la notte regia di Michelangelo Antonioni Italia, Francia 1961
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la notte (1961)

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locandina del film LA NOTTE

Titolo Originale: LA NOTTE

RegiaMichelangelo Antonioni

InterpretiMarcello Mastroianni, Jeanne Moreau, Monica Vitti, Bernhard Wicki, Rosy Mazzacurati, Maria Pia Luzi, Guido A. Marsan

Durata: h 2.01
NazionalitàItalia, Francia 1961
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1961

•  Altri film di Michelangelo Antonioni

Trama del film La notte

Giovanni, uno scrittore di successo, e sua moglie Lidia, vanno a far visita al loro amico Tommaso che sta morendo in ospedale; subito dopo Giovanni si reca ad una festa di promozione del suo ultimo libro, e lei invece va a trovare i suoi. Tornati a casa decidono di andare al party di un miliardario che vorrebbe un libro sulla storia della propria azienda, scritto da Giovanni...

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Voto Visitatori:   7,79 / 10 (28 voti)7,79Grafico
Migliore regista (Michelangelo Antonioni)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
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Voti e commenti su La notte, 28 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  24/01/2023 15:20:55
   9 / 10
Per quanto mi riguarda "La notte" è insieme a "L'eclisse" il film migliore della cosiddetta trilogia dell'alienazione (e uno dei migliori in assoluto di Antonioni). Antonioni racconta un amore agli sgoccioli tra Mastroianni e la Moreau sullo sfondo di una società della borghesia intellettuale che si va disfacendo (pre '68, cosa non banale). Come da prassi del cinema di Antonioni i personaggi sono posti sullo schermo ad enfatizzarne incomunicabilità, separatezza, contrasto vicinanza/lontanaza, nonchè disturbi continui dei suoini (elicotteri, aerei, razzi, nastri, banda musicale e via discorrendo). Soprattutto nella prima parte il regista immerge i personaggi in un ambiente urbano tremendamente verticale, quasi a sottolineare la piccolezza degli uomini rispetto ad un mondo che va avanti troppo velocemente (paesaggio urbano e sonoro che sarà centrale nell'agghiacciante finale del successivo "L'eclisse").

Nella seconda parte del film, quando tutto si svolge in una villa e quindi l'ambiente è più circoscritto e gli spazi più angusti, il distacco emotivo tra i due personaggi principali aumenta, grazie anche all'entrata in scena della splendida Vitti, fino a quel finale dove il distacco diviene totale in un campo aperto. Non solo cinema della distanza e dell'incomunicabilità emotiva ma anche cinema politico: Mastroianni è l'intellettuale borghese urbano ormai in crisi, fintamente alternativo, in realtà frivolo, pronto a tradire pur dicendo di amare (mentre la moglie non tradisce pur dicendo di non amarlo più) e anche pronto, seppur senza il coraggio di dirlo, a lavorare per il padrone.

Certo, un cinema non per tutti. Altrettanto vero è che la profondità di elaborazione che c'è dietro, e la potenza delle immagini (alcune di una bellezza raramente rivista dal nostro cinema) ne fanno un lavoro semplicemente epocale e di importanza decisiva per molti registi venuti dopo (basti pensare a gente come Haneke o Wenders).

topsecret  @  15/09/2022 14:08:39
   5½ / 10
Antonioni non è un regista per le masse e io non ho gli strumenti giusti per apprezzarlo.
Personalmente trovo questa ricerca esistenzialista dell'alta borghesia italiana piuttosto stucchevole, lenta e quasi irreale.
Il primo capitolo della trilogia non mi aveva entusiasmato ma, almeno, non mi aveva stancato nonostante i difetti nei dialoghi, nella durata e nei sentimenti trattati. Ne LA NOTTE, invece, non ho trovato nulla di interessante, di concreto o di appagante e perfino la caratterizzazione dei personaggi mi è sembrata stanca, superficiale e monotona.
Una storia che non mi ha coinvolto, ma apprezzabile per la bravura e l'impegno del cast.
Ho un po' di timore, ora, perchè ho paura di sapere cosa troverò nel terzo film L'ECLISSE...e mi sento già stanco.

