa, così come i neturbini sono bravi a smistare rifiuti, sono per questo degli artista? Lo spessore filmico di Allen è pari a 0, l'uso tecnico della macchina da presa è piatto, il ritmo è inficiato dal verbale onnipresente, la sceneggiatura è un giro sopra se stessa che ripropone la solita gag, modello "variazione sul tempa". Recitazione: nulla. Prendiamo un terzo di Keaton (fatto male), un terzo di Chaplin (fatto male) e mescoliamo tutto con la logorrea verbale (fatta male) di Groucho Marx: ecco qui, il prodigio della comicità moderna: woody allen. Ahh già ci sono anche degli spaccati e delle inquadrature tristi...ohh ohh se sono tristi, che atmosfera: prendere Gerswin e fare panoramiche casuali non ti rende un poeta, caro il mio cialtrone. Filmetti, ecco cosa sono. 1.34 h di reiterate e consunte gag che ripercorrono lo stesso schema madre. "Ehh..cioè...io...ma no non dire questo...renoir certo nel suo capolavoro, è così virale...ohh dioo...ma per carità...": genio.
"ahhah che buffo che è quel tipo, ahahhaha. Mi ha fatto proprio venire voglia di un bel big mac".
Pensiamo al citazionismo di Allen: esce dal cinema dopo aver visto Dovzenko, va alle mostre, parla di classici letterari, omaggia Fellini e Bergmann, il tutto è una mera sequela di cianfrusaglie riempitive. Le sue dissertazioni sono di una vuotezza ignobile, non certo quella nobile vuotezza beniana o pasoliniana in "teorema", stanno solo a rappresentare un intrattenitore, un buffone che intrattiene i contadini dopo che per 12 h hanno arato i campi.
Ho questo film 30 anni dopo la sua uscita e soprattutto dopo "basta che funzioni". Sinceramente trovo l'ultimo lavoro di Allen decisamente più attuale e più divertente, dove molti temi sono stati ripresentati con il gusto e i tempi registici odierni. Blasfemia...
Quoto tutte le cose positive scritte in molti commenti, però il film (non i contenuti) l'ho trovato legato proprio al tempo in cui usci. Certo, senza questo non sarebbe uscito neanche "whatever works", però..
Questo film sembra quasi per intero un omaggio a Diane Keaton, donna molto importante nella vita sentimentale e nella carriera di Allen. Allo stesso tempo però è una commedia strepitosa ma velata di una malinconia che deriva dall'occhio critico, cinico e realistico con cui Allen analizza i rapporti di coppia e, più in generale, i rapporti umani, e l'alienazione di chi vive nelle metropoli, anzi nella metropoli per eccellenza, New York. Non è il migliore film del regista, ma è da apprezzare soprattutto per l'originalità della narrazione, una sorta di flusso di coscienza per cui sembra di viaggiare tra pensieri e nei ricordi del protagonista, ma che a volte pecca di organicità, così da sembrare un po' confuso. E' ammirevole l'analisi dell'amore di coppia, Allen lo scompone e lo ricompone nei suoi vari aspetti, tra gelosie, egoismi e momenti felici, lo esamina dall'origine (l'innamoramento) fino alla sua fine, mostra come l'individualità sia ostacolo alle relazione, come la felicità sia un compromesso: un fremito pessimistico di un regista pessimista. Allen affronta la melancolia della vita a colpi di battute assolutamente geniali ed esilaranti, a parte alcune dove sembra più preoccupato dell'estetica della battuta che del contesto. Si nota anche, come in altri suoi film, la passione di Allen per il cinema e gli autori (Fellini e Bergman) e la critica verso il mondo dello spettacolo, da cui il regista si sente estraniato. Ci sono altri film di Allen più meritevoli degli oscar, comunque brava e bella Diane Keaton, un po' meno Woody a cui è facile fare queste parti, visto il nevrotico che non è altro.
Premettendo che non è il mio genere, devo comunque ammettere che il film scorre molto lineare, con una grande sceneggiatura e un'ottima regia. Continue ''battutte'' sul senso della vita e la ''paranoia'' e il ''pessimismo'' tipico di Allen. Ci sono anche molte sequenze che fanno ridere, ma sopra l'8 non riesco ad andare.
a me la (presunta) comicità e le nevrosi di Allen non mi hanno mai entusiasmato. Questo film non è brutto ma da qui a dargli l'Oscar come miglior film del 1977... Abbastanza scandaloso.
non posso dire di essere rimasto deluso perche non mi aspettavo certo un capolavoro da uno dei miei registi(e soprattutto attori)meno preferiti... sara che non è il mio genere pero il film mi ha annoiato se non per qualche battuta degna di nota...meglio sicuramente all'inizio dove la trama scorre veloce...poi si appiattisce e cosa succede?un uomo perde la ragazza e cerca di riconquistarla...embe?
Non mi è piaciuto tanto. L'idea è buona, perchè comunque il fatto di mettere in chiave comica la vita di quest'uomo pessimista e nevrotico e paranoico è un ottimo spunto, però poi si perde, non conclude niente e diventa inconsistente. I dialoghi indubbiamente sono molto buoni però il film tende anche un po' troppo a ripetersi (ad esempio il fatto di parlare un un tantinello sopra il dovuto esplicitamente con lo spetattore che la prima volta diverte ma a lungo andare annoia). Devo dire la verità: non lo raccomando. Più del 5 non riesco a dargli.
Bellissimo film di Woody Allen, che analizza in modo lucido, pessimistico (e quindi realistico), a tratti illuminante il rapporto di coppia e le nevrosi e ossessioni di un "uomo metropolitano" che finiscono col contaminare il rapporto con l'altro sesso.
Regia di altissimo livello e sceneggiatura praticamente perfetta, ricca di dialoghi e monologhi bellissimi (vedi quello iniziale).