Rèmy, cinquant'anni, divorziato, si trova all'ospedale. L'ex moglie Louise, chiama il figlio Sébastien a Londra per convincerlo a tornare a casa in questo momento. Sébastien prima esita, poi parte per Montreal per aiutare la madre e sostenere il padre.
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Metti un personaggio che ricorda Michel Simon, imbastisci uno script à la Big Fish (ci mancano i giganti di cinque metri e i pesciolini d'argento) meets Il grande freddo, ed ecco l'evento inarrivabile del cinema degli ultimi anni. Una corsa spasmodica a lodarlo, un successo di pubblico inaspettato, osanna della critica, per un'opera di buone intenzioni lastricate pero' sia da un soggetto piuttosto anacronistico (i reducismi generazionali non servono piu' ormai) sia da una storia piuttosto costruita e abilmente (troppo abilmente) confezionata. Intendiamoci, il film è divertente, ha dialoghi spassosissimi, coinvolge e a volte fa anche pensare (inutile dire che ne penso di chi procura droga per una ragazza tossicomane). Ma è proprio la vicenda a non saper cogliere i tempi, epoche in cui da Kasdan e dal suo indimenticabile film si passa oggi a... Houllenbecq (perchè è questo che il mondo di oggi ci insegna). Tantopiu' che il personaggio piu' moderno e meglio costruito (ehm) mi sembra quel figlio rampantino che ha fatto un sacco di soldi e si vanta di non aver mai letto un libro in vita sua. Eloquente almeno questo