Oskarsson88  @  27/01/2022 12:12:46
   6½ / 10
Incomunicabilità - strano - di coppia con la donna che l'accusa decisamente di più, in una giornata e nottata di borghesia. Molto curato ma non del tutto pimpante.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gabe 182  @  17/01/2022 00:46:10
   6 / 10
Secondo film di Antonioni che vedo, devo ammettere di esserne rimasto alquanto deluso, sicuramente meglio di al di là delle nuvole, ma è evidente la mia difficolta nell'apprezzarne il modo di fare cinema del regista Ferrarese.
Milano e la sua borghesia negli anni 60 fanno da sfondo a questo secondo capitolo dedicato all'incomunicabilità. Antonioni prende spunto dall'annoiata vita matrimoniale di una normale coppia borghese per cercare di dare forma ad un sentimento alquanto sfuggevole: il consistente e pesantissimo vuoto che circonda la realtà in cui vivono e le persone di cui si circondano. E' una lenta e angosciante immagine della realtà, come inesorabilmente lenta, noiosa e vuota è la vita dei protagonisti, e qua è forse significativo il fatto che non hanno figli, non trovando alcuno scampo. E' un film senza via di uscita, la condanna è totale, evidenziate oltre che dalle consuete abilità stilistiche anche da dialoghi al limite dell'assurdo.
Tutto questo è raccontato alla Antonioni, ossia cercando di esasperare al massimo lo spettatore, con scene lentissime, momenti vuoti, soporiferi e troppo filosofeggianti.
Ci si salva grazie alle interpretazioni di Mastroianni, della Vitti e Moreau, alle ottime inquadrature e alla bellissima scenografia. Il finale muove un po' il tutto ma è poca roba, al 6 tirato ci si arriva, ma lo si deve maggiormente all'aspetto visivo che, ripeto è di altissimo livello.
Per quello che ho visto, La notte di Antonioni è un film un po' troppo sopravvalutato, non lo considero assolutamente un cult, anzi, ci sono opere italiane (di quel periodo storico) sicuramente migliori di questa.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  11/03/2021 19:37:02
   8½ / 10
Il disagio esistenziale di una coppia della borghesia intellettuale nella Milano del boom economico. Grandissimo ritratto di Antonioni.
Uno dei grandi film del cinema italiano (e uno preferiti di Stanley Kubrick).

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Zazzauser  @  18/01/2021 00:44:13
   8 / 10
Devo dire che ho rivalutato un po' Antonioni grazie a "La Notte", rimangono alcuni stilemi del suo cinema che me lo hanno reso a piu' riprese difficile da digerire negli anni - lentezza, noia moraviana, freddezza abissale, antispettacolarita' - ma l'estrema eleganza nella messinscena e nella composizione visuale sono innegabili e il modo in cui fotografa l'apatia, la vacuitá, la ricerca continua di direzioni e significati della classe borghese dell'era industriale e' quasi profetica e coglie in pieno lo zeitgeist dell'Italia (e non solo l'Italia) degli anni '60.
Una vita fatta di surrogati di emozioni che ci si illude di poter far diventare veri durante la notte, non "quella" notte, ma "una" notte, in un probabile ciclo continuo di liturgie e di occasioni conviviali che ben poco hanno di sociale ma celano sempre un'ariditá e una sensazione di "morte imminente" (di cui l'episodio iniziale e' emblematico) da cui malcelatamente si cerca di sfuggire. La storia particolare dei personaggi di Mastroianni e di sua moglie Jeanne Moreau cosí sembra assurgere all'universale; due personaggi che si trascinano l'un l'altro come estranei in una relazione che ormai non ha nulla da dire, il cui epilogo (quotidiano?) e' il fantasma di uno slancio emotivo ormai perso, dimenticato (Mastroianni che non ricorda le proprie parole).
L'inerzia e il mantenimento dello status quo, per quanto coscientemente avvertito, diventa quasi l'unica ragione di vita.
La scena del pellegrinaggio di Jeanne Moreau, pur nella sua naturalezza, e' straordinaria nel carico di simbolismi che si porta dietro (la bambina, l'orologio rotto, la vecchia, gli ubriachi, la lotta).
Le prove attoriali sono eccellenti, Monica Vitti bellissima.

alex94  @  20/11/2020 19:44:16
   7 / 10
Grande lavoro di Antonioni nella scelta delle location,le inquadrature sono eleganti e curatissime, così come di altissima qualità è la fotografia.
La parte iniziale fa quasi gridare al capolavoro,peccato che la storia vada ad impantanarsi nella noiosa ed insulsa rappresentazione di un party alto borghese,risollevandosi fortunatamente con i poetici minuti finali.
Intensa l'interpretazione di Mastroianni,Vitti e Moreau, un po' più debole il cast secondario.
Antonioni si riconferma un autore di altissimo livello, ma che purtroppo non riesce a conquistarmi,questo resta comunque un lavoro da vedere assolutamente.

