sole a catinelle (2013)

Al suo terzo film, Zalone sceglie una via comoda, diciamo all'acqua di rose, per affrontare certe tematiche sociali. Non c'è da stupirsi, però, se ricorda più Muccino che Pieraccioni. Non è un limite, ma rischia di esserlo. All'inizio sembra celebrare indirettamente il Sordi de "Il medico della mutua", poi pencola pericolosamente verso la commedia furbetta tipo padre s.f.i.g.a.t.o/ragazzino, fino a cercare una direzione più matura. Peccato per i siparietti canori, a volte imbarazzanti, perché il mondo dei vip in balìa di ipocrite serate di beneficenza è reso benissimo. Come del resto funziona questo mix di vecchio e nuovo, quel cauto ma non troppo ottimismo italico mentre affronta ogni sfida - e debito - pur di vivere comodamente.
Allegoria sui privilegi sbattuti in faccia in tempi di crisi, "Sole a catinelle" è meno compatto e convincente del precedente, regalando comunque momenti riusciti v. la parodia del comunismo - ehm sembra una Palombella rossa da box office - e lo sfottò del coming out per bocca di un bambino (per l'Italia è già molto).
Tra una canzone di Francois Hardy e uno smaccato meeting a Portofino, il finale gioca proprio sul disappunto di Zalone di non poter affrontare certi temi ad alto rischio per non perdere un pubblico affezionato più propenso a ridere che a pensare. Forse dovremmo spiegargli che la commedia all'italiana di una volta, di cui forse non sarà l'erede, sapeva far ridere pur essendo sarcastica, sardonica, satirica, insomma piuttosto fetente. "Sole a catinelle" dà l'impressione invece di un buon film mancato.
Ma è sicuramente più utile e realista del manierismo Chapliniano dell'ultimo Amelio, quando il sorriso di Albanese sì si spegne in bocca