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Penso che questo sia uno dei punti più alti raggiunti dalla profonda innovazione del cinema giapponese degli anni 60. Il film di Kuroki Kazuo, al suo esordio come regista, presenta l'improbabile viaggio di una larva da Nagasaki (all'estremo sud del Giappone, se escludiamo Okinawa) fino all'Hokkaido, dove diventerà farfalla, per passare da Tokyo, Hiroshima, Kyoto, Osaka e addirittura Hong Kong. Ogni tappa è l'occasione per mostrarci un affresco del Giappone dell'epoca: il dramma degli hibakusha (i contaminati) di Hiroshima, i sensi di colpa e l'impossibilità di superare le terribili esperienze di guerra sperimentate nel sud-est asiatico, l'affermarsi di una società che sforna colletti bianchi alle prese con una routine noiosa, soffocante e priva di stimoli, e le contestazioni e gli scontri di piazza. Ma l'aspetto indubbiamente migliore di "Tobenai Chinmoku" è senza alcun dubbio la fotografia. Ogni inquadratura è davvero sublime, e va a costituire quasi un'opera d'arte a sé. Il film non fa altro che proporre in sequenza questi affreschi, queste suggestioni, questi momenti evocativi in un continuum mozzafiato che non può che deliziare gli occhi dello spettatore. Credo di non esagerare se dico che è il film giapponese con la fotografia più bella che abbia mai visto, con una ricercatezza e una cura davvero maniacali. Un film a mio avviso assolutamente da vedere.
Straordinario affresco in bianco e nero, girato alla perfezione e con immagini dal magnifico potenziale (su tutte il terribile, meraviglioso finale, da annoverare tra le scene più belle dell'intera settima arte), è una riflessione su vita e morte e sull'effimera incertezza dei rapporti umani, fotografando semplicemente attimi e rapporti destinati a finire e a ricominciare. Di una bellezza travolgente Mariko Kaga, top model giapponese degli anni '60, che qui -in un poco conciliante, ma affascinante silenzio- interpreta una donna metafora della farfala, simbolo ricorrente nell'intero film.
"Silence Has No Wings" è un film elegantissimo e dal fascino ipnotico, assolutamente da recuperare, complesso (in linea con molti film della nouvelle vague nipponica) e decisamente non per tutti (troppo complesso e criptico nello sviluppo), ma da vedere assolutamente per chi dal cinema si aspetta emozioni difficili da cancellare. E, visto che dopo quasi 45 anni dalla sua uscita, finalmente sono disponibili dei sottotitoli inglesi, mi sembra che non ci siano più scuse.