the dead - gente di dublino regia di John Huston USA 1987
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the dead - gente di dublino (1987)

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locandina del film THE DEAD - GENTE DI DUBLINO

Titolo Originale: THE DEAD

RegiaJohn Huston

InterpretiDan O'Herlihy, Anjelica Huston, Donal McCann

Durata: h 1.22
NazionalitàUSA 1987
Generedrammatico
Tratto dal libro "Gente di Dublino" di James Joyce
Al cinema nell'Aprile 1987

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Trama del film The dead - gente di dublino

Come il racconto di James Joyce da cui è tratto, è una storia di grande semplicità: una festa post-natalizia nell'Irlanda del 1904, con amici della buona società di Dublino riuniti tra canti, oche arrosto e discorsetti, che si conclude con una inaspettata rivelazione.

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Voto Visitatori:   8,56 / 10 (17 voti)8,56Grafico
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Voti e commenti su The dead - gente di dublino, 17 opinioni inserite

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Strix  @  06/07/2017 02:17:28
   5½ / 10
Quoto Zarco, film sopravvalutato.

Condivido tutto ciò che di profondo si dice sull'opera di Joyce (l'ho anche studiata all'università), ma il film preso a sè non dice praticamente nulla (ammenochè non si abbia una minima conoscenza del racconto da cui è tratto).

Un film deve essere in grado di reggersi sulle proprie gambe, costruito con il linguaggio cinematografico, non col linguaggio dello scrittore: lo spettatore non dev'essere costretto ad avere il libro aperto durante la visione, per capire cosa stia succedendo esattamente.

In parole povere, qui si fallisce non nella messa in scena, ma nel processo di adattamento.

Zarco  @  08/12/2016 06:54:30
   7 / 10
Un bel film certamente, ma le votazioni cosi alte mi sorprendono. Mi pare una sopravvalutatazione. Non può risolversi tutto nelle poche parole della riflessione finale, belle, profonde, ispiratrici, ma che però, diciamocelo francamente, non sono nulla di straordinario, chiunque con un minimo di sensibilità le ha pensate nella propria vita. Il resto del film è gradevole ma ci sono anche momenti di lentezza. Un ottimo scorcio di società irlandese dell'epoca, ma non un capolavoro.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  19/02/2014 18:34:39
   8½ / 10
Il vecchio Huston porta sullo schermo il giovane Joyce e il risultato è più che ottimo.
Sembra non succedere nulla, ma succede tutto. Estrema fedeltà al testo originale senza però essere didascalico.

Vlad Utosh  @  15/12/2013 02:10:43
   9 / 10
Un velo di malinconia caratterizza tutto il film di Huston(tratto da un racconto di Joyce) e sfocia in un finale carico di riflessioni. Già durante la cena, in apparenza allegra e spensierata, il gruppo di parenti e amici uniti per trascorrere l'epifania si lascia rapire dai ricordi, così dolci e così amari, perché ti rammentano che il tempo passa e certe emozioni forse non torneranno più.
Gli attori teatrali esibiscono una splendida interpretazione, brava Cathleen Delany (zia Giulia) mentre canta "ornata per le nozze" con quella sua espressione.
Il monologo finale di Gabriel è di quelli che lasciano un segno indelebile; trascende la sola crisi di coppia e volge i pensieri verso l'ineluttabile fine che ci aspetta(ombra fra le ombre) e che non risparmierà nemmeno questo apparente solido mondo.
Cade la neve e mi chiedo cosa resterà del nostro passaggio, delle nostre preoccupazioni, di fronte all'eternità e al probabile oblio della morte entropica.

DarkRareMirko  @  23/05/2013 20:30:10
   9 / 10
Splendido congedo di un grandissimo artista, con un film elegantissimo e pieno di stile.

Padre e figlia assieme in un film che segue bene l'opera di Joyce dal quale è tratto, incantando e conquistando.

Non gira troppo ed è un peccato; sublime cinema di alto livello.

