la vittima designata regia di Maurizio Lucidi Italia 1971
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la vittima designata (1971)

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locandina del film LA VITTIMA DESIGNATA

Titolo Originale: LA VITTIMA DESIGNATA

RegiaMaurizio Lucidi

InterpretiTomas Milian, Pierre Clementi, Katia Christine, Luigi Casellato, Marisa Bartoli

Durata: h 1.40
NazionalitàItalia 1971
Generegiallo
Al cinema nel Novembre 1971

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Trama del film La vittima designata

Stefano vive nel lusso grazie ai soldi della moglie, ma, ora che s'è innamorato di una fotomodella, non sa se divorziare o meno. In suo aiuto arriva il conte Tiepolo che gli propone un patto: se Stefano gli uccide il fratello, lui eliminerà la moglie ricca e ingombrante. Stefano rifiuta, ma il conte va avanti col suo piano.

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Voti e commenti su La vittima designata, 12 opinioni inserite

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Alpagueur  @  15/01/2021 18:32:41
   7 / 10
Dopo "A Venezia...un dicembre rosso shocking" (1973, di Nicolas Roeg), "Solamente nero" (1978, di Antonio Bido) e "Paganini Horror" (1989, di Luigi Cozzi), film straordinari (soprattutto i primi due), ero desideroso di tornare a respirare le atmosfere 'gialle' lagunari (Venezia è sempre Venezia) e così sono inciampato in questo insolito thriller psicologico, che mi era sempre sfuggito per un motivo o per l'altro. L'industria cinematografica italiana ama Alfred Hitchcock, questo è un fatto comunemente noto, e molti registi (ad esempio Dario Argento) hanno preso in prestito lo stile e gli elementi sostanziali dalla ricca opera del regista inglese per usarli nei loro gialli. I quattro (!) sceneggiatori de "La vittima designata" (Augusto Caminito, Aldo Lado, Maurizio Lucidi, Antonio Troisio) portano ancora di più la loro ammirazione per il maestro della suspense, poiché questo è fondamentalmente un combo-giallo-remake di due dei thriller più iconici di Hitchcock, "L'altro uomo" (1951) e "Il delitto perfetto" (1954). Tomas Milian, tra il periodo degli spaghetti western e quello dei poliziotteschi, interpreta il dirigente pubblicitario di successo Stefano Augenti che desidera vendere tutte le sue azioni per 250 milioni (di lire) ed emigrare in Venezuela (paese che non ha estradizione verso l'Italia) con la sua calda amante Fabienne, una fotomodella. Il piccolo problema, tuttavia, è che le azioni di Stefano appartengono alla moglie Luisa e lei si rifiuta di vendere o addirittura concedere il divorzio a Stefano. Mentre è a Venezia con Fabienne, Stefano incontra l'eccentrico giovane conte Matteo Tiepolo, il quale si presenta con una peculiare proposta. Si offre di uccidere la moglie di Stefano, se Stefano accetta di uccidere suo fratello. Sebbene Stefano non sia mai veramente d'accordo con il piano, Tiepolo va già avanti con la sua parte e uccide comunque la moglie. Stefano ora dipende dal conte per il suo alibi e quest'ultimo aumenta la pressione per portare a termine la sua parte dell'affare. "La vittima designata" è decisamente un thriller approssimativo, abbastanza raffazzonato (il finale lo conferma). Tomas Milian e Pierre Clementi sono eccezionali, le location delle riprese (in particolare Venezia) sono mozzafiato e la trama conosce alcuni momenti di notevole tensione, ma il ritmo è nel complesso troppo lento e la mancanza di azione è piuttosto frustrante. Il regista Maurizio Lucidi non ha lo stesso estro e maestria di alcuni dei suoi colleghi contemporanei, risultando in un film spesso noioso da guardare. Il colpo di scena è prevedibile e, a mio modesto parere, non risolve nulla per Stefano e lo spinge solo più a fondo nella miseria. È interessante però come il film si allontani dal romanzo di Patricia Highsmith e dal film di Hitchcock. Il conte Matteo (Pierre Clementi), come i suoi omologhi della Highsmith e di Hitchcock, proviene da un ambiente privilegiato, libero dalle esigenze di doversi guadagnare da vivere e da un posto nella società. L'infelice