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Molto bello e originale, documentario fatto con immagini di archivio, il racconto di una madre mai veramente conosciuta attraverso il ricordo, i diari, le cartelle cliniche lette dalla figlia. Impressionante e inquietante, fatto molto bene
Ha detto praticamente tutto DarkRareMIrko: film da recuperare assolutamente, un documentario di una grande intensità, che ricorda non poco i film documentari/biografici di Naomi Kawase. Entrambe donne, entrambe legate in modo impressionante alla loro vita e ai loro drammi familiari, entrambe grandi artiste, si differenziano però nel loro modo di raccontare: mentre la Kawase è delicata e il più realista possibile, la Marazzi dona anche il corpo alle sue immagini (tutte di repertorio), sfruttandole in base a ciò che viene detto dalla voce narrante della stessa regista.
Un film impressionante, che non può lasciare indifferenti: Romantico, manlinconico e persino inquietante. Da non perdere.
Collage di immagini di repertorio appartenenti alla madre della regista, morta poco più che trentenne in seguito a problematiche depressive.
Molto lirico e poetico, il film (raccontato dalla Marrazzi a partire da un elemento finzionale rappresentato da una falsa lettera) fa venire meno la barriera tra pubblico e privato attraverso una lunga sequela di immagini (che comunque non raggiungono nemmeno i 60 minuti di durata) degli anni '60.
Ciò che salta più all'occhio è il fatto che praticamente nessuna delle foto/video/immagini ritraenti la madre (figlia dell'Hoepli fondatore dell'omonima casa editrice milanese) sia spontanea, bensì esse partono da un indiscutibile precedente lavoro di messa in scene volto a rendere il più accattivante possibile il modo di porsi della donna (cosa tipicamente borghese, aggiungerei).
E, aggiungerei inoltre, pure la stessa pratica legata al montaggio del film segue tale stretegia; salta all'occhio, insomma, il fatto che il materiale presentato sia stato magari un pò troppo "filtrato", scelto, selezionatao, cosa che falsa un pò il risultato finale.
Morandini quindi non ha torto nel definire anche inquietante codesto film, alla luce della parziale analisi appena svolta.
Opera semidocumentaristica (che non può comunque definirsi diario filmato, nonostante un diario sia comunque presente, visto che regista e protagonista non sono la stessa persona) su di un rapporto mancato tra madre e figlia, avante a che fare con materiale forse un pò troppo privato, indubbiamente interessante e riuscito.
Coprodotto da Gianfilippo Pedote (Fame chimica, Anima Mundi, Vogliamo anche le rose, Baby Blues - questi ultimi due ancora della Marazzi), mio relatore di tesi di laurea magistrale.