Invia una mail all'autore del commento luca986  @  29/12/2012 20:20:45
   6½ / 10
Mi spiace, forse avevo aspettative troppo alte. E devo essere sincero, mi aspettavo molto di più. Speriamo nel prossimo di Huston che vedrò

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  26/06/2012 15:16:41
   9 / 10
Guardare sempre indietro, ad un passato di ricordi, di occasioni mancate che ti tengono prigioniero in un presente vuoto e un futuro evanescente. Sono piccoli aneddoti che costellano The Dead, ma che si insinuano in maniera molto sottile e raffinata nell'anima dei personaggi fino a corroderla. Un quieto vivere fatto di nulla, che come sottilinea Huston rende il passato una gabbia, perchè non c'è un orizzonte cui proiettarsi in avanti se non la certezza della morte ed è proprio per questo che i protagonisti sono già morti spiritualmente.
L'ultimo commovente capolavoro di un grandissimo regista.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Egobrain  @  05/02/2012 23:47:24
   8 / 10
Non era facile fare un buon film su un opera di Joyce ma direi che John Huston è andato oltre le aspettative realizzando una pellicola sontuosa.

Huston riprendendo l'ultimo racconto di Dubliners ne fa una trasposizione sublime ricca di tutti gli elementi che hanno caratterizzato la produzione di Joyce,dalla paralysis sociale al risveglio interiore di un "morto".

trickortreat  @  02/05/2011 20:10:57
   8½ / 10
Bellissimo come il racconto, il monologo finale è semplicemente perfetto, malinconico e realista come deve essere.

dobel  @  26/08/2009 11:29:18
   10 / 10
Non siamo altro che piccoli frammenti nell'eternità. La nostra danza su questa terra (anch'essa un piccolo frammento nell'eternità) dura così poco... e le diamo tanta importanza...! Un film che lascia senza fiato... una riflessione sulla transitorietà delle cose e delle persone. Solo un grande spirito in punto di morte poteva realizzarlo, e benché si tratti di una trasposizione (magnifica) di un racconto di Joyce, vive di una vita artistica autonoma in virtù della capacità del regista di nascondersi completamente. Non solo un capolavoro cinematografico ma un'esperienza di vita. Si lascia solo contemplare.

Crimson  @  26/01/2009 00:36:51
   9 / 10
"I think he died for me"

'The Dead' è il racconto che preferisco dei 'Dubliners', contiene tra le pagine più intense che io abbia mai letto e alcuni tra gli artifici letterari più folgoranti del '900. Il film di Huston non solo ne è una fedele trasposizione narrativa (fatta eccezione per qualche punto: penso ad esempio al racconto circa il nonno e del cavallo Johnny che Gabriel fa a Gretta davanti alle zie nel racconto, sulla carrozza da solo con lei nel film), ma anche del senso e della magia di alcune sequenze.
Una delle mie scene preferite del racconto (finale a parte, ovviamente), è quella in cui Gretta rimane immobile sulle scale ad ascoltare quella vecchia canzone. Anjelica Huston è stupefacente nel comunicare tutto ciò che possiamo solo immaginare attraverso quei lineamenti severi che dipingono la sofferenza di un ricordo. La potenza di una scena di un minuto, capace perfino di trasmettere ciò che passa nella mente di Gabriel (e che nel racconto ovviamente viene descritto).
Straordinaria la parte finale, tradotta come meglio non poteva essere. E' il canto del cigno di uno dei più grandi registi del secolo scorso, con una semplicità che lascia esterrefatti. Bastano un'impostazione teatrale e pochi mezzi, in mani sapienti, a evocare quasi le stesse emozioni di pagine così evocative.
A scuola ho vissuto questo film come una sorta di imposizione, perciò mi sento solo di dare un consiglio se qualcuno di voi leggesse queste righe in concomitanza di una visione siffatta: date in futuro una possibilità di rilettura delle chiavi di riflessione (esistenziali, a mio modesto avviso) nascoste nel racconto e nel film, e per ora se non ne siete capaci, lasciatevi prendere anche solo dall'atmosfera che entrambi sono capaci di generare. Non rifuggite la malinconia nè il vorticoso senso di dispersione che esprimono.
Perchè la riflessione di Joyce, conservata (quasi) nel suo pieno fascino dal film di Huston, assurge ad una dimensione di carattere esistenziale?
Un segreto, trovo oggi, è di andare al di là di una lettura di crisi coniugale, della mera critica borghese, di guardare Gabriel sotto un'ottica 'negativa' e Gretta 'positiva', di andare al di là del senso di colpa di Gabriel per l'evanescenza della propria identità (nonostante tutto qualcuno è morto per lei, mentre lui non ha fatto che coltivare il proprio ego), di andare al di là di una 'semplice' questione di presa di coscienza del rapporto io/mondo.
Al contrario ciò che mi resta oggi è la consapevolezza che un ricordo, rievocato in tutto il suo dolore pulsante, per mezzo di un Narratore e di un Ascoltatore si è elevato a verità. La condivisione ci permette di aprire improvvisamente la porta di un'altra identità e di ripristinare con essa il senso di giustizia che si cela dietro il reale valore delle cose.
Niente più veli e maschere, solo compartecipazione davanti ad una condizione che si erge al di sopra di tutto, e che accomuna tutti, viventi e non.

