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Siamo negli anni della grande depressione, e in America, lo spettacolo più in voga è una spietata ed allucinante maratona di ballo. 100 coppie maledette prendono parte all'evento: c'è chi lo fa per sfida, chi per bisogno, chi per caso, chi per notorietà, chi per disperazione. Premio in palio: 1500 dollari. Regole della gara: ballare ininterrottamente fino a quando non rimarrà una sola coppia in piedi.
Un capolavoro insuperato, ancora oggi potente come un macigno, che mostra senza mezzi termini quanti dolori, torture ed umiliazioni sia disposto a patire l'essere umano se preso dalla disperazione. E tutto questo, sotto gli occhi di un sadico pubblico che applaude ed incita per vedere di più. Un gioco al massacro senza eguali, scioccante, disturbante, tragico, deprimente, e che oggi, in un'epoca di reality show dove le disgrazie e le sofferenze altrui diventano spettacolo di massa nonchè pretesto per sentirsi migliori degli altri, risulta più attuale e sconvolgente che mai.
Cast divino (dalla tenace Jane Fonda al sensibile Michael Sarazin, dall'impassibile Gig Young allo spavaldo Red Buttons, dal duro Bruce Dern alla tenera Bonnie Bedelia, senza tralasciare la bellissima Susannah York), regia splendida e spietatissima, e una dozzina di sequenze da infarto secco.
40 anni e sembra scritto ieri. Eccellente.
Nota: curiosissime similitudini (nelle premesse) con l'agghiacciante capolavoro letterario di Richard Bachman (alias Stephen King) "La Lunga Marcia", scritto (a quanto pare) prima del film di Pollack ma pubblicato dieci anni dopo.
Dedicato a tutti quelli che ritengono Sydney Pollack un regista sopravvalutato. Non è un caso che questo film non passa sulle tv in chiaro da quasi dodici anni, ovvero da quando i reality sono approdati sui nostri schermi, e da quell'indimenticabile sabato notte in cui lo vidi e lo registrai. Da allora un pezzo della mia innocenza e delle mie illusioni è andato via per sempre. "Non si uccidono così anche i cavalli?" (titolo emblematico) è uno sconcertante apologo sull'american dream disintegrato dalla grande depressione, ma anche un punto di vista spietato sulle regole dello spettacolo che macina anime senza alcun ritegno, che spreme corpi ed emozioni secondo la logica del guadagno, che plagia la realtà per assecondare il piacere del pubblico. Probabilmente uno dei film più strazianti, disincantati e tragici che siano mai stati concepiti, con alcuni dei momenti più duri di tutta la storia del cinema: la corsa forsennata intorno alla pista, il rancio consumato mentre si continua incessantemente a ballare, la prostituzione e la rassegnazione alla follia, la dignità calpestata per poche monetine, le ginocchia che crollano, il cuore che scoppia, la mente che non ce la fa a resistere ad un gioco troppo crudele. Capolavoro di lucidità sociale in straordinario anticipo sui tempi, diretto da Pollack con un nervosismo, con una passione ed una forza emotiva da non lasciare scampo, ed interpretato da un cast impressionante: grande, grandissima Jane Fonda, maschera spietata e lacerante dell'orrore del reale ("Alzati, mi sono stancata di perdere!"); superbo Gig Young, spalla comica in tante commedie rosa trasfigurato nell'imbonitore più mostruoso del creato; toccante la York, aspirante diva ridotta alla vergogna per il ludibrio della platea; e poi ancora il marinaio di Buttons, la giovane incinta della Badelia, il giovane sognatore di Sarrazin, tutti offrono prove sensazionali. Il finale ti mastica il cuore, te lo strappa e te lo getta giù da un burrone. Un film che tutti dovrebbero vedere, un classico scomodo che non potrà mai uscire fuori da chi l'ha visto, una grande opera firmata da un regista troppo spesso snobbato. Indimenticabile!