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Ho scoperto questo film per caso, cercando i commenti per il The Boy con Lauren Cohan. Regista sconosciuto ma interpreti meritevoli, incipt intrigante e malato, mi ci sono fiondato alla visione. La prima impressione: sembrava di vedere il passato di Norman Bates, e forse è il caso di dire che è così volutamente. Si percepisce subito il senso di deviazione, desolazione e putrefazione, sia fisica che interiore. Ma i pregi finiscono qua. E' tutto prevedibile dopo già 15 minuti, la lunghezza si fa sentire e annoia. La descrizione della mente sociopatica del bambino convince a metà perché non cattura l'interesse e finisce per diventare una banale esplosione di follia.
Il film ha il difetto di dilungarsi troppo a tratti e questo fa calare inevitabilmente il ritmo del film;film che nonostante tutto ha un suo perchè e può meritare una visione.
Il ragazzo dal cervello frammentato, diviso, scomposto. Ogni stanza un teatro a tinte forti. Briciole lungo il sentiero, miele per orsi, bottino ad inganno. Un piano senza progetto, unico scopo è chi se n'è andato...uomo preferito, terra di arance. Piccolo gestore dal copione a memoria. All'improvviso uno schianto, amico di soggiorno, nero di fumo nell'anima. Chi passa lascia gli scarti dietro di se...il desiderio, cose preziose, finite col sangue in una buca. Carezza invidiata, punita in un gioco perdonato e ricerca...taglio per legare a se. Un altro addio...regole dell'impero dettate, inutile ed assente, nel ballo spostato nei numeri ricattati, Finestra curiosa, respiro costato ubriaca ira e ciò che diventa tempesta che spalanca ogni porta. Rito di guerra, polvere e corna. Uno scatto senza scampo, senza affetti. Freddo nel fuoco che distrugge, biglietto per la terra del sole e di un abbraccio sul grembo.
Ted ha 9 anni e vive col padre in una zona montana isolata. Gestiscono un motel che ha vissuto tempi migliori, i clienti sono sempre più rari e la mancanza di soldi si fa sentire eccome. La madre è fuggita in Florida, e per Ted raggiungerla, sottrarsi a quell'emarginazione e dall'apatia paterna, diventa un'esigenza naturale ed ossessiva. Basti pensare che gli sporadici viaggiatori in cerca di riposo e ristoro sono immediatamente vittima delle attenzioni morbose del ragazzino, il quale cerca un surrogato di famiglia in quei volti sconosciuti, nella speranza di ottenere attenzioni, affetto, ma anche solo una fugace compagnia. Il cielo plumbeo e la nebbiolina penetrante rendono il luogo ancora più malinconico, quasi minaccioso, perso nel nulla geografico in cui Ted comincia a progettare un piano deviato dopo aver ingoiato l'ennesima delusione. La ferocia di cui si fa carico sembra non essere gratuita, bensì fomentata da semplici bisogni umani. Non è un serial killer, solo un ragazzino sveglio che gli eventi hanno costretto ad agire in modo radicale. "The boy" fin da subito alimenta il seme della degenerazione, ma solo col passare dei minuti si comprende dove voglia spingersi il protagonista pur di scampare a quella prigionia esistenziale. Lo script è molto equilibrato in questo senso, genera dubbi ma non li dissipa alla chetichella. L'azione è sempre ben giustificata da una summa di eventi che spingono verso l'inevitabile esplosione di follia. La pellicola soffre qualche lungaggine, sembra guardare con troppa insistenza al disagio già visto in "Gummo" o "Ratcatcher" senza però raggiungerne la durezza, al tempo stesso alcune forzature sono troppo evidenti (l'assenza del padre durante la festa dei neo-diplomati, tanto per dire). Il lavoro di Macneill è comunque convincente nella definizione di un quadro sociale distorto, ma anche vicino al mondo infantile e di conseguenza delicato, in grado di disturbare senza eccedere con immagini shockanti o troppo calcolate sino a giungere artificiose. Il senso d'angoscia si percepisce poderoso, e cresce anche la pietà verso un bimbo in fin dei conti senza colpe; non sono la noia o la follia a farlo scivolare in un limbo oscuro. E' l'abbandono con relativo bisogno di amore a tramutarlo in un "mostro", e ciò è ancora più crudele.