lo zio boonmee che si ricorda le vite precedenti regia di Apichatpong Weerasethakul Thailandia 2010
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lo zio boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010)

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locandina del film LO ZIO BOONMEE CHE SI RICORDA LE VITE PRECEDENTI

Titolo Originale: LOONG BOONMEE RALEUK CHAT

RegiaApichatpong Weerasethakul

InterpretiThanapat Saisaymar, Jenjira Pongpas, Sakda Kaewbuadee, Natthakarn Aphaiwonk, Geerasak Kulhong, Kanokporn Thongaram

Durata: h 1.54
NazionalitàThailandia 2010
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2010

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Trama del film Lo zio boonmee che si ricorda le vite precedenti

Affetto da una grave disfunzione renale, zio Boonmee ha scelto di passare i suoi ultimi giorni in una casa di campagna, circondato dalle persone che ama. Lì, gli appare il fantasma della moglie morta anni prima, che inizia a prendersi cura di lui. E il figlio da tempo perduto fa il suo ritorno a casa in una forma non umana. Riflettendo sulle ragioni della sua malattia, Boonmee attraversa la giungla con tutta la famiglia, diretto verso una misteriosa grotta in cima a una collina: il luogo dove è nato per la prima volta...

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Voto Visitatori:   6,06 / 10 (16 voti)6,06Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su Lo zio boonmee che si ricorda le vite precedenti, 16 opinioni inserite

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topsecret  @  20/05/2015 16:36:41
   5 / 10
Forse la cosa più difficile di questo film thailandese d'autore non è coglierne l'essenza, comunque già di per se ardua, ma lasciarsi coinvolgere dal racconto che per lunghi tratti è davvero di una lentezza estenuante.
La regia di Apichatpong Weerasethakul è fortemente concentrata sulla dilatazione delle immagini che vorrebbero raccontare le emozioni di un uomo giunto alla fine della sua vita, ma il ritmo lento e la poca vivacità degli interpreti e delle situazioni che si susseguono non permettono, a mio modesto avviso, un coinvolgimento costante e duraturo e lasciano lo spettatore meno incline a questo tipo di cinema abbastanza indifferente e insoddisfatto.
Palma d'oro a Cannes nel 2010.

paride_86  @  20/07/2011 01:34:00
   4 / 10
Una sceneggiatura inesistente e dialoghi sulla quotidianità per un film che alterna riprese a camera fissa con scorci da documentario a scene pseudo-oniriche, prive, tra l'altro, di una consistente forza visionaria.
Un polpettone indigeribile, al di là dei possibili significati e delle metafore che propone.
La vittoria di "The tree of life", proprio a Cannes, un anno dopo quella di "Lo zio Boonme...", dimostra che i film introspettivi non sono tutti uguali e ci insegna la differenza tra un capolavoro e una pasticca di Valium, quale è questo film thailandese.
Leggo addirittura di paragoni con maestri come Antonioni...inverecondi!!
Solo una giuria in stato di ubrichezza può aver assegnato un premio come la Palma D'Oro a "Lo zio Boonme...", visti e considerati anche gli altri film in concorso.

Invia una mail all'autore del commento piernelweb  @  17/02/2011 01:44:15
   1½ / 10
Questo regista thailandese sdoganato dai Cahiers du Cinema ha vinto la Palma d'oro a Cannes non si sa per quale ragione. Lo zio Boonmee è un film ambizioso che vorrebbe raccontarci qualcosa sull'abbandono della vita terrena e sul rapporto uomo/ambiente/natura ma gira a vuoto per 2 ore senza produrre niente di cinematograficamente rilevante. A meno che non ci si accontenti di ascoltare la storia dell'uomo scimmia dagli occhi rossi o di sbirciare l'amplesso del pesce gatto con la principessa der tufello. Noia allo stato puro senza se e senza ma.
Weerasethakul è un bluff.

suzuki71  @  20/12/2010 10:01:56
   5 / 10
Un notevole senso generale di pace e distacco non riesce a compensare le pretenziose profondità sussurrate da un improbabile gruppetto di umani, fantasmi e mostri.
Non disvela poi tanto, e persino l'unica scena che poteva restare sublimente impressa nella memoria, ovevro il bagno della principessa nel lago, viene deturpata dall'inquadratura del pesce palla: se il regista avesse indugiato soltanto sul volto sarebbe stata magnifica.
Appena appena onirico, parecchio terra-terra.

