un angelo alla mia tavola regia di Jane Campion Nuova Zelanda 1990
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un angelo alla mia tavola (1990)

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locandina del film UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA

Titolo Originale: AN ANGEL AT MY TABLE

RegiaJane Campion

InterpretiKerry Fox, Alexia Keogh, Karen Fergusson

Durata: h 2.38
NazionalitàNuova Zelanda 1990
Generebiografico
Al cinema nell'Agosto 1990

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Trama del film Un angelo alla mia tavola

Biografia in 3 parti per la TV (ridotta di 50´ per il grande schermo) di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice neozelandese vivente, che, per una diagnosi sbagliata di schizofrenia, patì nove anni di manicomio e 200 elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario.

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Voto Visitatori:   8,00 / 10 (9 voti)8,00Grafico
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Voti e commenti su Un angelo alla mia tavola, 9 opinioni inserite

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alex94  @  11/04/2023 22:57:41
   7½ / 10
Un bel biopic sulla scrittrice neozelandese Janet Frame,la Campion,dotata della giusta sensibilità,riesce a descrivere ed ad esaminare nel modo migliore possibile la personalità complessa della scrittrice,l'infanzia, l'amore per la scrittura,il rapporto con la famiglia,la reclusione in manicomio ed il meritato successo.
Splendidamente fotografato ed intensamente interpretato da Kerry Fox è un esempio altissimo di lavoro televisivo ( inizialmente distribuito solo in TV in tre puntate,poi ne tagliarono 50 minuti per passarlo al cinema), assolutamente meritevole di una visione.

ferzbox  @  09/12/2016 19:16:43
   7½ / 10
"Un angelo alla mia tavola" è un film della Nuova Zelanda diretto da Jane Campion prima che sfondasse anche in territorio statunitense, quando ancora era chiusa nel suo contesto, nella sua realtà, nel suo paese......e cosa c'era di meglio se non raccontare la storia di Janet Frame, rinomata scrittrice e poetessa neozelandese nata nel 1934 e appartenente ad una famiglia poverissima e molto numerosa....?
Il film è la scrupolosa biografia di codesta artista dalla vita molto difficile, costretta più volte a tener nascosta la sua genialità e creatività a causa delle disagiate condizioni di vita e del suo carattere introverso, non aiutata di certo dai problemi avuti per un lungo periodo di tempo(durato 8 anni) dove i medici la ritennero erroneamente una malata schizzofrenica quando era ancora molto giovane.
La pellicola non mostra un ritmo eccezionale(sopratutto nella seconda parte più noiosetta), però la forza dei dialoghi e della regia riescono comunque a catturare lo spettatore con tutte le varie vicissitudini di questa vita complicata e irta di ostacoli....
Ho visto che la pellicola è stata acclamata molto durante il festival di Venezia del 1990, facendo successivamente pentire la giuria nell'aver assegnato il leone d'argento anzichè quello d'oro........tuttavia io non sono rimasto colpito da questa pellicola fino a tal punto, e penso che sia dovuto proprio da quella seconda parte lenta che accennavo prima......ho trovato tutta la parte dove Janet girava per l'Europa un pò meno accattivante rispetto a tutte le cronache dell'infanzia e dell'adolescenza; cosa che ho ritenuto strana, considerando che la parte concentrata sulla vena artistica dell'autrice, oltre ad essere la più importante, veniva raccontata soltanto dopo.....
Comunque il film è molto poetico e malinconico; una storia di vita che colpisce sopratutto per le difficoltà che Janet Frame in primis riscontrava con se stessa e nel relazionarsi con gli altri....
Una storia di speranza che incita la determinazione......

1 risposta al commento
Ultima risposta 09/12/2016 19.23.39
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR dubitas  @  05/04/2015 11:16:13
   8½ / 10
Bel ritratto di una vita violata, ma che ha anche il coraggio di riprendersi e sbocciare.
Janet Frame, qui rappresentata da una bravissima Kerry Fox ( di cui mi hanno colpito soprattutto il sorriso e i capelli, oltre alla performance recitativa), è una donna forte ma anche sofferente : la sua sensibilità la porterà ad essere tradita, abbandonata, fraintesa, prima dalle istituzioni (e qui c'è una chiara denuncia sociale al manicomio come luogo di detenzione e abuso), poi della stessa famiglia (ricordiamo che fu la stessa madre a firmare il consenso per la lobotomia).
Bella la storia d'amore, che dà la possibilità anche di vedere alcune scene di nudo molto interessanti (senza scadere tuttavia mai nel volgare). Belle anche le ambientazioni, sia quella agreste sia quella di città, che sopperiscono fondamentalmente alla mancanza di colonne sonore, per il loro impatto sullo spettatore. In sintesi un film che - pur non appartenendo al mio genere [biografico] - si dimostra vicino ad un capolavoro e per niente invecchiato, nonostante i 25 anni che lo distanziano da noi.