kafka62  @  18/04/2018 10:54:21
   8 / 10
Con "La notte" Antonioni ci dà la sua personale versione della "dolce vita" italiana a cavallo degli anni '50 e '60: senza i barocchismi, le caricature grottesche, i sentimentalismi e le aperture mistiche che avevano caratterizzato il movie-symbol di Fellini, ma calando al contrario la sua borghesia in un'atmosfera lugubre e mortuaria, che costituisce una delle costanti semantiche più evidenti dell'opera. Essa si apre non a caso con la scena della visita di Lidia e Giovanni all'amico agonizzante in ospedale, la quale – oltre a una funzione autonoma, seppure non molto evidente, come meccanismo propulsore della storia – assume il valore di una vera e propria premonizione. La morte è infatti presente ne "La notte" in tutte le sue forme: morte fisica e morte spirituale, morte dei valori e morte delle illusioni, morte come fine di tutto oppure morte come possibile palingenesi (Lidia: "Stasera vorrei solo morire… almeno finirebbe questa angoscia e inizierebbe qualcosa di nuovo"). La tematica che sta più a cuore ad Antonioni è quella della crisi spirituale incistatasi irrimediabilmente nei gangli vitali della società neo-capitalistica contemporanea: i borghesi che si riuniscono nella villa in Brianza (ma il discorso non può essere circoscritto ad una sola classe sociale, come "Il grido" insegna) sono delle ombre, delle presenze fantasmatiche, dei sonnambuli (l'omonimo romanzo di Broch è significativamente la lettura preferita di Valentina) spogliati dal regista di ogni connotazione che non sia quella del loro fallimento esistenziale, al quale essi cercano inutilmente di sfuggire aggrappandosi a quegli assurdi rituali snobistici (riunioni mondane, vernissage, corse di cavalli) che soli sembrano in grado di garantire loro l'illusione di essere vivi. La festa in Brianza è perfetta nel materializzare il luttuoso sentore che promana da questa emblematica aggregazione di moderna umanità: perfino gli sporadici e improvvisi accessi di vitalità (il bagno degli invitati vestiti in piscina, l'eccitazione di Valentina nel gioco da lei inventato) hanno un che di forzato e di morboso, come se in ogni piccola novità venisse intravisto un pretesto per scrollarsi di dosso questa spaventosa ed esistenziale afasia.
Una funzione analoga è rivestita dall'erotismo: esso è un modo come un altro per fuggire la propria insopportabile condizione umana, per allontanare il momento del confronto con se stessi, per cercare un utopistico e irrealizzabile rinnovamento interiore. In Antonioni si percepisce, con fortissima evidenza, il connubio tra Eros e Tanathos (lo si vede bene, per esempio, nella scena in cui il protagonista incontra la ninfomane all'ospedale). Il corteggiamento di Valentina non ha quindi altra giustificazione che quella di dare a Giovanni l'illusione di poter arrestare il crollo delle false certezze su cui si è fondata fino a quel momento la sua vita, né è motivata diversamente l'avventura di Lidia con il latin lover che l'abborda e la fa salire in macchina con sé. L'amore fisico diventa così l'occasione per un fugace distacco dalla realtà, al ritorno dal quale essa però si rivela ancor più terribile ed angosciosa. La sequenza che chiude il film è una perfetta esemplificazione di questa tesi. Avvinghiandosi a Lidia e unendosi a lei nel prato, Giovanni cerca di scongiurare la fine del loro rapporto, ma questo disperato e frenetico amplesso non fa che segnare in realtà il loro irreversibile e definitivo distacco.
La crisi spirituale della propria generazione non è raccontata dal regista con propositi di critica sociale (Antonioni è un narratore intimista, non un sociologo), bensì con una attenzione privilegiata all'aspetto formale. C'è in lui il tentativo cosciente di rappresentare la crisi mediante il segno immediatamente cinematografico piuttosto che con l'ausilio di un sovrasenso imposto dalla sceneggiatura e dai dialoghi. Anzi, i dialoghi de "La notte" non risultano mai del tutto convincenti (come del resto accade spesso in Godard), farciti come sono di citazioni e di cascami letterari. Battute come quelle che Giovanni e Lidia si scambiano nel finale («Se stasera ho voglia di morire è perché non ti amo più… Vorrei non esistere più perché non posso più amarti». «Se tu dici questo, se vorresti essere già morta, vuol dire che mi vuoi ancora bene». «No, è soltanto pietà») sono di una debolezza sconcertante. Non sorprende quindi che, per risolvere le due sequenze più "parlate" del film, Antonioni ricorra al duplice stratagemma del registratore e della lettera: senza questo escamotage le battute che vengono pronunciate suonerebbero ancor più false e artificiose. Molto più emblematici dei dialoghi risultano invece i silenzi, i gesti non chiarificatori, i tempi morti. Con un découpage che rifugge da una drammatizzazione classica degli avvenimenti (nessun fatto eclatante, se si esclude la morte fuori scena di Tommaso, interviene a giustificare la scelta di seguire da vicino le vicissitudini dei due protagonisti), "La notte" insinua progressivamente nello spettatore un senso di disagio e di dissoluzione. Quello che alla fine emerge con tutta evidenza è l'apatia e la noia di una vita sprecata malamente, e la consapevolezza che nulla può più cambiare questa condizione (Valentina e Giovanni: «Passano le ore e accadono tante cose». «Non è vero, non accade mai niente»).
