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Bellissimo poliziesco di produzione francese, diretto con accuratezza e precisione da Yves Boissiet, che, grazie allo splendido cast, guidato da un superlativo Michel Boquet, da un carismatico Gianni Garko e da un sempre efficace Adolfo Celi, e grazie anche alle ambientazioni francesi suggestive e ben ricercate e alla formidabile colonna sonora in stile jazz, appassiona in modo perfetto in tutta la sua durata complessiva. Brillante e godibile è la sceneggiatura che, riadattata da un opera intitolata "Mort d'un condé" di Pierre Lesou, mette molto bene in luce il sentimento vendicativo cui Boquet è provato, che, alla fine, sebbene poliziotto e credente nella coerenza della giustizia, egli è costretto (forse anche sbagliando) a sporcarsi le mani, per mantenere la parola ad un sentimento puro e fraterno di amicizia verso un collega, morto in azione. Spettacolari sono alcune sequenze, come quella carica di suspence nell'edificio dove Garko e Constantine vogliono uccidere Tavernier, detto "Il Mandarino", così come la loro successiva fuga sui tetti, per giungere all'epilogo/monologo finale, in cui un immenso Michel Boquet, con movimenti lenti, lo sguardo perso e gli socchiusi, in una casa di campagna, riceve la visita della fidanzata di Garko che lo avverte dell'imminente visita di quest'ultimo per ucciderlo e Boquet si limita a rispondere in tono pacato, rivelando che non appena tornato dalle ferie darà le sue dimissioni, perché stanco e scorraggiato, non crede più nella giustizia e per far si che una vittima sia stata vendicata, è dovuto passare dalla parte dei cattivi ed è stato costretto ad uccidere più volte a sangue freddo. Semplicemente stupendo.