BV (Ryan Gosling) è un musicista che cerca il successo con l'aiuto della compagna (Rooney Mara) e del suo produttore Cook (Michael Fassbender). Tra i tre si stabilisce un legame che va oltre il semplice rapporto professionale e che coinvolge presto anche la giovane cameriera Rhonda (Natalie Portman). Nasce così una relazione intima e passionale in continuo bilico tra amore e tradimento.
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Approcciarsi ad un film di Malick non è mai semplice e non solo perchè Malick è uno dei pochi che può dire di essere unico in ciò che fa, ma perchè ciò che fa non è facilmente digeribile da tutti. Non lo era il suo cinema più canonico come "La rabbia giovane" e "I giorni del cielo", tanto più non lo è la sua ultima produzione, in particolare da "The tree of life" in poi. "Song to song" non sfugge: Malick torna a raccontarci dei personaggi facendoli parlare 4 volte e utilizzando moltissimo (come da carriera) la voce fuori campo come "stream of consciousness": perchè i suoi personaggi sono spigolosi e pieni di cose non dette, come se Malick volesse farci entrare nella loro coscienza per raccontarci quello che è paradossalmente un film sull'angoscia, la paura e la difficoltà di amare con tutto se stesso. In tale altissima visione del cinema, le immagini svolgono un ruolo fondamentale e se anche posso capire che ritiene l'ultimo Malick ammorbante (io ho detestato "To the wonder"), nessuno può mettere in dubbio l'unicità poetica della immagini di Malick, che ha una capacità veramente unica di ricerca dell'immagine, coaudiuvato da un maestro della fotografia come Lubezki. Più di "Knight of cups", l'ultimo film di Malick ci porta in un mondo interno a personaggi che non vogliono essere raccondati, ma eviscerati dei loro pensieri. Un mondo ostico, ma straordinario.
Farà strano a molti, ma personalmente ho avuto uno "scatto" verso Malick quando vidi Knight of Cups. Venuto a conoscenza di un nuovo film da parte di questo eccezionale regista non potevo che sperare assomigliasse il più possibile al film con Christian Bale. Ebbene è così! Per me si è trattato ancora una volta di una goduria lunga 2 ore. Malick regala un altro spettacolo audio-visivo...ha certe invenzioni visive/di movimento davvero geniali (il personaggio in scena si muove in un certo modo, fa certe espressioni, etc).
Gli attori sono tutti in forma, a partire dallo straordinario trio Rooney Mara, Cate Blanchett e Natalie Portman. Per non parlare di uno scatenato Michael Fassbender. Malick permette agli attori di esprimersi e recitare come non è possibile in nessun altro film, "imprigionati" in personaggi e sceneggiature bloccate. Non è possibile vedere Fassbender in queste vesti in nessun film, neanche in un Bastardi Senza Gloria di Tarantino.
Tutti gli elementi che ho apprezzato in Knight of Cups sono presenti anche in Song to Song: i personaggi si guardano, si toccano, passeggiano insieme, stanno in silenzio, scherzano, si muovono nei vari ambienti e interagiscono con esso e con le persone. Insomma tutta quella serie di caratteristiche con cui nascono gli esseri umani (socialità, curiosità, espressione di sè per mezzo di comunicazioni verbali e ancora prima NON verbali) che sono magnificamente riportate nei film di Malick, a partire da un neonato (Tree of Life) fino agli adulti.
Il percorso di Malick dopo The Tree of life sembra essersi apparentemente appiattito. I suoi film sono quasi delle varizioni di uno stesso film ed anche questo Song to Song sembra farne parte. La scena musicale di Austin è lo sfondo per le storie di tre personaggi alla ricerca della loro dimensione, di uomo e di musicista. Al cospetto di un mondo tanto agognato quanto respingente nei suoi meccanismi, i personaggi si allontanano e si riavvcinano in maniera graduale. Un distacco formativo che li porta a nuove esperienze, nuovi o vecchi errori e maturità. Sicuramente il modo di girare di Malick piace molto agli attori. I momenti catturati dal regista sembrano più improvvisati che studiati, quasi che il regista voglia cercare quel momento particolare. Mi è piaciuto a tratti, ma non è Malick di una volta. Vorrei tanto sbagliarmi.
