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Sofferenza,angoscia,sgomento,felicità,tristezza,amore nelle sue molteplici forme,speranza,terrore,indifferenza e freddezza. Queste sono le emozioni raccolte in questa pellicola di Ingmar Bergman. La felicità è un'emozione che la si può ricercare in svariati modi diversi,ma per quanto non vogliamo ammetterlo,essa non potrebbe esistere senza il dolore e la malinconia. Paradossalmente è sempre un'illusione;si è felici quando tutto ciò che ci angoscia sparisce o si affievolisce,così come la tristezza è alimentata quando tutto ciò che ci fa star bene si allontana da noi.....
La storia delle tre sorelle,Agnese,Karin e Maria è una discesa verso l'inferno...un'incubo che ha inizio dopo che la loro serenità(o apparente serenità in un mondo fittizio d'alta borghesia) viene a mancare a causa della terribile malattia che un giorno colpirà la sventurata Agnese.... Tuttavia il vero dramma non sta nella malattia di quest'ultima,essa è solo l'incipit,ma nelle conseguenze che ne nasceranno... Una crepa può rovinare irrimediabilmente un bellissimo vaso di ceramica;da quella crepa,per quanto piccola,il valore del vaso viene a mancare.... Non è solo Agnese ad essere colpita dalla malattia,ma tutte e tre le sorelle...
Karin diventa l'immagine sputata della freddezza;reprime i suoi sentimenti fino al midollo...la sua paura è famelica,la divora viva,e pur di non soffrire o di non accettare la terribile realtà che gli si pone davanti,decide di diventare un'automa autoritario,quasi inscalfibile,ma estremamente debole....il più debole,che si appoggia solo alla forza del suo ceto sociale....la più malata di tutte è senz'altro lei....
Poi abbiamo una Maria più sincera,che cerca invano di non perdere la sua umanità,la sua felicità...che cerca di affrontare il terribile dramma della loro vita con equilibrio e razionalita...che cerca di non rinunciare ai piaceri o ai peccati della vita;ma quella di Maria è una patetica maschera che non può ingannare chi gli sta vicino. Se si decide di continuare a vivere i propri sentimenti,non si può egoisticamente credere di assaporarne solo quelli positivi. Così tutta l'illusione in cui essa vive viene a crollare nel momento che la sofferenza e la morte le sfiorano il viso o gli sussurrano nell'orecchio....
Agnese è colei che vive la sofferenza fisica più atroce,ma è anche colei che non ha perso se stessa. La sua malattia gli permette di continuare a ricercare l'affetto delle sue sorelle;un affetto che ormai è offuscato dall'incredibile farsa che le mantiene in vita e non le fa impazzire.
Solo la badante Anna riuscirà a darle ancora un briciolo di amore;la badante Anna,che non avendo più una figlia a cui donare il suo seno,dimostra ancora la sua umanità ed umiltà nel modo più sincero....
Ho letto alcuni commenti,notando che molti sono stati colpiti dall'angoscia e dallo sconforto... Io ci ho visto solo freddezza e indifferenza...ma il mio sguardo era sempre rivolto ad Anna....
La più grande messa in scena della sofferenza su schermo, "semplicemente" questo è tanto altro ancora (ma non inscindibile dal dolore) è Sussurri e Grida. E ovviamente, un capolavoro. Ma tra i tanti di Bergman precedenti questo quasi sembra voler svettare, ritagliarsi una vita propria per la perfezione stilistica, tematica e recitativa delle quattro monumentali attrici. Con una fotografia di agghiacciante forza, con un colore rosso predominante su tutto, Bergman scava a fondo come suo solito nelle anime di quattro donne inquiete, dal passato e presente doloroso. Mette in scena l'incomunicabilità,la lotta alla vita, l'autoflagellazione, l'istinto di morte, di amore, di maternità tutta al femminile come nessun altro è riuscito a fare prima e dopo di lui. Gli interminabili silenzi sono interrotti dagli urli estremi di sofferenza di una Harriet Anderson trasfigurata nel simbolo della pena e della morte; dall'ottimismo solo apparentemente stoico di una sensualissima Liv Ullmann; dalla freddezza respingente di una statuaria Ingrid Thulin; e dalla dolcezza materna e amorevole della "serva" Kari Sylwan, che da vita ad una delle scene più belle e delicate della storia del cinema con quel suo porgere il seno ad una donna morente, seno di donna, di madre, di amica. Si arriva distrutti, completamente annientati al finale desolante che fa ripiombare nel silenzio di rapporti umani fatti di incomunicabilità, ricostruiti solo momentaneamente nella solidarietà (o paura) di fronte alla morte, ai sussurri e alle grida. Cosi vive, cosi pietrificate, è proprio davanti la morte annunciante di queste urla e sospiri che esce fuori il lato vivo della vicenda, positivo. Con un finale pietrificato indietro nel tempo.