Dick  @  12/02/2015 15:06:33
   8½ / 10
Davvero un bel film! Molto toccante e che condanna un certo tipo di cure astruse!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  24/01/2012 01:20:28
   8 / 10
"E' un delitto uccidere un usignolo" , scriveva Harper Lee.
La vita di Janet Frame restituita con obiettività garbata, stima genuina, senza facili compatimenti. In questa prova di rigore formale ed emozionale, Jane Campion non sempre conferisce alla storia l'intensità che avrebbe meritato. Eppure quella di non osare potrebbe essere stata una scelta ponderata. Del resto quelle raccontate sono esperienze ineffabili per chiunque, tranne che per chi li ha vissute.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  23/05/2011 22:59:02
   8 / 10
Una personalità molto particolare: timida, introversa e solitaria. Conosce l'indigenza di una vita modesta, ma la sua salvezza è quella di non rimanere completamente emarginata. L'ambiente non è favorevole, ma trova sempre la persona che ne stimola il proprio talento ad iniziare dal padre, severo ma tutt'altro che castrante nelle aspirazioni della figlia. La Campion racconta la vita della Frame con il giusto distacco, traducendo in immagini le sensazioni della scrittrice. Straordinaria la prestazione della Fox.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  21/01/2010 22:01:06
   7½ / 10
Raramente ho visto un film che si occuppasse così esclusivamente e così a lungo di una singola persona. Sono 2 ore e mezza filmate che raccontano la storia di Janet Frame, poetessa neozelandese che ha avuto una storia simile a quella di Alda Merini, passando circa 8 anni in un manicomio. Se ne segue la vita da bambina, poi adolescente e infine adulta, quando finalmente riceverà i riconoscimenti dovuti al suo grande talento.
La sua persona appare continuamente in tutte le scene. Vediamo in pratica solo lei; il resto del mondo è appena abbozzato e appare sempre e solo se è in relazione alla sua vicenda.
Si potrebbe immaginare di arrivare a sapere tutto e di capire fino in fondo il carattere del personaggio. E invece no. La Campion segue una particolare tecnica di racconto e di montaggio “a spezzatino” che impedisce il coinvolgimento approfondito dello spettatore nell’intimità del personaggio. In pratica la vicenda è un susseguirsi ininterrotto di brevi o brevissime scene di pochi minuti di fatti separati fra di loro, sia temporalmente che soggettivamente. La Campion è poi allergica ai flashback e agli inserti non diagetici (sogni, scene simboliche – penso a un film tipo “Shine”, molto più approfondito di questo).
Ad esempio in una breve scena seguiamo la notizia di una disgrazia e vediamo la protagonista angosciata. Uno stacco improvviso ci porta in un’altra scena, dopo lasso di tempo imprecisato, che ci mostra la protagonista fare cose normalissime come se nulla fosse. Cosa è rimasto dentro di lei del fatto precedente? Che significato ha avuto nella sua psiche? Non c’è nulla che trasmetta queste impressioni. Purtroppo il racconto troppo spezzettato e banalizzante dà un’idea molto neutra della sua vita. Tra l’altro, nonostante il susseguirsi frenetico di scene, il ritmo è molto lento e assente di tensione. Le uniche illuminazioni provengono dalla voce fuori campo della protagonista che ci racconta come si sentiva in certe occasioni, ma ciò avviene molto raramente.
Comunque, per deduzione, qualcosa si riesce a capire della vita della protagonista. L’infanzia è stata segnata da rigidità educative che l’hanno tarpata e intimorita. Nessuna amicizia, nessuna confidenza. Molti lutti tragici in famiglia. Poi la sua grande passione per i libri e la poesia che la porta a isolarsi dal mondo in una patologica timidezza. Ed è qui che qualcuno di cui si fida le consiglia di “curarsi”. Ma perché a queste persone così “affidabili” è venuta un’idea del genere? Niente, tutto scorre veloce, ineluttabile ed inesplicato. La vicenda della “malattia” e del manicomio si svolge in pochi minuti (eppure sono stati 8 anni!) in cui ci si chiede cosa ci faccia una persona così pacifica e assennata in mezzo a degli esagitati. Eppure dal suo animo riesce a sgorgare poesia, sensibilità, arte, ma noi lo sappiamo in maniera riflessa dalle notizie di successi letterari e non penetriamo mai in questa sua spiccata sensibilità (“Shine” invece ci riusciva).
E’ alla distanza che quindi emerge alla fine la figura di Janet Frame in tutta la sua umanità, i dolori, le delusioni, le battaglie. La parte finale è la più bella. Dai, dai, il personaggio di Janet ci commuove e ci colpisce. Peccato, peccato, sentire quasi niente delle sue poesie.
La Campion supplisce comunque con l’estetismo dell’immagine che qui appare assai più misurato rispetto a “Lezioni di piano”. Il sospetto però anche qui è quello che voglia semplicemente mostrare la propria bravura, piuttosto che indagare nei meandri del personaggio.
Che dire. Bello, alla fine lascia colpiti e per niente annoiati. Solo che si poteva fare molto di più con molto di meno.

tati  @  24/02/2009 15:56:19
   8 / 10
l'ho visto per sbaglo in una nottata d'insonnia su rai3.........li' per li' volevo girare ,....ma poi il film con la sua delicatezza mi ha presa e mi ha coinvolta fino allo stordimento.........non riesco a trovare il dvd........e dire che ho una videoteca !!!!

2 risposte al commento
Ultima risposta 25/02/2009 12.18.01
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  12/02/2009 20:13:59
   8½ / 10
Un applauso dei più forti ha scosso la mostra del cinema di Venezia in quel lontano 1990... la strepitosa interpretazione di Kerry Fox in un personaggio difficile, certo più poetico (ehm) del precedente Sweetie, memorabili quegli sguardi persi in un apparente nulla che nasconde tutto il disagio della psiche...
un film meraviglioso, anche se lievemente inappuntabile (verrebbe voglia di sporcarlo un pò), una vicenda biografica raccontata ovviamente con la sensiblità femminile di una grande regista che speriamo di ritrovare presto in una dimensione più consona e convincente (v. le ultime prove, coraggiose ma blandamente convenzionali).

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