marito Stefano era un disegnatore da quattro soldi che sua moglie aveva sollevato dalla totale insignificanza sociale, ora che è ricco (grazie a lei) pensa come un uomo d'affari ma sua moglie lo preferisce così com'era e non lo ama più, dice. Sempre a differenza dei film di Hitchcock qui abbiamo una fotografia ricca e barocca, una grande atmosfera e meravigliose performance di recitazione: Milian e Clementi interagiscono perfettamente aggiungendo all'intera storia un tenue senso di ambiguità che la arricchisce e potrebbe aver portato a percorsi sconosciuti al film di Hitchcock. Venezia e il palazzo del nobile Matteo Tiepolo sono perfettamente metafora della decadenza morale di Viscontiana memoria. Buona direi anche la colonna sonora: la ninna nanna gotica "My shadow in the dark" con il suo fatalistico ritornello "morire, dormire, forse sognare" è cantata dallo stesso Tomas Milian e accompagnata dalle chitarre dei New Trolls (si sentirà all'inizio, alla fine, e in poche scene chiave come quella in cui Stefano, accompagnato da Fabienne, acquista il medaglione col "12" stilizzato a forma di uccello in una bancarella di Venezia, e nello stesso momento Matteo gli mette sopra la sua mano, in quello che sarà il loro primo incontro). Ma non c'è solo questa nenia...tutto il film è impregnato dei violini del maestro argentino Luis Enríque Bacalov, che in certi frangenti mi hanno riportato alla mente le tipiche sonorità di Vivaldi (siamo a Venezia dopotutto...quindi chi meglio di Vivaldi poteva renderle omaggio?) e a cui non sono potuto restare indifferente, con mio sommo (dis)piacere. Eh si, lo ammetto, avevo un po' sottovalutato la colonna sonora de "La vittima designata", invece tutto sommato si è rivelata interessante. Non è potente e devastante (a livello di emozioni e di adrenalina pura) come certe ost di Nicolai e Cipriani o dolce come certe di Ortolani o Morricone, però ti lascia il segno in qualche odo. In combinazione con le atmosfere della laguna veneta fa il suo 'sporco' lavoro. Come dicevo sopra c'è una ricorrenza di questo numero 12 durante tutto il plot (al casino, al secondo incontro, alla roulette, Matteo punta sul 12 rosso e fa perdere 100.000 lire a Stefano...Matteo vuole far uccidere il fratello di giovedi a mezzogiorno, le 12, al 12° rintocco della campana dei 'Do Mori'...Matteo uccide Luisa Monti, la moglie di Stefano, alle 11:22...), non è casuale, il numero ha un profondo significato esoterico (nella mitologia greca gli dei principali del monte Olimpo sono 12, come 12 sono le 'fatiche' di Ercole e il numero dei Titani e delle Titanidi...nella letteratura medievale, 12 sono i Paladini di Carlo Magno e 12 sono i Cavalieri della Tavola Rotonda alla corte di re Artù). Il numero 12 viene considerato il più sacro tra i numeri, insieme al 3 e al 7. Il 12 è in stretta relazione con il 3, infatti la sua riduzione equivale a questo numero (12 = 1 + 2 = 3). Questo numero indica la ricomposizione della totalità originaria. In altre parole indica la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia. Infatti, il significato del numero 12 indica la conclusione di un ciclo compiuto. Il 12 è il simbolo della prova iniziatica fondamentale, la quale permette di passare da un piano ordinario ad un piano superiore, sacro. Il 12 possiede un significato esoterico molto marcato in quanto associato alle prove fisiche e mistiche che deve compire l'iniziato. Ecco che allora questo background esoterico e mistico del numero finisce per accomunare perfettamente Venezia ed il carattere malinconico, decadente del conte (che sembra quasi provare 'fatica', così come dicevo poco sopra a proposito delle 'fatiche' del 12, anche solo a respirare), in questo che forse è più uno psicodramma che un thriller canonico. Inoltre anche Lucidi, così come Martino ne "I corpi presentano tracce di violenza carnale", sembra voler toccare (senza approfondire troppo però come nell'altro film) certe tematiche di filosofia naturale (Jacques Monod), come il legame tra il caso e la necessità. Infatti così come il killer del film di Martino, anche