lo sconosciuto del terzo piano (1940)

Thriller onirico impreziosito dall'interpretazione di Peter Lorre. Affascinante.

Un prodotto Rko dalla bella atmosfera, a metà tra il poliziesco e il noir. Ha il pregio di costruire una storia interessante partendo da pochi elementi ( un innocente condannato, una coppia di futuri sposini, dei vicini antipatici, uno sconosciuto non meglio precisato ), poi però mette troppa carne sul fuoco da sviluppare in un'ora di durata, flashback compresi. Lorre comunque nella piccola parte del pazzo psicopatico è neanche a dirlo perfetto.

Un film pregevole dal punto di vista formale, con delle immagini che sono entrate nella storia del noir, ma per nulla convincente da un punto di vista di sceneggiatura. Ambizioso senz'altro, ma sviluppato e risolto in modo a dir poco sbrigativo, con una sconcertante durata di circa 1 ora. Lorre sprecato.

Un thriller pervaso da una profonda paranoia, in cui il bel taglio espressionista riflette lo stato d'aninmo lacerato del protagonista, diviso tra il suo senso di giustizia e il forte dubbio di aver condannato, sia pure involontariamente, un innocente. Visivamente il film è di livello eccelso, molto più di un normale b-movie del periodo, anche se non manca qualche piccola incongruenza nella sceneggiatura.

Sconcertante proto-noir che ha il suo punto forte in una parte centrale da tramandare ai posteri

SPOILER e un Peter Lorre terrificante.
Il film a volte soffre un pò di una certa ingenuità a livello di sceneggiatura e pure il doppiaggio non è spesso ispirato (soprattutto il finale), ma per il resto, grandissima regia (e che giochi di luce!), grandissimi interpreti e condivisibile riflessione. Suspence assicurata, da vedere!

Convenzioni a parte, dimenticatevi del Mistero del Falco: è "Lo Sconosciuto del Terzo Piano" il primo noir della Storia del Cinema. Insieme wilderiano, langhiano e fulleriano, è un vero gioiello a basso costo di claustrofobica atmosfera e narrazione, niente a che vedere con l' hard boiled chandleriano ma che anticipa invece tutti quei Neri del dopo guerra, psicologici e deliranti. Parla di un giornalista che sperimenta di persona cosa significa far condannare un innocente perché si ritrova nella medesima situazione (Fuller), "parlato" con un angoscioso punto di vista interno (Wilder), tremendamente fotografato - da morbido a contrastato - in cui emergono il senso della giustizia e della colpa (Lang). Lo sconosciuto è Peter Lorre.