In questo particolare contesto è l'ambiente ad assurgere a protagonista assoluto, ad essere per così dire ipostatizzato nella stessa misura in cui i personaggi vengono reificati, ridotti a cose in mezzo ad altre cose. Il film abbonda, ad esempio, di inquadrature in cui i protagonisti sono ripresi contro una parete che occupa tutto il campo dell'obiettivo: il senso che si ricava è di schiacciamento, di perdita di dimensionalità, di insignificanza di fronte a un reale che si esprime attraverso le forme geometricamente asettiche di una scenografia postmoderna e disumana. Anche specchi, finestre e vetrate assumono un significato analogo: essi esprimono, più che un'impressione di ambiguità (o di inconoscibilità del reale), una irriducibile frattura, una separazione dalla realtà (la quale viene vista attraverso schermi molteplici e sovrapposti), e, parallelamente, un claustrofobico insabbiamento dei personaggi (i quali solo raramente si trovano in un contesto naturale, e anche in questo caso non hanno mai il cielo sopra le loro teste). Non si può tuttavia dire che l'ambiente perda del tutto ogni immediata riconoscibilità realistica. Anzi, gli assordanti rumori di elicotteri ed aeroplani che solcano il cielo di Milano anticipano fenomenologicamente la sensazione di dissociazione dell'uomo dalla realtà, e, d'altra parte, oggetti come una enorme gru in funzione, un orologio da muro abbandonato per terra o una porta arrugginita non rimandano ad altro che a se stessi, suggerendo un senso di disfacimento e di distruzione che è già insito nella loro materialità, nel loro nudo e ineludibile simbolismo.
Allo stesso modo, la costruzione narrativa, pur essendo del tutto anticonvenzionale, non arriva mai all'astrazione o allo straniamento tipo ciné-roman. Le sequenze de "La notte" non sono legate tra loro da uno stretto nesso di causalità (ad esempio, la sequenza B è introdotta e giustificata dalla sequenza A, e a sua volta introduce e giustifica la sequenza C, e così via), ma mantengono pur sempre (anche se contro tutte le apparenze) un certo grado di connessione logica e di necessità. Così, tra il ricevimento durante il quale viene presentato il libro di Giovanni e la passeggiata di Lidia nelle strade dell'hinterland milanese non c'è un immediato rapporto di causa a effetto. Sta allo spettatore, tuttavia, riempire questa ellissi con una motivazione psicologica che, anche se accuratamente dissimulata dal regista, sicuramente esiste. Parimenti, il prologo – pur essendo l'agonia di Tommaso narrativamente meno forte della scomparsa di Anna ne "L'avventura" o della separazione tra Aldo e Irma ne "Il grido" – è determinante nel far scattare il vacillamento delle false certezze di Lidia e Giovanni, il cui rapporto si rivela d'un tratto usurato e spento: questo, naturalmente, non lo capiamo subito, perché Antonioni bada bene a non sottolineare nulla, ma è sicuramente ricavabile attraverso la ricostruzione psicologica (effettuata, si badi bene, dallo spettatore e non dal regista) degli avvenimenti successivi. D'altra parte, va detto che in altri episodi (penso, ad esempio, al colloquio con la vicina di casa di Giovanni, o all'indugiare della macchina da presa su un uomo alla finestra) non si rinviene alcuna effettiva funzione significante: essi sono lì per la semplice ragione che nella realtà capitano appunto cose simili, che non significano nulla.
Antonioni è lontanissimo dal cinema psicologico, come normalmente lo si intende. Non che i personaggi non abbiano un loro mondo interiore, ma, come si è già accennato, questo mondo viene fuori, anziché da uno scavo in profondità, da una minuziosa osservazione comportamentale. La scoperta da parte di Lidia di non essere più innamorata del marito, ad esempio, anche se non viene esplicitata che nel finale del film, è già tutta racchiusa in quella sua lunga, interminabile passeggiata per i luoghi squallidi e desolati di un passato troppo cambiato per essere ancora accettabile. Anche il senso di incomunicabilità e di solitudine dei personaggi del film, più che dal frequente sovrapporsi dei loro dialoghi (ognuno sembra infatti parlare per proprio conto), si desume assai meglio da certe inquadrature in cui essi si trovano su piani spaziali diversi (ad esempio, Lidia nella terrazza della villa che guarda gli ospiti dall'alto). E' a mio avviso con "La notte" che Antonioni raggiunge la piena maturità di uno stile in cui la forma acquista predominanza fino al punto di diventare essa stessa significato (oltre che l'occasione di riflessione metalinguistica sul ruolo dell'artista nella società contemporanea). Grazie a questo film egli conferma il suo ruolo insostituibile nel cinema italiano e mondiale, proponendosi come il più autorevole cantore della crisi morale della nostra epoca.