"I had watched the snow. All day. Falling.
It never lets up. All day falling.
I lifted my voice and wept out loud (So this is life?)"
(A.S.)

2 risposte al commento
Ultima risposta 26/01/2009 20.57.23
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The Monia 84  @  04/01/2009 20:35:28
   9 / 10
Una trasposizione esemplare dalla letteratura al film. Difficile trovare qualche mancanza, trascuratezza, sottovalutazione nel riportare la lettera e il significato del racconto di Joyce con lo stesso titolo (I morti, in italiano, dalla raccolta Gente di Dublino). Si direbbe una esecuzione sotto dettatura. Eppure non c'è mai il senso dell'approccio letterario o intellettuale.

xxxgabryxxx0840  @  22/07/2008 12:36:01
   8 / 10
Film non per tutti, diretto da un John Huston in punto di morte. La morte, che in questo caso regala uno dei finali più meravigliosi e intensi del cinema. Una pellicola che sposa alla perfezione letteratura e teatro. Non lo ritengo comunque un capolavoro, ma senz'altro un grandissimo film!!

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  12/12/2007 16:33:45
   10 / 10
Un incanto! E' il 1907 quando lo scrittore Irlandese James Joyce a soli 25 anni scrive l'opera "Gente di Dublino", all'interno della quale prendono vita 15 racconti brevi dei quali l'ultimo, il più famoso, "I morti" contiene 10 pagine tra le più belle cui mi sia mai stato dato di leggere, quelle che chiudono il racconto. E' il 1987 quando il regista Statunitense John Huston all'età di 80 anni ormai gravemente malato, dirige il film "Gente di Dublino" tratto dall'omonimo libro e ne estrapola proprio l'ltimo racconto "The Dead" della durata di poco più di un'ora, e mi regala 10 minuti tra i più belli cui mi sia stato da assistere, quelli che chiudono il film. Straordinario adattamento dalla letteratura al cinema, fedele in tutte le sue parti, sia nei ristretti spazi interni che nella continuità dei dialoghi contestualmente teatrali, il film sembra indirizzato proprio ai lettori di testi letterari curiosi, all'uscita di un film che ne realizza l'adattamento, di vedere quanto la pellicola può reggere il confronto con il libro, questo è almeno quello che è successo a me. Lo spettatore mediante il punto di vista del protagonista Gabriel Conroy entra nella coscienza di tutti i personaggi che ruotano intorno a lui facendo cadere le maschere della solitudine tipiche della piccola borghesia meravigliosamente descritta in quel piccolo universo che è la casa della sorelle kate e Julia Morkan e della loro nipote Mary Jane dove si svolge l'intera vicenda. Come non rimanere incantati di fronte alla scena dello stupore sul volto di Gabriel quando vede la moglie Gretta commuoversi al suono di una triste canzone Irlandese intonata da un tenore ospite della casa, come non venire rapiti dalla straordinaria bellezza delle riflessioni di gabriel mentre guarda fuori la finestra la neve cadere, dopo il disperato racconto della moglie. ".....e l'anima gli si velava a poco a poco mentre ascoltava la neve che calava lieve su tutto l'universo, che calava lieve, come a segnare la loro ultima ora, su tutti i vivi e i morti". Per quanto riguarda la visione mi arrogo la presunzione di dare un consiglio a chi volesse vedere quest'opera per la prima volta e non ha mai letto il libro; guardatevi il film, poi leggete il racconto dal libro di Joyce e poi godetevi di nuovo il film, non lo dimenticherete più.

