L'inizio di un nuovo anno scolastico in una scuola di un quartiere disagiato, riserverà a François, insegnante sui generis di francese una brutta sorpresa. Nonostante i suoi metodi non siano per niente severi, ma, al contrario il suo modo di porsi nei confronti degli alunni é piuttosto malleabile, alcuni studenti mettono in discussione il suo comportamento, mettendo in crisi il suo rigore professionale...
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E' un buon film, ma si prende troppo sul serio. Cantet realizza un "compito in classe" (ehm) praticamente perfetto, ma tutto sommato privo di vera anima. Giocare di sottrazione è sicuramente un obiettivo benevolo ai fini di evitare il ricorso agli stereotipi, ma il punto è che "La classe" non sembra (o non è) tanto coraggioso e invadente come si dice in giro, o come ci si aspetta da un autore sensibile come Cantet (ho ancora i nervi scossi, a distanza di anni, dal suo "Emploi du temps"). Sotto sotto, prevaricante una celata ma evidente grandeur francese (si veda anche l'ormai insostenibile diatriba calcistica Matterazzi-Zidane, per intenderci). Diciamo allora che il film è spocchiosetto, perchè la realtà non è mai tutta in bianco e in nero,e la controparte non ha modo di respingere le accuse al mittente: se esistono studenti de(l)generi(e) esistono pure insegnanti sciagurati, che compromettono non poco la crescita umana e culturale di un'individuo. Il punto di forza del film è rappresentato dall'efficace descrizione delle etnìe, o la stessa persecuzione del "diverso" (in questo caso un dark), il monolitismo di gruppo che trova stimolante sfogare la propria rabbia contro la collettività (cfr. i compagni di classe) di cui fa parte...e per questo la prima parte gira alla grande, con le divergenze etniche le difficoltà di inserimento le problematiche ambientali (i banlieu) e familiari e linguistiche, tutti disagi che nel film di Cantet si percepiscono ma non vengono mai del tutto approfonditi... viene da chiedersi: la scuola educa veramente? Perchè non mi basta dire che esiste un mondo giovanile coatto dove l'unica spiegazione plausibile diventa l'atteggiamento neutrale e dissociato, per non dire "bullista", dei ragazzi... il prof. Francois sembra impotente davanti all'assoluta ignoranza di questi giovani, all'apatia e al disinteresse dei loro sguardi ("Non capisco quello che facciamo" dice una studentessa) ma inconsciamente ammicca allo spettatore, reclamando un aiuto che non possiamo dargli. A me sembra sempre che il monolitismo istituzionale, con tutto il rispetto per Francois, abbia fatto più danni generazionali di quanto siamo disposti ad ammettere (con i politici inetti che, specialmente in Italia, vogliono affossarlo definitivamente). Pertanto, stima incondizionata per Cantet, ma avrei voluto un film capace di divorare molta più amarezza anche "oltre le mura", altrimenti saremo sempre in balìa dell'influenza negativa o positiva dell'istituzione e dell'influenza comportamentale che porta la sua esistenza