Con uno spietato scavo psicologico, Bergman sviscera l’anima delle 4 protagoniste, rovistando nei loro pensieri, nei loro ricordi, fin dentro alle perversioni recondite dell’inconscio. Sceglie di rappresentare il film con toni rosso acceso (che lui intende colore dell’anima). Ma è un rosso che non scalda. Tutt’altro. I suoi gemiti, le sue urla e i suoi silenzi gelano il sangue. Lo si potrebbe definire un film sul dolore. Ma l’autore si spinge oltre. Vuole spiare la soglia dell’aldilà, vuole dare voce alla morte, la sente urlare. Poi lascia aperta una fessura di speranza: la pietà (la governante che si concede ad un abbraccio materno), concepita come sola ancora di redenzione.
Pensavo di averlo già votato all'inizio, beh meglio, perchè in tutto questo tempo ho avuto modo di apprezzarlo appieno e se all'inizio mi era piaciuto ma non smisuratamente oggi è uno dei miei appuntamenti fissi. Un film che è un capolavoro di emozioni, profondità e fotografia, anzi, forse gran parte merito del Nykvist fotografo. Non bisognerebbe mai lasciare nulla al caso, in un film ogni cosa ha un senso, una simbologia che non sempre siamo abituati a tener conto, ed ecco come un orologio sia "simbolo del tempo che passa", in questo caso tra la sofferenza, anch'esso rosso come gran parte della fotografia che tutti noi conosciamo. Tre colori principali, il rosso, il nero, ed il bianco..non ci sono sfumature, l'impatto è incredibile, fa male. Bergman come più volte ho detto, regista dell'anima, non ho visto ancora tutte le sue opere ma non mi stupirei questo fosse il suo più riuscito, il più fastidioso addirittura da seguire. Già fastidio, non nego che alcune sequenze faccia ancora e sempre fatica seguirle, una tra tutte quando Anna si presta da madre ad Agnese, porgendole il seno su una richiesta sofferente, non è una visione particolare questa la mia, non è superficiale ma si tratta di sensibilità. E quì Bergman tocca sul personale,come sempre, chi(..) come le sorelle ha una tendenza all'allontanamento dei problemi, non volendoli affrontare. La mancanza di una vera colonna sonora non fa altro che aumentare l'angoscia, chi guarda è costretto all'ascolto degli affanni, dei respiri, dei gemiti, contati con precisione da un ticchettìo di un orologio appunto che potrebbe andare, e questo è terrorizzante, avanti per un tempo a parvenza infinita. Ottima interpretazione di tutto il cast, Thulin ovviamente su tutti.
Ma possibile che Bergman abbia fatto solo film tristi e deprimenti ? In ogni sua opera si evince un grande interesse per la morte, che è spesso la protagonista e un pessimismo riguardo alla vita, che è un breve passaggio costituito solo di dolori e sofferenze. La piena espressione di questi ideali Bergman ce li presenta in Sussurri e grida, un film la cui visione è vivamente sconsigliata a tutti quelli che sono tristi di per sè. Vi giuro che tra grida, lamenti e quelle maledettissime pareti rosso vivo stavo per abbandonare l'impresa di guardarlo... Appunto per questa malinconia che trasmette e per la capacità del regista di servirsi opportunamente di colori e suoni, il film, se si dovesse valutare l'efficacia e l'impatto sul morale, meriterebbe 10. Ma comunque ripeto: troppo, troppo deprimente... quindi 7. Bergman ma perchè nella vita non pensavi anche un pò a divertirti ???
ero abituato a un altro Bergman, questo è molto più sofferente e cinico...e forse prediligo quello del Settimo Sigillo e Il Posto delle Fragole. è sconvolgente, Bergman è un maestro nel far provare una compassione per i suoi personaggi che non ha pari nel Cinema, il Suo è capace di ogni cosa, scavalcare l'indifferenza e colpire nelle nostre debolezze. forse per questo Sussurri e Grida è così indigeribile, perchè al posto di Karin, Agnese e Ann ci siamo noi, tutti i giorni, chiusi nel nostro egoismo (che è vera Incomunicabilità, non quella fantasiosa dei critici di Antonioni) che poi si proietta sui nostri volti...e quella scena con il medico e Bibi Andersson è MERAVIGLIOSA!! credo che l'unico personaggio dopo Agnese (una figura angelica, divinizzata) che sia guardato con occhio meno critico da Bergman è la serva. colori.