crimal9436  @  01/12/2015 23:04:09
   8 / 10
Che delizia!
Dialoghi intensi, melanconia e lascivia in ogni inquadratura.
Interpreti sopraffini e sensuali.
Un film che fa godere ancora oggi

Goldust  @  07/04/2015 16:25:03
   6½ / 10
L'arte registica di Antonioni al servizio di una storia-pretesto sull'incomunicabilità della coppia e sul disagio sociale della borghesia intellettuale anni '60. E' un piccolo micromondo destinato alla deriva, chiuso nei suoi clichè e disinteressato all'interlocutore o al prossimo, eppure nel finale un piccolo raggio di speranza, insieme all'alba, fa capolino. Tanti si sono fregati le mani dinnanzi alle interpretazioni della Moreau e di Mastroianni ( pur notevoli ), ma per me la più a fuoco è la splendida Monica Vitti. Elegante ma freddo, non è il cinema che amo anche se resta un buon documento "cerebrale" di un'epoca ormai passata.

JOKER1926  @  10/10/2014 23:19:27
   7 / 10
Fra i maggiori personaggi artistici italiani, spicca, per idee specialmente, Michelangelo Antonioni.
Ad oggi inoltrare un banchetto di approfondimento intorno al regista Antonioni è doveroso; varie produzioni italiane e anche qualcuna altra estera partono dagli spunti dell'italiano.

Un esempio da rammentare ed analizzare è "La notte", film del 1961.
La storia proposta da Antonioni rievoca prontamente uno sviluppo abbastanza orientato. Si tratta a tutti gli effetti di una narrazione ancorata a vicissitudini (importanti e non) di una manica di borghesi, una sorta di enclave nella popolazione standardizzata. Sembra di assistere a qualche opera teatrale di focolare borghese. In primo piano dunque le dinamiche di una vita agiata e tormentata di persone dalle svariate sfumature; ritorna, spesso e volentieri, il concetto e la sensazione disperata del sentimento.
Marcello Mastroianni presta se stesso al personaggio di Giovanni (scrittore in cerca di un qualcosa di indefinito), prova di silenzi e discorsi lontani, ma validi e logici. Tale icona verrà poi riproposta da Federico Fellini, a distanza di due anni in "Otto e mezzo".

Un po' "Otto e mezzo", un po' "Fuoco Fatuo" di Louis Malle, devono qualcosa di più o meno importante a Michelangelo Antonioni. In pratica nel corso degli anni il Cinema ha vissuto una sterzata d'autore, i migliori registi, o perlomeno quelli che credevano di esserlo, hanno personalizzato le produzioni andando a proporre film delicati basati su una psicologia dell'individuo, fra divani e covi della combriccola benestante ed intellettuale, alle volte questa classe è stata criticata, anche ferocemente.

"La notte" è un film senza tempo, un po' come le opere poetiche, non vivono per essere amate in un determinato momento, non potrebbero pretenderlo. Si danno al non tempo, erano poetiche quarant'anni fa ed oggi, se vivono nella fattispecie della magnifica corrispondenza col pubblico, continuano ancora a brillare. Diciamo che per godere al meglio film come "La notte" occorre calarsi nel circuito, cioè bisogna amare anche il contesto che vuole essere disprezzato; bisogna entrare nel disprezzo.
Laborioso e ingenuo, forse, cercare chiavi di lettura catartiche e concrete, "La notte" va generalizzato a film statico sui problemi dell'esistenzialismo, questo è tutto, a discrezione è tutto o niente. O si impazzisce o si apprezza pacatamente, le critiche becere sarebbero troppo, parliamo di un film intimo. E la critica e il giudizio agghiacciante qui non hanno il mandato per penetrare più di tanto.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  02/02/2014 22:39:29
   8 / 10
Nella "Notte" si possono ritrovare tutti gli stereotipi con i quali in genere definiamo i film di Antionioni: lenti, noiosi, dove non succede niente, con ricchi borghesi frustrati e insoddisfatti che non comunicano ciò che sentono dentro e che forse nemmeno loro conoscono con precisione.
"La notte" vista in maniera nuda e cruda, "non interessata", è proprio questo: un polpettone ostico, pesante, senza significato e senza interesse.
Visto invece in maniera "interessata" alle sorti esistenziali dell'individuo all'interno della società industriale moderna, allora appare un documento filmato di grande suggestione, rivelatore della crisi spirituale che ha attraversato la borghesia europea di inizi anni '60.
Noi spettatori medi postmoderni non siamo più in grado di comprendere, perché abbiamo ormai perso la percezione e l'interesse per gli universali dell'esistenza individuale (libertà, indipendenza da regole e imposizioni, autorealizzazione, sincerità e spontaneità nei rapporti interpersonali, cura reciproca, ecc.), non abbiamo più l'istinto di "guardare attraverso" e rimaniamo ancorati al puro dato superficiale e materiale.
Presi dalla smania, dai ritmi vorticosi, dal divertimento coatto, dall'emozione sopra ogni cosa, non riusciamo più a sopportare e a cogliere la rappresentazione dell'alienazione, del disagio di vivere.
Da questo punto di vista "La notte" è un piccolo capolavoro. Le lunghe scene in cui Lidia (una bravissima Jeanne Moreau) vaga senza meta per le strade di Milano sono esemplari al riguardo. Anche qui Antonioni eccelle nella sua specialità, che è quella di rappresentare e inquadrare la figura umana in contesti architettonici e paesaggistici rivelatori. Le nuove architetture moderniste con la loro nuda geometria, la regolarità spersonalizzante, creano un ambiente quasi inospitale, disumano, caotico. Poi ci sono le periferie con il loro abbandono, il loro degrado.
La "normalità" appare come un fluire lento e straniante; da qui la ragione delle lunghe scene in cui non accade niente. Il messaggio è proprio questo: nella nostra vita di ogni giorno non c'è interesse, non c'è scopo, non è altro che qualcosa di noioso e alienante.
L'altro protagonista della storia, Giovanni, è il solito personaggio maschile in crisi, insicuro di sé, lacerato fra esigenze materiali (i soldi, l'accomodamento sociale) e i sogni di successo e realizzazione di sé. Anche lui è preda dell'istinto sessuale, non si sa controllare. Non riesce poi a essere fedele a una persona sola, segue il miraggio di un amore con una persona più giovane di lui. Fondamentalmente non riesce a capire se stesso e a capire gli altri. Non sa leggere fra le righe di ciò che gli accade intorno. In fondo la "incomunicabilità" dei film di Antonioni è proprio questo, la scarsa capacità di interessarsi degli altri, di capire, di cogliere le sensazioni, i pensieri e le inquietudini di chi ci circonda. E qui occorre dire che Antonioni ha proprio messo il dito nella piaga: viviamo veramente senza accorgerci di ciò che intimamente accade nella vita di chi ci sta intorno. E' questa la "condanna" del nostro vivere attuale in società.
Nei film di Antonioni non esistono "eroi" o persone perfette, i personaggi vivono in luoghi inospitali in cui vagano estranei e incompresi. Si può solo cercare vie d'uscita, senza la certezza di trovarle.
Tutto questo filtra dalle non-avventure di Lidia e Giovanni, dalla loro notte passata fra gente fatua e vuota. Se non altro, loro si "accorgevano" di tutto questo, noi più neanche questo.

