oliver twist regia di Roman Polanski Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Francia, Italia 2005
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oliver twist (2005)

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locandina del film OLIVER TWIST

Titolo Originale: OLIVER TWIST

RegiaRoman Polanski

InterpretiBen Kingsley, Barney Clark, Lewis Chase, Frances Cuka, Jake Curran, Harry Eden, Frank Finlay, Jamie Foreman, Chris Overton, Leanne Rowe, Mark Strong, Jeremy Swift, Joseph Tremain

Durata: h 2.10
NazionalitàGran Bretagna, Repubblica Ceca, Francia, Italia 2005
Generedrammatico
Tratto dal libro "Oliver Twist" di Charles Dickens
Al cinema nell'Ottobre 2005

•  Altri film di Roman Polanski

•  Link al sito di OLIVER TWIST

Trama del film Oliver twist

Adattamento del classico di Dickens: l'orfanello Oliver fa amicizia, nelle strade di Londra, con un ladruncolo e da questo viene instradato a far parte della famiglia di ladri addestrati dal perfido Fagin.

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Voto Visitatori:   7,19 / 10 (150 voti)7,19Grafico
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Voti e commenti su Oliver twist, 150 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

outcast  @  19/03/2015 13:44:47
   4½ / 10
Anacronistico

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Ultima risposta 19/03/2015 15.43.15
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Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  01/10/2006 12:19:38
   5 / 10
Opera mediocre e stucchevole. La regia è inesistente: non enfatizza a dovere i momenti salienti e sbaglia completamente la scena finale. Ma l'ha diretto davvero Polanski questo film?? Sembra fatto da un qualunque regista americano debuttante.
Splendida la fotografia fiabesca, ma forse anche quella a volte eccessivamente gialla e mal filtrata registicamente all'interno della scena.

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Ultima risposta 22/12/2006 11.15.17
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bon_  @  03/12/2005 13:17:07
   6 / 10
noiosetto, inoltre non segue molto il libro e il regista si permette in alcuni casi di stravolgere la trama... appena sufficiente

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Ultima risposta 11/01/2006 01.13.51
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Rusty il Selvag  @  08/11/2005 23:40:25
   5 / 10
Mi aspetto sempre il massimo da un genio come Polanski,

Mi spiace Maestro, ma le metto un bel 5.

L'unica scusante sta nel fatto che il conoscere gia' perfettamente la storia

ha contribuito sicuramente al mancato coinvolgimento emotivo.

Polanski e' caduto nell'errore di un altro grande regista come Coppola

in Dracula.


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Ultima risposta 24/03/2006 13.51.24
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Invia una mail all'autore del commento MarcoB74  @  08/11/2005 18:00:18
   8 / 10
Vita dura per il piccolo Oliver 10 anni, orfano di genitori, nulla in tasca bimbo dolce e di una mitezza toccante. Sballottato a destra e a manca, preso a calci e a sputi oppresso da un mondo che non ha pietà per i nullatenenti come lui anzi per i "prossimi alla forca" come lui. Lui che a differenza del bimbo maghetto harry potter non ha la bacchetta magica per risolvere i problemi nè amici affiattati per consolare le sue pene. Forte solo delle sue gambe e di speranza l'unica soluzione è scappare dal suo villaggio e raggiungere Londra.
Una Londra livida, gonfia di fumo, degradata, limacciosa dove annaspano nel fango di furti e crimini altri miserabili come lui e con questi ultimi si dovrà confrontare ed eguagliare.
"Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo" diceva il poeta e così: per mancanza di opportunità l'innocenza del povero oliver dovrà corrompersi per poter sopravvivere cercando di seguire l'insegnamento di altri bimbi sfortunati come lui.
I due bambini attori (sia quello che interpreta oliver sia quello che interpreta dodge) sono veramente ammirevoli. Se oliver è la incarnazione della candida purezza, l'altro è la perfetta rappresentazione della "scafatura baby criminale".
La fotografia, i costumi e la scenografia sono efficaci da dar supremamente quel senso di una citta che trasuda di vicolarmente vissuto di straccione e di corrotto che bene si addice ai frutti di una una societa industriale, che bene si specchia nella sua polizia, nei suoi tribunali e giudici e nelle sue istituzioni nelle persone che arrancano e calpestano i più deboli di loro.

