la leggenda di narayama regia di Keisuke Kinoshita Giappone 1958
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la leggenda di narayama (1958)

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locandina del film LA LEGGENDA DI NARAYAMA

Titolo Originale: NARAYAMA BUSHI-KO

RegiaKeisuke Kinoshita

InterpretiKinuyo Tanaka, Teiji Takahashi

Durata: h 1.48
NazionalitàGiappone 1958
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1958

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Trama del film La leggenda di narayama

In uno sperduto villaggio fra le montagne, lo scarseggiare del cibo porta gli abitanti a imporsi regole di sopravvivenza, fra cui la più importante è quella di accompagnare i membri della famiglia che abbiano compiuto 70 anni, a morire sulla montagna del Narayama. L'anziana Orin è vicina ai settanta anni ed è pronta da tempo al suo destino. Suo figlio Tatsuhei, vedovo, non sopporta l'idea di perdere la madre, anche se la donna gli combina un matrimonio con una vedova...

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Voto Visitatori:   9,20 / 10 (5 voti)9,20Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su La leggenda di narayama, 5 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Boromir  @  04/09/2022 20:21:59
   9 / 10
Keisuke Kinoshita ha avuto un'ammirevole carriera quarantennale. Con questa sua crudelissima e al contempo sperimentale opera, ha modo di rimasticare lo stile teatrale con l'affresco tragico di un contesto rurale in cui la vecchiaia si misura con obblighi morali restrittivi e dolorosi, legati alla filosofia zen e a profonde considerazioni d'autore sulla condizione femminile. Il resoconto è doloroso, toccante e angosciante (antologica la scena in cui la vecchia protagonista si "spoglia" dei denti a colpi di molatrice di pietra), e prende vita grazie a un notevole lavoro di fino su luci e colori, sintonizzati perfettamente sulle variazioni emotive dei personaggi.
La forza di Narayama risiede inoltre nella ricostruzione in studio degli ambienti rurali. In mezzo a tanta artificiosità, le emozioni evocate sono quanto di più vero si possa percepire da un film, e le illuminazioni al contempo crepuscolari e austere non fanno che enfatizzare l'incombenza e l'accettazione del fato. La stessa metodologia registica si rifà al teatro: pochi i primi piani (centellinati solo quando necessari), prevalenti le riprese a distanza che emulano lo sguardo di uno spettatore esterno.
Il pathos e la tragedia fanno da contraltare alla tensione spirituale. Ciò è evidente durante il lungo, disperatissimo viaggio sulla montagna del titolo, in cui il tempo filmico e il tempo reale divengono tutt'uno. Un epiologo davvero potente e significativo, che valorizza in pieno il ritratto di tristezza, calore e sacrificio.

Ciaby  @  26/10/2013 13:47:44
   9½ / 10
Una messa in scena straordinaria (non sembra affatto un film degli anni '50), minuziosa e teatrale, con una fotografia che ha dell'incredibile: esteticamente è un capolavoro, forse uno dei film visivamente più belli della storia del cinema. Kinuyo Tanaka, ancora una volta, si dimostra meravigliosa.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  24/01/2011 03:30:36
   9 / 10
La Ballata di Narayama è forse uno dei film esteticamente più belli che mi sia mai capitato di vedere. Realizzando quasi una via di mezzo tra un'opera cinematografica e una piece di kabuki, Kinoshita ci mostra dei virtuosismi notevoli nell'uso delle luci, dei colori, della colonna sonora, delle scenografie e della macchina da presa. Il passaggio da una scena all'altra è spesso molto teatrale, facendo per esempio avvicendare improvvisamente il giorno alla notte all'interno della stessa sequenza; e rifiutando così le regole del cinema narrativo tradizionale. Altre volte viene fatta letteralmente sparire la scenografia circostante per lasciare visibili solo i personaggi su sfondo nero, mentre nella bellissima scena del rituale i vari personaggi spariscono dopo aver svolto il loro ruolo.

La trama è molto semplice e pochi avvenimenti significativi si susseguono durante la pellicola: il film, infatti, vive di emozioni, di sensazioni, di introspezione; uniti appunto alla bellezza estetica, che contribuisce ad incantare lo spettatore e a immergerlo nelle atmosfere del villaggio. Il dramma è ancora una volta incentrato sul conflitto tra giri e ninjo, ovvero dovere e sentimento, come quasi sempre accade nei film in costume giapponesi. Ma qui il giri non è quello di un samurai verso il suo signore, bensì di una vecchia, Orin, e di suo figlio, Tatsuhei, verso la tradizione del villaggio, che vuole che raggiunti i 70 anni di età gli anziani vengano abbandonati sulla montagna. Se Orin è stoica nella sua abnegazione al giri (basti pensare alla scioccante scena di quando si spacca i denti da sola per avere un viso più adatto alla sua età), Tatsuhei è molto più propenso a lasciarsi abbandonare al ninjo. Quando poi vede il vecchio Matayan gettato giù da un burrone dal proprio figli,o si rende conto della barbarie di quella tradizione e torna indietro di corsa verso la madre contravvenendo a una delle regole del rito.

L'ultimissima scena ci mostra lo stesso luogo geografico ma ai giorni nostri, e sorprendentemente è fotografata in bianco e nero in contrapposizione ai colori sgargianti del medio evo. Un treno arriva nella stazione di "Obasute", letteralmente "l'abbandono delle vecchie". Una sorta di triste monumento al sacrificio di tutti quegli anziani che si sono sacrificati per il bene dei propri figli.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  10/06/2010 10:02:29
   8½ / 10
Inutile, misera, sdentata, su per lo scabro pendio, in spalle al figlio, una vecchia, deve scalare una montagna per andare in contro alla morte.
E più sale, e più il viaggio si fa faticoso, e più il paesaggio intorno diviene pietroso e scarno; mentre la neve, che gelata incontrerà sulla vetta, nell’estrema stanza aperta al cielo ora maggiormente vicino e livido, e che già in prossimità comincia a cadere, a cancellare le impronte, è assieme il dolore e il pudore di questo gesto, l’accettazione e il pianto dignitoso.
Gli ultimi metri, gli ultimi istanti, dovrà trascorrerli totalmente sola.

Basterebbe questa grande metafora per fare de ‘La leggenda di Narayama’ un film meraviglioso. O quel momento intensissimo in cui la donna si rompe i denti; eroica, stoica espressione dell’essere umano che sentendo la propria inutilità alle soglie della fine, si spoglia di tutto; e si toglie di torno dalla famiglia, dalla società, dalla natura, acconsentendo senza lamento alla legge spietata delle tradizioni e dell’esistenza.

Kinoshita arricchisce il suo racconto di suggestioni cromatiche e teatrali, che fungono quasi da una lunga preparazione spirituale a quell’ultima scalata, struggente e penosa, in cui il film si prosciuga e diventa bellissimo.

4 risposte al commento
Ultima risposta 12/06/2010 10.56.55
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Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  10/02/2009 11:56:08
   10 / 10
"Vi siamo grati per il vostro sacrificio"
"Ci aspettiamo che rispettiate senza errori... le regole del pellegrinaggio della montagna."
"Una è: Quando sarete sulla montagna, non pronunciare una sola parola."
"Ci aspettiamo che rispettiate senza errori... le regole del pellegrinaggio della montagna."
"Una è: Quando lascerete la vostra casa, uscire facendo in modo di non essere visti da nessuno."
"Ci aspettiamo che rispettiate senza errori... le regole del pellegrinaggio della montagna."
"Una è: Quando lascerete la montagna, in nessun caso, tornare indietro."

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