l'emaciato conte Tiepolo qui sembra voler sottolineare come il primo sia figlio della seconda, per giustificare i suoi ripetuti incontri con Stefano ("tu vuoi sempre sapere tutto, sei sempre così logico, quello che conta è la fatalità, la fortuna" gli dice al terzo incontro all'aeroporto). Il finale è bello, teso, poco prevedibile, e la lunga sequenza finale della fuga di Stefano ricorda molto quella di John Baxter in "A Venezia...un dicembre rosso shocking", anche se l'epilogo del film di Roeg è decisamente più impressionante. Come dicevo sopra questo film è più un dramma psicologico che un giallo/thriller (quindi il voto va dato considerandolo non come un giallo, perchè come giallo 'puro' risulterebbe scadente), che cerca di intenerire lo spettatore con un sentimento antico e importante come l'amicizia (fra uomini), che per Matteo è un sentimento vero, forte, virile e non di degrado, di depravazione, come l'amore fra uomo e donna (Matteo sembra odiare le donne, sparla da subito della sua accompagnatrice vantandosi con Stefano di averla prostituita una volta a Londra e poi sbeffeggia la stessa moglie di Stefano, dopo averla uccisa, dicendogli "come sono povere di fantasia le donne" in riferimento al fatto che lei si era bevuta tutte le balle che gli aveva raccontato durante l'incontro preliminare a casa sua), il problema è che alla fine si tratta di un'amicizia dettata dalle rispettive necessità (anche se il nobile veneziano parla di 'vocazione' ma lui non è disposto solo a dare tant'è che dopo aver ucciso la moglie di Stefano pretende che lui ricambi allo stesso modo, tenendo così fede ai patti) e non da una effettiva e spontanea presa di coscienza di ambo le parti. Lo stesso conte parla a Stefano di "un superbo delitto gratuito", uno scambio reciproco di favori, e sin dal primo incontro è quello il suo scopo. C'è anche una scena, molto toccante, a casa di Stefano, davanti allo specchio (che fa un po' molto il William Wilson di E.A. Poe, con l'alter ego riflesso e il mantello da nobile soldato...) in cui Matteo dice "e guarda, guarda Stefano, tu sei il mio vero fratello, per questo devi essere tu a eliminare quello falso, e d'ora in poi, guardandoti allo specchio, tu vedrai anche me, perchè io ho fatto tutto ciò che tu sognavi di fare, sono il prolungamento d te stesso, la tua volontà in atto!" (le parole stesse ricordano quelle dell'alter ego, buono, del celebre bellissimo romanzo di Poe). Ecco, una cosa che ho notato, in nessuna recensione viene mai accennato a questo parallelismo tra Matteo Tiepolo e William Wilson...questo dualismo metafisico viene rivelato anche attraverso altre perle di saggezza (chiamiamole così) che Matteo non perde occasione di dispensare ad ogni occasione buona al povero Stefano, che non può far altro che ascoltarlo ("Il delitto è un rito, devi uccidere per amicizia, non per odio", "non è me che devi uccidere, ma mio fratello", "io ho ucciso qualcosa che era già morto in te", "siamo come Caino e Abele, ci cerchiamo solo per farci del male, per distruggerci", "no, lui è molto forte, tra noi c'è una maledetta attrazione, non possiamo fare a meno l'uno dell'altro, siamo come una persona sola", "io parlo di mio fratello, da quando esisto lo scopo della sua vita è quello di impedirmi di vivere, vuole distruggermi, sadicamente e lucidamente, vuole convincermi che sono un verme, e questo per sentirsi un essere d'eccezione, vuole schiacciarmi e per questo lo odio e ho deciso che deve morire"). Curioso infine il fatto che l'unico delitto del film sia avvenuto fuori campo (insomma, le ipotesi si sprecano...). Come film drammatico/psicologico è buono, e come tale lo giudico, mentre come 'giallo' non soddisfa le mie attese (non c'è un serial killer, non ci sono traumi scatenanti, non c'è un movente intrigante, l'unico delitto avviene fuori campo etc. solo le musiche e il finale sono piuttosto interessanti). 7 forse è una valutazione eccessiva, ma ci può stare.

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Ultima risposta 27/12/2021 09.36.09
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