E' veramente un bel film lo consiglio sopratutto ai bimbi ma è di gradevole visione anche per i grandi.


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Ultima risposta 16/11/2005 13.03.32
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fagin  @  08/11/2005 11:28:20
   8 / 10
sono andato ieri sera a vederlo e mi sento addosso un angoscia infinita,indubbiamente un bellissimo film sicuramente non un capolavoro xò,la fine quando oliver twist entra in carcere a trovare il vecchio fagin ormai impazzito e che urla disperato mi ha commosso tantissimo..

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Ultima risposta 08/06/2006 11.27.17
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prossemica  @  07/11/2005 14:32:50
   7 / 10
bel film, la speranza di una vita migliore c'è sempre...

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Ultima risposta 08/11/2005 11.41.59
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  05/11/2005 00:11:53
   8 / 10
Prima di tutto dovrebbero vergognarsi gli spettatori che disertano le sale preferendo temi piu' rassicuranti (davvero?).
Secondo, è incredibile come ancora oggi la prosa di Dickens generi tanti malintesi e fraintendimenti: lo si poteva imputare di parlare un linguaggio edificante, di evocare orfanelli e sentimentalismo, il ricorso alla commozione facile, etc etc che comunque riguarda solo una minima parte della sua opera, ma dell'invettiva sociale in piena Era Vittoriana vogliamo dirne qualcosa? Se potessimo dimenticare gli stereotipi con cui si guarda oggi a Dickens scopriremmo una sorta di apologia degna di un successore tedesco (magari piu' ideologico) come Bertold Brecht.
Fatta questa premessa, il Dickens secondo Polansky è un film splendido, con un'ammirevole capacità di essere sobrio e ricco allo stesso tempo. Se nei primi venticinque minuti tutto sembra fin troppo calcolato, fin dai titoli iniziali che sembrano enfaticamente riproporre il linguaggio para-televisivo del celebre "Tess", successivamente entriamo in una dimensione che, pur fedelissima al romanzo, rispecchia la decadenza sinistra del cinema di Polansky, la sua aderenza alle immagini, immettendo un contrasto affascinante tra i colori della Londra diurna e quella - inquietante nebbiosa eppure così cool - delle luci della notte. Anche attraverso l'uso della mdp Polansky aderisce bene alla società Dickensiana fatta di folle giustizialiste, di barricate, di linciaggi popolari, di ingiustizia sociale, tanto che la sensazione (virtuale ma introspettiva) dello spettatore è lo sgomento davanti all'uso disinvolto della forca. Movenze da film muto fanno del nuovo Fagin una sorta di inquieta rappresentazione del Mr. Hyde dei tempi di Lionel Barrymore, a tratti pacioso e patetico, mentre accentua la spregevolezza di Bill come aveva già fatto la bellissima versione cinetelevisiva del 1982 inpersonata da un'incredibile Tim Curry nel ruolo appunto di Bill... Quindi, se non erro, dopo il classico di Lean, il musical, l'animazione del 1971, e appunto il film televisivo di Donner (con reminescenze horror), oltre a un inedito, questa di P, dovrebbe essere la sesta versione del romanzo. A parte la perfetta ricostruzione ambientale, di questo O.T. rimane tuttavia molto: sequenze come l'incontro di Nancy sul Tamigi coperto dalla nebbia, la fuga di Bill sui tetti, l'apologo dell'ultima visita a Fagin nei lunghi corridoi di un lugubre carcere, sono momenti di immenso lirismo scenografico, Puo' darsi che Polansky abbia perduto la voglia di disorientare lo spettatore (e a giudicare dai pochi spettatori presenti in sala, farebbe anche bene non se lo meritano), ma il "suo" Dickens non è mai inutilmente piagnone o edificante, e celebra soprattutto, anche attraverso gli occhi dei ragazzini di strada, un classico topoi del suo cinema: il Male non è mai frutto di esperienze individuali, e coinvolge anche l'impossibilità - per dirla alla De Andrè - di "far nascere fiori dal letame" E' tutto questo il segreto di un bellissimo film

