l'intendente sansho regia di Kenji Mizoguchi Giappone 1954
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l'intendente sansho (1954)

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locandina del film L'INTENDENTE SANSHO

Titolo Originale: SANSHÔ DAYÛ

RegiaKenji Mizoguchi

InterpretiKinuyo Tanaka, Yoshiaki Kanayagi, Kyoko Kagawa, Masao Shimizu

Durata: h 1.59
NazionalitàGiappone 1954
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1954

•  Altri film di Kenji Mizoguchi

Trama del film L'intendente sansho

Giappone, XI secolo, Periodo Heian: durante un viaggio, Tanaki, moglie di un governatore destituito perché considerato troppo umano dai superiori, e i suoi due figli Zushiô e Anju vengono catturati da banditi e venduti come schiavi. Tanaki finisce al mercato di Sado e viene venduta come prostituta, i due bambini finiscono ridotti in schiavitù presso i possedimenti terrieri del terribile intendente Sansho. Costretti a vivere in condizioni orribili e soggetti ad ogni tipo di violenza, Zushiô e sua sorella Anju si promettono di restare uniti per riuscire, un giorno, a fuggire per ritrovare i loro genitori.

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Voto Visitatori:   9,05 / 10 (10 voti)9,05Grafico
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Voti e commenti su L'intendente sansho, 10 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  19/06/2020 18:08:53
   8½ / 10
Tristissimo capolavoro di Mizoguchi che prende spunto da una leggenda Giapponese ambientata nel Medioevo per raccontare di liberta', amore materno e fraterno e rispetto per il prossimo.
Un uomo fin troppo "buono" viene esiliato dal suo villaggio, dopo anni la sua famiglia decide di andarlo a trovare non sapendo che quel viaggio stravolgera' per sempre le loro vite.
Forse è il film tecnicamente migliore del grande regista Nipponico, c'è sempre una ricerca dell'inquadratura o del piano-sequenza perfetto.

Ciaby  @  29/12/2012 20:25:41
   10 / 10
Enorme capolavoro. Lo guardi e ci pensi per ore, ma ora che formuli un giudizio, partono le lacrime.
Elegantissimo, ma anche disperato, è uno di quei film che non si dimenticano facilmente.
In quanto ad emozioni forti e profonde, Mizoguchi non è secondo a nessuno.

deadkennedys  @  01/09/2012 13:32:52
   8 / 10
Una storia cruda e dolorosa, ancor più considerando che capita ad una famiglia nota nel Giappone dell'epoca per la nobiltà d'animo, e proprio per questo, paradossalmente, punita dal destino.
Alla frase del padre di Zushio e Anju ad inizio film, su quanto sia fondamentale la pietà per distinguere l'uomo dalla bestia viene anteposto il crudo cinismo di un disilluso abate: "Agli uomimi non importa nulla di ciò che non li riguarda".
La fotografia di alcune scene è fra le più sublimi nella storia del cinema, ad esempio quando la madre in viaggio con i bambini passeggia fra canne in fiore. Una poesia rara che probabilmente non appartiene più al cinema dei giorni nostri. Finale emozionante.