MI inserisco nel mezzo rispetto ai commenti precedenti. Diciamo che è un film tecnicamente valido,come tutti i film di Malick,con ottimi attori e una buona regia.Per riuscire ad apprezzarlo pienamente deve però piacervi lo stile di questo regista,dilatato,lento e introspettivo.
Song to Song, una delle opere più belle degli ultimi anni al cinema, elogio del vivere, del voler vivere, qualunque esperienza meglio di nessuna esperienza. È un circo inferno di dubbi e auto-manipolazioni della mente segregata fuor dall'anima, del come voler vivere liberi un'idea di libertà, del sesso, mezzo di degrado lirico per s\familiarizzarsi dalla prigione natale, e sesso, dicevo, poetrificato da Malick a forza di rintocchi di mani dietro le vetrate e pance accarezzate e schiene e colli svelati dietro capelli multicolori e lenzuola e capezzoli accennati e questo capolavoro è tutto un vivere di ammucchiata poetica, di canzone in canzone, di treccia in intreccio e tacchi e di neon umidi e pantaloni slacciati, e poi c'è la piscina, a pelo d'erba, e loro due, la scimmia malvagia posseduta da un dolore sordo e irragionevole di dollari e lacrime, e l'altro, e davanti un palcoscenico acqueo, quello del tutto in vendita, del tutto in caduta libera, del tutto, del dammi e avrai, dell'orgiastico capitalismo genitale dello spettacolo. E invece ami il dolore, tu, meraviglia errante senza pace, perché ti fa sentire viva, e allora sì, è strano sapere fino a cosa riesci ad abituarti, velocemente, che è la chiave dei passaggi di coppia, velocemente chiavi e velocemente mostri case chiavi in mano, scomparsa e comparsa e passeggera veloce, sintassi di funerali, le urla contorte dai parcheggi, la sintesi di pogarsi l'anima addosso in ogni rappresaglia del corpo (la scena iniziale, una magia polverosa di polpacci), e una meravigliosa Patti, santa guerrigliera dal cuore sdentato, e Iggy, capolavoro umano di nervi rock, e poi divani e letti sfatti e cuscinate e sorrisi e fiori strappati e Chiese e Texas, e la morte, quella dell'approssimarsi, la più venduta, la più temuta, quella di un genitore, il lungo perdono in prova che ha il suono muto dell'addio e del - ehi, è tutto diverso da come ce lo aspettavamo - e poi miracoli sull'intonaco e nell'erba, solletico, nocche che accarezzano porte, lacrime scendere sulle finestre, e redenzione, e qui Malick rallenta, sommo, l'ho capito meglio alla seconda missione cinematografica, giunto ad Ovest capovolge il nastro, ci ricorda che la fine è scritta nel principio, ci rammenta la violenza della poesia quando ti apre gli occhi, la necessità del tornare indietro (il Kaspar Hauser e tutto il resto di Herzog, Synecdoche NY di Kaufman e ancora Ratatouille della Pixar), e quindi rallenta Terry, nelle mani che si sporcano primordiali e sui pozzi e nel fango e accanto a torri che si stagliano nel cielo accecandoci di bellezza come bagliori metallurgici e poi, travalicando ogni oltre d'immagine - l'erba (autocitandosi), un inizio, un nuovo inizio sul finire del giorno al tramonto, sul finire dell'impero del male ecco il nuovo mondo: tornano le cose semplici e il film rallenta ancora, perché lei dice, finalmente - "più lenta - è una storia d'amore". E allora lo abbiamo capito lì Terrence, quel punto fermo, quel tornare a piedi, o a remi, sul fiume, senza più cadaveri al neon di nemici che abbiamo semplicemente dimenticato, quel calmarsi del realizzare e della misericordia e del suo averne bisogno, quel tornare al ritornare e al ricominciare daccapo, come un bambino, e del perdono di se stessi quando non fa più paura perdonarsi, con la lentezza dell'amore, perché se gli innamoramenti riempiono i posacenere del mondo, l'amore conosce il perdono, il nonostante tutto, il nonostante te, il nonostante me.