Invia una mail all'autore del commento signor_kappa  @  06/03/2007 17:10:44
   10 / 10
Quando esce un film tratto da un'opera letteraria importante ci si chiede sempre se reggerà il confronto. In questo caso la sfida di Huston stava nel riportare inalterata la presa di coscienza da parte dei personaggi, artificio letterario tipico del primo Joyce e presente già nelle opere di Ibsen. Come nel racconto, il film sceglie di prendere una strada tra le tante possibili: la presa di coscienza è comune, durante lo svolgersi dei fatti, più o meno in tutti i personaggi, ora accentuata ora no; un amore passato, una persona scomparsa, un mito dell'arte che ci aveva destato emozione. E che rivela la presenza di un potente strato inconscio purtroppo quasi sempre da reprimere, almeno secondo i canoni dell'educazione borghese. La strada che l'opera sceglie di approfondire è quella di Gabriel e Greta, ma poteva essere quella delle sorelle Morgan, del preside Brown o dell'ubriacone Freddy. Partendo dal banale fatto che nelle cene mondane c'è quasi sempre un momento riservato ai morti, il film, come il racconto, esplode in una lacerante constatazione sulla caducità del tutto, come se solo la morte fosse l'unica verità. Un "Fascino discreto della borghesia" al contrario, senza alcuna tensione polemica, visto la tragedia che tutti ci unisce. "Che misera parte ho avuto nella tua vita, Greta?" dice Gabriel sul finale. Certo la parte di Huston nel cinema è un po' meglio che misera. Un grande addio, una grande commedia umana.

davil  @  05/03/2007 20:36:23
   9 / 10
ha detto bene kovalsky, il film è bellissimo.
forse è addirittura il mio preferito di john huston

1 risposta al commento
Ultima risposta 05/03/2007 20.36.57
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  18/08/2006 22:56:48
   9½ / 10
L'ultimo film di Huston non poteva essere migliore: un'addio alle scene di sconvolgente bellezza, degno di appartenere qualitativamente ai grandi capolavori del regista degli anni 40 e 50.
Chi ha avuto la fortuna di addentrarsi nelle pagine (spirali) del bellissimo testo di Joyce, e soprattutto si è soffermato sull'episodio di "the dead", saprà quanto sia apparentemente inconciliabile il mondo di flashback e suggestioni mentali evocati da Joyce e il cinema.
Anche per questo la prova, sorretta da una grandissima A. Huston e da una galleria formidabile di attori celebri del teatro inglese, è doppiamente superata. e racconta con squisita maniacalità e decadenza lo spettro intollerabile di una crisi coniugale (proprio come il ben piu' contemporaneo, post-moderno Schnitzler nel suo "doppio sogno").
Certamente non un film per tutti (chi prova allergia per il teatro filmato è meglio che ne stia alla larga) ma nel complesso una prova magistrale come poche altre nel genere, e un (raro) esempio di matrimonio riuscito tra cinema e letteratura

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Ultima risposta 06/03/2007 21.07.59
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