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Ultima risposta 09/11/2005 23.11.32
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR frine  @  03/11/2005 02:07:30
   7 / 10
Confesso: ero tentata di dare sei, ma ci ho ripensato e non mi è sembrato giusto lasciarmi prendere dalla delusione del momento.
Polanski è uno dei miei registi preferiti. Chissà, forse tra lui e Dickens non c'è alchimia...fatto sta che il film non mi è piaciuto. Non che sia brutto, beninteso...però...
In breve: "Oliver Twist" offre una magnifica, curatissima rappresentazione della Londra ottocentesca, ricostruita anche grazie ad una minuziosa ricognizione di stampe e dipinti dell'epoca (probabile, ad esempio, il riferimento agli scorci londinesi di Giuseppe De Nittis, leggermente posteriori al romanzo di Dickens ma comunque adatti). Benessere e agiatezza della borghesia proto-industriale contrastano duramente con miseria e degradazione degli slums. Manca, tuttavia, a Dickens la profondità di analisi politico-sociale che aveva caratterizzato, ad esempio, l'"Utopia" di Tommaso Moro (anteriore di secoli, oltretutto): lo scrittore ottocentesco rimane infatti sempre in bilico fra l'esigenza della denuncia sociale e la più facile, nonché remunerativa, finalità edificante. Per il povero e diseredato protagonista la salvezza non può che risiedere nella carità di un ricco e generoso benefattore: per gli altri, non c'è che la dannazione.
Nonostante i limiti e le contraddizioni del libro, Polanski avrebbe potuto comunque realizzare un capolavoro. Ma il regista sembra prigioniero del testo, affascinato soprattutto dai suoi risvolti visionari e gotici: così, tra allucinati giochi di ombre e luci, tra colori dissonanti e sinistri, tra lune oscurate e improvvise folgori notturne, il film non decolla.
Il ritmo narrativo è lento, la caratterizzazione dei personaggi poco incisiva (in particolare, il perfido Bill Sykes e il suo tremendo cane non fanno paura a nessuno, anzi sembrerebbero due bonaccioni se non fosse per i tremendi crimini che commettono), ma, soprattutto, manca la tensione drammatica. Notti e nebbie londinesi sono bellissime ma indifferenti, e alla fine poco ci importa di quale sarà la sorte dei protagonisti: fatta eccezione, forse, per il vecchio corruttore di bambini, un Ben Kingsley che da attore maiuscolo quale è scade quasi a caratterista (di prim'ordine, naturalmente).
Qualche osservazione particolare:
1) Il bambino interprete di Oliver assomiglia sorprendentemente a Dickens, quale ritratto in foto e dipinti d'epoca (una indubbia finezza del regista);
2) Durante la visione, mi chiedevo perché diavolo la Saint Paul's Cathedral fosse stata ricostruita per mezzo della CGI, dato che la Cattedrale esiste ancora. Poi ho scoperto che il film è stato girato a Praga.
In conclusione, un'opera realizzata con grande mestiere, ma deludente. Una mia idea: e se Polanski recuperasse "Il dottore e i diavoli", vecchia sceneggiatura di Dylan Thomas?


