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Profonda america rurale del sud, posto difficile in cui trovare un redenzione personale. C'è un forte senso di condanna permanente dove la sola volontà dell'individuo non basta a raggiungere tale obiettivo. Non ci sono alternative al contesto offerto dalla coppia di registi, solo il grado di marciume da scegliere. Il film opta per un procedimento particolare: segue vari personaggi, alternativamente, con un montaggio repentino che lascia fuori molti eventi cruciali. Bisogna quindi lavorare di immaginazione e deduzione su ciò che è successo o che potrebbe succedere ad ogni cambio. Una scelta interessante, che può apparire anche figo per alcuni, ma che alla lunga genera confusione a livello narrativo. Di positivo ci sono i personaggi, tra i quali un Manson pienamente in ruolo. Dialoghi interessanti e ben curati, solo che la deriva "cristiana" mi è parsa fuori luogo, anche se coerente con il contesto presentato. In definitiva ci sono elementi che mi sono piaciuti, altri molto meno.
Dramma dall'impronta filosofeggiante inserito in un contesto sociale marcio di matrice sudista, all'interno del quale si muove Drew, deciso a mettere a posto i conti con un padre putativo reo di avergli rovinato la vita. Ambientazioni degradate fanno da sfondo a svariati personaggi border line, tessere di un mosaico in perpetuo divenire strutturato attraverso una sceneggiatura cervellotica in cui è basilare seguire con attenzione ogni snodo. "Let me make you a martyr" è film arzigogolato edificato su diversi piani temporali. Chi pensa ad un pulp violento si sbaglia di grosso, i morti ammazzati non mancano ma restano tutti fuori campo. La coppia Asraf/Swab predilige concentrarsi su dialoghi di carattere esistenziale e religioso non sempre trascinanti, a volte si scade nella retorica più becera, anche se a tratti esce fuori qualcosa di interessante. Il ritmo è quindi ondivago quanto il contenuto verboso, ovviamente legato alla qualità delle riflessioni messe in campo. La sbandata clamorosa arriva quando da un atteggiamento palesemente nichilista si passa al barlume di speranza buono per fanatici della messa domenicale. Splendide note blues accompagnano con sapienza i momenti più intensi della pellicola, davvero intrigante quando in scena entrano Mark Boone Jr (corpulento boss della mala) e, più a sorpresa, Marylin Manson, totalmente a suo agio nei panni di un grottesco killer dai modi glaciali. I registi azzeccano molte cose ma su altre lasciano perplessi, anche l'insistenza nel voler depistare alla lunga urta un poco. Resta la sensazione che la scelta ricaduta esclusivamente sulla vena intimista renda il film originale ma al tempo stesso ne depotenzi le innegabili virtù.