arturo  @  17/10/2010 12:34:12
   2 / 10
Incomprensibile, e comunque noiosissimo. E per di più snob e supponente. Erano una trentina d'anni che non mi annoiavo così al cinema, dai tempi dei cineforum universitari dove ci massacravamo voluttuosamente gli zebedei con pellicole ostiche. Ma erano altri anni, era un altro cinema, e soprattutto eravamo giovani, con fegati ben funzionanti. Ieri sera ho rischiato il coma. Tim Burton andrebbe interdetto dalle giurie di festival per tutta la vita, accidenti a lui! Ma se gli piace tanto 'sto cinema, perché poi fa film completamente diversi? cazzotto ipocrita

14 risposte al commento
Ultima risposta 09/01/2012 11.56.40
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Crimson  @  21/06/2010 23:26:59
   4 / 10
Premetto che è stato difficile guardare il film, figuriamoci scriverne a riguardo.

Credo che a Cannes non accadesse dai tempi del contestatissimo 'Sotto il sole di Satana' (1987) che la Palma d'Oro venisse assegnata ad un'opera così indecifrabile. Ma a differenza del film di Pialat, che qualcosa di valido aveva da comunicare, in questa pellicola tailandese regna sovrana la pochezza dei contenuti.

Il problema non è la mancanza pressochè totale di una sceneggiatura; ci sono molti film in grado di comunicare un messaggio, di suscitare una riflessione, anche quasi esclusivamente attraverso l'aspetto visivo. Non è il caso di questa pellicola impronunciabile, che fatta eccezione di un paio di sequenze particolarmente suggestive (nella grotta) si disperde continuamente, disorienta lo spettatore con passaggi criptici e soprattutto alterazioni spazio-temporali. E' un film di una cultura totalmente differente da quella occidentale, ma non ho più voglia di sentirmi suggerire ciò come alibi: il film è orrendo, a mio avviso, punto e basta.

Sappiamo solo che quest'apicoltore ha sensi di colpa per azioni commesse nell'esercito nel passato della sua vita attuale; ma giusto perchè ce lo dice lui in una scena del film.
Successivamente ci vengono mostrate foto che lo ritraggono da giovane con la divisa dell'esercito assieme ad altri militari e a uomini-scimmia in posa.
Perchè, e questo è l'aspetto più singolare, il figlio del protagonista alcuni anni prima si è suicidato (?) nella foresta, decidendo di accoppiarsi con un uomo-scimmia, ed è divenuto anch'esso un uomo-scimmia.

Come se non bastasse, questo quadro astruso viene arricchito dalla tematica zoofila anche in una scena di apparente regressione ad una vita precedente, non si capisce di chi, probabilmente del protagonista (il titolo a tal proposito ci viene in soccorso): una principessa si specchia in un laghetto ai piedi di una cascata, conversa con un pesce palla e ci si accoppia (?!). Sì sì è andata esattamente così.

Ho avuto il piacere di assistere alla proiezione con un'amica appassionata di filosofia orientale, che è rimasta esterrefatta quanto me (e al pari del 95% del pubblico in sala, credo). Al termine ha provato a illustrarmi più nel dettaglio le teorie sulla reincarnazione, ma ci stiamo ancora chiedendo chi fosse il pesce palla, e una volta stabilita l'identità nella vita successiva, cosa ciò potesse significare alla luce di ciò che teoricamente accade.

Il finale, col doppio personaggio di non si sa chi, che esce e va in un locale e resta a guardare la tv allo stesso tempo (dopo essere stato ripreso per circa due minuti mentre fa una banalissima doccia), non ha alcun nesso (logico, temporale, spaziale, causale) con tutto il resto. O forse c'è, ma vi assicuro, non è comprensibile secondo codici cinematografici dei comuni mortali. Forse la comprensione di quel nesso pertiene solo a Tim Burton, che a quanto pare ha capito il film.

6 risposte al commento
Ultima risposta 22/10/2010 19.22.06
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