Il commentatore televisivo di una grossa rete nazionale di Los Angeles, Howard Beale, stanco e sfiduciato, viene condannato all'eliminazione poichè l'indice di gradimento è sceso di troppo. Tuttavia, prima di congedarsi, senza preavviso ai colleghi e ai superiori, Beale annuncia il proprio suicidio davanti alla telecamera.
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VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Miglior attrice straniera (Faye Dunaway)
VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior regista (Sidney Lumet), Miglior sceneggiatura (Paddy Chayefsky), Miglior attore in un film drammatico (Peter Finch), Miglior attrice in un film drammatico (Faye Dunaway)
E' Peter Finch a detonizzare l'attenzione dello spettatore in questo (comunque) coraggioso pamphlet sulla coercizione del potere medianico. Memorabile soprattutto quando Howard Beale usa lo strumento del potere televisivo per invitare la gente ad alzarsi e urlare fuori dalle finestre "sono inc.... nero e tutto questo non lo sopporto piu'". Altrettanto incisivo, e nondimeno inquietante, è il monopolio giornalistico che, dati auditel in mano, capisce che puo' sfruttare la provocazione del protagonista in un successo di ascolti. Un film, francamente, troppo vibrante e necessario per essere davvero memorabile, ma quel che è certo è che ha lasciato qualcosa a tutti, ed è difficile restarne indifferenti