Lory_noir  @  15/06/2013 02:33:23
   8 / 10
"La notte" è un film che nel suo corso ti lascia tante briciole lungo un sentiero che ti porterà a conoscerlo, non si può fare a meno di seguire briciola dopo briciola, tale percorso.

E' la storia di una coppia, Giovanni e Lidia, che si ritrova di fronte ad una specie di crisi di mezza età, personale, sociale e di coppia. E' la storia di come questi due personaggi affrontano questa crisi e, a mio parere, la straordinarietà del film sta nel sotto-testo: i personaggi possono dire una cosa con la voce, ma con i gesti ne dicono un'altra in maniera talmente vivida che è impossibile, per quanto il film racconti una storia particolare, non rivedersi nei personaggi e nei meccanismi della coppia. I due protagonisti smettono di essere Giovanni e Lidia per prendere le vesti di un qualunque lui e lei, senza per questo sembrare due vuoti stereotipi.
Il film è un crescendo che ti porta da piccole sensazioni a grandi convinzioni. Tecnicamente molto elegante e ricco di frasi che rimandano alla sfera dei ricordi, delle memorie passate che si fanno troppo pesanti e imponenti per permettere ai protagonisti di godersi il presente. Lidia sembra sempre tendere verso l'esterno, come se voglia uscire da ogni scena, tranne quando si ritrova da sola a vagare per la città, come persa nei ricordi; oppure quando tenta di approcciarsi con entusiasmo al marito, venendo battuta da se stessa un momento dopo. Meno disilluso nei confronti del presente, e quindi del futuro, è Giovanni che si aggrappa a tutti costi all'ingenuità e ad una passionalità nel vivere la coppia che è palesemente scemata, e arriva quasi a voler violentare questa passionalità, per risvegliarla, per spronarla, per supplicarla di tornare.
La società inoltre, è una società vuota dentro la quale entrambi si sentono fuori posto, anche se Giovanni riesce a fingere meglio, mentre Lidia soffre fino a non riuscire a fare a meno di allontanarsi, isolarsi.
Emblematico è il personaggio di Valentina, anche lei, molto scottata e disillusa nei confronti del mondo, ma che sembra, forse a causa della giovane età, cadere nei giochi di potere in cui si scontrano i due coniugi.
La fine è come l'arrivo di un viaggio panoramico, la perfetta conclusione di un cammino che hai visto disegnarsi davanti a te, passo dopo passo, per tutta la durata del film.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  05/12/2012 18:30:43
   8 / 10
La conferma, se ce ne fosse bisogno, che Antonioni è stato un autore unico per il suo cinema impalpabile, etereo, inesplicabile a parole e fatto più di sensazioni e piccoli gesti.
Parte in un ospedale mortifero e sessuale, ci si ritrova in un party borghese e si finisce tra baci furiosi e negazioni che sanno di accondiscendenza tra l'erba.
Grandissimi Mastròianni e Jeanne Moreau, in un ruolo secondario ma fondamentale anche la Vitti che anche io, stranamente, non ho trovato del tutto convincente; sicuramente non ai livelli de L'Avventura.
Il film invece se la gioca anche col precedente della cosiddetta trilogia dell'incomunicabilità: e altrettanto in fede, dico che mi pare stranissimo qualcuno riesca a trovarlo pesante o noioso. è infarcito di dialoghi (certo che fanno più rumore che altro, con Antonioni bisogna andare oltre le parole, bisogna andare oltre la luce e nella notte dell'anima, che si svela solo ad un'occhiata insistita e ferma).
Buona approfondita visione.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  02/05/2012 16:54:38
   8½ / 10
La discesa lenta e verticale dell'ascensore apre il film con lo sguardo che si consegna inerte al panorama alienante della metropoli. Le parole "amicizia" (l'uomo in agonia) e "sesso" (l'incubo della ninfomane) sembrano affermarsi macabramente solo in prossimità della fine, dietro le porte di un ospedale; un'altra sparizione lascia i protagonisti soli ai loro percorsi sull'inconsistenza della vita: tutto il film si svolge con l'amico che muore fuori campo. L'ombra della morfina e della fine imminente accompagna le vicende sentimentali della coppia che cominciano proprio da una camera accanto per poi proseguire fino all'alba del giorno dopo.