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Ultima risposta 11/11/2005 01.00.09
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Invia una mail all'autore del commento jane eyre  @  29/10/2005 15:04:43
   7 / 10
2 ore di film non riescono a riportare sulla pellicola la complessità dell’intreccio del romanzo d’origine, che, essendo stato scritto a puntate, è rigorosamente infarcito di colpi di scena, rivolgimenti, cadute, risalite e di nuove ricadute, per giungere poi all’agnizione finale, rivelatrice della parentela tra Oliver e il signor Brownlow che porrà, con abile manovra letteraria, fine al dramma.
La storia del film sembra ricalcare fedelmente soltanto la prima parte del romanzo, tralasciando del tutto l’agnizione conclusiva e le tormentate vicende più strettamente collegate alla famiglia Brownlow e ai personaggi di Rosa e Monks (di cui non viene fatto minimamente cenno). Forse la volontà del regista è stata quella di volersi concentrare sul personaggio più interessante dell’opera, Fagin, l’ebreo ladro che sopravvive di espedienti nei bassifondi londinesi, trovando, nell’arte del furto e nello sfruttamento minorile, un mezzo di sostentamento in una società generatrice di quei “mostri” di cui, poi, essa stessa, prova repellenza e che non esita a condannare, una volta diventati adulti.
E se è la società stessa a generare quei mostri che non ammette di riconoscere come figli suoi, sin dall’inizio del film i buoni borghesi dell’associazione parrocchiale non si fanno scrupoli a ricorrere più volte all’immagine della forca di fronte al fragile Oliver, macchiatosi dell’unica colpa di essere orfano e abbandonato.
Paradossalmente viene da pensare che i luoghi dove si consuma la maggior violenza siano non soltanto i vicoli della Londra più malfamata, ma i luoghi stessi dove si dovrebbe invece ristabilire una certa giustizia, come l’ospizio parrocchaile o la sala del tribunale.
Mentre Dickens si diverte a rappresentare con arguto humor la galleria umana di una classe agiata detentrice del potere, pennellandola con brevi tratti in tutta la sua intima meschinità, ottusità e piccineria, il regista al contrario, sceglie di allontanare ancora di più figure come quella di Bumble o dei giudici, da una parte per rendere l’idea di una giustizia lontana e senza volto, e dall’altra per focalizzarsi meglio sulla figura di Fagin l’ebreo, dal fascino ambiguo e luciferino.
Bastano pochi “colpi di pellicola” per mettere in scena l’ottusità dell’assemblea parrocchiale che scambia l’angelica ingenuità del fanciullo Oliver per stupidità e non risparmia di parlare di forca di fronte al ragazzo, come se questo, ai loro occhi, avesse un destino già segnato in partenza. La comunità del potere, sembra così essere essa stessa l’invisibile orchestratrice del futuro di miseria e balordaggine che porterà molti di quei bambini, accolti nelle loro “workhouse”, verso il destino tragico di futuri malfattori, figli di una società che sembra condannarli già a priori. E l’inquietante riferimento alla forca, che aleggia in tutto il libro e nel film, sembra apppunto inverarsi nel tragico finale, dopo essere stata così a lungo invocata con tanta leggerezza dai detentori di quel potere sommario di cui varie volte Oliver è vittima e da cui non potebbe forse mai liberarsi con le sue uniche forze. Sarà solo la “fortuna” di un incontro, di un’agnizione libresca a riscattare con l’inverosimile quello che normalmente nella vera società vittoriana sarebbe stato destinato al fallimento e alla miseria.
Oliver può salvarsi grazie ad un deus ex machina, ad una sorta di “mano di Dio” che permetterà al fanciullo quella salvezza che sennò non potrebbe mai compiersi per mano della comune giustizia. E l’autore Dickens (seguito a ruota senza tradimenti da Polanski), interviene a ristabilire un ordine che una società ingiusta non riesce a garantire.
