Lora Meredith è vedova ed ha una bambina, Susy; benché si trovi in strettezze ella accoglie nella sua casa una donna nera, Emy Johnson, che ha anch'essa una figliola, Sara Jane. Lora desidera ardentemente di affermarsi come artista di teatro. Un giovane fotografo disoccupato, Steve, avendola conosciuta, s'innamora di lei, e appena trova un'occupazione, le chiede di sposarlo...
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Douglas Sirk ci ha insegnato a non vergognarci di piangere, ma sarebbe riduttivo relegarlo a maestro del melodramma, considerato che nella sua carriera ha diretto praticamente di tutto, dai western ai film d'avventura ai gialli, anche se resta innegabilmente l'ultima fase della sua carriera (1953 - 1959) la piu' acclamata e celebre. In Sirk troviamo una spietata critica all'estabilishment sociale e alla way of life americana, che trova il suo culmine in questo splendido film. Si tratta indubbiamente di uno dei piu' struggenti film della storia del cinema, ma non solo: qui non si tratta di puri pretesti per strumentalizzare l'emozione dello spettatore, ma tutto è frutto di un'indignazione verso un sistema che crea discordie e dolore nei vari ceti sociali. Le figlie di Lora ed Emy sono entrambe infelici, per quanto la prima sia nata in ambienti agiati, mentre la seconda viva nella sua pelle la condizione meticcia del pregiudizio razziale, al punto di deprecare le sue radici. Particolare interessante: l'edizione del film ha censurato IN QUESTI ANNI la parte in cui Sarah Jane chiede se Dio è bianco e resta ammaliata dalla conferma che Dio è un uomo bianco. Trent'anni fa, questa sequenza veniva tranquillamente proposta, senza censure, e ci sembra di dire che il veto religioso col tempo è persino peggiorato. La scelta della Turner, nei panni dell'ambiziosa Lora Meredith, con i suoi conflitti con la figlia, rende la storia ancora piu' conturbante e credibile, essendo stata da poco coinvolta nell'assassinio da parte della figlia di Johnny Stompanato, e in questo modo realtà e finzione si trovano perfettamente - direi cinicamente - nello stesso luogo. "Imitation of life" dà anche l'opportunità a Sandra Dee, idolo dei teenagers, di misurarsi con un ruolo profondo e sincero, occasione che nella sua carriera si presenterà molto di rado. Naturalmente il cambiamento dei costumi e la maggior libertà espressiva rende questo sequel molto piu' riuscito e acuto dell'originale del 1934, con Claudette Colbert al posto di Lana Turner. Splendida l'attrice che interpreta Sarah Jane, che chissà come non ha avuto la carriera che si meritava. Particolare interessante, gli uomini nel film non rivestono una grande importanza, per Sirk il belloccio John Gavin (a pochi mesi da Psycho), e Troy "scandalo al sole" Donanhue sono semplici testimoni di un complesso affettivo o ostile creato da donne. Tutto fino all'imput finale; che ribalta tragicamente l'assurdità delle scelte in favore di una "fratellanza razziale universale", mentre Sarah Jane è costretta a vivere il rimorso della sua identità disconosciuta. La solenne voce di Mahalia Jackson mi porta davanti uno di quei momenti incantevoli in cui è sofferto ma meraviglioso provare dolore, quando il cinema crea , con Sirk e pochissimi altri, quel senso narcotizzante di Visione Assoluta, e le lacrime non sono disposte mai a placarsi.