old boy regia di Chan-wook Park Corea del Sud 2004
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old boy (2004)

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locandina del film OLD BOY

Titolo Originale: OLD BOY

RegiaChan-wook Park

InterpretiChoi Min-sik, Ji-tae Yu, Gang Hye-jung

Durata: h 2.00
NazionalitàCorea del Sud 2004
Generethriller
Al cinema nel Maggio 2005

•  Altri film di Chan-wook Park

•  Link al sito di OLD BOY

Trama del film Old boy

Oh Dae-su è un uomo ordinario, felicemente sposato e con una figlia che adora. Un giorno viene rapito e si ritrova imprigionato in un rifugio privato. Tutti i suoi tentativi di fuga e di suicidio falliscono, ma quando scopre che sua moglie è stata brutalmente assassinata giura vendetta all'uomo che gli ha rovinato la vita...

Film collegati a OLD BOY

 •  MR. VENDETTA - SYMPATHY FOR MR. VENGEANCE, 2002
 •  LADY VENDETTA - SYMPATHY FOR LADY VENGEANCE, 2006

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Voto Visitatori:   8,33 / 10 (451 voti)8,33Grafico
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Voti e commenti su Old boy, 451 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  15/05/2005 21:24:21
   9 / 10
"Sorridi, e il mondo sorriderà con te... piangi, e piangerai da solo"

Hai mai pensato che l'odio e l'amore possano essere complementari? Hai mai capito quanto la vendetta possa esprimere una vitalità fortissima, quasi poetica? Ti sgomenta tutto questo, vero? Il tempo celebra l'inesistenza, la morte del ricordo e dell'identità Ora ti trovi in trappola, negazione sociale involontaria, non l'abisso di chi vuole uscire dopo aver visto solo il buio (cfr. bad boy buddy). Sei condannato senza ragione, da un buco in cui cerchi delle domande senza risposta, in una dimora a stretto contatto con la sopravvivenza medianica Rinchiuso davanti a una tv celebri la natura iperbalica dell'uomo - anni, eventi, canzoni, tutto ti passa davanti come se la luce che affiora dallo schermo ti incitasse a resistere. Un'esperimento crudele, una giostra che fa tornare in mente quella degli infanti chiusi al buio e al completo silenzio, nascituri morti senza ragione, se non nel bisogno insostenibile di una voce, l'assenza di una parola, la vita stessa è parola. Cibandosi dello stesso cibo per anni, l'uomo raggiunge il quorum, il sapore dell'abitudine. Questo è un film dominato dalla contraddizione planetaria, noi siamo esistiamo in relazione a cio' che ci consente la vita. In qualunque altra condizione, noi saremmo diversi, spregevoli o amabili, non importa. Inizia il film e subito ti senti irrazionale come il protagonista di "oasis", trappola per un uomo già bruciato. Che "per quanto mostruoso possa essere, reclama di essere amato". Lo stile è quello di Memento, la (vaga) sottomissione di Fight Club solo che qui Eugene esiste, ed è determinato a distruggere la sua creatura, gli piace assecondare il mostro che è in te.
Chan-Wook Park ha comunque un'individualismo tecnico non indifferente, che non ricalca più di tanto i modelli più o meno evidenti.
Un'opera sul limite che trattiene o esclude la coscienza di sè, dicono.
Ma non solo. Simbolismi metaforici (la valigia, libertà e dannazione), cibo crudo e cellulari che arrivano nelle mani di Oh Dae - Su, creando oh sì l'irrazionale della ragione, il senso occulto della vita. Tra echi surrealisti e metafisici, o date ricorrenti degne dell'ultimo Kar - Wai, Park ha abusato di te, eccellente protagonista, al preciso scopo di farci intuire quanto la libertà potrebbe non esistere. Il condizionamento è il vettore della tua resistenza, e vendetta. Tu sei libero solo quando gli altri te lo concedono. Sfruttando questa strana risorsa, reclami la caccia a chi forse libero non lo è mai stato, non sempre il carceriere è l'uomo che tiene in tasca le chiavi per uscire dalla sua prigione. Lo stile è beffardo, nella tradizione un po' enfatizzata del cinema orientale, come nella rissa da kung-fu nel corridoio di un ristorante, dove sembra che l'inquadratura orizzontale non finisca mai, quasi la tela di un quadro settecentesco dove i margini sembrano inesistenti, lo spazio per l'azione infinita, senza interruzioni.
Perchè "sia un granello di sabbia che una roccia nell'acqua affondano allo stesso modo". Vittima e carnefice diventano spazi indesiderati della medesima tensione, e penso a quanta sofferenza dev'essere lordata per agire con tutta la bestialità che porta il NUOVO istinto. Un solo disappunto: che ne è stato della moglie? Chi l'ha uccisa? E' così breve, improvviso, l'istante in cui ti trovi nelle tenebre e svanisce quella sorta di nichilista sfrontatezza che avevi solo pochi minuti fa/prima. Poi tutto cambia, meccanicamente: hai bisogno di abbracciare toccare prima del gesto fatale il volto commosso di una creatura ormai rassegnata - e cio' mi fa pensare all'emotività repressa di una certa cultura orientale - e susciti i sentimenti di una sconosciuta che - in un'altro mondo - proverebbe per te solo ripugnanza e timore. Fino alla rivelazione finale, quando l'uomo un Dio crudele ti porta a confrontarti e provare pena per lui.
"Una parola fa rimanere incinta, e un'altra fa innamorare".
Con questo acuto senso di frustazione, non puoi più confessare la verità. In fondo sei un'altro, e sei costretto, sì, a piangere eternamente da solo.

Il limite più evidente della nostra vita è la prigione che alberga nei nostri cuori

18 risposte al commento
Ultima risposta 17/05/2005 17.26.26
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