l'avventura regia di Michelangelo Antonioni Italia 1959
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l'avventura (1959)

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locandina del film L'AVVENTURA

Titolo Originale: L'AVVENTURA

RegiaMichelangelo Antonioni

InterpretiGabriele Ferzetti, Monica Vitti, Lea Massari, Dominique Blanchar, Renzo Ricci, James Addams, Dorothy De Poliolo, Lelio Luttazzi

Durata: h 2.20
NazionalitàItalia 1959
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1959

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Trama del film L'avventura

Nel corso di una gita in barca sulle isole Eolie e appena sbarcati, Anna ed il fidanzato Sandro, hanno un violento litigio. Nel fratempo scoppia un temporale ma al momento di risalire in barca di Anna non c'é più traccia, così Sandro e l'amica Claudia decidono di restare sull'isola per cercarla, ma tra i due nasce subito un'intesa e ben presto si scorderanno di Anna.

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Voto Visitatori:   7,95 / 10 (30 voti)7,95Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su L'avventura, 30 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  17/11/2010 19:55:58
   7 / 10
Alla sua prima a Cannes nel 1960, "L'avventura" fu fischiato da un pubblico prevalentemente ostile; tuttavia, una folta schiera di autorevoli critici e registi firmò, con un atto senza precedenti, una dichiarazione che rifiutava il decreto del pubblico, dichiarando il film la pellicola più importante che fosse mai stata proiettata al Festival. Michelangelo Antonioni, malgrado la carriera allora quasi ventennale come autore di documentari e film, ebbe la propria consacrazione con questa pellicola dal respiro epico. Fra le ragioni del successo la presenza di Monica Vitti, per la prima volta in un film di Antonioni: l'attrice diviene infatti il filtro fisico e umano della visione di una socierà frustata, stanca, disumanizzata anche nei film che seguiranno in futuro. Una delle principali ragioni delle violente reazioni e dell'incomprensioni del pubblico forse é che Antonioni non rivela che cosa sia accaduto ad Anna. Presumibilmente in modo furtuito, la trama presenta diverse somiglianze con quella di "Psyco" (1960) di Hitchcock e il soggetto presenta alcuni parallelismi anche con "La dolce vita" (1960) di Fellini.

2 risposte al commento
Ultima risposta 25/03/2011 19.29.21
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wooden  @  27/03/2010 18:58:53
   6½ / 10
Antonioni l'ho sempre visto come un blending tra hitchcock, allen e bergman.

Dal primo prende la mancanza di eccesso, dal secondo la furbizia nel titillare la coscienza intellettuale dello spettatore in maniera subdola, dal terzo una certa polverosità intellettuale.

In tutti i film questo tema dell'incomunicabilità così caro al regista ritorna costantemente. A mio avviso senza mai riuscire ad affrontarlo soddisfacentemente.

Questo film, complice una splendida fotografia, è uno dei suoi migliori lavori.

4 risposte al commento
Ultima risposta 04/03/2011 16.18.05
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Mr.619  @  30/08/2009 10:38:51
   8½ / 10
Il primo termine estemporaneamente lungometralgico della trilogia antoniana dell'esistenza (o, nel suo multivario declino, dell'incomunicabilità sentimentale) ha il proprio inizio con una pellicola profondamente didascalica, a differenza del ben più performativo ed eduloidato "La notte", 'L'avventura", focalizzazione impersonalizzata e , pertanto, onnisciente non solo delle curvature asiderali possibilmente realizzantesi nella relazione amorosa, ma, com'è uso dei tracciamenti subgenere-psicologici del regista, anche dell'intrinseca ed extepatonica lacerazione occludente generata, all'interno della natura dell'anima umana, dall'immane e, apparentemente, "inane" ( una sensazione non è mai così linda e veritiera) di una lontananza, che, per quanto possa risultare dolorosa e martoriante, assume le sembianze dell'inevitabilità, quando sopraffatta dall'impellente ed urgente necessità erotica, auto-azzerantesi, nel corso della preminente formazione coscienziale ( Anna), nel momento di crisi, o, alla maniera in cui è comprensibile ad una mente dai tratti romantici, riacquisizione gnoseologica delle priorità personali e secanti l'altrui ristretto spazio concupiscibile emotivo.Il film stesso, se esaminato con la dovuta ponderatezza critica, rivela la sua controvertibilità all'impressione poetica montaliana "Non chiederci la parola" nella sottintesa enunciazione metacinematografica " non chiederci la contemperanza delle espressioni".L'attimo di scomparsa, di dissolvenza fisica, ma soprattutto intellettualmente brachiologica, corrisponde alla base imprescindibile su cui poggia il filo logico narrativo della storia, intendibile alla stregua di un'in-finita ricerca delle strutture ultime e cause supreme regnanti sulle azioni oblate dal pensiero, e, quindi, punto d'agnizione-esplanazione dell'intero cardo della vicenda, fatalmente e soavemente radicata nell'ineluttabile progredire reale della vita.La rivleazione della, inizialmente, inoppugnabile plausibilità delle reciproche convergenze cordiali ( il tradimento dell'amica) sta ad indicare un fattore estremamente importante, vero punto nevralgico dell'indole degli uomini: la sua estenuante debolezza.La fisiologica creità di un contatto dermatologico, sensibile ed avvertibile, è il sintomo patologico di una sofferenza certamente più grave e, platonicamente disquisendo, insufficiente della "veritas" antropologica: è il segno dell'emblematica e disperata tristezza del torpore biosofico, contuibile nel talamico connubio di anime frammentate e cercanti di ricomporsi.

