La storia narra delle donne della famiglia Weston, cresciute lontane ma costrette a ritrovarsi sotto lo stesso tetto, nella loro vecchia casa del Midwest, a causa di una crisi famigliare.
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I SEGRETI DI OSAGE COUNTY è la storia di una famiglia come tante, minata da segreti, incomprensioni, problemi piccoli e grandi, cose non dette, sentimenti che contrastano con la classica quiete famigliare. Insomma una storia come tante altre viste al cinema che trattano simili argomenti. Quello che rende unica ogni storia è la caratterizzazione dei personaggi e la performance che ogni interprete offre, caricandola di quella profondità, di quell'umanità e di quella umoralità propria di ogni essere. E in questo il film di John Wells è unico. Unico come la capacità espressiva e attoriale di una superba Meryl Streep, unico come il carico emozionale e il carisma di Julia Roberts, unico come la bravura del resto del cast che indistintamente tenta, e ci riesce, di emozionare e far partecipe il pubblico che assiste all'ennesimo dramma famigliare che però colpisce nel profondo come pochi altri hanno saputo fare. A mio modesto avviso è un film molto valido, capace di tante sensazioni diverse che consentono una fluidità e un coinvolgimento totale. Magari un po' retorico, ma comunque capace di emozionare senza essere banale.
Pretesto hollywoodiano per far sfoggio di grandi interpretazioni da candidare agli Oscar, Osage Country è un tentativo di affresco familiare che cade nell'implausibilità di una costruzione narrativa troppo orientata a forzosi colpi di scena. Eccezionale Julia Robers che mette in ombra una Meryl Streep presa a gigioneggiare non riuscendo a conferire al suo personaggio l'ambiguità necessaria. Inoltre il film non riesce ad avere quegli elementi di coralità con una scarso approfondimento di alcuni personaggi. Alla fine tutto rimane com'era in un limbo che rende questo lavoro decisamente irrisolto.
Qualsiasi riserva sulla sceneggiatura, tutt'altro che priva di forzature (diciamo metà Faulkner e l'altra metà Eugene O'Neill e Flannery O'Connor) e sulla filosofia di un film per le masse travestito da prodotto autoriale passa in secondo piano di fronte alla superba prova dell'intero cast, da una superlativa Meryl Streep a un'incredibile e inattesa Julia Roberts, dal sempre incredibile Cooper al breve ma intensissimo cameo di Sam Shepard (a proposito, cari lettori, fareste bene a scoprirlo come scrittore, ne vale maledettamente la pena!!!). Il regista cattura una mise in scene vagamente teatrale spiccando per diverse ottime intuizioni, come quando Meryl Streep balla al ritmo di un celebre brano Southern rock davanti agli occhi esterefatti delle figlie. In realtà il Gioco al massacro, che vede uomini senza spina dorsale e donne nevrotiche sconfitte o magari remissive, non è nuovo al cinema americano (v. Tennessee Williams, o il già citato O'Neill) e talvolta spicca un disincantato tributo al "metodo" di scuola Lee Strasberg, per un pugno di emozioni fortissime che soprattutto la recitazione delle attrici principali riesce a schivare una certa artificiosità. Non sono mai stato un grande ammiratore di Julia Roberts, ma quando dice alla figlia "non morire prima di me" credo di averla amata incondizionatamente. Nel segno di quelle nevrosi che attraversano molto un certo genere letterario (chi conosce la letteratura americana sa di chi parlo) il Nucleo familiare diventa l'anticamera di un Inferno radicale, ed è quasi come vedere come gli Usa potrebbero percepire un Sussurri e Grida sostituendo Bergman alla funzione primaria e alla psicologia di una certa Visione Statunitense