Il fatto che Polanski si sia concentrato su Fagin, indiscussa figura principe dal fascino ambiguo, sembra insinuare l’idea che la mancanza di un’intervento da parte del destino romanzesco (come è avvenuto invece per Oliver), possa trasformare teneri bambini in reietti della società, in futuri Fagin, sfruttatori di un’infanzia che ad essi stessi fu un tempo sottratta da quella società che li ha resi tali a causa di tanta indifferenza e incomprensione.
Il perpetuamento di giustizia sommaria ha così come risvolto i tanti Bill Sikes, Nancy o Fagin.
Se il primo personaggio sembra senza speranze indurito, totalmente incattivito dalla vita, Nancy e Fagin sembrano percorsi talvolta, nella loro capacità di provare ANCORA pietà, da estemporanei fremiti di quello che furono un tempo: bambini. E da lì ecco la rappresentazione di un Fagin paradossalmente più “dignitoso” dei tanti Mr Bumble con le loro mazze e i loro ridicoli tricorni, che il regista non esita a rendere marginali, per dare spazio all’ebreo, alla pietà che esso suscita nel momento in cui vi si può scorgere l’immagine di quel bambino che anche esso fu.
Ben Kingsley dà vita alle ambiguità di Fagin, incurvatosi sotto il peso di una vita stentata, dal volto rugoso, sporco, coi denti ingialliti e consunti, apparendo, pur nella sua viscida presenza, immagine portatrice di un dolore di cui si sono ormai perse le antiche origini di probabile ex-vittima, ma di cui ancora si possono scorgere le traccie in quel suo sorriso scivoloso, in quella sua strana “affezione sfruttatrice” verso i suoi ragazzi, capace ancora di una risonanza nel dolore, a diferenza del compagno Sikes vittima ormai oltre che della società anche di se stesso.
Il film, unica pecca, non riesce a restituire a pieno l’intensità della scena finale nelle prigioni che nel libro si caricava della tensione del pubblico processo all’ebreo (ma nel film tagliata), e della successiva disperazione solitaria dell’ultima notte di Fagin, che nel romanzo acquistava una sorta di forza visionaria che nel film non riesce a prender forma, stemperata dalla scena del bimbo che cerca di redimere il vecchio con un’ultima preghiera al cielo. Eppure, cinematograficamente, la notte di Fagin me la sarei immaginata più dilatata, surreale, agitata da fantasmi mentali, lo spazio di solitaria resistenza disperata di un vecchio contro un destino metafisico a cui incosciamente si rivolta.
Il film segue lo svolgersi della storia con una certa freddezza mentre nel libro la forza del romanzesco riusciva a conferire ritmo, e il fiume di pagine a restituire, al susseguirsi serrato degli eventi, momenti di calma e d’analisi dei personaggi. Il rischio di riportare su pellicola romanzi così densi di eventi rischia sempre di far prevalere lo sforzo della ricostruzione storica e dei fatti sulle sfumature, sulle descrizioni psicologiche ecc.
L’intelligenza del regista è stata quella di essersi concentrato solo su una parte della storia e sul rapporto tra società e i suoi frutti, sul rapporto tra potenza e atto, tra un Oliver, bambino di strada salvato da un incontro risolutivo (NON più agnizione nel film) e Fagin, altro “bambino” di strada non redento dalla mano di alcun Dio-autore, vittima e assieme incarnazione di una società fatta di giustizia sbrigativa e istutuzioni dal volto disumano.
La pellicola riesce a restituire allo spettatore l’immaginario di una londra industriale, di una città sporca, viziosa, senza dare molto spazio alla dimensione più “borghese” del romanzo, (Bronwlow è appena una comparsa, ed è del tutto assente il personaggio di Rosa) volutamente tralasciata perché inutile all’inquietante rappresentazione di una società, apparentemente perbenista e pulita come quella vittoriana, ma dai risvolti tragici incarnati dalla grande figura dell’ebreo Fagin- Kingsley.