3 risposte al commento
Ultima risposta 07/11/2009 16.27.32
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  08/06/2009 10:39:13
   7½ / 10
Il primo film della trilogia “dell’incomunicabilità” si configura come una sorta di rincorsa tra un “lui” e una “lei”, destinata a non trovare un punto d’arrivo certo. Si giunge così, dopo il lungo e travagliato peregrinare, all’ultima “spezzata” scena: un’immagine chiusa da un edificio, da un lato, e aperta, dall’altro, all’orizzonte. La donna e l’uomo: due poli opposti che s’incontrano, si toccano, si comprendono per un attimo e si compatiscono nella consapevolezza della loro inconciliabile diversità. O forse è solo la donna a giungere a questa compassionevole coscienza (è lei che accarezza lui; è lei a trovarsi a sinistra dell’inquadratura: ossia alla parte corrispondente al cielo aperto).
Un film profondo e sofferto, ma che ha il suo punto debole nella eccessiva lunghezza: 2 ore e 20 di lente sequenze per raccontare la distanza tra l’uomo e la donna stroncherebbero anche il cinefilo più incallito.

1 risposta al commento
Ultima risposta 08/06/2009 10.44.27
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gabbo  @  19/01/2008 00:48:20
   3 / 10
Una vera rottura...

Pescecaneeeeeeee

1 risposta al commento
Ultima risposta 04/05/2012 11.37.46
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  09/10/2006 08:18:10
   9 / 10
Mi auguro che i francesi (leggi: pomodori o uova tirate addosso alla povera Lea Massari?) abbiano avuto modo di rivalutarlo, e sinceramente tutto il mio disprezzo va a loro e in generale a quest'attitudine cinefila - che non è certo un segno di gran stile - di linciaggio di un film.
"L'avventura" - come del resto lo stesso Antonioni - continueranno a dividere gli appassionati di cinema, per quanto gli elementi di novità siano assai rilevanti, ma piu' complessi e introspettivi rispetto al precedente periodo della carriera di Antonioni (solitamente preferito da chi non ha mai amato i temi di questo film e di altri successivi).
Beh mi spiace contraddire i detrattori, ma io ritengo "l'avventura" uno dei capolavori assoluti del cinema.
Monica Vitti, solitamente un po' persa e sacrificata in questi ruoli (meglio come attrice brillante) è qui superlativa, e il suo personaggio (soprattutto l'incontro/scontro con il maschilismo locale, i tentativi coercitivi di seduzione e/o di molestia) reca un'indimenticabile senso di dolore.
Inequivocabilmente, o forse insolitamente, ho pensato anche all'ultimo Bellocchio, quel "regista di matrimoni" che rimane un bell'esercizio irrisolto, ma che trasmette le sensazioni (o cerca di farlo) anche di questo film.
C'è anche tutta la storia del personaggio di Anna, raramente nel cinema un'"assenza" è stata tanto clamorosa e straordinaria come quella di Lea Massari nel film: è attraverso il dolore dell'assenza (o della perdita?) che Sandro trova in Claudia la testimone tangibile della sua solitudine.
Amo "l'avventura" in ogni suo fotogramma

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Ultima risposta 15/02/2011 22.38.19
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Crimson  @  21/05/2006 22:54:23
   9 / 10
Per 'l'avventura' ho come l'impressione di assistere ad un giallo che inizialmente si riferisce al mistero della sparizione di Anna, ma che gradualmente si focalizza sempre di più su tutti gli altri personaggi, a tal punto da sviare l'attenzione dal quesito iniziale. Se alla fine del film mi pongo la domanda "ma Anna in fin dei conti che fine ha fatto?" mi rendo conto che non ho il minimo interesse nel conoscere la risposta. E già di per sè trovo questo aspetto incredibile. Infatti via via il film assorbe totalmente le riflessioni in altre direzioni: la vuota vita borghese degli amici di Claudia; lo squallore e l'inettitudine di Sandro, sicuramente uno dei personaggi più trasparenti del cinema di Antonioni, che ricorda vagamente il marito di Giuliana ne 'il deserto rosso', anche se in questo film il suo profilo è scavato molto più a fondo. Basti pensare alle scene sulla barca e tra gli scogli con Anna all'inizio del film, o alla memorabile sequenza sul treno con Claudia. La rappresentazione di una realtà alienante in uno scenario come quello dell'isola che nel mio modo di percepire le cose ha amplificato la sensazione di distacco e di isolamento delle persone.
Associo il finale a quello del successivo 'la notte': apparentemente consolatorio ma in realtà tremendamente crudo e beffardo. Un pugno allo stomaco.

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Ultima risposta 03/05/2012 14.36.09
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