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KIRU (KILL) è un divertissement ma è più che un divertissement: il primo episodio di Tsujimoto è un racconto di vendetta e di yakuza che non butta via niente in attesa di colpire con forza lo spettatore; il secondo episodio di Kenta Fukasaku è una sorta di fiaba di samurai fanciullesca, nostalgica e mnemonica; il terzo episodio di Tahara vuole intrattenere con originalità; il quarto episodio di Mamoru Oshii è il suo solito spasmo di cinema dell'irreale. Pur non essendo l'esempio più lampante e ideale, questo film collettivo dimostra ancora una volta la dedizione al lavoro e la voglia di originalità visiva e concettuale degli artisti giapponesi, anche quando si tratta di lavori che potremmo chiamare di serie B. Questo film di spade e spadaccini spazia dal genere puro al cinema d'autore sperimentale, lasciandosi gustare con facilità almeno fino all'ultimo corto, un po' deludente e cristallizzato nel vuoto minimalismo di Oshii, l'unico in difficoltà con il live action.