Wow! Che Filmone! Che dire? Si rasenta la perfezione! Bergman dà decisamente il meglio di sè in questa sofferente rappresentazione dell'universo femminile. In una villa del primo '900, immersa in un autunnale parco in quel di Stoccolma, quattro donne condividono la solennità del momento della morte di una di esse. Quattro personalità estremamente diverse tra di loro mettono in mostra una sontuosa galleria di emozioni e sensazioni, spesso contrastanti, di rarissima intensità, che alla fine lasciano lo spettatore totalmente disarmato, come in balia della volontà del regista. La perfetta e completa caratterizzazione delle protagoniste è tale da agevolare una totale immedesimazione con ognuna di esse. L'utilizzo del colore è semplicemente magistrale; nella fattispecie si rimane attoniti, allibiti, storditi, davanti al rosso intenso che tinge tendaggi, tapezzerie e pavimentazioni, avvolgendo ogni cosa di un pulsante e passionale patimento fisico. Copioso l'utilizzo del primo piano che ci costringe a fare i conti con l'agghiacciante espressività di volti maltrattati da turbinosi stati d'animo, frutto di anni di incomunicabilità ed alienanti conflitti, interiori ed interpersonali. Le sequenze memorabili non si contano. Curiosa anche la continuità con "Scene da un matrimonio", del quale si riprende l'ideale evoluzione del controverso rapporto tra Liv Ullmann ed Erland Josephson, che, pur nei panni di personaggi diversi, sembrano riprendere il discorso da dove si era interrotto nel precedente film. Gli attori si superano e fanno a gara a chi fornisce la prova più indimenticabile. Impagabile il finale, degno di cotanta arte ed ispirazione. Raramente l'appellativo di "capolavoro" dà la così netta sensazione di "andare stretto" ad un'opera di celluloide. Film di rara bellezza. Da non perdere per nessun motivo.
Uno dei capolavori più intimisti diretti dal maestro Ingrid Bergman. È dilaniante il modo in cui ci viene presentato il dolore, la sofferenza, non solo quella fisica ma soprattutto quella dell’anima, il cinismo, l’indifferenza, l’egoismo che sembra pervadere le sorelle della povera moribonda, compresa ed accolta (in senso materno) solo dalla propria governante ..è dilaniante come la corsa al capezzale rappresenti il momento attraverso il quale rimettere mano ai propri ricordi, scoprirsi così tremendamente incapaci di darsi affetto o sostegno in quei tragici momenti (il tema dell’incomunicabilità diventa quindi preponderante), nell’assistere come distaccati spettatori al gridato trapasso. Nel momento in cui ci si affaccia ai campi elisi la solitudine accompagna il cammino, ciò che ci resta poco prima del tragico addio sono i ricordi, la ricerca di un approdo sicuro cullati dalle braccia materne, questo si pone come l’ancora a cui aggrapparsi per scavalcare il portone che ci conduce alla “vita eterna” ..tutto questo sembra spaventare le protagoniste che, nel momento in cui l’anima sembra riaffiorare nel corpo ormai freddo della povera sorella, fuggono via, incapaci di dare l’ultimo vero atto d’amore, l’ultimo vero conforto che Agnese avrebbe meritato. La contrapposizione, o se vogliamo la vicinanza, delle figure femminili (caratterizzate magistralmente in questa pellicola), la superba fotografia purpurea (l’unico colore che possa rappresentare l’anima), la freddezza degli ambienti sono elementi che riaffermano la indiscutibile maestria stilistica del grande regista svedese ..con esso la grande prova degli interpreti, scavate nei volti in cui traspare ogni possibile sentimento umano (superbia, aridità, compassione). Pellicola fortemente simbolica e dall’indubbio impatto emotivo ..capolavoro!