Antonioni riesamina i temi dell'Avventura calandoli in un'atmosfera più cupa e angosciante: la scomparsa del terzo è più tragica, il gioco dei triangoli si fa più complesso e cinico (la figura dell'amico è come rimpiazzata da quella della giovane della festa), la storia tra i due non si conclude con una carezza pietosa ma con un amplesso disperato.
Il racconto della disfatta dei sentimenti è risolto nell'arco di una sola giornata e procede per ambienti e stati d'animo: il vagare depressivo della donna nel pomeriggio, il disperdersi della coppia nella notte mondana, l'alba finale, gli scorci della città industriale e le sale della villa borghese: ancora una crisi amorosa, vissuta attraverso la sensibilità femminile, è sonda di un disagio esistenziale più esteso e profondo (ma è anche la crisi stessa di Antonioni che non sa più scrivere).
Il senso di apatia esce dall'esclusivo contesto borghese e si amplia soprattutto nelle sequenze del pomeriggio: un infinito dissolversi pedinando il vuoto della donna attirata da interessi insignificanti e transitori; il soggetto che si decentra e rimpicciolisce inghiottito dai particolari asimmetrici della metropoli; sconosciuti che sorgono e muoiono in uno sguardo o un'inquadratura; una serie di eventi estranei alla trama costeggia la passeggiata mentre scivola anonima in una sconfinata desolazione.

BulimicDream  @  27/03/2012 16:36:58
   9 / 10
Antonioni è uno dei miei registi preferiti, è così strano quanto il silenzio dei suoi personaggi stravolga il mio carattere e i miei pensieri. Un silenzio enigmatico, forse necessario, fortemente cercato. Una giornata e un cambiamento. Antonioni rappresenta ciò che sottolineava Virginia Woolf quando parlava di "moment of being", la condizione dell'uomo-errante e vittima di miliardi di simboli, di immagini, di sensazioni irrazionali (Mas*****nni attratto dalla ragazza dell'ospedale). La figura è sempre la stessa, l'antieroe, l'ulisse perduto se mi lasciate passare questo termine. Difficile parlare della trama, di una storia probabile, dei personaggi, perché bisognerebbe soffermarsi su ogni parola, su ogni passo, su ogni inquadratura e scelta del regista. Questo non è un film, è un manifesto dell'incomunibilità moderna e della perdità di sé. I personaggi sono alla continua ricerca di qualcosa di sconosciuto, forse nemmeno esistente, e allo stesso tempo odiano questo loro attegiamento di ricerca. Alla fine l'artista deve vendersi per sopravvivere o deve mantere viva la sua arte? La moglie deve scomparire dietro ad un falso sorriso e un tiepido silenzio o deve prendere posizione e rievocare l'uomo che amava concretamente? Mi fermo qui altrimenti cercherei di analizzare tutte le comparse per quanto sono rimaste impresse nella mia mente.

Invia una mail all'autore del commento marco986  @  28/10/2011 18:09:16
   8 / 10
buon film.Si capisce e si guarda senza difficoltà(Antonioni in genere è regista per pochi)

1 risposta al commento
Ultima risposta 24/05/2020 13.32.20
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  12/01/2011 00:27:02
   7 / 10
Noia e apatia del vivere. E' un lento scivolare in questo malessere interiore ed Antonioni lo mostra ad uno stadio molto avanzato. Ci si accorge troppo tardi, difficile tornare indietro quando le persone o un determinato contesto non offrono arpigli su cui aggrapparsi. Il finale del film può offrire una possibile soluzione: la negazione stessa del malessere.

DarkRareMirko  @  30/12/2009 20:00:07
   10 / 10
Seconda parte della trilogia dell'incomunicabilità del regista, inizata da L'avventura e terminata con L'eclissi, narrante la storia di un'amore che piano piano affievolisce, sino ad un ambiguo finale.

Uno fra i tanti capolavori di Antonioni, al solito caratterizzato dai lunghi momenti privi di dialogo caratteristici del dotato regista.

Straordinari gli interpreti, Mastro.ianni in primis e molto curati e profondi i dialoghi, sopratuttto nella sequenza della festa.

La sequenza del party borghese ricorda almeno epr certi versi la simile critica visibile in simili sequenze riguardo la perdita dei valori in certe classi sociali vedibile ne La dolce vita di Fellini, altro capolavoro italiano sempre con Mastro.ianni.

Mai lento, seppur con pochi dialoghi, ogni 10 minuti riesce a stupire per le idee registiche (il gioco sul pavimento a cui si dedica la Vitti, la lettera finale, i dialoghi sulla crisi dello scrittore, ecc.).

