Gli anni d'oro dell'eccentrico miliardario Howard Hughes, industriale, produttore, regista, progettista e aviatore, ma ancora più celebre per i suoi amori per le dive più belle e famose dell'epoca.
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VINCITORE DI 5 PREMI OSCAR: Miglior attrice non protagonista (Cate Blanchett), Migliore fotografia, Migliori costumi, Migliore scenografia, Miglior montaggio
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film drammatico, Miglior attore in un film drammatico (Leonardo DiCaprio), Miglior colonna sonora (Howard Shore)
(le mie mani possono creare tutto questo/il prezzo del futuro) Biopic atemporale e tridimensionale: Scorsese ha distrutto in questo modo l'archetipo mitizzato delle grandi figure del xx secolo, mostrandoci quanto il vuoto di oggi sia già nell'infinita iconoclastia di allora. Non si può capire o apprezzare un film del genere senza entrare almeno un pò nelle vesti del personaggio, e del resto solo ora - dopo molti anni - il cinema recupera il ritratto come forma di necessità storico-sociale. Hughes è modernissimo, il germe che ha seminato diversi mostri di oggi, giganti finanziati dalle banche di mezzo mondo - anche un certo presidente del consiglio, ehm - capaci di mettere in ginocchio il sistema economico proprio partendo dall'infallibilità individuale del proprio sogno. Ma c'è anche di più: il prezzo del futuro si paga, evidentemente, e vittime dello stesso sistema non sono certo meno migliaia di occidentali che hanno vissuto e continuano a vivere - indipendentemente dalle loro ambizioni più o meno celate - al di sopra delle proprie possibilità. Gente attratta dalla cultura economico-sociale di una strana lobby di potere. Non si svegliano pensando a Hughes o a Bill Gates, ma desiderano vivere come loro. Sogno, invenzione, volo: il cinema è viatico per la propria propaganda /immagine, è mezzo da collaudare e successivamente distruggere. Hughes desidera forme auliche anche per le star, si presenta davanti a un codice Hays (quello della censura cinematografica degli anni trenta e quaranta) turbato più dalle protuberanze generose di Jane Russell che dal ben più evidente intreccio omosex di "il mio corpo ti scalderà" (il primo e fra i pochi western gay della storia). Guardando il film, nasce e muore il sogno americano vigente, ma soprattutto implode, desiste, tutta la sollecitudine di un'ambizione suprema, tutto lo smacco di un delirio d'onnipotenza che più è Divinizzato meno teme il confronto con la Creazione si avvicina pertanto a una scientificità insondabile, tranne per le rare concessioni secolari dell'evento, ossigeno e idrogeno, combinazioni (apparentemente) inconciliabili. Ma ciò che affascina di Hughes potrebbe essere: A) ED WOOD - Nel gioco tra megalomania e trash, il sogno prefissato resta lo stesso (l'ambizione rispecchia due lati della stessa medaglia: il liberismo sfrenato e il socialismo utopico) B) Il professor Nash di A BEAUTIFUL MIND: l'homus, il genio multiforme ossessionato dai codici come l'Hughes dalle immagini - Icaro che spicca il volo verso l'impossibile ma teme "di giocarsi il cervello" e la mano che diventa ossessione igienista ai limiti della follia, come i numeri del codificato Nash C) DOCK OCK di SPIDERMAN II - Combinando una fusione energetica senza precedenti, il Mostro si autodistrugge (diventando alchimia di se stesso) D) CITIZEN KANE (o William Randolph Hearst) Il potere, suggerisce Welles, logora chi ce l'ha Hughes è l'uomo che smonta, rimonta, revisiona, collauda: splendidamente nudo davanti alla sublimazione passiva della sua arte, solo con se stesso, l'artista descrive l'impotenza del momento, o il declino del futuro prossimo L'uomo che rinasce dalle ceneri come la fenice, che muore più volte e sempre verrà salvato, che non è più neanche vita ma icona, e affronta con sprezzante cinismo una commissione d'indagine vagamente maccartista, finendo con l'ennesima sfida da vincere L'uomo che aveva un sogno e l'ha realizzato. Il rivoluzionario che non vuole conoscere i propri limiti ma dentro di sè è affetto da una grave forma paranoica, l'orrore per la folla non è esattamente l'oltranzismo reazionario (per l'epoca), borghese-socialista di Katherine Hepburn, pasionaria e anticonformista anti-star L'uomo che brucia le vesti, in un'abluzione igienica, e torna al mondo con le insostituibili scarpe da tennis, è già un'altro Hughes ma è sempre lo stesso in verità L'uomo che - come Scorsese- affronta l'innocenza del cinema nel suo massimo delirio tecnico, e rischia di suo, il vertice (come i piani sequenza più volte reintrodotti à la quarto potere - come il fuoco che logora da lontano un'immagine che è repertorio e al tempo stesso verità e ancora bugia - cfr. Casinò, Goodfellas) di rara bellezza e implacabile freddezza. Verboso nella seconda parte, ma capace di esigere l'esaltazione massima - richiesta assai sofferta per un pubblico che stenta a iniettarsi identità altrui - del personaggio. E' possibile che la rivoluzione possa essere preda del conformismo vigente? Eppure a tratti si direbbe di sì. Su molto dell'Hughes eterno (sopravvissuto, morto vivente, decaduto, larvato) non si dice nulla, ed è meglio così. Sarebbe una successiva inquietudine quella che Scorsese coglie abbozza nel suo psicodramma biografico: non sapremo di Lee Oswals e dell'indiretta relazione con l'omicidio Kennedy, nè del finanziamento a Nixon per la guerra in Vietnam, nè del nome Hughes che emerge astrattamente tra gli archivi proibiti del watergate. Sarebbe troppo: sarebbe spogliare (per poi rivestire di qualche polemica presto sedata) gli Usa dalla loro ambiguità collaterale, da questa cruciale e dolorosa ricerca di democrazia. E allora tanto vale riaprire gli occhi al cielo, possedere l'istante - bellissimo - in cui Hughes-Di Caprio vola sopra ogni cosa, l'ocd e la pazzia, l'urina sterile e Ava Gardner, l'fbi e la seconda guerra mondiale dopo l'antitetico new deal di roosevelt, con l'aereo più grande del mondo, oltre le ossessioni, la fama, la rko e il disprezzo per i limiti dell'uomo. Il prezzo del futuro, appunto