Straordinario, angosciante, doloroso viaggio all'interno dell'animo umano descritto qui attraverso il rapporto di due sorelle nei confronti di una terza gravemente ammalata. Il tema del dolore, della sofferenza, della morte ricorre sovente nei film ( capolavori ) di Bergman, ma in Sussurri e Grida si manifesta cosi' potente da far venire il groppo alla gola. Ho provato la stessa angosciosa sensazione quando ho letto il romanzo breve " La morte di Ivan Il'ic" " di Tolstoj, la stessa freddezza ed indifferenza di fronte alla sofferenza del proprio caro che si impossessa dei personaggi intorno ad Ivan Il'ic", si impossessa delle sorelle di Agnese, che non provano pietà nemmeno quando la sorella ( la propria coscienza? ) le invoca composta sul letto di morte. Strepitosa interpretazione delle quattro attrici ( a mio parere sopra a tutte l'attrice che interpreta la governante Anna, di un'espressività unica ) . Stupenda la scena del dottore-amante che descrive il volto di Maria ( Ingrid T Hulin ) di fronte allo specchio. Siamo lontani un milione di anni luce da film che vincono gli oscar per gli effetti speciali da 2 miliardi di dollari ma vuoti di contenuto, non mi dispiace.
parole di agnese che, nella visione di bergman, sembrano voler dare continuità al ciclo umano della vita, un ciclo che per la sua stessa natura terrena, a prescindere quindi dal credo che si abbraccia, non può che trovare la sua naturale interruzione nella morte, la conclusione della vita materiale. è curiosa questa idea che il dialogo sembra suggerire, perchè in netto contrasto con le vicende che prendono corpo nella pellicola. in questa infatti molte situazioni, come il discorso del prete immediatamente successivo allo spirare di agnese, sembrano quasi abbracciare la morte come una spiaggia agognata, un liberarsi dei fardelli che il quotidiano e il materiale non fanno altro che serbare... sembra che il trapasso sia l'unico e ultimo sollievo di cui la persona va in cerca per tutto l'arco della sua vita. e anche la tanto citata mutilazione col vetro, la 'castrazione femminile', sembra deporre in questo senso; nel senso della negazione stessa della vita, della mancata volizione di una progenie che abbia a subire la stessa deriva cui sono in preda i protagonisti di 'sussurri e grida'. quindi perchè questo scontro fra due idee così opposte nella stessa opera? forse per un singolo attimo, il momento in cui il muto dialogo fra maria e karin sembra riavvicinare le due sorelle, quasi a significare che in fondo la morte di agnese, il chiudersi del cerchio, una nota positiva l'abbia in fondo portata, la loro ri-unione. sicuro? per niente, perchè la convocazione delle sorelle ad opera della defunta agnese non fa che rivelare la vera natura abbietta della loro indole, e la conclusione del film prosegue su questa falsariga e lascia insoluti (o, meglio, negati) i dubbi riguardo ad una conclusione positiva, alla fine di un ciclo che ne apre un altro. uno dei pochissimi film per cui ho versato una lacrima, ma era impossibile trattenersi in questo oceano di sofferenza...
Sussurri e grida è uno dei film più belli di Bergman. Come scritto in altri commenti è un film che può davvero farti cadere in un senso di malessere psichico da far rabbrividire. E' un film che semplicemente parla della morte di una persona, che ci mette in contatto in un modo così realistico con quelle sensazioni che avverti quando perdi qualcuno, quella sensazione che dovrebbe essere di pietà ma che spesso vedo essere sopraffatta dalla paura e da una sorta di vergogna. E' un film che non dimenticherò mai.
p.s. so che non è parte del commento, ma non conosco come funziona filmscoop però credo ci sia l'opportunità di inviare e ricevere e-mail da altri utenti. Ho avuto problemi con la mia posta tanto da dovermi riscrivere al sito con un nuovo nome.Avevo però ricevuto una e-mail e dalle proprietà ho interpretato (non vorrei sbagliare ma il rischio è concreto perchè semplicemente sono negatissima tanto da mandare in tilt tutto quel che tocco) che la e-mail era di Crimson. Era questo l'unico modo di saperlo perchè so che Crimson non si perde un commento su Bergman. Ti chiedo di rinviarmi la e-mail al mio nuovo indirizzo. Ciao a tutti i Bergmaniani e si prega di non far mai entrare i film di Bergman nella top25 altrimenti si ripetono i voti inopportuni (6 e addirittura 3) del Settimo Sigillo e del Posto delle fragole. Grazie e scusate dell'intrusione poco attinente al commento (anche se spero che il commento al film sia condiviso da qualcuno).
Forse il punto più alto toccato dal Maestro, di una crudezza esagerata eppure con picchi di lirismo ugualmente impensabili. Lancinante, disorientante, spiazzante, sconcertante, agghiacciante, emozionante, disturbante; questo film è un pò di tutto freddezza ed emotività estrema... Profondo.