WongKarWai  @  24/05/2011 22:42:20
   9 / 10
Un film struggente, crudo, commovente su una famiglia, fondata sul rispetto del prossimo e la pietà, spazzata via dalla crudeltà degli altri esseri umani. Se c'è una caratteristica che accomuna diversi lavori dei grandi maestri giapponesi è quella di saper raccontare storie senza tempo, su temi validi per tutte le epoche, dove l'ambientazione spesso storica (e in particolare spesso nel medioevo giapponese) diventa un pretesto per inquadrare il vero fulcro del film: l'uomo in tutti i suoi aspetti, spesso spregevoli. La crudeltà dell'uomo non si lega a epoche storiche o a determinati contesti sociali, ma è insita nell'essere umano stesso. Il più potente e forte opprimerà sempre il più debole. Tuttavia nel finale del film c'è il riscatto (seppure amaro), con la legge (espressione dei valori di uguaglianza, tutti hanno diritto alla felicità) che riesce a crepare lo stratificato muro del potere e a dare speranza in un mondo migliore. Mizoguchi con il suo tocco delicato riesce sempre a creare atmosfere magiche, fuori da ogni tempo.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  27/11/2010 02:37:21
   9 / 10
Altro grande capolavoro di Mizoguchi Kenji. Zushio e Anju, fratello e sorella, sono i protagonisti della vicenda e vivono portando dentro di sé l'insegnamento del padre, il governatore della provincia di Mutsu: "Tutti gli uomini hanno diritto alla felicità. Sii duro con te stesso e compassionevole con gli altri". Purtroppo, il mondo è posto in cui tali ideali difficilmente possono essere realizzati, e dovranno sperimentarlo sulla propria pelle. Durante un viaggio, infatti, i due fratelli e la madre vengono rapiti dagli schiavisti e rivenduti in posti diversi. Zushio e Anju si ritroveranno così a lavorare per l'intendente Sansho, un crudele signorotto che tratta i propri servi alla stregua delle bestie. E' interessante fare un confronto tra la figura del padre di Zushio e l'intendente: il primo, buono e giusto, viene messo in esilio perché si rifiuta di inviare uomini per una guerra. Il secondo, spietato e meschino, è adulato dalle autorità della capitale che lo vedono come un uomo fidato e valoroso. In un mondo dove i buoni sono bistrattati e i malvagi adulati, difficilmente possono realizzarsi nobili ideali, e così Zushio con il passare del tempo cambia e diventa anch'egli crudele. Fino a un giorno in cui, ripetendo insieme alla sorella la stessa azione di rompere un ramo, torna ai sentimenti di bambino al punto tale che gli sembra di sentir in lontananza la voce della madre. Egli rinsavisce e decide di scappare; e da quel momento non rigetterà più gli insegnamenti del padre. Altro personaggio interessante è il figlio dell'intendente Sansho, buono e puro di cuore. "Devi essere orgoglioso di tuo padre" gli dice il ministro. In realtà lui se ne vergogna profondamente e un giorno, non sopportando più di vedere uomini trattati come bestie dal suo stesso padre, decide di ritirarsi in un monastero buddista. Quando rincontrerà Zushio in fuga, gli dirà che "l'unico modo per poter vivere in modo giusto e secondo i propri ideali, è ritirarsi dal mondo". Zushio, però, si dirige alla capitale e riesce a dimostrare la propria identità, facendosi così proclamare nuovo governatore di Mutsu. Il suo primo e unico atto da governatore sarà quello di rendere illegale la schiavitù e di imprigionare l'intendente Sansho, dopodiché, ben sapendo che l'avrebbe aspettato l'esilio proprio come il padre, lascia l'incarico e, venuto a sapere che sia il padre, sia la sorella sono morti, si mette in cerca della madre. La troverà zoppa e cieca, dopo che anch'ella ha dovuto sopportare torture e angherie. Il loro incontro è commovente, con lei che ormai non si fida più di nessuno e non gli crede, ma quando Zushio gli prova inequivocabilmente la sua identità si stringeranno in uno straziante abbraccio. La macchina da presa, quindi, si sposta sulla bellissima natura circostante dell'isola di Sado, lasciando allo spettatore il compito di immaginare cosa ne sarà, d'ora in poi, di Zushio e della madre.

thamadartist  @  12/07/2010 20:15:19
   9 / 10
Grande film giapponese anche se la trama non è del regista.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  11/05/2010 18:21:24
   9 / 10
Potentissimo affresco sul potere, sui suoi abusi e sul senso di giustizia morale e sociale. E' il primo film che vedo di Mizoguchi e devo dire che questa è un'opera che lascia senza fiato per intensità emotiva e poetica.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  16/12/2009 23:36:51
   9 / 10
Un film eccellente, bisogna dirlo. Tuttavia non è tra i miei preferiti del Maestro giapponese. A differenza di tutta la filmografia degli anni '50, l' intendente, che in questo caso da il titolo all' opera, non ne è il reale protagonista, ma lo è comunque di questa leggenda - come recita la didascalia iniziale - tramandata di secoli in secoli. In tal modo Mizoguchi fa del film un simbolo di una "categoria" costretta all' oppressione senza avere un contatto reale e mai equo con l' oppressore. Ciò che conta di più in questa pellicola è il processo di (dis)umanizzazione che vede coinvolti man mano più personaggi. E se la forza del film è nelle interpretazioni, pur lesinando nei primi piani, la scelta di non optare per il contro-campo nei dialoghi, ma riprendendo uno degli interlocutori di spalle, non fa altro che confermare l' elevatura del Cinema nipponico, purtroppo ancora sconosciuto ai più.

Tom24  @  26/08/2009 11:43:32
   9 / 10
Classico capolavoro di Mizoguchi, rasenta la perfezione. Finale fra i più belli della storia del cinema.

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  16/03/2009 14:06:47
   10 / 10
Ennesimo capolavoro di Mizoguchi... regista la cui opera è ancora troppo poco conosciuta in occidente... regista tra i più grandi di ogni tempo.
Sansho the Bailiff è il suo film più duro e il più politicizzato... Ambientato nel medioevo giapponese, ma potrebbe tranquillamente essere ambientato in qualsiasi altra era o luogo, vista l'universalità del suo messaggio:
"tutti gli uomini sono uguali e hanno diritto alla felicità; occorre essere severi con se stessi, generosi con gli altri."
Ogni aspetto dell'opera è magistrale, dalla regia alla recitazione, dalla fotografia alle musiche... l'amore materno non è mai stato rappresentato con tanta poesia...
Un film immenso!

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