Cinema d'autore da vedere.

paride_86  @  03/11/2008 00:44:25
   7½ / 10
Antonioni continua ad affrontare il tema dell'incomunicabilità all'interno di una coppia. Secondo me "La notte" è migliore de "L'avventura" perché approfondisce di più la psicologia dei personaggi senza utilizzare improbabili stratagemmi, come la scomparsa della ragazza nel precedente film. Si tratta di un film molto sincero, che lascia un barlume di speranza nel finale.

Gruppo STAFF, Moderatore priss  @  02/10/2007 14:03:24
   7 / 10
Benchè per molti il migliore della "trilogia" sia l'eclisse io gli preferisco "la notte" (giusto per amor di verità diciamo che comunque neanche questo film mi ha rapito il cuore), a renderlo meno estenuante è sicuramente la sontuosa fotografia in toni di grigio ed il fatto che la storia ruota attorno a qualche personaggio in più. Il suo maggior pregio è la suggestività.

4 risposte al commento
Ultima risposta 02/10/2007 14.54.39
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  20/09/2007 11:58:32
   7½ / 10
FILM SULLA INCOMUNICABILITA' DI COPPIA. QUELLO CHE MI E' PIACIUTO DI MENO TRA I FILM CHE HO VISTO DI ANTONIONI.

Sanjuro  @  18/08/2007 00:44:40
   9 / 10
Pellicola che sarà eguagliata in musica dal capolavoro, trenta anni dopo, degli Slint "Spiderland". Come nel disco sopra citato, per la maggior parte del tempo non succede assolutamente nulla, l' atmosfera è narcolettica, quasi esangue, si intrecciano suoni sfilacciati, quasi casuali e quotidiani fino ad una implosione cerebro-fisica che esplode e suona incredibilmente fragorosa per la contrapposizione al silenzio precedente. Una sorta di Fellini sobrio, svuotato di qualsiasi gioia, incapace a godere dell' inutilità e del feticismo verso i suoni e le ombre. 9 !

Equilibrium  @  31/07/2007 11:09:21
   9 / 10
film splendido, intenso, viscerale, girato splendidamente.
Se ne è andato un altro grande del nostro cinema e del cinema in generale.
In un giorno solo sono scomparsi Antonioni e Bergman, che tristezza.
Ciao Michelangelo

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  27/01/2007 23:10:59
   7 / 10
anche io come Kowlasky non sono rimasto convinto della prova della Vitti(e non solo)in questa opera che parla dell'incomunicabilita' della coppia!
Antonioni racconta una borghesia che ha trovato il benessere ma non la felicita',una societa' nella quale i vecchi valori sono ormai obsoleti mentre i nuovi non stanno ancora apparendo all'orizzonte."La notte" segna a suo modo un'epoca,proponendo riflessioni e immagini dalle quali non si puo prescindere per ricordare quel periodo,e il trucco per apprezzare al meglio il film è proprio quello di capirlo nel suo contesto storico...
detto questo penso che l'inizio in ospedale e la scena finale sono le cose migliori del film...all'interno (una volta apprezzato il discorso di sopra)ci si annoia un po...

Crimson  @  21/05/2006 23:17:55
   9½ / 10
Il secondo capitolo della trilogia del regista sull'incomunicabilità è quello che preferisco, anche se di pochissimo.
Non servono particolari parole per descrivere il distacco che intercorre tra Giovanni e Lidia. La camera sin dalla scena nell'ospedale si focalizza silenziosa sui loro sguardi, le loro gestualità. E' un film che attraverso il linguaggio non verbale esprime a mio avviso quasi nell'interezza il proprio significato. La sequenza nel locale notturno (la più bella per me assieme a quella finale), o l'abisso che sembra separare i due coniugi nella squallida festa borghese (associo parte di questa scena - il distacco tra coniugi - a quella del ricevimento di 'Eyes wide shut', ma può essere anche solo una mia impressione..). E poi le parole che sgorgano impetuose nel finale, quasi a seppellire tutto. Assistiamo allo sfogo di Lidia, una reazione che sembra aver serbato non solo per due giorni interi, ma per tantissimo tempo.
Un finale davvero sconvolgente, memorabile.
Personalmente ritengo questo film, come del resto tutta la trilogia, una delle vette assolute del cinema sull'incomunicabilità (e non solo) unitamente ad alcuni Capolavori di Bergman.

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  29/12/2005 17:45:05
   8 / 10
Sicuramente tra quelli che ho visto finora il film più bello di Antonioni (ho visto Blow Up,Zabriskie, Professione Reporter e Cronache di un Amore), ma c'è ancora qualcosa che non mi convince...

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  05/11/2004 21:02:46
   7 / 10
NE conservo qualche vago ricordo, come ad esempio il party con intellettuali "veri", simbolo della crisi e del monolitismo della cultura borghese certo sono affezionato da sempre a "l'avventura" pertanto quest'opera mi sembra meno riuscita. La Vitti non è molto convincente: assume un volto ogni volta più malinconico, sembra abbia forzatamente ascoltato gli esistenzialisti francesi - in voga all'epoca - per recitare con Antonioni

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