Una pagina di storia vera. Un gruppo di fucilieri americani è in lotta con le truppe giapponesi, durante la seconda guerra mondiale, per la conquista dell'isola di Guadalcanal.
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The thin red line fa parte di quelle pellicole che vidi per la prima volta intorno ai vent'anni, con un bagaglio di cultura cinematografica decisamente limitato, e che all'epoca abbagliarono i miei occhi ingenui. Iniziavo ai tempi ad avvicinarmi al cinema d'autore ed ero particolarmente propenso a facili entusiasmi. Quest'opera in particolar modo ricordo che mi impressionò sul serio…non che fossi proprio nuovo del genere, avevo già affrontato pietre miliari come Apocalypse Now e Full Metal Jacket, ma il respiro epico, lo scavo psicologico, l'aura mitologica che allora circondava il regista, certe inquadrature, certi dettagli…ammetto che ne rimasi davvero estasiato. Questa mia infatuazione giovanile oggi la riconosco non dico con vergogna ma con un certo imbarazzo. Purtroppo nel rivedere questa pellicola non ho potuto fare a meno di ripensare alla successiva carriera di Malick, che da "the tree of life" in poi ha portato ai limiti dell'esasperazione (e oltre) quelli che all'epoca potevano sembrare pregi, ma che oggi appaiono irrimediabilmente e definitivamente come gravi difetti…la pomposità, l'uso smodato della voice-over e dei monologhi interiori, le grevi banalità spacciate come perle di filosofia e saggezza, la presunzione di voler dire l'indicibile…
Se non ti incontrerò mai in questa vita, almeno che io senta la tua mancanza.
Uno sguardo dei tuoi occhi e la mia vita sarà tua.
Oh anima mia, fa che io sia in te adesso, guarda attraverso i miei occhi, guarda le cose che hai creato.
In queste frasi (e altre che non ricordo), che all'epoca mi sembrarono abissali e che oggi, dopo vent'anni e migliaia di film sulle spalle, riesco a vedere in tutta la loro desolante pochezza, si può già rinvenire il seme della "trombonaggine" che ammorberà tutta la successiva produzione malickiana.
Comunque questa non vuole essere una stroncatura dell'opera in questione, che rimane oggettivamente affascinante…c'è almeno un'ora (la prima) di grande cinema, un reparto tecnico di prim'ordine, una capacità non comune di rendere tangibili attraverso le immagini degli stati d'animo difficilmente descrivibili a parole, uno stile ipnotico e misticheggiante non ancora diventato fine a se stesso. Se Malick avesse chiuso qui la carriera probabilmente la mia originaria valutazione non sarebbe stata intaccata, ma tant'è.