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Ultima risposta 09/11/2005 18.13.56
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Mavors84  @  29/10/2005 02:23:04
   6 / 10
... la sufficienza per il regista e basta!!! lo scrittore: un ciarlatano! (se aveva bisogno di qualche romanzo... gli potevo suggerire io qualcosa)

8 risposte al commento
Ultima risposta 09/11/2005 11.25.16
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JoJo  @  26/10/2005 23:49:22
   9 / 10
Il grande difetto dei romanzi di Dickens è l'eccessivo buonismo di fondo, l'incapacità prosistica che, da spunti potenzialmente ottimi, non riesce a scollarsi una patina di pietismo e patetismo che svilisce regolarmente il risultato. Sì, insomma, i vari David Copperfield e Oliver Twist, o anche il Canto di Natale, l'intera produzione narrativa di Dickens risulta essere una grande incompiuta.
Polanski, navigatissimo narratore che ha affrontato i generi più disparati, invece, la completezza nella realizzazione d'un'opera ha dimostrato più volte di possederla. Libero dai vincoli che costringevano Dickens, che i suoi romanzi li scriveva a puntate, a forzare spesso la mano per mantenere alta l'attenzione d'un pubblico che all'epoca nulla di meglio cercava della lacrima facile, Polanski si permette una sorta di fedele reinterpretazione della fonte. All'inizio il regista pare cascarci, sembra davvero riprodurre in maniera piatta e fedele l'opera nei suoi pregi e nei suoi difetti, ma poi la storia s'evolve, ed emergono nuovi pregi di cui l'originale difetta. Dickens scriveva libri potenzialmente devastanti per la loro tristezza, pregni d'un senso di disperazione opprimente che doveva colpire il lettore, ma che regolarmente mancava il bersaglio per il pietismo insistito che si trovava. Questo film invece a tratti diventa insostenibile allo sguardo, soffocante per la sua pesantezza, per la cappa che sovrasta lo spettatore opprimendolo per la consapevole ineluttabilità del destino del giovane orfanello. Ma andando oltre questa capacità narrativa che sa colpire forte, chiara e netta nella sua volutissima semplicità, tutto pare curato nei minimi dettagli.
Caso eccezionale, è ottima la prova di tutti i giovanissimi attori, non solo del protagonista, per non parlare poi d'un consumatissimo (in tutti i sensi) Ben Kingsley che rispolvera le interpretazioni dei tempi migliori, ma è perfetta anche la rappresentazione londinese, in tutta la sua sporcizia ed in tutti i suoi contrasti, che va oltre i fuligginosi stereotipi fino a permetter allo spettatore di toccar con mano il suo realismo.
Quest'Oliver Twist strabatte su tutta la linea il libro da cui è stato tratto, perché a differenza di Dickens Polanski riesce a trasmettere un senso fiabesco alla storia che le da' quel tocco in più, quella magia capace di smuovere una comunione di sentimento tra lo spettatore ed il protagonista.
Film magico.

80 risposte al commento
Ultima risposta 08/11/2005 02.47.04
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Gruppo COLLABORATORI martina74  @  25/10/2005 12:33:35
   7 / 10
Premetto che ho sempre odiato Dickens, soprattutto perchè, ostinandomi a leggerlo in lingua originale, combinavo la difficoltà di comprensione con le storie del suoi personaggi sfig.atissimi, rendendo tutto più drammatico. Insomma, quando masochisticamente iniziavo un suo romanzo, non vedevo l'ora che finisse.

Premesse a parte, Polanski confeziona un gioiellino cinematografico, immergendo la storia dell'orfano Oliver in un'ambientazione perfettamente costruita: le scenografie trasudano realismo, ma anche quel senso di oppressione e miseria che si respirano nel romanzo.
La recitazione degli attori è ottima: i bambini sono tutti bravissimi, in particolare il piccolo Barney Clark che interpreta un dolcissimo Oliver. Ben Kingsley è un perfetto Fagin, ributtante nell'aspetto, discutibile nella condotta di vita ma con un barlume di tenerezza per quelli che in fondo sono i suoi figliocci. Bravissimi anche gli altri caratteristi.

Tuttavia il film non manca di momenti noiosi e lascia una vaga sensazione di freddezza, che mi impedisce di dagli un voto migliore.

3 risposte al commento
Ultima risposta 25/10/2005 16.44.56
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Invia una mail all'autore del commento actorar  @  24/10/2005 15:01:22
   2 / 10
Non riesco a capire come mai tanti voti così alti ma rispetto il giudizio di ognuno....secondo me un film troppo lento e che racconta quasi fedelmente il libro eccezion fatta per l'inizio che non spiega come Oliver Twist sia diventato orfano e da che famiglia provenga( era figlio di una famiglia nobile) e alla fine non spiega che lui diventerà un grande scrittore...in pratica è l'autobiografia di Charles Dickens

1 risposta al commento
Ultima risposta 05/11/2005 00.26.04
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Ballpoint  @  22/10/2005 11:12:01
   6 / 10
Hanno già deciso di girare il.......seguito.
Si intitolerà "TWIST AGAIN"..............

3 risposte al commento
Ultima risposta 23/10/2005 12.15.34
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