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Divertente e piacevole cortometraggio. Prende in giro tutti i diversi atteggiamenti che uno può avere nei confronti del razzismo. E' quindi una satira della rappresentazione (si badi bene, qui non viene coinvolto il razzismo in sé, la sua manifestazione, ma la sua rappresentazione, l'esteriorità, come ce lo immaginiamo a livello superficiale ed esteriore). Il protagonista è tipicamente quello che pensiamo possa essere un acceso e impegnato idealista: lavora in un'organizzazione di solidarietà (con una stoccata al "tipo" di solidarietà, di tipo assistenziale e forse inutile) e parteggia acriticamente contro tutto quello che si presenta come estero e diverso dal tradizionale. E' quindi un anti-razzismo di facciata, rivolto alla superficie delle cose, a come si presentano, più che alla loro essenza (una birra è semplicemente buona o cattiva, non "conta" niente se è messicana o nazionale). Viene poi presentata una carrellata di personaggi comici (tassisti) che con i loro discorsi tipici riassumono tutti gli stereotipi o i giudizi che spesso si sentono dire in giro. Anche loro vertono sulla superficie, sull'apparenza e la semplificazione delle cose, più che sulla loro sostanza. La critica, la satira pungente non è quindi tanto all'essere razzisti o anti-razzisti, in ballo c'è la superficialità, il pressappochismo, la faciloneria e le semplificazioni estreme che facciamo nei nostri giudizi, da qualsiasi parte essi stiano e che possono portare a questi buffi estremi. Molto simpatica la musica dei titoli di coda, di tipo arabeggiante.
Un corto permeato da un'ironia nerissima, in cui il razzismo si annida in misura maggiore e minore in ogni settore della nostra società, magari mascherandolo con la coperta corta della democrazia o della libertà di espressione. Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, ma in effetti il protagonista è piuttosto sfortunato con i tassisti.
Premiato con l'Oscar, e giustamente direi, questo è un grandissimo film. Una lezione contro l'idealismo politico-sociale, ma anche un triste sguardo sul fatto che il razzismo sia assolutamente connaturato all'Uomo e alla società. Il film si mantiene, nonostante la serietà dell'argomento trattato, su un tono di divertita ironia, che ne fa un capolavoro (si pensi alla battuta, oggettivamente geniale, "Sa perché gli arabi puzzano? Per essere odiati anche dei ciechi"). Il protagonista è strepitoso nel riassumere in sé tutta l'inadeguatezza e l'ottusità dell'idealista, che non comprende in che mondo vive. Ma d'altronde, il regista è quel fottuto genio di A.T. Jensen.